venerdì 29 novembre 2019

Exploring Birdsong - The Thing With Feathers (2019)


L'anno scorso il giovane trio inglese Exploring Birdsong, formato da Lynsey Ward, Jonny Knight e Matt Harrison (batteria), fece la sua comparsa pubblicando i due singoli The Baptism e The Downpour e subito destò l'attenzione l'indirizzo art rock guidato esclusivamente dalla voce e dalle tastiere della Ward, rinunciando al supporto di un chitarrista, ma sostenuto da una sezione ritmica propulsiva ed eleborata di Knight (basso) e Harrison (batteria). Oggi è in uscita il loro primo EP The Thing With Feathers per l'etichetta Long Branch Records e, oltre ai due singoli già citati, l'album contiene altri due inediti e due brevi interludi che vanno a formare un concept ispirato al poema Bye Child di Seamus Heaney.

sabato 23 novembre 2019

Sleep Token - Sundowning (2019)


Gli Sleep Token si sono presentati ormai tre anni fa (e indovinate chi è stato il primo a parlarne dalle nostre parti...) con le sembianze della misteriosa figura di Vessel, cantante e polistrumentista la cui reale identità viene celata attraverso una maschera. Nonostante tutto questo mistero, fin dall'inizio il progetto Sleep Token, che finora aveva prodotto solo due EP, si dichiara associato ad una mitologia ben strutturata appartenente al culto fittizio che venera un'antica divinità dal nome "Sleep" della quale Vessel si fa tramite e portavoce del suo messaggio (i ricorrenti commenti "Worship" e "Praise Him" che popolano le loro pagine social si riferiscono proprio a questo). Alcuni mesi dopo, con l'EP Two, gli Sleep Token si rivelano come una vera e propria band dove ogni membro è tenuto sotto l'anonimato coprendosi il volto dietro una maschera proprio come il leader Vessel. Ma non è finita, poiché una volta venuti allo scoperto con le prime esibizioni dal vivo tenute in Inghilterra, si dimostrano tutti abili musicisti, alimentando ancora di più la curiosità oltre ad una serie di speculazioni su chi ci sia veramente dietro questo progetto. Di sicuro è che il riserbo sarà destinato a durare, visto che anche il loro produttore George Lever in un Q&A su reddit ha imposto il veto restrittivo di non far alcuna domanda che possa far riferimento alle identità dei membri.

Anche la presentazione promozionale dell'album di debutto Sundowning è stata pensata in modo singolare, ovvero decidendo di rilasciare un brano per volta ogni due settimane in coincidenza con il calare del sole, a partire dal solstizio d'estate fino ad arrivare alla data di pubblicazione fissata per il 22 novembre. Il titolo fa infatti riferimento al nome di una particolare patologia nei pazienti affetti da demenza, in cui lo stato confusionale e di delirio aumenta quando il sole tramonta con l'arrivo della sera e del buio.

La singolare mitologia che circonda come un'aura esoterica gli Sleep Token non è però la sola cosa che ha colpito l'immaginario e sta rendendo sempre più popolare questa band nel circuito prog metal. Il peculiare amalgama della musica è stato la chiave di volta con cui la band ha saputo distinguersi. A dispetto dell'apparenza estetica che, senza ascoltare una nota, verrebbe naturale associare agli aspetti più estremi del metal, gli Sleep Token hanno mitigato l'aggressività sonora attraverso un'ingente dose di stratagemmi stilistici mutuati dal pop e dall'elettronica. Se il primo EP dava l'impressione che gli Sleep Token correvano il rischio di intrappolarsi da soli in questa formula, già il secondo smentiva tale pericolo con un approfondimento nell'impianto strumentale e dal punto di vista degli arrangiamenti.

