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martedì 23 novembre 2021

Kevin Gilbert - Covers (2021)

A pochi giorni dal suo cinquantacinquesimo compleanno (sarebbe stato il 20 novembre), la Estate di Kevin Gilbert ha pubblicato una raccolta delle cover che il musicista realizzò durante la sua carriera. Alcune, come Taxi Ride o Carpet Man, sono già note in quanto comparse in compilation realizzate in passato, altre in raccolte prog sotto forma di tributo come quelle della Magna Carta sui Genesis e sugli Yes. Per la prima Gilbert reintepretò Back in NYC, in una resa che forse supera l'originale, mentre per la seconda la scelta cadde su Siberian Khatru, la quale fu suonata fedelmente, nota per nota (tranne l'intermezzo aggiunto di The Sahara of Snow dei Bruford) per la deliberata scelta degli interpreti Stanley Snail, band fittizia che, oltre a Gilbert, includeva Mike Keneally, Bryan Beller e Nick D'Virgilio. 

Un'altra cover di spicco è la famigerata Kashmir, che Gilbert registrò al fine di proporla alla Atlantic Records per essere contenuta nelle compilation Encomium: A Tribute to Led Zeppelin, ma rifiutata dai grandi capi dei piani alti dell'etichetta con la motivazione che Gilbert "non era abbastanza famoso". La sua cover fu poi trasmessa da una radio locale di Los Angeles, causando un discerto passaparola, tanto che chi la ascoltava si presentava al negozio di CD per comprare Encomium, ma nel momento in cui scopriva che quella cover era assente rinunciava all'acquisto del medesimo. 

Tra gli inediti invece ci sono Solsbury Hill, El Paso, The Joker, il traditional natalizio O Come, O Come Emmanuel, una versione disco di Strong Enough di Sheryl Crow che Gilbert (co-autore del pezzo) registrò in modo goliardico sotto il nome Keta Men. 

https://kevingilbert.com/

domenica 10 giugno 2018

Phi Yaan-Zek - Reality Is My Play Thing (2018)


Da oltre venti anni anni il chitarrista inglese Phi Yaan-Zek produce album come solista e collabora con una vastità di colleghi tra cui Mike Keneally, Ron "Bumblefoot" Thal, Marco Minnemann, Bryan Beller, Andy Edwards, Steve Lawson e Lalle Larsson. Con alcuni di questi nomi (soprattutto Minnemann) ha realizzato in passato sette CD e quest'ultimo doppio Reality Is My Play Thing si può dire rappresenti il culmine del percorso di Phi Yaan-Zek, presentando oltretutto una line-up da sogno con Minnemann alla batteria, Mike Keneally e Lalle Larsson (Karmakanic, Anderson/Stolt) alle tastiere e Bryan Beller al basso.

Naturalmente su Reality Is My Play Thing ritroviamo l'eccentrica verve di Frank Zappa, del british pop e post punk non convenzionale di XTC e Cardiacs, nonché i trademark della prog fusion di Keneally, Steve Vai e altre delizie psichedeliche nascoste o spalmate con cura nel lungo arco delle 36 tracce delle quali è composto. Il fatto che sia un album così corposo è stato dettato anche dalla sua gestazione che si è protratta per undici anni ed infine registrato tra l'Inghilterra e la California. Reality Is My Play Thing è in uscita il 21 giugno ma la prima metà, che si concentra su canzoni pop jazz, può essere già fruita attraverso Bandcamp, mentre la seconda parte è per lo più strumentale, anche se in tutto il disco non mancano intricate parti soliste e di gruppo che talvolta ricordano i folli collage di matrice kenealliana.





http://www.pyzmusic.com/

mercoledì 17 agosto 2016

Mike Keneally - Scambot 2 (2016)


Oltre ad essere attivissimo dal lato dei concerti (la sua ultima apparizione è stata al fianco di Joe Satriani, Steve Vai e Guthrie Govan nel tour G3), per quanto riguarda il lavoro in studio avevamo lasciato Mike Keneally nel 2013 con You Must Be This Tall e, ancora prima, c'era stata la collaborazione con Andy Partridge su Wing Beat Fantastic. Per tornare al primo capitolo di quella che è la trilogia del concept Scambot, si deve risalire a ritroso addirittura al 2009, anche se la genesi di tutta la storia risale al 2007. L'idea musicale di Keneally si è sviluppata in quasi dieci anni come un work in progress che si compone di vari elementi mentre il lavoro prosegue. In questo caso pure la registrazione di Scambot 2, come conseguenza, si è avvalsa di vari musicisti che si sono affiancati agli ormai fidi Bryan Beller, Rick Musallam e Joe Travers, tra cui Doug Lunn, Krys Myers, Marco Minnemann, Pete Griffin, Gregg Bendian e Evan Francis.

