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venerdì 22 dicembre 2023

An introduction to the Life and Music of Kevin Gilbert - The Book

 


The English translated version of my book about Kevin Gilbert life and music it's finally out. 

"Reconstructing the career of a figure like Kevin Gilbert is certainly not an easy task. Described by his peers as a "musical genius" for his innate abilities as a multi-instrumentalist and producer, Gilbert also collaborated with top names in the music industry such as Madonna, Sheryl Crow, and Michael Jackson. However, many aspects of his artistic legacy remain unknown to the general public. Drawing from what is already known, along with notes, interviews, and anecdotes that have appeared in magazines and on the web, this essay aims to organize a coherent timeline of Gilbert's musical journey, enriching it with critical analysis of his works and a commented discography."







Here's Kyle from allmediareviews talking about the book (at the 6:00 minute mark)

martedì 23 novembre 2021

Kevin Gilbert - Covers (2021)

A pochi giorni dal suo cinquantacinquesimo compleanno (sarebbe stato il 20 novembre), la Estate di Kevin Gilbert ha pubblicato una raccolta delle cover che il musicista realizzò durante la sua carriera. Alcune, come Taxi Ride o Carpet Man, sono già note in quanto comparse in compilation realizzate in passato, altre in raccolte prog sotto forma di tributo come quelle della Magna Carta sui Genesis e sugli Yes. Per la prima Gilbert reintepretò Back in NYC, in una resa che forse supera l'originale, mentre per la seconda la scelta cadde su Siberian Khatru, la quale fu suonata fedelmente, nota per nota (tranne l'intermezzo aggiunto di The Sahara of Snow dei Bruford) per la deliberata scelta degli interpreti Stanley Snail, band fittizia che, oltre a Gilbert, includeva Mike Keneally, Bryan Beller e Nick D'Virgilio. 

Un'altra cover di spicco è la famigerata Kashmir, che Gilbert registrò al fine di proporla alla Atlantic Records per essere contenuta nelle compilation Encomium: A Tribute to Led Zeppelin, ma rifiutata dai grandi capi dei piani alti dell'etichetta con la motivazione che Gilbert "non era abbastanza famoso". La sua cover fu poi trasmessa da una radio locale di Los Angeles, causando un discerto passaparola, tanto che chi la ascoltava si presentava al negozio di CD per comprare Encomium, ma nel momento in cui scopriva che quella cover era assente rinunciava all'acquisto del medesimo. 

Tra gli inediti invece ci sono Solsbury Hill, El Paso, The Joker, il traditional natalizio O Come, O Come Emmanuel, una versione disco di Strong Enough di Sheryl Crow che Gilbert (co-autore del pezzo) registrò in modo goliardico sotto il nome Keta Men. 

https://kevingilbert.com/

domenica 8 ottobre 2017

Dave Kerzner e il tributo a "The Lamb Lies Down on Broadway"


La prima edizione del ProgStock Festival, che si terrà dal 13 al 15 ottobre a Rahway, NJ, e doveva ospitare, tra le altre cose, gli Echolyn come headliner e un tributo a Kevin Gilbert con Randy McStine alla voce (Lo-Fi Resistance), Dave Kerzner alle tastiere e Nick D'Virgilio alla batteria, da un lato non è stata molto fortunata: prima ha dovuto incassare la rinuncia degli Echolyn a causa di una tendinite di Chris Buzby; in seguito, alcuni impegni sopraggiunti di McStine, hanno impedito a quest'ultimo di confermare la sua presenza al festival con la conseguente cancellazione del tributo a Gilbert.

A questo punto Kerzner è diventato il protagonista che dovrà colmare i buchi lasciati da queste defezioni, cercando, dall'altro lato, un modo di rimediare per mantenere almeno un legame con il programma iniziale. Oltre quindi a presentare per intero dal vivo il suo nuovo album come solista Static, Kerzner suonerà anche delle selezioni da THUD, l'album solista di Gilbert del 1995, in più con l'aiuto di Francis Dunnery dedicherà una parte dello show ad alcuni brani tratti da The Lamb Lies Down on Broadway del Genesis, omaggiando in questo modo trasversalmente anche Gilbert che suonò con lui il capolavoro dei Genesis nella famosa edizione del ProgFest del 1994.