Sundowning è ancora uno step successivo ed in particolare vede l'incremento dell'uso di tastiere e di momenti solenni che avvicinano la musica a quell'idea che per la band dovrebbe essere l'equivalente dei canti devozionali. La trascendente spiritualità di The Night Does Not Belong To God viene trasmessa da synth e da loop ambient intermezzati da cori celestiali e asprezze post rock. Se poi volessimo passare ad una mitologia sacro-depressiva The Offering ci regala uno sguardo su come potrebbe suonare il goth rock nelle mani di un gruppo djent. Levitate, essenzialmente per piano e voce, è quasi un gospel dal raccoglimento di una preghiera.

Certo, rimangono dei punti fermi ormai consolidati, come quello di far convivere in un brano delicati passaggi pop atmosferici e improvvise detonazioni djent interpretati contestualmente dalla versatile voce di Vessel, però ogni aspetto contrastante di genere è ancor più immerso e definito nella propria sfera di appartenenza. Se infatti finora il comune senso portava a paragonare gli Sleep Token con gli aspetti più nobili del pop sperimentale, come una versione prog metal dei Bon Iver, adesso le strizzate d'occhio all'electropop sconfinano nel mainstream, come succede per Give e Sugar. La band si mette in gioco anche su altri fronti come testimonia Dark Sign, che con i suoi beat elettronici, l'autotune e i campionamenti, sfiora l'RnB.

Tutte queste caratteristiche nelle intenzioni si pongono come un esperimento simile a quello dei VOLA ma, mentre il gruppo danese trova una sinergia tra gli stilemi facendo assorbire e confluire le caratteristiche l'uno nell'altro, gli Sleep Token tengono ben separati gli aspetti più pop e quelli più metal, tanto che sembra di ascoltare due band differenti in uno stesso brano. Il traguardo è rimanere del tutto credibili quando attraversano passaggi così repentini e all'apparenza così distanti in modo del tutto naturale o quando le due anime sonore si scindono completamente in versanti opposti (la dolcezza di Drag Me Under vs. la brutalità di Gods). Se infatti Sundowning ha un pregio oggettivo, oltre ad essere una collezione di brani pressoché perfetta, è quello di traghettare l'estetica utilizzata dal pop moderno dentro il mondo alternative prog e metal, non molto incline ad accettare dettami che provengono dal mainstream, come nessun'altro era riuscito a fare prima d'ora.

venerdì 22 novembre 2019

A Formal Horse - Here Comes A Man From The Council With A Flamethrower (2019)


Abbiamo dovuto aspettare quasi sei anni per il debutto full length degli inglesi A Formal Horse, ma ne è sicuramente valsa la pena. Here Comes A Man From The Council With A Flamethrower viene finalmente pubblicato dopo tre ottimi EP di avant prog che Russell Mann (basso), Benjamin Short (chitarra) e Mike Stringfellow (batteria) avevano registrato tra il 2014 e il 2017, prima con la cantante Francesca Lewis ed in seguito con Hayley McDonnell, che poi è l'attuale voce del gruppo. L'album non solo ha il pregio di esporre e sintetizzare quanto gli A Formal Horse avevano sinora raggiunto artisticamente con i tre EP, ma aggiunge una nuova maturità espressiva al loro repertorio che, per le inconsuete partiture art rock, si attesta in una zona privilegiata in continuità a gruppi interessanti e originali come MoeTar e Bent Knee, aggiungendovi un pizzico di abrasività crimsoniana.

Nonostante le sedici tracce Here Comes A Man From The Council With A Flamethrower è un lavoro che rientra in una durata contenuta di circa 45 minuti e anche i brani al suo interno sono studiati in base a questa prospettiva. Piccoli pezzi, alcune volte delle miniature, unite dallo stesso mood elettrico, che molto spesso sembrano confluire l'uno nell'altro per completarsi a vicenda. E' consigliabile quindi ascoltare il disco nella sua interezza e senza interruzioni, per assaporare al meglio la coerenza con cui la band è in grado di declinare la propria formula senza mai cedere il passo alla noia.