Come lo stesso Keneally ha ammesso, Scambot vuole essere un banco di prova per la sua creatività, senza darsi delle regole o dei limiti, a partire dal racconto singolare che narra del protagonista Scambot, un musicista frustrato che scopre di essere nient'altro che un giocattolo appartenente alla mente criminale di Boleous T. Ophunji, un magnate della marmellata (proprio così!) che usa e manipola l'umore e le azioni di Scambot attraverso i suoi esperimenti. Tra le altre cose assurde che succedono, ad un certo punto Ophunji riesce a catturare gli Scorpions e altri musicisti al fine di fargli suonare le grandi idee musicali concepite da un certo Govin, ma Scambot 2 si arricchisce di ulteriori personaggi stravaganti che Keneally ci presenta nel corposo booklet. Dato che la storia, i testi e la musica procedono di pari passo e si alimentano creativamente a vicenda è logico aspettarsi mirabolanti fantasie prive di freni inibitori in ognuno di questi campi. Keneally, infatti, apre il disco con In the Trees, un siluro da dieci minuti e mezzo nel quale si sprecano fraseggi elettroacustici math rock, riff metal, suggestioni fusion, mentre il dialogo tra i personaggi è caratterizzato da timbri vocali manipolati al fine di differenziare la loro voce. Superato questo appagante scoglio, gli altri quattordici pezzi veleggiano su una durata più contenuta, quasi canonica verrebbe da dire.

Se il primo volume veniva a patti con un'estetica compositiva molto cervellotica, melodicamente complessa e a tratti ermetica, in questo secondo capitolo Keneally recupera la sua verve di scrittore composito, ma concedendosi a delle soluzioni decisamente più aperte, definendo con Scambot 2 il suo miglior album dai tempi di Dancing. Se in quell'ambito però Keneally aveva dato sfogo a brani che si arricchivano di un piglio da big band rock, dove l'assolo individuale ricopriva un ruolo importante quanto le parti collettive, qui si trattiene e lascia che le stranezze assortite siano il perno della sua visione di canzone, un po' come accadeva su Sluggo!. Il risultato viene ottenuto grazie ad uno spaziare eterogeneo da parte di Keneally nelle progressioni estetiche che ha sviluppato durante la propria carriera. Così il blues Roots Twist, il proto soul di Race the Stars e di Sam si pongono in quella prospettiva di cantautorato prog che era il focus primario di un album come Dog, mentre Clipper e Scores of People invece tornano indietro fino alle amene canzoni intricate di hat., tra cui spiccano i passaggi cubisti di piano elettrico e l'andamento funk/fusion di Buzz. Pretzels riprende lo stile introspettivo acustico/fusion di Wooden Smoke e Nonkertompf insieme alla serenata Cold Hands Gnat. In questo modo, inoltre, Keneally prende la scusa per accostare le cose più lontane, stilisticamente parlando, tipo i febbrili riff hard rock di Roll e il bluegrass di Constructed. Come copiosità direi che ce n'è abbastanza per assimilare il tutto con calma, almeno fino all'arrivo del terzo e conclusivo capitolo (che, a quanto sembra, non sarà previsto in tempi brevi).

www.keneally.com

mercoledì 11 luglio 2012

Mike Keneally + Andy Partridge - Wing Beat Fantastic (2012)


La lungamente attesa collaborazione tra Mike Keneally e Andy Partridge, due dei più grandi musicisti contemporanei, sarà finalmente pubblicata il 24 luglio. Wing Beat Fantastic conterrà 12 tracce, 8 delle quali scritte a quattro mani da Keneally e Partridge e le restanti 4 a firma del solo Keneally. L'ex chitarrista di Frank Zappa non ha mai fatto mistero del suo amore per gli XTC e il songwriting di Partridge

