lunedì 22 dicembre 2014

ALTPROGCORE - BEST OF 2014

A volte l'importanza di un anno musicale non si dovrebbe sempre basare sul volume di uscite, ma soprattutto sul livello qualitativo di queste. Il fatto è che, se vogliamo, il 2014 è stato ricco di pubblicazioni, ma il problema di fondo è rimasto la loro media generale di qualità, non molto memorabile a dire il vero. A parte le poche eccezioni incluse nella lista seguente, che si distinguono tra le altre per una effettiva eccellenza e che spero troverete stimolanti, non ci sono stati molti altri sussulti che mi abbiano creato stupore o curiosità. La cosa credo che risulti chiara anche dalla poca attività che c'è stata su questo blog nel corso dell'anno, il più magro a livello di post dalla nascita di altprogcore. Comunque, a dire il vero, una parte delle mie forze si è concentrata nel completamento di un nuovo libro che mi auspico di pubblicare nei primi mesi del nuovo anno e spero che il 2015 ci possa regalare nuove sorprese a partire dall'annunciato album dei Thank You Scientist.
Come sempre una lista più "allargata" del "best of 2014" la potete trovare sulla mia pagina RYM a questo indirizzo.



16.Antemasque
Antemasque

Un ritorno alle origini per Cedric Bixler e Omar Rodriguez-Lopez? Quasi sicuramente. Credo che nessuno si aspettava un album come questo dopo l'esperienza dei The Mars Volta e magari in molti saranno rimasti delusi. Eppure Antemasque è riuscito a stupirmi come non riuscivano più i Mars Volta. Questo è post punk secco e vibrante, senza trucchi o fronzoli, prendere o lasciare. Non è un album perfetto, ma molte canzoni sono veramente azzeccate.




 
15.Anathema
Distant Satellites

Ok, gli Anathema ci hanno stupito con un altro grande album...però. Però a conclusione di quella che sembra un'ipotetica trilogia di lavori nei quali il gruppo ha reinventato se stesso e il proprio stile, Distant Satellites è forse l'anello più debole. Sicuramente mi ha invitato meno all'ascolto per quel suo modo di ripetere certe formule ormai consolidate negli altri due lavori precedenti, mentre quando provano a cercare nuove soluzioni non sempre riescono a mantenere alto il livello qualitativo.





14.Animals As Leaders
The Joy of Motion

Non so, gli Animals As Leaders non mi hanno mai entusiasmato veramente. Si, bravissimi e i pezzi dei primi due album erano galvanizzanti nella giusta misura, però quella di Abasi e compagni mi sembrava una formula ad alto rischio esaurimento. Qui invece, sarà forse per il coinvolgimento dei due Periphery Misha Mansoor e Adam Getgood, la musica strumentale del trio prende vita come qualcosa di spaziale e alieno che ti trasporta in un'altra dimensione di fusion. Bello.






13.Destiny Potato
LUN

Mi rendo conto che LUN non è un album rivoluzionario, ma se esistesse una corrente pop rock all'interno del djent, probabilmente il progetto che vede uniti il chitarrista David Maxim Micic e la cantante Aleksandra Djelmas ne costituirebbe il fenomeno di punta. Il primo album dei Destiny Potato unisce infatti passaggi e riff metal con accattivanti soluzioni pop e chorus orecchiabili. In più la voce della Djelmas è un piacere da ascoltare, il che non guasta affatto.




12. The Mercury Tree
Countenance

Ecco un esempio di come si dovrebbe fare progressive rock moderno. Senza più finalmente guardare al passato ingombrante degli '70 e creare gli ennesimi cloni di Yes e Genesis. Basta con il neo prog, vi prego! The Mercury Tree provano a sperimentare con la fusion, il metal, il math rock e vi tirano fuori un album fresco e che finalmente si discosta dai soliti cliché prog. Basti dire che come spirito la loro musica assomiglia a echolyn, Bubblemath e Mike Keneally, dei riferimenti che garantiscono originalità.




11. Grand Beach
Grand Beach

Un album conciso ma dannatamente incisivo con centinaia di spunti melodici e armonici. Math rock, pop, midwest emo e progressive rock sono presenti in una forma fresca e originale. Grandissimi!




10.Rishloo
Living as Ghosts with Buildings as Teeth

Il ritorno sulle scene dei Rishloo dopo cinque anni di separazione mi ha stupito. Non ho mai dato al gruppo molta considerazione in verità, ma Living as Ghosts with Buildings as Teeth me li ha fatti apprezzare com non mai, risultando, per me, uno degli album più coraggiosi, onesti e integri dell'anno. Anche se coscienti del loro status di culto e di band quasi sconosciuta, i Rishloo non addolciscono la loro formula, ma, anzi, siglano l'opera più complessa della loro carriera con lunghe involuzioni di metal psichedelico e progressivo. Pezzi come Landmines e Dark Charade valgono da soli il prezzo del biglietto per questo affascinante viaggio.





9.Flights
History Be Kind

Tra minimalismo e post progressive, la musica dei Flights si dipana in crescendo fatti di droni reiterati, shoegaze e post rock nel segno di certe caratteristiche tipiche degli Oceansize. L'abitudine di cantare quasi costantemente con due o più voci sovrapposte aggiunge epicità a dei pezzi pensati come dei solenni cerimoniali rock. Vedrei bene i Flights all'interno della grande famiglia dell'etichetta Kscope, accanto ai North Atlantic Oscillation e Anathema, per quel loro modo di affrontare il progressive rock basato su cellule tematiche che si accumulano e crescono in modo concentrico. 





8.Braid
No Coast

No Coast ha segnato il ritorno, dopo molti anni e un EP, al formato full length dei Braid. L'emo del gruppo ha perso quella carica aggressiva che aveva negli anni '90, ma ha guadagnato in carica melodica e semplicità pop punk. Un pugno di canzoni contagiose che a me, in alcuni casi, hanno ricordato i Motorpsycho di Blissard, anche se mi rendo conto non c'entrano nulla con i Braid. Forse è per questo che No Coast mi è piaciuto così tanto.




7.Gates
Bloom & Breathe

Bloom & Breathe è un fiume in piena di pura elettricità e emozioni. Tra post rock, post hardcore e shoegaze, i Gates creano un trip di sensazioni psichedeliche sature di distorsioni e armonie celestiali. Un contrasto che rende la musica contenuta in questo disco dolce come una carezza data con maglio d'acciaio. A volte si ha la sensazione di affogare in certi pezzi come Persist in Delusion e At Last the Loneliest of Them. Se vi piacciono Moving Mountains e Thrice non potete perdervi i Gates.