Una cosa che non sapevo è che da qualche anno Kerzner, con il suo vecchio progetto Sonic Elements, stava lavorando anche ad un album tributo a The Lamb Lies Down on Broadway che sarebbe stato previsto per una pubblicazione nel 2015 e con ospiti lo stesso Dunnery, Nick D'Virgilio, Billy Sherwood (Yes), Steve Rothery (Marillion), Dan Hancock (Giraffe), Martin Levac (The Musical Box), Nad Sylvan (Steve Hackett). La rivisitazione pare prendere le mosse dal tributo realizzato da Nick D'Virgilio con il suo Rewiring Genesis nel 2009, il quale integrava un'orchestra sinfonica per dare un respiro quasi cinematografico alle tracce. Finora comunque possiamo farci un'idea da questi clip caricati da Kerzner su Soundcloud:










giovedì 26 maggio 2016

BIG BIG TRAIN - Folklore (2016)


I Big Big Train si sono sempre mostrati un gruppo in evoluzione, non solo dal punto di vista musicale, ma anche da quello della line-up. Guidati sempre dal duo Andy Poole e Gregory Spawton, ultimamente si sono compattati in un ottimo schieramento che vede David Langdon alla voce, Nick D'Virgilio alla batteria e l'ex XTC Dave Gregory alla chitarra, ma in occasione del primo concerto della band dopo tantissimi anni, tenuto nell'agosto 2014 negli studi Real World (e da poco pubblicato in Bluray con il titolo di Stone And Steele), si sono aggiunti alla formazione la violinista Rachel Hall e nientemeno che il band leader dei Beardfish, Rikard Sjöblom, facendo dei Big Big Train la sua seconda band a tutti gli effetti.

Quindi, è con questa ricca line-up che i Big Big Train sono arrivati, dopo una storia che dura ormai da cinque lustri, al nono album Folklore, a distanza di un anno dall'EP Wassail la cui title-track è qui contenuta. Ormai stabilizzati su un neo progressive sinfonico molto adulto che prosegue la vena degli ultimi tre lavori in studio, tra questi Folklore è forse l'album più raffinato, levigato e patinato a livello di arrangiamenti al punto che, se esistesse un corrispettivo dell'AOR per il progressive rock, esso ne sarebbe un degno rappresentante. Spiegando meglio, la nuova opera dei Big Big Train è una di quelle che ti puoi gustare, paradossalmente, con disimpegno, seduto sul tuo sofà con un bicchiere di brandy in una mano e un sigaro nell'altra, il caminetto acceso e un'atmosfera raccolta. Un prog della mezza età che si lascia ascoltare con piacere anche se non si è particolarmente dentro la materia, fatto di ballad malinconiche in forma di suite e belle armonie (Along the Ridgeway, Booklands), fanfare militari e echi di danze irlandesi. Probabilmente i fan dei Genesis lo adoreranno in passaggi come Salisbury Giant e Transit of Venus Across the Sun, ma un parallelismo che viene in mente con questo "nuovo" approccio pastorale e introverso, quasi cantautorale oserei dire, è quello con l'ultimo corso degli Echolyn.

I Big Big Train hanno incrementato l'uso di ottoni e archi, polifonie vocali e orchestrazioni, palesando velleità di provare anche cose nuove con il risultato di compilare una raccolta di brani a livelli di resa qualitativa altalenante. Ad esempio, l'ormai abusato ricorrere al folk irlandese, che ha stancato anche al di fuori del progressive rock, per dare un tocco di traditional, lascia un po' il tempo che trova sulla title-track, su Telling the Bees e su Wassail, consegnandole alla schiera non certo indimenticabile di tante altre prove simili all'interno del prog. Inoltre, i Big Big Train questa volta si vanno ad uniformare a quel prog sinfonico contemporaneo simile a Spock's Beard, Neal Morse e Transatlantic dove il citazionismo sonoro dei seventies costituisce la cifra stilistica più marcata, un vezzo evidente soprattutto su Winkie. Il respiro generale dell'opera è poi un po' viziato da una sensazione di omogeneità che ricade su arrangiamenti troppo studiati e freddi, simile ad una sorta di Steely Dan e Dire Straits ancora più macchinosi come accade nelle belle ma lambiccate arie di London Plane. I Big Big Train, a partire da The Difference Machine che aveva aperto un nuovo corso, erano riusciti a progredire su un fronte, se non originale, almeno personale. In questo caso si bloccano e la mia impressione è che, il pur bravo David Langdon che sta avendo sempre più spazio dal punto di vista di scrittura, li stia deviando su schemi progressivi più omologati.