I due hanno iniziato a scrivere insieme dal 2006 e, avarie riprese, Keneally ha pazientemente messo insieme il materiale in tutti questi anni. Purtroppo Partridge ha preferito non cantare né suonare nell'album (a parte qualche percussione in un paio di brani), lasciando che fosse Keneally a completare il tutto. In compenso quest'ultimo è stato coadiuvato da musicisti di tutto rispetto come  Marco Minnemann, Nick D’Virgilio, Rick Musallam, Bryan Beller, Evan Francis, Matt Resnicoff, Allen Whitman e April West.

Più informazioni (anche su come pre-ordinare il CD) e commenti sul sito ufficiale di Mike Keneally.

Tracklist:

1. The Ineffable Oomph of Everything, Part One (Keneally)
2. I’m Raining Here, Inside (Keneally/Partridge)
3. Wing Beat Fantastic (Keneally/Partridge)
4. The Ineffable Oomph of Everything, Part Two (Keneally)
5. You Kill Me (Keneally/Partridge)
6. Friend Of A Friend (Keneally/Partridge)
7. That’s Why I Have No Name (Keneally)
8. Your House (Keneally/Partridge)
9. Miracle Woman And Man (Keneally/Partridge)
10. Inglow (Keneally/Partridge)
11. Bobeau (Keneally/Partridge)
12. Land (Keneally)

domenica 29 gennaio 2012

The Aristocrats e Guthrie Govan


Essendosi conquistato un posto ragguardevole nella classifica di fine anno di Altprogcore, penso che l'omonimo album d'esordio degli Aristocrats meriti due parole. The Aristocrats è un trio formato dal bassista Bryan Beller (collaboratore di lunga data di Mike Keneally), dal batterista Marco Minnemann (anche lui con Mike Keneally e poi Eddie Jobson e Adrian Belew) - che sta riscuotendo una fama crescente grazie a Steven Wilson che lo ha voluto nel suo tour come solista - ed infine dal chitarrista Guthrie Govan (già con Asia e poi GPS). Dei tre, quest'ultimo, era quello a me meno noto, ma che, alla fine, ha stupito di più.

Il trio suona una fusion chitarristica riconducibile ai più famosi colleghi Steve Vai e Joe Satriani. Diciamo che in tale ambito il picco creativo fu toccato proprio da questi due tra la fine degli anni '80 e la prima metà degli anni '90. Dopodiché il genere si è evoluto a malapena con chitarristi ingessati, soprattutto a livello sonoro, che a stento sono riusciti a rinnovare la propria formula. Ad esempio gli unici due concerti di Steve Vai a cui ho assistito li ricordo tra i peggiori a cui abbia mai partecipato, con il chitarrista impegnato più nel dare risalto alla forma e all'estetica che non alla sostanza (sintomo di una cronica mancanza di idee?). In pratica si è venuta a creare una sorta di staticità che ha intrappolato i suddetti nei loro cliché virtuosistici.

Quindi capirete con quale spirito scettico mi sono avvicinato a The Aristocrats, convinto che ormai questo filone avesse esaurito il suo percorso. E invece ho trovato tre musicisti d'alta classe e in Govan ho rilevato uno stile versatile e inventivo, che mi ha stupito e invogliato a saperne di più. In effetti il suo estro funziona ancora meglio su Erotic Cakes, l'esordio come solista del 2006.

L'album, sebbene abbia avuto un successo relegato credo al solo circuito dei fan del genere, merita molto, molto di più. Esso, oltre a rappresentare una pietra miliare di shred guitar e fusion, andrebbe incorniciato accanto ad altri classici come Surfing with the Alien (1987) e Passion and Warfare (1990). Eroric Cakes è un capolavoro che riesce nell'improbabile e difficilissimo compito di risvegliare dal torpore una scena chitasrristica ormai troppo uguale a se stessa. E la cosa è proseguita con The Aristicrats. Ciò che rende unico Govan è quello di essere innanzi tutto un compositore sopraffino. Prima di diventare un funambolo della sei corde dovresti possedere la capacità di creare dei buoni temi sui quali ricamare e improvvisare sopra. Govan è un maestro in questo: la sua tecnica è fluida e coinvolgente, mette in chiaro sin da subito che per lui l'esposizione, il suo sviluppo e la relativa improvvisazione sono un limite. Lui deve andare oltre. Nei brani di Govan c'è sempre qualche sorpresa o un imprevisto nel percorso, i temi possono essere molteplici e la sua versatilità stilistica fa il resto.