6.Closure in Moscow
Pink Lemonade

A distanza di cinque anni dal loro esordio, varie vicissitudini e un leggero cambio di line-up, i Closure in Moscow tornano con un album che sorprende: meno derivativo e più personale, pieno di miraggi blues e psichedelici tutto riproposto nel linguaggio moderno del progressive rock di The Mars Volta e la visione da hard rock barocco dei Queen.




5.Seven Impale
City of the Sun

Dopo essersi fatti notare con un notevole EP lo scorso anno, i Seven Impale esordiscono con un notevole e coraggioso album di sole 5 tracce, elaborate e complesse. Il loro progressive rock si tinge di jazz  e metal, trovando una via tra i vortici oscuri dei Van der Graaf Generator e le cerebrali trame dei King Crimson.




4.From Indian Lakes
Absent Sounds

Absent Sounds è il secondo album dei From Indian Lakes ad uscire per l'etichetta Triple Crown, ma in realtà è il terzo se contiamo The Man with Wooden Legs, reperibile solo in forma digitale (per ora). Joey Vannucchi ha dichiarato che le liriche di Absent Sounds esplorano la concezione astratta di amore, vita e morte e sicuramente queste sensazioni sono le possiamo trovare nella musica. Il disco sfronda molti dei risvolti più spigolosi di Able Bodies e confeziona delle canzoni molto dirette imbevute di cristallino dream pop, o, per dirla in modo poetico, "della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni". I primi singoli resi noti - Ghost, Sleeping Limbs e Breathe, Desperately - fanno subito presa, per gli altri ci vuole un po', ma se vi colpiscono immediatamente le arie in stile Mew dell'inaugurale Come In This Light, allora probabilmente non sarete delusi.






3.Piano
Salvage Architecture

Dalla sua uscita mi sono ritrovato ad ascoltare questo CD a ripetizione. Mi ha sorpreso poiché, magari non sarà nulla di innovativo, ma le sue melodie e atmosfere mi hanno contagiato. Ho apprezzato l'ibrido stilistico che i Piano operano su Salvage Architecture, quasi post hardcore con appena un'ombra di djent. Come per gli Skyharbor quello dei Piano non è propriamente prog metal, chiamatelo atmospheric metal, post metal oppure ambient metal, ma il gruppo si va ad incasellare in un'area effimera come gli impalpabili paesaggi sonori che sanno creare. Non aspettatevi grandi virtuosismi, i Piano puntano su un sound compatto che predilige l'instaurazione di atmosfere melodrammatiche, spaziose ed evocative. Forse solo un po' penalizzato da una produzione che relega l'insieme del sound in un amalgama leggermente offuscato.




2.Skyharbor
Guiding Lights

E' incredibile come Dan Tompkins abbia monopolizzato in modo positivo questo 2014. Il secondo album degli Skyharbor è un altro colpo da maestro in cui il cantante è stato coinvolto. Non credo sia giusto chiamare quello degli Skyharbor prog metal, non so più neanche se classificarlo come djent. Fatto sta che Guiding Lights è composto da tracce con riff pesanti, ma che allo stesso modo sono alleggerite da suggestivi suoni eterei e ambient. In pratica è come se fosse un esperimento per far piacere le aggressività prog metal anche a chi di solito non digerisce questo tipo di musica. Un album che ho ascoltato e riascoltato senza mai annoiarmi.





1.Bent Knee
Shiny Eyed Babies

Scoperti per caso da un link che rimandava ad un altro link, i Bent Knee mi hanno subito conquistato, per quel loro modo di non fare un art rock convenzionale, ma contaminarlo con avanguardia, elettronica e jazz. Si trova tutto impastato in un album che comunque coinvolge immediatamente l'ascoltatore. Sarà per l'incantevole voce di Courtney Swain, sarà per la bravura con la quale sono costruiti i pezzi, oppure per gli originali arrangiamenti, ma si può dire che i Bent Knee abbiano creato un mondo musicale personale e riconoscibile.

mercoledì 17 dicembre 2014

Best EPs of 2014

Il pregio dei 10 migliori EP di quest'anno (classifica che anticipa quella degli album) appartengono, per la maggior parte, ad artisti emergenti e sconosciuti che forse ci stupiranno nel 2015. Sono tutti gruppi scoperti per caso, rovistando come al solito sul web. Devo dire che i primi due posti sono occupati da band (i F.O.E.S e i Black Peaks) che avrei messo volentieri pari merito da quanto la loro musica sa trasmettere grandi vibrazioni e essere al contempo coraggiosa e potente. Se vorrete potrete ascoltare gli album direttamente qui, con le vostre orecchie, perché fortuna vuole che siano tutti reperibili in streaming su Bandcamp (tranne quello di Fjokra).




10.Signals.
Sleep Talk EP




9. A Formal Horse
A Formal Horse




8.Fjokra
Thoughtsteps






7.Godzilla Black
Little Things






6.Black Map
Driver






5.Sianvar
Sianvar EP






4.VIS
No Waves






3.Owel
I've Seen Colors





2.F.O.E.S
OPHIR





1.Black Peaks
Closer to the Sun

martedì 16 dicembre 2014

Stellar Young - Vessels (2014)


Dopo l'ottimo Everything at Once di due anni fa, il secondo album degli Stellar Young Vessels, in uscita oggi, li conferma come fini arrangiatori di un indie pop forse meno velato di prog rispetto all'album precedente, ma di sicuro non scontato. La musica degli Stellar Young è molto gentile e solare, non sfocia mai in soluzioni pesanti e anche l'andamento dei pezzi si svolge quasi sempre in un midtempo dolce e, anche quando i brani sono più ritmati, non si lasciano andare all'aggressività.
L'album è stato registrato e mixato negli studi dove sono stati prodotti i migliori album dei Coheed and Cambria con la collaborazione di Michael Birnbaum e Chris Bittner.

www.stellaryoungmusic.com

venerdì 12 dicembre 2014

Dave Kerzner - New World (2014)

 
Forse qualcuno di voi ricorderà il nome di Dave Kerzner per aver coadiuvato Simon Collins nel suo progetto Sound of Contact, il cui primo album è stato pubblicato lo scorso anno, oppure per avere aiutato Randy McStine nel suo ultimo album a nome Lo-Fi Resistance.
A me piace ricordare Kerzner come uno degli ultimi tastieristi ad aver collaborato con quel genio di Kevin Gilbert, un artista che è rimasto indelebilmente nel DNA musicale di Kerzner che ha deciso di esordire come solista dopo avere lasciato i Sound of Contact. In questo New World il tastierista mette in campo un progressive rock molto accessibile con inconfondibili echi floydiani a partire dalla mini suite Stranded (1-5) e dall'impostazione della sua voce, molto simile a quella di David Gilmour. Ma attenzione, ai cori c'è spazio anche per un ospite d'eccezione come la cantante Durga McBroom, ormai storica corista degli ultimi Pink Floyd, e l'apparizione di Steve Hackett, Jason Scheff e Nick D'Virgilio. Insomma, questo album sarebbe da ascoltare soltanto per il prestigioso curriculum musicale di Kerzner (che vi potete leggere sul suo sito ufficiale), ma, dopo tanti anni dietro le quinte, ciò che ha prodotto come titolare è sicuramente degno di nota.