 www.bigbigtrain.com

giovedì 29 novembre 2012

Lo-Fi Resistance - Chalk Lines (2012)


Lo-Fi Resistance è il nome dietro al quale si cela il musicista e compositore Randy McStine. Ho avuto modo di conoscere e ascoltare un paio di anni fa il progetto di McStine - all'epoca dell'esordio A Deep Breath (2010) - grazie alla mailing list di Kevin Gilbert, dove si citava il songwriting di questo album come molto affine a quello del compianto autore di The Shaming of the True. Inoltre A Deep Breath vedeva la partecipazione di Nick D'Virgilio come ospite alla batteria e responsabile del mixaggio. Il risultato, mi pare di ricordare, era molto buono.

Esce il 3 dicembre la seconda prova di McStine dal titolo Chalk Lines e questa volta gli ospiti sono aumentati e sempre di rilievo: abbiamo la sezione ritmica dei Porcupine Tree Gavin Harrison (batteria) e Colin Edwin (basso), un altro porcospino onorario come John Wesley, Doug Pinnick (King's X) e David Kerzner (Kevin Gilbert) che ha co-prodotto l'album.

Anche ascoltando le preview di Chalk Lines sembra che McStine abbia sicuramente fatto passi avanti e l'album è destinato a diventare una delle ultime perle che ci ha regalato questo 2012.





E per chi non conosce il primo album:

martedì 20 novembre 2012

Happy Birthday Kevin Gilbert

Se fosse vivo oggi Kevin Gilbert compirebbe 46 anni. Chi segue il blog conosce la mia stima per questo grande artista che ci ha lasciato troppo presto. Quindi, dato che non si parla mai abbastanza di Kevin Gilbert, prendo come scusa il suo compleanno per condividere un filmato che ho trovato da poco. E' il concerto completo che i Giraffe fecero nel 1994 al ProgFest suonando quasi per intero The Lamb Lies Down on Broadway. Gli appassionati naturalmente conosceranno bene questa performance, ma fino ad ora non era mai stata caricata interamente su YouTube. Credo che questa sia una buona occasione per riguardarsela.



Tracklist:

The Lamb Lies Down on Broadway
Fly on a Windshield
Broadway Melody of 1974
In The Cage
The Grand Parade of Lifeless Packaging
Back in N.Y.C.
The Carpet Crawlers
Lilywhite Lilith
The Lamia
The Colony of Slippermen
Raven (Instrumental)In The Rapids
It / Watcher of the Skies
The Musical Box

Band lineup:
Kevin Gilbert - vocals
Dan Hancock - guitar
David Kerzner - keyboards
Stan Cotey - bass
Nick D'Virgilio - drums

www.kevingilbert.com

venerdì 16 dicembre 2011

Kevin Gilbert - una retrospettiva




Ouverture

A molti probabilmente il nome di Kevin Gilbert non dirà nulla. Altri forse lo ricorderanno vagamente nei crediti di album come Beware of Darkness degli Spock’s Beard, NDV di Nick D’Virgilio o nel live Progfest ’94. Pur avendo scritto album memorabili e collaborato con grandi nomi della musica internazionale, la carriera di questo brillante musicista è costellata da una serie di occasioni mancate. Io stesso lo scoprii per caso, girovagando su Internet in siti specializzati in progressive come Ghostland.com, dove spesso erano recensiti entusiasticamente i suoi album. E così, necessitando sempre di nuovi stimoli musicali, un giorno, in crisi d’astinenza, decisi di ordinare The Shaming of the True a scatola chiusa. Quando il CD mi arrivò a casa, ero curiosissimo di ascoltarlo, non sapendo cosa aspettarmi. L’ascolto fu entusiasmante: l’album si dipanava meravigliosamente canzone dopo canzone, una più bella dell’altra. Ne fui immediatamente colpito. Subito dopo cercai altre informazioni su questo artista a me sconosciuto e capii che The Shaming of the True era solo la punta dell’iceberg.