Quello che mi ha stupito dei due album presi qui in esame è la loro scorrevolezza, i brani sono essenziali, non si dilungano eccessivamente e in pochi minuti riescono ad esporre ciò che altri farebbero in 15 o venti minuti. Eppure, nella sua essenzialità, la ricchezza, la fantasia e l'inventiva sono le vere risorse di un lavoro come Erotic Cakes. Govan non vuole solo suonare per il piacere di farlo, ma vuole intrattenere l'ascoltatore e in questo è un maestro.

The Aristocrats - Sweaty Knockers by Abortion Factory

Waves - Guthrie Govan (Erotic Cakes) by evetke

Guthrie Govan - Wonderful Slippery Thing by sfrdmrc

Guthrie Govan - Fives by jrhetf4xb

http://the-aristocrats-band.com/


venerdì 16 dicembre 2011

Kevin Gilbert - una retrospettiva




Ouverture

A molti probabilmente il nome di Kevin Gilbert non dirà nulla. Altri forse lo ricorderanno vagamente nei crediti di album come Beware of Darkness degli Spock’s Beard, NDV di Nick D’Virgilio o nel live Progfest ’94. Pur avendo scritto album memorabili e collaborato con grandi nomi della musica internazionale, la carriera di questo brillante musicista è costellata da una serie di occasioni mancate. Io stesso lo scoprii per caso, girovagando su Internet in siti specializzati in progressive come Ghostland.com, dove spesso erano recensiti entusiasticamente i suoi album. E così, necessitando sempre di nuovi stimoli musicali, un giorno, in crisi d’astinenza, decisi di ordinare The Shaming of the True a scatola chiusa. Quando il CD mi arrivò a casa, ero curiosissimo di ascoltarlo, non sapendo cosa aspettarmi. L’ascolto fu entusiasmante: l’album si dipanava meravigliosamente canzone dopo canzone, una più bella dell’altra. Ne fui immediatamente colpito. Subito dopo cercai altre informazioni su questo artista a me sconosciuto e capii che The Shaming of the True era solo la punta dell’iceberg.

I – I primi passi negli anni '80

La prima band che Kevin Gilbert formò, all’età di circa 17 anni, prese il nome di NRG (No Reasons Given) con Jason Hubbard alla chitarra e Mickey Sorey alla batteria. Sono i primi anni ‘80 e la loro musica è assolutamente fuori moda per l'epoca: puro progressive pock che ha solo qualche marginale influenza della new wave allora in voga. I veri punti di riferimento sono i gruppi degli anni ‘70. Anche per questo la band produce solo alcuni brani prima di sciogliersi. L’album omonimo degli NRG è oggi scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale di Kevin Gilbert (vedi discografia).
Si possono così finalmente ascoltare brani prog come Masques e Mephisto’s Tarantella che rivelano un’impressionante maturità compositiva nonostante la giovane età dei componenti. Poi si può passare ad un rock più classico sempre con venature prog con Watching Me, Wings of Time e Welcome to Suburbia dove fa la sua comparsa un basso alla Chris Squire. Per poi arrivare alla splendida ballata Mere Image che, partendo con un delicato arpeggio di piano, giunge ad un chorus da brivido e ad un intermezzo con synth altrettanto efficace. Altre due splendide ballate sono Tired Old Man e When Stranger Parts, questa volta dominate dalla chitarra.

Alla fine degli anni ‘80 Kevin Gilbert comincia a farsi notare nella Bay Area di San Francisco con una nuova band: i Giraffe. Con loro Gilbert produce solamente due album The Power of Suggestion (1987) e The View From Here (1988) ormai introvabili, poiché ne furono stampate solo poche copie (la maggior parte dei brani si possono comunque trovare nella raccolta Giraffe). In realtà in questi lavori, pur essendo presenti altri musicisti, la maggior parte degli strumenti sono suonati da Gilbert stesso, essendo un talentuoso polistrumentista. Lo stile musicale qui si fa più vicino al pop di quegli anni, dove alcune sonorità progressive sono mutuate dal Peter Gabriel di III e So.