www.davekerzner.com




sabato 29 novembre 2014

ANTEMASQUE news


Come spero saprete il 10 novembre è uscito ufficialmente il primo album degli ANTEMASQUE, il nuovo progetto musicale di Omar Rodríguez-Lopez e Cedric Bixler-Zavala dopo lo scioglimento dei The Mars Volta. La primavera scorsa il debutto degli ANTEMASQUE aveva creato un po' di scompiglio apparendo e scomparendo immediatamente da Bandcamp. Ora, con la pubblicazione ufficiale, si sono aggiunte all'album due nuove tracce dal titolo Domino Rain e Hung in Effigy che potete ascoltare di seguito.





Ma le notizie non si fermano qui. Il gruppo è partito in un tour promozionale includendo, insieme a Dave Elitch alla batteria, il fratello di Omar, Marfred Rodríguez-Lopez al basso. In più si vocifera che il secondo LP sia quasi pronto, prospettando una probabile pubblicazione per aprile 2015.
Intanto ecco la mia recensione a ANTEMASQUE tratta da www.opento.it:

Quando uscì Noctourniquet, ultimo album in studio dei The Mars Volta, il frontman Cedric Bixler Zavala battezzò il suo sound come “il punk rock del futuro”. Poi l'improvviso annuncio dello scioglimento, fatto tramite messaggi stizziti dello stesso Bixler via Twitter, infastidito dal fatto che Rodriguez-Lopez anteponesse ai Mars Volta il progetto Bosnian Rainbows formato con la Butcherette Teri Gender Bender, rivelatosi un mezzo passo falso. Altrettanto improvvisamente, quando sembrava che tra i due fosse finita, Bixler e Rodriguez-Lopez sono tornati insieme in un nuovo gruppo: gli Antemasque, facendo trapelare via web lo scorso aprile quattro nuove tracce. Coinvolto nel progetto anche l’ex Mars Volta Dave Elitch alla batteria e, presente solo in qualche brano, l’ospite Flea dei Red Hot Chili Peppers al basso (che aveva già suonato su De-Loused in the Comatorium). Un nuovo inizio quindi, una terza incarnazione che riparte dal percorso tracciato da Noctourniquet. Ma, rispetto a quel punk rock futurista, qui si fa un passo indietro. E non necessariamente in modo negativo. Via le velleità progressive, sfrondate le derive psichedeliche, le canzoni di questo mini-album appaiono secche e senza fronzoli. Come dice Rodriguez-Lopez “è come se i Mars Volta e gli At the Drive-In avessero avuto un figlio”.

Antemasque dà l'impressione di un album registrato molto in fretta con l'urgenza di mettere su nastro riff asciutti e arpeggi frenetici, che dal puro istinto generano impensabili inni post punk dal sapore immortale come 4AM, In the Lurch e I Got No Remorse. Anche l'approccio ai brani ricalca una certa filosofia punk con arrangiamenti basilari, senza molte sovraincisioni, pochi ed essenziali take capaci di tirar fuori vigorosi chorus di rock anthemico tipo Ride Like the Devil’s Son, 50000 Kilowatts e Rome Armed to the Teeth. La chitarra di Rodriguez-Lopez mette da parte le astrattezze free form per dar corpo ad un rock primordiale (Memento Mori), salvo poi ritornare all’ombra dei Mars Volta nell’oscura psichedelia di Providence e nel funk crimsoniano di People Forget. Bixler si adegua cantando con voce rauca, ma mai rabbiosa e c’è anche lo spazio per la ballata dal gusto zeppeliniano Drown All Your Witches. Per quanto questa nuova band possa beneficiare di un’immediatezza che gli altri progetti del duo non aveva, tra le sue pieghe si possono rintracciare, ad ogni nuovo ascolto, tutte le peculiarità delle loro complesse peregrinazioni sonore. Davvero sorprendente.

http://antemasque.com/

martedì 25 novembre 2014

lunedì 24 novembre 2014

CIRCA SURVIVE - Descensus (2014)


Dopo un contratto con la Atlantic Records e l'autoproduzione di Violent Waves senza il supporto di alcuna etichetta, i Circa Survive tornano con il quinto album sotto l'egida della Sumerian Records. L’accordo è risultato quanto meno bizzarro dato che l’etichetta, fondata nel 2006 da Ash Avildsen, si è costruita una certa reputazione per promuovere band di metal tecnico, deathcore, djent, o comunque progressivo, che comprende nomi come Animals As Leaders, Periphery, Born of Osiris e The Dillinger Escape Plan. I Circa Survive, per quanto il loro suono possa essere potente, non hanno mai sconfinato in territori tanto estremi, anche se Anthony Green aveva anticipato che Descensus sarebbe stato l'album più aggressivo della carriera del gruppo, dimostrandosi molto orgoglioso del lavoro svolto: “Penso che finora nessun album dei Circa Survive abbia mostrato il pieno potenziale della band. Ci siamo andati molto vicino ed è stato splendido esserne parte, ma per qualche ragione questo nuovo lavoro mi sembra la cosa più vicina a cui siano mai arrivati i Circa Survive nel loro pieno potenziale.”

Sul sodalizio con la Sumerian Records Green ha continato: “Abbiamo avuto qualche offerta da altre label, ma Steve [Clifford, il batterista, nda] è stato in una band con Ash [Avildsen, nda] per anni e molti dei nostri amici sono sotto questa etichetta. Ash ha dimostrato molta passione nel voler lavorare con noi. In quel momento eravamo ancora in modalità “possiamo farcela da soli”, ma abbiamo continuato a discuterne. I nostri amici che lavoravano già con la Sumerian ci dicevano “Ragazzi questa è una label da sogno”. Parlando con loro abbiamo capito quanto fossero guidati dalla creatività. Amano la musica, amano l’arte e si battono veramente per ciò che vogliono. Volevano che fossimo felici e questa era una cosa che non potevamo ignorare.” Il contratto con la Sumerian Records è stato suggellato da una riedizione di Violent Waves lo scorso settembre, all'interno della quale è stato allegato un DVD con la registrazione del concerto allo Shrine Expo Hall di Los Angeles, tenuto il 28 dicembre 2013 e con Tosin Abasi degli Animals As Leaders come ospite in un brano (non in forma smagliante a dire il vero).