I – I primi passi negli anni '80

La prima band che Kevin Gilbert formò, all’età di circa 17 anni, prese il nome di NRG (No Reasons Given) con Jason Hubbard alla chitarra e Mickey Sorey alla batteria. Sono i primi anni ‘80 e la loro musica è assolutamente fuori moda per l'epoca: puro progressive pock che ha solo qualche marginale influenza della new wave allora in voga. I veri punti di riferimento sono i gruppi degli anni ‘70. Anche per questo la band produce solo alcuni brani prima di sciogliersi. L’album omonimo degli NRG è oggi scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale di Kevin Gilbert (vedi discografia).
Si possono così finalmente ascoltare brani prog come Masques e Mephisto’s Tarantella che rivelano un’impressionante maturità compositiva nonostante la giovane età dei componenti. Poi si può passare ad un rock più classico sempre con venature prog con Watching Me, Wings of Time e Welcome to Suburbia dove fa la sua comparsa un basso alla Chris Squire. Per poi arrivare alla splendida ballata Mere Image che, partendo con un delicato arpeggio di piano, giunge ad un chorus da brivido e ad un intermezzo con synth altrettanto efficace. Altre due splendide ballate sono Tired Old Man e When Stranger Parts, questa volta dominate dalla chitarra.

Alla fine degli anni ‘80 Kevin Gilbert comincia a farsi notare nella Bay Area di San Francisco con una nuova band: i Giraffe. Con loro Gilbert produce solamente due album The Power of Suggestion (1987) e The View From Here (1988) ormai introvabili, poiché ne furono stampate solo poche copie (la maggior parte dei brani si possono comunque trovare nella raccolta Giraffe). In realtà in questi lavori, pur essendo presenti altri musicisti, la maggior parte degli strumenti sono suonati da Gilbert stesso, essendo un talentuoso polistrumentista. Lo stile musicale qui si fa più vicino al pop di quegli anni, dove alcune sonorità progressive sono mutuate dal Peter Gabriel di III e So.



II – I prolifici anni '90

Per Kevin i Giraffe rappresentarono un ipotetico trampolino di lancio. Partecipando infatti ad un concorso per band emergenti organizzato dalla Yamaha, Kevin viene notato dal produttore e tastierista Patrick Leonard (autore di molti grandi successi di Madonna), il quale faceva parte della giuria ed era in cerca di un cantante per formare un proprio gruppo. Essendo rimasto positivamente colpito da Kevin, Leonard lo contatta per formare i Toy Matineè insieme a Guy Pratt al basso, Tim Pierce alla chitarra e Brian MacLeod alla batteria. L’album omonimo, uscito nel 1990, è un capolavoro di pop songs sofisticate pressoché perfette, arrangiate ed eseguite benissimo. Basta ascoltare pezzi come Last Plane Out , The Ballad of Jenny Ledge, Things She Said e tutte gli altri per rendersene conto. Purtroppo però, nonostante questo, il progetto naufraga poco tempo dopo a causa di incomprensioni e litigi. Ma l’incontro con Leonard si rivela tutt’altro che infruttuoso, in quanto Kevin avrà la possibilità di lavorare con Madonna e con Michael Jackson.

Dal 1993 inoltre Kevin è impegnatissimo come produttore, ingegnere del suono e compositore collaborando con musicisti come Mike Keneally, Keith Emerson (il quale gli dedicherà il brano For Kevin nel suo Emerson plays Emerson), Spock’s Beard, Marc Bonilla, Linda Perry e molti altri.
In quel periodo Kevin inizia a collaborare con il produttore Bill Bottrell e con altri musicisti, tra i quali David Bearwald e Brian MacLeod, incontrandosi il martedì sera per suonare e divertirsi. Kevin decide di far partecipare alle prove di questo gruppo improvvisato, chiamato Tuesday Music Club, anche la sua ragazza, una certa Sheryl Crow. A questo punto è necessaria una piccola digressione. All’epoca la Crow aveva un contratto con l’etichetta A&M per registrare un album e Kevin chiese agli amici del TMC di aiutarla scrivendo insieme delle canzoni che potessero finire su questo lavoro. Sappiamo tutti che l’album in questione (Tuesday Night Music Club) fu un best seller, facendo tra l’altro vincere anche un Grammy Award a Kevin come co-autore del brano All I Wanna Do. Ironicamente, il successo che Kevin inseguiva da anni, arrivò inaspettatamente, ma alla persona più in vista di quel progetto, Sheryl Crow appunto, che non ebbe scrupoli a prendersi tutti i meriti e a liberarsi dai membri della band.