II – I prolifici anni '90

Per Kevin i Giraffe rappresentarono un ipotetico trampolino di lancio. Partecipando infatti ad un concorso per band emergenti organizzato dalla Yamaha, Kevin viene notato dal produttore e tastierista Patrick Leonard (autore di molti grandi successi di Madonna), il quale faceva parte della giuria ed era in cerca di un cantante per formare un proprio gruppo. Essendo rimasto positivamente colpito da Kevin, Leonard lo contatta per formare i Toy Matineè insieme a Guy Pratt al basso, Tim Pierce alla chitarra e Brian MacLeod alla batteria. L’album omonimo, uscito nel 1990, è un capolavoro di pop songs sofisticate pressoché perfette, arrangiate ed eseguite benissimo. Basta ascoltare pezzi come Last Plane Out , The Ballad of Jenny Ledge, Things She Said e tutte gli altri per rendersene conto. Purtroppo però, nonostante questo, il progetto naufraga poco tempo dopo a causa di incomprensioni e litigi. Ma l’incontro con Leonard si rivela tutt’altro che infruttuoso, in quanto Kevin avrà la possibilità di lavorare con Madonna e con Michael Jackson.

Dal 1993 inoltre Kevin è impegnatissimo come produttore, ingegnere del suono e compositore collaborando con musicisti come Mike Keneally, Keith Emerson (il quale gli dedicherà il brano For Kevin nel suo Emerson plays Emerson), Spock’s Beard, Marc Bonilla, Linda Perry e molti altri.
In quel periodo Kevin inizia a collaborare con il produttore Bill Bottrell e con altri musicisti, tra i quali David Bearwald e Brian MacLeod, incontrandosi il martedì sera per suonare e divertirsi. Kevin decide di far partecipare alle prove di questo gruppo improvvisato, chiamato Tuesday Music Club, anche la sua ragazza, una certa Sheryl Crow. A questo punto è necessaria una piccola digressione. All’epoca la Crow aveva un contratto con l’etichetta A&M per registrare un album e Kevin chiese agli amici del TMC di aiutarla scrivendo insieme delle canzoni che potessero finire su questo lavoro. Sappiamo tutti che l’album in questione (Tuesday Night Music Club) fu un best seller, facendo tra l’altro vincere anche un Grammy Award a Kevin come co-autore del brano All I Wanna Do. Ironicamente, il successo che Kevin inseguiva da anni, arrivò inaspettatamente, ma alla persona più in vista di quel progetto, Sheryl Crow appunto, che non ebbe scrupoli a prendersi tutti i meriti e a liberarsi dai membri della band.



Rinnegato, allontanato e rimasto molto amareggiato da questa esperienza, Kevin cade in depressione e si dedica alla registrazione del suo primo lavoro solista. Nel frattempo partecipa a due album tributo dell’etichetta Magna Carta registrando le cover di Back in NYC dei Genesis e Siberian Khatru degli Yes insieme a Mike Keneally e Nick D’Virgilio. Una terza cover, Kashmir, verrà proposta per Encomium, il tributo ai Led Zeppelin, ma scartata dalla tracklist poiché il nome di Kevin Gilbert “non è abbastanza famoso per essere incluso”. Alla faccia dei meriti artistici e musicali. Kashmir farà la sua comparsa nel singolo che accompagnerà Thud, il primo album solista di Kevin Gilbert.

Nel ’94 riesuma temporaneamente il nome Giraffe, con una nuova formazione che comprende anche Nick D’Virgilio, per prendere parte al Progfest. Il loro set non presenta però il repertorio della band; Kevin e compagni decidono infatti di eseguire interamente The Lamb Lies Down on Broadway con un’ accuratezza impressionante per celebrarne il ventennale. D’altra parte Kevin non ha mai fatto mistero della sua ammirazione per i Genesis e Peter Gabriel in particolare, tanto che, la settimana dopo la sua morte, sarebbe dovuto volare in Inghilterra per partecipare ai provini come nuovo cantante della band di Mike Rutherford e Tony Banks.