Descensus è stato registrato negli stessi studi di Violent Waves e prodotto da Will Yip che aveva già collaborato con il gruppo nei due album precedenti. Anche se le bordate elettriche del singolo Schema (che ha introdotto l’album) mostrano una band carica fino allo spasmo, forse Descensus non è il più aggressivo album da loro prodotto, ma si basa piuttosto su atmosfere eterogenee. La potenza insita in esso è palesata più che altro attraverso dei riff dai contorni più marcati e massicci del solito, che in genere si intensificano nei crescendo, come su Child of the Desert, e dalla voce sempre più aspra di Green. Only the Sun ritorna sui canoni dei migliori Circa Survive, con il suo lavoro percussivo trascinante e un forte senso melodico che si abbatte contro un tappeto di chitarre psichedeliche e segna uno dei pezzi più memorabili di Descensus. Dall’altro lato ci sono le pacate e un po’ meno avvincenti riflessioni eteree di Nesting Dolls e Phantom e dei brani che possono sembrare estrapolati da On Letting Go, tipo Always Begin e Sovereign Circles. L’elemento lisergico della musica dei Circa Survive non è da dimenticare o da sottovalutare, anche se qui rimane al servizio di canzoni leggermente più ordinarie. Parlando di vera e propria novità, Descensus aggiunge poco a quanto già detto dal quintetto di Philadelphia, ma se tutto l’album avesse saputo osare di più, come ad esempio nel trip visionario dell’epica title-track posta in chiusura, probabilmente sarebbe stato il loro capolavoro.

http://circasurvive.com/


martedì 11 novembre 2014

BENT KNEE - Shiny Eyed Babies (2014)


Dopo averli scoperti questa estate e una lunga attesa, esce finalmente oggi Shiny Eyed Babies dei Bent Knee. Pensando a come poter descrivere la musica dei Bent Knee e quindi all’elusività che un imbrigliamento stilistico può avere, questa volta non troverei di meglio che "art rock" come termine calzante. Il motivo è presto detto: per il loro modo di essere pop rock e allo stesso tempo sperimentali, per la loro sottesa teatralità avant-garde leggermente dark e per una certa sensazione profonda e avvolgente che non appassiona soltanto l’udito, ma anche l’intelletto. Dopo un omonimo esordio altrettanto interessante pubblicato nel 2011, il giovane sestetto proveniente dal Berklee College of Music di Boston arriva al secondo album con una maturità e una proprietà di scrittura da artisti consumati.

Le canzoni raccolte su Shiny Eyed Babies sono dei capolavori di dinamica, costruiscono pathos con pazienza, partendo in maniera sommessa e arrivando al climax, più che ad un chorus, lentamente, oppure esplodendo all’improvviso. Il folk sbilenco di Way Too Long e Skin, la corale In God We Trust e la tensione drammatica che scaturisce da Battle Creek sono tutti esempi che mostrano al meglio questa metodologia. Si sfocia nell’eccellenza di fronte ai vari risvolti tematici offerti da Being Human, all’inesorabile crescendo di Sunshine che diventa ossessivo nel finale e al gusto degli arrangiamenti di Dead Horse.

In tutto spicca la limpida e stentorea voce di Courtney Swain con i suoi gorgheggi e vibrati, poi una sezione ritmica versatile e inventiva che, insieme a chitarra, violino e tastiere, cementano l’insieme con discrezione o propulsione a seconda della necessità. Una personalissima impressione mi farebbe definire i Bent Knee come la Dave Matthews Band che incontra gli Sleepytime Gorilla Museum mentre suonano pop. Ma, al di là di paragoni che lasciano il tempo che trovano, Shiny Eyed Babies è uno di quegli album che ha il potere di amplificare le nostre percezioni ed è, per ora, l’ascolto più stimolante del 2014.

www.bentkneemusic.com

lunedì 10 novembre 2014

Due colpi da maestro per Dan Tompkins: Piano "Salvage Architecture" e Skyharbor "Guiding Lights"

Se quest'anno volete ascoltare qualcosa che unisca post hardcore, metal o djent di qualità e che esca dai canoni della norma, potete rivolgervi a delle uscite che hanno tra loro un comune denominatore. L'irrequieto (artisticamente) vocalist Dan Tompkins, che si muove agilmente tra un progetto e l'altro, è famoso per la sua militanza nei TesseracT (nei quali è rientrato da poco dopo averli lasciati all'indomani del primo album One) e nei Skyharbor. Ma il ragazzo ha accumulato altre apparizioni degne di nota. Pochi sanno che già nel 2008 aveva esordito su The Valediction of Verse, secondo EP dei Piano, band inglese sotto contratto con l'etichetta giapponese Zestone Records. A distanza di ben sei anni da quell'EP è uscito Salvage Architecture, primo full length dei Piano, ovvero Dan Tompkins, Ciaran Cahill (batteria), Jeremy Mortimer (chitarra, voce) e Christopher Haywood (basso, voce), mixato e masterizzato dal chitarrista degli Skyharbor Keshav Dhar.

Click Here for Salvage Architecture full stream 

Ho molto apprezzato l'ibrido stilistico che i Piano operano su Salvage Architecture, quasi post hardcore con appena un'ombra di djent. Non è propriamente prog metal, chiamatelo atmospheric metal, post metal oppure ambient metal, ma i Piano si vanno a incasellare in un'area effimera come gli impalpabili paesaggi sonori che sanno creare. Non aspettatevi grandi virtuosismi, il gruppo punta su un sound compatto che predilige l'instaurazione di atmosfere melodrammatiche, spaziose ed evocative, forse solo un po' penalizzate da una produzione con l'insieme del sound in un amalgama leggermente offuscato.


A meno di due mesi di distanza è appena stato pubblicato il secondo album dei succitati Skyharbor, Guiding Lights. Devo dire che non sono stato un fan del precedente Blinding White Noise: Illusion & Chaos e, forse, proprio per questo Guiding Lights mi ha sorpreso positivamente per la sua svolta. A parte il gradito abbandono da parte di Tompkins delle cosiddette harsh vocals, l'album è un possente catalizzatore di melodie prog metal che unisce tecnicismi e ambient atmosferico con lo stesso equilibrio. La prima traccia Allure, ad esempio, contrappone ad una prima parte energetica, una seconda molto spaziale ed eterea. Ma il valore aggiunto di Guiding Lights è di non sconfinare mai nell'esagerazione e nelle trappole pacchiane del genere, pur mantenendo un alto livello di riff brutalmente djent. Ciò accade, tipo su Evolution e alla bellissima Kaikoma, grazie ad un alone quasi mutuato dall'AOR che attenua la pesantezza del metal in favore di progressioni melodiche molto suggestive.
Questo post cumulativo è per dire che le produzioni di Tompkins di quest'anno raggiungono tranquillamente l'eccellenza. Due album da non perdere.