Rinnegato, allontanato e rimasto molto amareggiato da questa esperienza, Kevin cade in depressione e si dedica alla registrazione del suo primo lavoro solista. Nel frattempo partecipa a due album tributo dell’etichetta Magna Carta registrando le cover di Back in NYC dei Genesis e Siberian Khatru degli Yes insieme a Mike Keneally e Nick D’Virgilio. Una terza cover, Kashmir, verrà proposta per Encomium, il tributo ai Led Zeppelin, ma scartata dalla tracklist poiché il nome di Kevin Gilbert “non è abbastanza famoso per essere incluso”. Alla faccia dei meriti artistici e musicali. Kashmir farà la sua comparsa nel singolo che accompagnerà Thud, il primo album solista di Kevin Gilbert.

Nel ’94 riesuma temporaneamente il nome Giraffe, con una nuova formazione che comprende anche Nick D’Virgilio, per prendere parte al Progfest. Il loro set non presenta però il repertorio della band; Kevin e compagni decidono infatti di eseguire interamente The Lamb Lies Down on Broadway con un’ accuratezza impressionante per celebrarne il ventennale. D’altra parte Kevin non ha mai fatto mistero della sua ammirazione per i Genesis e Peter Gabriel in particolare, tanto che, la settimana dopo la sua morte, sarebbe dovuto volare in Inghilterra per partecipare ai provini come nuovo cantante della band di Mike Rutherford e Tony Banks.

Nel 1995 esce Thud, primo album a nome Kevin Gilbert. Il suo stile, in questo lavoro, si fa più asciutto rispetto al passato, gli arrangiamenti, all’apparenza scarni ed essenziali, in realtà risultano funzionali e ben costruiti, creando un album abbastanza eterogeneo. C’è un po’ di tutto: brani quasi declamatori, impostati sulle percussioni, come Joytown e Waiting, riflessivi come Tea for One e Song for a Dead Friend e la multiforme Shadow Self, la canzone che più si avvicina al Progressive.
Anche Thud non ha il successo sperato, ma Kevin non si perde d’animo e comincia a lavorare ad altri progetti, tra cui una rock opera e un nuovo gruppo dal nome Kaviar, che però non potrà mai portare a termine. Infatti il 18 maggio del 1996, a soli 29 anni, Kevin Gilbert viene trovato morto nella sua casa fuori Los Angeles a causa di un suicidio accidentale causato da asfissia.



III – La sua eredità e le iniziative postume

Non tutto però è andato perduto. I nastri inediti di Kevin stanno lentamente tornando alla luce, grazie ai suoi collaboratori che hanno sempre avuto molta stima di lui e della sua opera, primo fra tutti il grande amico Nick D’Virgilio. Dopo la scomparsa di Kevin, oltre a pubblicare il materiale rimasto inedito, hanno costituito anche il Kevin Gilbert Memorial Fund, fondazione che si prefigge lo scopo di aiutare musicisti tecnicamente dotati a sviluppare il loro potenziale.