Nel 1995 esce Thud, primo album a nome Kevin Gilbert. Il suo stile, in questo lavoro, si fa più asciutto rispetto al passato, gli arrangiamenti, all’apparenza scarni ed essenziali, in realtà risultano funzionali e ben costruiti, creando un album abbastanza eterogeneo. C’è un po’ di tutto: brani quasi declamatori, impostati sulle percussioni, come Joytown e Waiting, riflessivi come Tea for One e Song for a Dead Friend e la multiforme Shadow Self, la canzone che più si avvicina al Progressive.
Anche Thud non ha il successo sperato, ma Kevin non si perde d’animo e comincia a lavorare ad altri progetti, tra cui una rock opera e un nuovo gruppo dal nome Kaviar, che però non potrà mai portare a termine. Infatti il 18 maggio del 1996, a soli 29 anni, Kevin Gilbert viene trovato morto nella sua casa fuori Los Angeles a causa di un suicidio accidentale causato da asfissia.



III – La sua eredità e le iniziative postume

Non tutto però è andato perduto. I nastri inediti di Kevin stanno lentamente tornando alla luce, grazie ai suoi collaboratori che hanno sempre avuto molta stima di lui e della sua opera, primo fra tutti il grande amico Nick D’Virgilio. Dopo la scomparsa di Kevin, oltre a pubblicare il materiale rimasto inedito, hanno costituito anche il Kevin Gilbert Memorial Fund, fondazione che si prefigge lo scopo di aiutare musicisti tecnicamente dotati a sviluppare il loro potenziale.

Nel ’99, oltre alla raccolta dedicata ai Giraffe, viene pubblicato il Live at the Troubadour, curato da D’Virgilio e da John Cuniberti, che ritrae una data del tour per promuovere Thud. In questo live fa la sua comparsa l’inedita Miss Broadway, sarcastica canzone indirizzata alla Crow, dove Kevin l’accusa di essersi impossessata del suo lavoro e di usare le persone per i propri scopi.
Sempre D’Virgilio e Cuniberti nel 2000 portano a termine la rock opera alla quale Kevin stava lavorando prima di morire e aveva quasi ultimato: The Shaming of the True. Questo concept narra con disincanto l’ascesa e la caduta nel mondo del music business dell’immaginario musicista Johnny Virgil. Questo album è il capolavoro di Kevin Gilbert e sicuramente un importante punto di arrivo per la sua carriera che probabilmente avrebbe potuto aprirgli nuovi orizzonti. Le struggenti Water Under the Bridge e A Long Day’s Life, le nuove versioni di Staring Into Nothing, The Way Back Home, Imagemaker e From Here to There (già presenti nel repertorio di NRG e Giraffe), la perizia degli intrecci vocali alla Gentle Giant di Suit Fugue e la carica rock di Best Laid Plans fanno di The Shaming of the True più che un semplice testamento artistico, ma una vera e propria biografia in musica.

Un’altra pubblicazione postuma è The Kaviar Sessions. Come ben si intuisce dal titolo, questo album è rimasto incompleto, nonostante ciò, ascoltandolo, si capisce benissimo il percorso musicale intrapreso da questo ostico gruppo. Musicalmente parlando, Kevin opera una cesura netta nei confronti del suo stile: i Kaviar producono una musica molto tribale dai toni dissonanti, metropolitani e quasi punk che fa incontrare hard rock, industrial ed elettronica.

The Finale

Quando si perde un artista della sua caratura, aleggia sempre la retorica domanda su cosa avrebbe potuto realizzare in futuro. Una curiosità del tutto lecita, come dimostra il suo ultimo spiazzante progetto Kaviar. Kevin in vita ha dimostrato di sapersi adeguare ad ogni genere musicale, essendo lui stesso un vorace ascoltatore di musica. L’unico rimpianto è che siano ancora così pochi a conoscere l’opera di questo straordinario artista. Una cosa a cui ho cercato di porre rimedio con questo mio piccolo contributo, dedicandolo alla memoria di Kevin.