Bonus Track;
Altro gruppo nel quale in passato ha militato Tompkins sono i First Signs of Frost con i quali pubblicò il solo Atlantic nel 2009 sempre per la giapponese Zestone Records. Anche se è un vecchio disco, lo voglio citare a margine di questi due album dato che l'ho scoperto questa estate ed è diventato uno degli album che sto ascoltando di più in questo momento.
Atlantic non ebbe purtroppo i riconoscimenti che si meritava. Invece fu un primo mirabile esempio di come post hardcore, djent e progressive metal potevano interagire. Ogni brano di Atlantic potenziava i riff post hardcore con il tecnicismo del progressive, in più, le maestose melodie, si intrecciavano nei cumuli atmosferici del djent. Tompkins si lasciava andare a brutalità vocali hardcore, oppure più spesso abbracciare armonie epiche.
In un certo senso lo vedo come un precursore di Salvage Architecture.




sabato 8 novembre 2014

A Liquid Landscape - The Largest Fire Known To Man (2014)

 
Con il secondo album co-prodotto da Bruce Soord, leader dei Pineapple Thief, gli olandesi A Liquid Lanscape si ripresentano con il loro post rock venato di psichedelia. The Largest Fire Known To Man è  in uscita il 21 novembre e lo potete ascoltare in anteprima di seguito, puntando sempre sulle atmosfere "cinematiche" che avevano reso Nightingale Express uno degli esordi più interessanti del 2012.
 


Tracklist:

1. A Brief Moment Of Future (6:23)
2. Open Wounds (4:21)
3. Drifting Star (6:47)
4. Along the Lines (4:05)
5. The Largest Fire (5:41)
6. Hurled into the Sun (7:34)
7. Keystone (5:08)
8. Paige (6:09)

Total Time 46:08
 
www.facebook.com/aliquidlandscape

mercoledì 5 novembre 2014

Raised by Swans - Öxnadalur (2014)


Per questo nuovo album dei Raised by Swans Eric Howden si può dire che abbia fatto tutto da solo. Come ci aveva accennato nella nostra intervista, per scrivere Öxnadalur si è ritirato nella fredda Islanda e il risultato non poteva che essere un lavoro intimo ed etereo. Ho molto amato (e amo ancora) il precedente No Ghostless Place e Howden ripercorre quelle impalpabili strade fatte di post rock con un respiro inevitabilmente notturno e uno spiccato senso dell'infinito. E' naturale che le lunghe notti invernali e i paesaggi alieni dell'isola si riflettano in questo lavoro che penso, se ascoltato con il giusto stato d'animo, non mancherà di regalare emozioni. Magari iniziate l'ascolto con la mesmerizzante Katla e tutto vi apparirà chiaro.



www.raisedbyswans.com

domenica 26 ottobre 2014

Rishloo - Living As Ghosts With Buildings As Teeth (2014)


A cinque anni di distanza da Feathergun stanno per tornare i Rishloo che si sono uniti di nuovo e, grazie al generoso contributo di alcuni fans, sono riusciti a registrare il loro quarto album in studio dal titolo Living As Ghosts With Buildings As Teeth e di imminente pubblicazione. Per ora l'album è solo pre-ordinabile tramite il loro sito ufficiale ed è stato rilasciato il brano inedito Landmines, che non mi sembra affatto male. I Rishloo li potremmo incastrare stilisticamente in un limbo minore che si trova tra i Tool e i Dredg. I Rishloo però sono sempre stati un gruppo piuttosto sfortunato in quanto a popolarità perché non sono mai riusciti a superare le barriere per diventare almeno un gruppo di culto, rimanendo in una nicchia di pochi adepti. Confesso che anche a me non hanno mai fatto impazzire, ma non escludo un buon risultato per questo nuovo lavoro se mantiene gli standard di Landmines.



www.rishloo.com

venerdì 24 ottobre 2014

FULL CODE - Telescapes (2014)


La prima cosa che colpisce di Telscapes, che è l'album di esordio dei Full Code, è come riescano a sposare una sorta di metal sperimentale con influenze pesantemente mutuate dall'elettronica. Il quartetto australiano (di Melbourne) si presenta con una line-up con strumentazione dai connotati rock, ma non disdegnano l'aiuto di sintetizzatori e altre diavolerie associate (si ascolti come esempio (b)TtM²).

Quello che ne esce fuori è un moderno art rock che potrà sicuramente essere apprezzato da chi predilige l'ultima ondata di post progressive psichedelico, trovandovi molte influenze tra le band di spicco del genere. Ad esempio, le trame elettro-acustiche di Obsidian condurrebbero a tracce degli Anathema più tenebrosi. L'atmosfera di Telescapes è per lo più caratterizzata da cupi droni elettronici, chitarre nebulose e un tono generale dark che a tratti può essere associato alla stessa estetica elegiaca dei Riverside, come su Archaeopteryx. I Full Code trovano la propria forza nell'espressivo drumming di Gene Carroll e in un cantante molto versatile nella persona di Steve Berry, che può ricordare Maynard Keenan, portando qualche pezzo, tipo AquautomatonLion, a ovvi riferimenti con Tool e, soprattutto, A Perfect Circle. 