Nel ’99, oltre alla raccolta dedicata ai Giraffe, viene pubblicato il Live at the Troubadour, curato da D’Virgilio e da John Cuniberti, che ritrae una data del tour per promuovere Thud. In questo live fa la sua comparsa l’inedita Miss Broadway, sarcastica canzone indirizzata alla Crow, dove Kevin l’accusa di essersi impossessata del suo lavoro e di usare le persone per i propri scopi.
Sempre D’Virgilio e Cuniberti nel 2000 portano a termine la rock opera alla quale Kevin stava lavorando prima di morire e aveva quasi ultimato: The Shaming of the True. Questo concept narra con disincanto l’ascesa e la caduta nel mondo del music business dell’immaginario musicista Johnny Virgil. Questo album è il capolavoro di Kevin Gilbert e sicuramente un importante punto di arrivo per la sua carriera che probabilmente avrebbe potuto aprirgli nuovi orizzonti. Le struggenti Water Under the Bridge e A Long Day’s Life, le nuove versioni di Staring Into Nothing, The Way Back Home, Imagemaker e From Here to There (già presenti nel repertorio di NRG e Giraffe), la perizia degli intrecci vocali alla Gentle Giant di Suit Fugue e la carica rock di Best Laid Plans fanno di The Shaming of the True più che un semplice testamento artistico, ma una vera e propria biografia in musica.

Un’altra pubblicazione postuma è The Kaviar Sessions. Come ben si intuisce dal titolo, questo album è rimasto incompleto, nonostante ciò, ascoltandolo, si capisce benissimo il percorso musicale intrapreso da questo ostico gruppo. Musicalmente parlando, Kevin opera una cesura netta nei confronti del suo stile: i Kaviar producono una musica molto tribale dai toni dissonanti, metropolitani e quasi punk che fa incontrare hard rock, industrial ed elettronica.

The Finale

Quando si perde un artista della sua caratura, aleggia sempre la retorica domanda su cosa avrebbe potuto realizzare in futuro. Una curiosità del tutto lecita, come dimostra il suo ultimo spiazzante progetto Kaviar. Kevin in vita ha dimostrato di sapersi adeguare ad ogni genere musicale, essendo lui stesso un vorace ascoltatore di musica. L’unico rimpianto è che siano ancora così pochi a conoscere l’opera di questo straordinario artista. Una cosa a cui ho cercato di porre rimedio con questo mio piccolo contributo, dedicandolo alla memoria di Kevin.


Discografia

NRG
No Reasons Given (1984; scaricabile gratuitamente a questo indirizzo: http://www.kevingilbert.com/disco.htm#noreasongiven)

Giraffe
The Power of Suggestion (1987)
The View From Here (1988)
Giraffe (1999; antologia)

Toy Matineè
Toy Matineè (1990)
Toy Matineè Special Edition (2001; versione rimasterizzata con brani inediti)
Kevin Gilbert Performs Toy Matinee Live (2010)

Kevin Gilbert
Thud (1995)
Kevin Gilbert & Thud – Live at the Troubadour (1999)
The Shaming of the True (2000)
Nuts (2009)
Bolts (2009)
Welcome to Joytown - Thud: Live at The Troubadour (2009)

Kaviar
The Kaviar Sessions (2002)

www.kevingilbert.com

mercoledì 14 settembre 2011

"The Shaming of the True" performed at ProgWest 2002

Dagli archivi di David Robin, lo stesso autore di questo validissimo documentario sul progressive rock, sono saltati fuori due filmati che ritraggono una parte della performance di Nick D'Virgilio al ProgWest 2002, quando suonò per intero il mitico album di Kevin Gilbert. Chissà che in futuro non venga fuori altro materiale. I brani sono City of the Sun, Suite Fugue e A Long Day's Life.



Shaming of the True from David Robin on Vimeo.



Long Days' Life from David Robin on Vimeo.

mercoledì 21 gennaio 2009

REWIRING GENESIS - A Tribute to The Lamb Lies Down on Broadway

La proprietà del silenzio non appartiene più a questa società. E non parlo della funzione oggettiva del silenzio come annullamento dei rumori (urbani, umani, ecc.), ma di una intromissione ben più invasiva e difficile da evitare.
Nel giornalismo, ad esempio, si insiste senza pietà di fronte ad argomenti di cronaca assolutamente personali e delicati, legittimando chiunque legga a poter dire la sua e pensare di essere dalla parte del giusto. Quando invece non c'è nè giusto, nè sbagliato, ma ci sono solo le ragioni profonde ed intime delle persone che vivono tale esperienza.
Nella rete abbiamo l'esempio di Facebook (un social network all'ennesima potenza) dove ognuno è ansioso di elargire giudizi e commenti su qualsiasi cosa gli passi per la testa.

