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lunedì 1 febbraio 2016

School of Seven Bells - SVIIB (2016)


La storia di SVIIB, ultimo album (in ogni senso) degli School of Seven Bells, inizia nell'estate 2012 immediatamente dopo l'uscita del terzo lavoro in studio Ghostory. Il duo Benjamin Curtis e Alejandra Deheza si rimette subito in moto a scrivere del nuovo materiale per l'ipotetico quarto album, ma nel febbraio 2013 a Curtis viene diagnosticato un linfoma linfoblastico che lo porterà alla morte di lì alla fine dell'anno. L'amica e compagna Deheza, distrutta dal dolore, non è riuscita comprensibilmente a ritornare su quelle canzoni ancora incomplete per molto tempo, subendo quasi un blocco artistico e psicologico. Con l'aiuto della sorella Claudia (che aveva lasciato il gruppo all'indomani del secondo album) e del produttore Justin Meldal-Johnsen (Beck, Nine Inch Nails, Paramore, M83), Alejandra è riuscita lentamente a tornare alla normalità e riprendere in pugno il lavoro interrotto che oggi vede finalmente la luce (in uscita il 26 febbraio) come l'ultimo suggello degli School of Seven Bells a distanza di quattro anni esatti da Ghostory.

Lasciando da parte l'electro pop sperimentale e psichedelico di Alpinisms (2008) e Disconnect from Desire (2010), SVIIB continua sul solco di Ghostory verso un'indietronica più di maniera e portata agli standard di ciò che, durante l'assenza dalle scene musicali degli SOSB, è diventata una scelta di tendenza. A tal proposito, il paragone con i CHVRCHES è quasi pertinente se non fosse che le gemelle Deheza insieme a Curtis si destreggiavano con i sintetizzatori e le drum machine già qualche anno prima di loro e di molti altri. In tale ambito SVIIB si riprende il primato di album elctro-dream-pop perfetto, riuscendo dove Ghostory aveva fallito e cioè liberarsi degli aspetti più spigolosi dei primi due lavori per abbracciare senza vergogna scelte melodiche dirette e senza compromessi. Quest'opera, a metà strada tra il postumo e l'atto di affermazione in vita, lo fa con nove tracce di una lucidità sorprendente, quasi da non sembrare il dolente capitolo conclusivo di un progetto, ma una celebrazione di future possibilità tutte da scoprire.

Su Ablaze e On My Heart la Deheza canta dell'amicizia e della relazione con Curtis con la sua voce soave, riverberata, raddoppiata e come in un gioco di specchi ci accompagna in atmosfere che mescolano i freddi bordoni di sintetizzatori e i beat elettronici a strati di suoni talmente dolci che l'appellativo di dance, come sempre, appare limitativo e superficiale. Prova ulteriore è la ballad Open Your Eyes, arricchita da un chorus celestiale e da impasti sonori debitori dello shoegaze per quanto creano un'atmosfera onirica.



Ma quando pensi che l'apice di tutto il disco possa essere con molta probabilità Open Your Eyes, ecco arrivare Elias, assolutamente incantevole nella sua veste solenne da dream pop elegiaco, anticipato con la nota aggiuntiva di A Thousand Times More che riescono insieme a spiegare meglio come, se lo shoegaze fosse creato con synth, sequencer anziché con spirali di chitarre distorte, avrebbe pari potenza suggestiva. E si continua con Signals, un upbeat cantato in modo sincopato, si procede col psych rave spaziale dalle cadenze raga Music Takes Me senza che l'album abbia un attimo di cedimento. L'atmosferica Confusion possiede note prolungate di synth e la sue calma estatica si rifà alle colonne sonore di Angelo Badalamenti e ai sogni più sperimentali dei Cocteau Twins i cui artifizi sonori tornano nella conclusiva This is Our Time.

Prima di lasciarci Curtis ha fatto in tempo a mettere il proprio contributo su SVIIB, poi per la Deheza il lavoro successivo ha imboccato inevitabilmente una direzione più personale e Meldal-Johnsen ha operato in modo rimarchevole nell'edificazione e ritaglio di suoni vertiginosamente stratificati e contagiosi. Difficile oggi immaginare un album di dream pop più perfetto e senza sbavature di SVIIB, dato che possiede tutto ciò che serve per nobilitare l'electro pop verso lidi che lo conducono a risultati eccellenti: melodia, accessibilità e sperimentazione.



www.sviib.com

venerdì 30 gennaio 2009

Mi sono imbattutto in un interessante vecchio articolo del Guardian datato 2006.

http://www.guardian.co.uk/music/2006/aug/11/popandrock

Anche se datato nella parte finale compaiono dei giudizi su alcune nuove leve come Pure Reason Revolution, Secret Machines, Mew e Dungen sfilati niente meno che a Rick Wakeman.

domenica 7 dicembre 2008

THE SECRET MACHINES - s/t (2008)

Questo album è un ottimo candidato a "delusione dell'anno" se non fosse che ancora i Secret Machines non sono assurti ad uno status tale (artistico e popolare) da poter creare un'aspettativa spasmodica attorno ad un loro lavoro. (Per la cronaca, credo che difficilmente qualcuno batterà The Bedlam in Goliath dei Mars Volta come la più grande delusione del 2008).
Semplicemente Secret Machines non è all'altezza di Ten Silver Drops. Sarà l'abbandono di Benjamin Curtis per dedicarsi completamente al suo nuovo gruppo
School of Seven Bells, ma il terzo album dei Secret Machines sembra solo un abbozzo di idee sulle quali ancora c'era da lavorare.
Droni elettronici e bordoni di basso spadroneggiano con così tanta insistenza che danno l'impressione di voler camuffare la carenza di spunti melodici interessanti. Le canzoni scivolano via senza alcuna personalità ed anche le ritmiche di Josh Garza sono sempre monotone e quadrate.
In ogni modo, ad onor del vero, Secret Machines ha ottenuto larghi consensi presso la stampa specializzata e quindi chi siamo noi per contraddire questi peana?