Per quanto possano assomigliare ad altre band, però, i Full Code hanno il pregio di scegliere i giusti equilibri e aggiungerci una notevole mole di suoni sintetico-cosmici, creando quasi dei tappeti di space ambient. I brani sono molto dilatati, e, come accade per Multiverse, essi non puntano all'esagerazione di cambi tematici, ma all'instaurazione di atmosfere predisposte per trip psichedelici. Considerando le tante sfumature a cui è stato sottoposto il prog metal, non so se i Full Code potrebbero essere considerati come una delle sua tante diramazioni. Ma probabilmente, se come prova voleste sostituire le chitarre con i sintetizzatori, il risultato sarebbe questo.



www.fullcodemusic.com

martedì 21 ottobre 2014

Gates - Bloom & Breathe (2014)


Oggi è in uscita il nuovo album dei Gates, il terzo della loro carriera, che rappresenta sicuramente un passo avanti e una maturazione rispetto all'altrettanto buono You Are All You Have Left to Fear. Il loro stile di post rock fatto di crescendo maestosi e una certa melodrammaticità post hardcore mi ricorda la stessa passionalità dei Moving Mountains. Ma i Gates spingono ancora di più il contrasto verso eteree melodie e roboanti impetuosità. Comunque Bloom & Breathe regala momenti di completa estasi, anche se non per tutta la sua durata, che magari per alcuni potrà essere difficile da digerire in tutta la sua reiterata veemenza solenne, ma è sicuramente un ascolto da provare.


domenica 19 ottobre 2014

STEPFRIENDS - All We've Got (2014)


Ascoltando in anteprima solo pochi brani degli Stepfriends credevo di aver capito la loro direzione stilistica. Invece ho scoperto che nel disco di esordio All We've Got c'è molto di più. L'album è un eterogeneo assortimento di piccoli gioielli pop emocore che si rispecchiano in questo genere sotto vari aspetti, brevi canzoni che compilano un lavoro altrettanto conciso dalla durata di poco più di mezz'ora, ma sufficiente per sviscerare tutto ciò che il gruppo ha da dire.

Gli Stepfriends nascono dall'impulso dei due amici Johnny Lucas e Greg McClure che iniziano a scrivere insieme alcune canzoni e poi decidono di registrarle con l'aiuto e la supervisione di Steve Sopchak, proprietario degli Square Sudios di Syracuse. Nasce così All We've Got, una cornucopia di melodie sognanti e malinconiche, vibranti polifonie vocali ben calibrate e un songwriting che evoca la miglior tradizione del rock altrenativo americano. Quiet Place e Collide Collapse si stagliano, ad esempio, come assoluti capolavori di questa arte che coniuga la vitalità del grunge anni '90 e un pizzico di progressive rock nelle loro soluzioni armoniche. In questo, se aggiungiamo il canto di Lucas, gli Stepfriends possono ricordare dei Circa Survive più introspettivi e romantici, ritrovando affinità con il gruppo di Anthony Green anche nelle acute atmosfere psichedeliche di Renovation.

Gli Stepfriends intarsiano arpeggi incrociati e deliziose armonie chitarristiche elettroacustiche su Scared to Death e poi puntano dritti al cuore delle strade del "midwest emo" - recentemente tornato alla ribalta nella splendida forma di Sleep In. e Into It.Over It. - con Strangers, Friends, and Pictures e Leaves. Ma All We've Got pulsa anche di immediatezza indie rock nella semplicità di I Know You, dove ritroviamo quello sbrigativo e innato senso per il pop vintage di Jenny Toomey, poi ci sono lo swing di The Open Road, l'electro-lounge di Snow Day: in breve un album vario, ma unitario nel rendere l'idea di come si è trasformato il moderno emo americano.

All We've Got sarà disponibile in versione digitale a partire dal 21 ottobre, mentre un'edizione limitata in vinile si può pre-ordinare sul sito della intheclouds Records e sarà spedita all'inizio di dicembre.


lunedì 13 ottobre 2014

iamthemorining - Belighted (2014)

 
Con molta pazienza il duo di formato dal pianista Gleb Kolyadin e dalla cantante Marjana Semkina è riuscito a crearsi un’ottima reputazione grazie alla qualità della loro proposta. Partiti dalle distanti latitudini di San Pietroburgo, attraverso un primo album scaricabile gratuitamente da Bandcamp, dal 2012 ad oggi si sono fatti strada, conquistandosi il patrocinio di Daniel Cavanagh degli Anathema e un contratto con la lanciatissima Kscope. Belighted nasce comunque anche grazie all’aiuto di una campagna Kickstarter, strumento sempre più in voga tra le band indipendenti, che ne ha finanziato la produzione. Gli iamthemorning continuano il loro cammino nell’estetica sofisticata del rock da camera con inflessioni neoclassiche, ma qui l’atmosfera si fa più eterogenea, dividendo idealmente l’album in due sezioni ben distinte.

Dopo una prima parte orientata verso un pop rock sinfonico che strizza l’occhio ai Porcupine Tree più idilliaci (The Howler, The Simple Story e To Human Misery), si arriva ad una seconda parte più interessante, come se il duo avesse voluto mettersi alla prova. L’innesto di strumenti come arpa e violini dona un tocco onirico, avvicinandoli al folk d’avanguardia di Joanna Newsom, come accade nelle bellissime e tortuose melodie di Crowded Corridors, in cui vengono ampiamente esplorate tutte le potenzialità progressive del duo. L’impianto sonoro fa sempre leva sull’incantevole voce della Semkina e sul piano fluido e molto armonico di Kolyadin, sfruttandone i requisiti folk e classici. Il recupero di certi abbinamenti tra strumentazione da camera e popular music può far ripensare agli indimenticati Clannad (Gerda), ma anche alle ballate pianistiche di Tori Amos (5/4).

Ci sono poi momenti che risaltano l’alchimia acustica tra la Semkina e Kolydin in pezzi più intimisti come Reprise Of Light/No Light e Os Lunatum, ma generalmente Belighted sembra il prodotto di una band al completo. È indubbio che in questa seconda opera gli iamthemorning abbiano compiuto un notevole atto di maturazione, sia per quanto riguarda la produzione che per gli arrangiamenti, più riccamente ornati, fino a permettersi il contributo alla batteria di Gavin Harrison.



http://iamthemorning.com/

PERFECT BEINGS - perfect_beings (2014)

 
Una volta si diceva che il progressive rock era una musica per pochi eletti. Ad ascoltare molti degli album che escono ultimamente tale affermazione potrebbe essere smentita dato che essi concedono molto spazio all’orecchiabilità e alla purezza delle melodie. Il debutto dei Perfect Beings è uno di questi, avendo le carte in regola per conquistare anche i non esperti in materia. Se da una parte le sonorità scelte per gli strumenti si rifanno chiaramente al prog sinfonico di Yes e Genesis, allo stesso tempo, dall’altro lato, i Perfect Beings propongono delle canzoni che strizzano l’occhio al pop rock, ai Beatles e alla ricchezza armonica dei Flower Kings, caratteristiche ben sintetizzate nel brano migliore del lotto Walkabout. Il chitarrista dei Moth Vellum Johannes Luley è il creatore di questo progetto e ha raccolto attorno a sé esperti musicisti. Luley si ritaglia delle parti chitarristiche timbricamente simili a quelle di Steve Howe, arricchendo i brani con gli stessi ricami barocchi, così come il basso di Chris Tristram ricorda il tipico muggito di Chris Squire.