Tutto questo preambolo per spiegare che un fenomeno simile è presente anche nella musica, rappresentato dai tribute album: innocui se a carattere antologico (tipo raccolta con vari artisti che coverizzano canzoni da album diversi), letali se riguardano album interi. Operazioni inutili che lasciano il tempo che trovano.

Ed ecco che anche in questo caso sarebbe meglio tacere, non mostrare il proprio "punto di vista" su un'opera, ma ammirarla per come è e basta. Non mi risulta che qualcuno abbia riscritto I Promessi Sposi o che qualcuno abbia dipinto un'altra Las Meninas.
Perchè nella musica invece, di tanto in tanto, arriva qualcuno con la malsana idea di risuonare in studio gli album che hanno segnato la storia del rock? Perchè The Wall, The Lamb Lies Down on Broadway, The Dark Side of the Moon non possono rimanere così come sono stati concepiti senza nessuno che li "rilegga" a modo suo? Che senso ha rifare un album intero, ancor più se trattasi di un capolavoro, rischiando anche di compromettersi artisticamente, e andare a minare quella perfezione che gli era propria?
Una cosa del genere la capirei più impostata per una esibizione dal vivo: una volta terminata la performance la cosa finisce lì; ci si diverte e si suona la musica dei propri idoli.

Considero Nick D'Virgilio il miglior batterista moderno, ma ho sempre avuto riserve su di lui come solista o frontman. In queste vesti si è sempre mosso all'ombra di colui che deve essere stato il suo mentore, Kevin Gilbert, cercando di coglierne l'idea musicale, senza riuscire però neanche ad esserne un epigono.
Gilbert si esibì con i Giraffe al Progfest del 1994 con una
leggendaria riproposizione di The Lamb Lies Down on Broadway proprio con D'Virgilio alla batteria. La prematura scomparsa di Gilbert non ci impedisce di asserire che una registrazione in studio del suddetto album non era nei suoi piani. Anche perchè il concerto fu una celebrazione del ventennale di The Lamb senza ulteriori speculazioni.
Invece D'Virgilio è tornato sul luogo del delitto, magari pensando di poter aggiungere qualcosa di buono, ma ha sbagliato totalmente il media.
Il suo The Lamb è un disco che sprigiona un'incompatibilità nei confronti dell'ambiente studio, dato che sembra concepito solo con lo scopo di essere suonato dal vivo. In questo non ci sarebbe nulla di sbagliato, ma se lo avesse proposto esclusivamente come concerto, con un tour, non sarebbe stato meglio? Un pò alla Musical Box, ma almeno loro hanno la decenza di non registrare in studio gli album dei Genesis che portano sul palco.
A questo punto qualcuno potrà obiettare che D'Virgilio ha utilizzato sapienti arrangiamenti orchestrali e ha infuso nuovo spessore alle canzoni. Questa, al contrario, è la motivazione principale che contribuisce alla teatralità fuori luogo imposta dal batterista degli Spock's Beard. D'Virgilio ha allestito questo album come fosse un musical, esagerando il concetto di opera-rock.
Il fatto che nel titolo sia nominata Broadway non vuol dire necessariamente che si debba suonare it come in uno spettacolo alla Chorus Line, o pretendere che la title track e In the Cage sembrino dirette da Leonard Bernstein.
The Lamb è prima di tutto una collezione di canzoni sperimentali con arrangiamenti superbi. E cosa rimane se andiamo a boicottarele con archi e fiati? Brani spogliati dalle loro peculiarità elettroniche: che senso ha l'arpeggio invasivo di Back in NYC rifatto con una debole chitarra punteggiata fastidiosamente dai fiati? Dove sono scomparse le già elusive "enossificazioni"? Perchè raggiungere il ridicolo involontario nell'intermezzo dixieland in Counting Out Time?
Quando D'Virgilio non sa che pesci prendere i brani restano molto simili agli originali, ma senza sprigionare neanche la metà dell'energia degli originali.
Ecco forse è questo il vero problema, alla rilettura di D'Virgilio manca l'anima, l'energia, l'emozione. In una parola il sentimento: tutto sembra meccanico a tratti esitante ed insicuro.

www.myspace.com/ndvmusic