Discografia

NRG
No Reasons Given (1984; scaricabile gratuitamente a questo indirizzo: http://www.kevingilbert.com/disco.htm#noreasongiven)

Giraffe
The Power of Suggestion (1987)
The View From Here (1988)
Giraffe (1999; antologia)

Toy Matineè
Toy Matineè (1990)
Toy Matineè Special Edition (2001; versione rimasterizzata con brani inediti)
Kevin Gilbert Performs Toy Matinee Live (2010)

Kevin Gilbert
Thud (1995)
Kevin Gilbert & Thud – Live at the Troubadour (1999)
The Shaming of the True (2000)
Nuts (2009)
Bolts (2009)
Welcome to Joytown - Thud: Live at The Troubadour (2009)

Kaviar
The Kaviar Sessions (2002)

www.kevingilbert.com

mercoledì 14 settembre 2011

"The Shaming of the True" performed at ProgWest 2002

Dagli archivi di David Robin, lo stesso autore di questo validissimo documentario sul progressive rock, sono saltati fuori due filmati che ritraggono una parte della performance di Nick D'Virgilio al ProgWest 2002, quando suonò per intero il mitico album di Kevin Gilbert. Chissà che in futuro non venga fuori altro materiale. I brani sono City of the Sun, Suite Fugue e A Long Day's Life.



Shaming of the True from David Robin on Vimeo.



Long Days' Life from David Robin on Vimeo.

sabato 28 novembre 2009

MIKE KENEALLY - Scambot 1 (2009)


Tra i vari progetti a cui Mike Keneally si è dedicato in questi anni, nella sua discografia l'ultimo vero album in studio di inediti risale al 2004. Dog (questo il titolo) veniva licenziato a nome Mike Keneally Band e presentava una musica leggermente più diretta rispetto a quella a cui il musicista ci aveva abituato.

Scambot 1 ridimensiona le cose. Esso è un concept album (primo capitolo di una trilogia) e racconta una storia immaginaria scritta dallo stesso Keneally (narrata nel booklet) il quale stava lavorando al progetto ormai da molti anni. La prima idea del personaggio che dà il titolo all’album risale infatti al 2001 quando Keneally stava lavorando a Wooden Smoke.

In effetti Scambot 1 è una delle opere più complesse di Keneally, all’interno della quale non si può fare a meno di notare il lavoro scrupoloso degli arrangiamenti e delle trovate compositive. Buona parte dell’album è occupata da veri e propri collage sonori, piccoli abbozzi musicali incollati assieme il quale diretto correlativo nelle arti figurative, per fare un esempio, potrebbe essere il mosaico.

L’atonalità della stramba Saturate, le due parti di Cat Bran Sammich e Tomorrow sono le prove più sorprendenti, ma anche nelle tracce di normale durata, come Life’s Too Small o Hallmark (che alla fine è il meno stravagante), rimane questo contrasto tra melodie che tentano di essere lineari e dissonanze che destabilizzano il centro tonale.

Lo spiazzamento, in senso positivo, di fronte a tali esperimenti si ripresenta puntualmente grazie alle difficoltose architetture sonore. Keneally convince un po’ meno quando si dedica agli esperimenti di avanguardia, che sono pezzi strumentali fini a se stessi, We Are the Quiet Children o Gita (12 minuti) dove, tra l’altro, l’influenza zappiana è più accentuata.

P.S. Com'è ormai consueto nella tradizione kenealliana, esiste un'edizione limitata di 3000 copie contenente un CD aggiuntivo. Se potete compratevi quella.

sabato 17 ottobre 2009

Mike Keneally - Scambot 1 (2009)


Il nuovo album di Mike Keneally, come suggerisce il titolo, è il primo tassello di una trilogia e uscirà a fine novembre. Scambot 1 avrà due versioni: quella standard e quella speciale contenente un bonus CD di 53 minuti.

Tracklist:

Big Screen Boboli
Ophunji's Theme
Hallmark
Chee
Tomorrow
Cat Bran Sammich Pt. 1
You Named Me
Cat Bran Sammich Pt. 2
Saturate
M
Cold Hands
We Are The Quiet Children
Foam
The Brink
Life's Too Small
Behind The Door
Gita
DaDunDa

Altre informazioni sul concept, pre ordini e download su:
www.keneally.com