perfect_beings è un concept album ispirato al romanzo di fantascienza TJ and Tosc di Suhail Rafidi e la musica trasporta bene l’atmosfera di un’ipotetica epopea spaziale. Molto funzionale, a tal proposito, il richiamo al sound delle vastità impalpabili degli Yes sfruttato alla maniera dei Glass Hammer: chitarra slide e accordi di tastiere altisonanti. Ma i Perfect Being cercano di essere ancora più accessibili grazie a contaminazione da art pop che sfociano nella Electric Light Orchestra (Fictions), XTC (Removal of the Identity Chip) e Supertramp (Program Kid), aprendo sin dall’inizio con due tracce di immediata presa come The Canyon Hill e Helicopter. Il pregio dei Perfect Beings è quello di non cadere sotto il peso di tali derivazioni, ma le elaborano per usarle a proprio vantaggio senza correre il rischio di risultare prosaici.   



www.perfectbeingsband.com

SPOKE OF SHADOWS - Spoke of Shadows (2014)


Spoke of Shadows nasce dall’esigenza di Mark Cook, membro degli Herd of Instinct, di creare una musica con più dinamiche e maggiormente basata sull’utilizzo di strumenti come la Warr guitar e il basso fretless. Con l’aiuto del batterista Bill Bachman (già con Neal Morse) Cook ha completato il primo album di questo suo progetto collaterale licenziato dall’etichetta Firepool Records di proprietà dei Djam Karet (dei quali compare Gayle Ellett ospite in un brano). Spoke of Shadows è composto da dodici tracce strumentali d’alta classe le quali, anche se in un primo momento possono far inevitabilmente pensare ai King Crimson, viaggiano abbastanza su vari livelli e sfumature da poter affermare una propria autonomia stilistica.

In quello che si potrebbe definire connubio tra fusion e progressive rock, Cook sa ben destreggiarsi tra riff frippiani, bassi che aggiungono densità e sostanza con la loro presenza e trame intense di Warr guitar. Inoltre, poiché ultimamente in progetti simili c’è la tendenza ad abusare nell’utilizzo di percussioni programmate, è bello trovare la batteria competente e umana di Bachman che dona dinamica e fluidità ai brani. La differenza del tocco umano si può chiaramente percepire nella tiratissima Harbinger e nella multiforme Pain Map. Come progetto, a conti fatti,  Spoke of Shadows sembra molto più solido e organico rispetto agli Herd of Instinct, permettendosi di spaziare con competenza nel metal (Dichotomy), nel jazz (One Day), oltre che nei King Crimson degli anni ’80 (Dominion, Drama of Display).

TRACKLIST:
1. Dominion
2. Images
3. One Day
4. Harbinger
5. Lost One
6. Pain Map
7. Persona
8. Splendid Sisters
9. Tilting at Windmills
10. Accord
11. Dichotomy
12. Drama of Display

http://spokeofshadows.wix.com/spokeofshadows


martedì 7 ottobre 2014

Flights - History Be Kind (2014)

 
I Flights sono un quartetto di Bristol, che dopo un EP del 2011, debutta con questo History Be Kind che, devo dire, mi ha subito conquistato per le sue somiglianze neanche tanto lontane con gli Oceansize. Inoltre i Flights non sfigurerebbero accanto al team dei gruppi post progressive dell'etichetta Kscope in quanto i sottesi droni elettronici e le strutture ripetitive riportano alla memoria il minimalismo dei North Atlantic Oscillation. Incredibilmente spaccati tra muri di suono elettrico dal retaggio post rock e tonnellate di melodie solenni che ritornano indietro al sottovalutato capolavoro oceansizeiano Everyone Into Position, i Flights si inseriscono tra le migliori proposte emergenti del 2014.



www.flightsband.co.uk

lunedì 6 ottobre 2014

Grandi novità dagli archivi di Kevin Gilbert


La Kevin Gilbert Estate, il management che amministra il materiale postumo del grande musicista, è sempre stata piuttosto avida nel gestire le numerose perle che ancora giacciono negli archivi di Gilbert. Dal 2009 qualcosa si è mosso con la pubblicazione delle raccolte Nuts e Bolts e il live al Roxy dei Toy Matinee. Ora è arrivato il momento di un'altra serie di uscite elettrizzanti (tre in tutto) che vedranno la luce in contemporanea verso la metà di novembre. Gran parte di queste pubblicazioni comprende materiale conosciuto tra i fans e che è trapelato negli anni sotto forma di bootlegs, ma questa volta la KG Estate ha deciso finalmente di riconoscerne l'ufficialità e dargli una veste audio ottimale.

1. THUD 20th ANNIVERSARY DELUXE EDITION

Edizione espansa e rimasterizzata del classico album da solista del 1995 con tre inediti e 18 demo e versioni alternative





2. Toy Matinee acoustic

Acoustic rehearsal recorded in 1990 with Kevin Gilbert, Marc Bonilla, and Spencer Campbell
- Suite: Judy Blue Eyes
- The Ballad Of Jenny Ledge
- Last Plane Out
- Rocket Man
- Things She Said
- If I Fell
**includes between song banter

Acoustic Christmas Track performed by Kevin Gilbert & Marc Bonilla in 1990
- O Come, O Come, Emmanuel

Bonus: Full-band live tracks recorded in Ventura, Ca. in 1991, with Kevin Gilbert, Marc Bonilla, Spencer Campbell, Sheryl Crow, and Toss Panos
- Remember My Name
- There Was A Little Boy
- Turn It On Salvador



3. Kevin Gilbert's GIRAFFE - A 20th Anniversary Performance Of “The Lamb Lies Down On
Broadway

Recorded live at Valley Arts Center, Los Angeles • November 8, 1994.

Audio recorded and mixed by Kevin Gilbert.

The Band was:
Kevin Gilbert: Vocals, Organ, 12 String on “The Musical Box”
David Kerzner: Hammond Organ, RMI Electric Piano,
Novatron, Yamaha CP-70B, ARP Pro-soloist
Stan Cotey: Bass, Bass Pedals, 12 String Electrics
Dan Hancock: Guitars
Nick D’Virgilio: Drums, Backing Vocals

- The Lamb Lies Down On Broadway
- Fly On A Windshield
- Broadway Melody Of 1974
- In The Cage
- The Grand Parade Of Lifeless Packaging
- Back In N.Y.C.
- The Carpet Crawlers
- Lilywhite Lilith
- The Lamia
- The Colony Of Slippermen
- In The Rapids
- It/Watcher Of The Skies
- The Musical Box



http://www.facebook.com/kevingilbertofficial

sabato 4 ottobre 2014

Biffy Clyro - i 10 anni di "Infinity Land"


In un’epoca in cui la pausa tra un album e l’altro si è allungata a dismisura, i Biffy Clyro in poco più di un anno diedero alle stampe due colpi da maestro come The Vertigo of Bliss e Infinity Land. Ormai parliamo di dieci anni fa, dato che Infinity Land uscì il quattro ottobre 2004. Il trio scozzese stava passando la sua fase creativa più fulgida e, dopo essersi rifugiati in Galles ai Monnow Valley Studios insieme al produttore Chris Sheldon, riuscirono a bissare lo stato di grazia compositivo sperimentato con The Vertigo of Bliss. Il titolo dell’album aveva un’origine alquanto inquietante, essendo ispirato da un libro del serial killer Jeffrey Dahmer come spiegò Simon Neil in un’intervista: “In un suo libro lui parlava del suo posto ideale chiamato “Infinity Land” – la sua idea del paradiso – il che è davvero truce se pensi che era circondato da cadaveri e merda. Tu non sapresti dire di cosa si tratta, suonerebbe quasi come una speranza, ma quando sai a cosa si riferisce è alquanto sinistro. In un certo senso sarebbe un bene che la gente non sapesse a cosa ci riferiamo, così si possono creare il loro significato…potrebbe essere abbastanza ottimista, ma non lo è.”

Il materiale presentato su Infinity Land era senza dubbio più massiccio e oscuro rispetto a quello proposto su The Vertigo of Bliss, ma il livello di sperimentazione rimaneva ineguagliato. I due album erano quasi complementari, parlare di uno significherebbe parlare inevitabilmente anche dell’altro, i cui contenuti furono scritti probabilmente nello stesso periodo e influenzati dai medesimi ascolti di quel particolare momento (tipo The Dismemberment Plan e Sunny Day Real Estate). I Biffy Clyro lasciarono comunque un’impronta peculiare con i loro primi album. Il modo in cui si relazionavano con il post hardcore era del tutto differente da quello dei gruppi che li avevano ispirati. Non si limitava a porre l’accento sui contrasti tra momenti quieti e riff detonanti, ma era barocco e caleidoscopico, spesso imprevedibile. Il sound non era scarno e essenziale, ma si innalzava come un uragano metal composto da molteplici strati. Con una line-up da power trio i Biffy Clyro riuscivano a sostenere un’onda sonora deflagrante, al pari dei Grand Funk Railroad. L’overdrive della chitarra elettrica di Simon Neil era costantemente in saturazione e da sola era sufficiente a coprire la parte ritmica e solista. Il basso e la batteria, affidati ai gemelli Johnston, sostenevano al meglio i momenti in cui la chitarra taceva.

Infinity Land partiva con un minuto di smarrimento: la carica a salve di una electro-dance bolsa e chiassosa apriva a sorpresa il singolo Glitter and Trauma che si caricava di veri proiettili con l’entrata del riff sbilenco e dissonante che accompagnava le strofe, per poi dare spazio a cascate di piombo fuso quando la chitarra entrava in distorsione. Glitter and Trauma tratteggiava già i Biffy Clyro del futuro, quelli dei grandi chorus da arena rock, quelli degli “start and stop”, quelli che strizzavano l’occhio al mainstream. Tra le sponde di Got Wrong, The Kids from Kibble and the Fist of Light e Some Kind of Wizard scorrevano ettolitri di fiumi elettrici, sommerse sotto i quali nuotavano melodie a dir poco contagiose.

Con Strung to Your Ribcage, Wave Upon Wave Upon Wave, My Recovery Injection e, ancora, ballate rock come Only One Word Comes to Mind che si concludevano in modo devastante, i Biffy Clyro sapevano sottolineare i contrasti in maniera efficace, estrema, radicale: Neil esasperava il caratteristico urlo da post hardcore strillando come un gallinaccio, subito dopo poteva seguire una parte intensamente orecchiabile, oppure tutti e tre applicavano tempi dispari a scandire un rock trascinante e coinvolgente. Il più delle volte si trovava tutto impacchettato anche in una sola canzone. Cambi di tonalità e progressioni di accordi inusuali erano utilizzati come una cosa naturale. Nel suo procedere l’album si faceva sempre più complesso fino all’apoteosi di There's No Such Thing as a Jaggy Snake, uno dei tour de force meglio riusciti dei Biffy Clyro. Il pezzo poteva essere considerato il massimo esempio di come il gruppo cambiava tema allo stesso modo di come si ruotano i lati di un cubo di Rubik. Il loro girovagare e saltare tra un cambio e l’altro era come la ricerca del perfetto allineamento che scaturiva nel climax finale quando Neil intonava You're facing a pointless task / and it's the same thing / I will face the task.

I titoli, molto criptici, non avevano significati particolari, ma erano tratti e ispirati dai discorsi personali tra i membri del gruppo. Anche i testi seguivano la linea cupa dell’album, seppur molto liberi ad adattarsi a interpretazioni personali, riflettevano sul lato oscuro della natura umana. Come al solito, tra la stampa, ci fu chi li paragonò ai Nirvana e Neil commentò: “E’ buffo perché eravamo pazzi dei Nirvana quando vennero fuori. Ma non vediamo più collegamenti tra noi e loro. È solo questa influenza subconscia che permea quello che facciamo. Voglio dire, penso che siamo meglio dei Nirvana e che facciamo cose più interessanti di quelle che hanno fatto loro. Comunque i Nirvana sono fottutamente incredibili. I Nirvana e i Pixies hanno popolarizzato la cosa del quiet/loud e oggi non senti una band che non faccia uso di queste dinamiche. Ma non penso che il nostro sound sia molto simile al loro.”

Lo strano e simbolico artwork di Chris Fleming fu realizzato dall’artista in base ai titoli e ai testi delle canzoni che il gruppo gli aveva anticipatamente passato. L’immagine che alla fine finì sulla copertina del CD fu scelta dalla band dopo aver vagliato alcune idee, chiedendo anche spiegazioni sul reale significato allo stesso Fleming che però non lo volle mai rivelare. Infinty Land è stato l’album che chiuse la fase più ispirata e pirotecnica dei Biffy Clyro, sempre se si è disposti ad accettare una dose di sperimentazione nel rock alternativo. Se, al contrario non volete sorprese, i tre album pubblicati dopo questo potranno fare al caso vostro.

Se è vero che qualcuno li ha accusati di essersi venduti allo show business, dall’altro lato si può affermare che i Biffy Clyro è una di quelle poche band che si è meritata il successo conseguito lavorando sodo e si deve ammettere realisticamente che non avrebbero avuto lo stesso impatto una volta proseguiti gli standard prog hardcore di Infinity Land.