Il suond ritmicamente ed esteticamente si rivolge al math rock, sia per quanto riguarda basso e batteria sia per i riff e i groove spigolosi tessuti dalla chitarra. In questo caso vale la pena ricordare che gli A Formal Horse nascono quasi più che altro come piccolo ensemble strumentale, facendo sfoggio delle proprie abilità che prendono idee tanto dal rock quanto dalla classica contemporanea. Il contributo vocale della bravissima McDonnell non è altro che la ciliegina sulla torta in un disco dalle qualità ineccepibili. Tutto il prog moderno avrebbe bisogno di più band come gli A Formal Horse per mantenere gli standard qualitativi del genere sopra la media.

mercoledì 20 novembre 2019

A decade in review: The 100 best albums of the 2010s (Part II)

PART II

Con questa seconda parte dei migliori album del decennio (che segue quella pubblicata alcuni giorni fa) raggiungiamo la quota dei primi 50 e quindi già una ragguardevole serie di nomi credo si farà viva di nuovo nei vostri ricordi, artisti o album che magari avevate dimenticato e che sui quali vorrete rimettere le orecchie. Di grande anticipazione è che iniziano a comparire i primi dischi meritevoli del 2019, ma ce ne saranno altri naturalmente.



75. CASPIAN
Dust And Disquiet (2015) 
Il post rock dei Caspian è uno dei migliori in circolazione e Dust and Disquiet è il loro capolavoro


74. THE DEAR HUNTER
Migrant
La svolta pop di Casey Crescenzo è altrettanto capace di regalare melodie senza tempo



73. PARAMORE
Paramore (2013)
Dopo l'abbandono dei fratelli Farro i Paramore hanno tirato fuori il miglior album della loro carriera. Un giusto equilibrio di pop rock, emo e alternative.




72. HRVRD
 From the Bird's Cage (2013)
Partiti come cloni dei Circa Survive, gli HRVRD adottano uno stile personale e maturo fatto di  groove ipnotici e impasti elettrici dai toni caldi e spaziali. Un grande prova di scrittura che va assaporata lentamente




71. BON IVER
22, A Million (2016)
Nel suo imprevedibile cambio di genere Justin Vernon è riuscito a produrre anche un nuovo prototipo di folktronika e glitch pop


70. LETLIVE.
The Blackest Beautiful (2013)
Il post hardcore degli anni '10 riparte da qui



69. CAR BOMB
Meta (2016)
L'album mathcore definitivo


68. PANIC DIVISION
Eternalism (2012)
La perfetta visione futuristica della synthwave anni '80 




67. STROBES
Brokespeak (2016)
L'elettronica sperimentale unita al math rock non ha mai suonato così bene



66. MARILLION
Sounds That Can't Be Made (2012)
Dopo molti album, qualche passo falso, i Marillion entrano nel decennio con un lavoro ispiratissimo


65. KARNIVOOL
Asymmetry (2013)
Un lavoro per alcuni aspetti controverso, ma l'unico album prodotto dai Karnivool in questo decennio va inserito a prescindere 


64. BAT FOR LASHES
The Haunted Man (2012)
 Natasha Khan è ugualmente talentuosa nel pop sofisticato quanto nelle scelte per renderlo interessante e meno convenzionale





63. LINES IN THE SKY
Parallel Travel (2016)
Una delle migliori scoperte del decennio. Se gli Enchant e i Rush avessero degli eredi dovrebbero essere loro



62. THE VELVET TEEN
All Is Illusory (2015)
Come per i Karnivool, l'unico album prodotto dai The Velvet Teen in questo decennio va inserito a prescindere


61. COHEED AND CAMBRIA
The Afterman: Ascension (2012)
La prima parte di un concept che segna un gran ritorno d'ispirazione per Claudio Sanchez




60. GREAT GRANDPA
Four of Arrows (2019)
Un album indie rock che non sbaglia un colpo mai ripetitivo o scontato




59. SKY WINDOW
Space. (2019)
Si potrebbe chiamare fusion, ma gli Sky WIndow aggiungono impasti psichedelici fatti di space rock, drum n' bass, acid jazz e lounge siderale. Perfetto e sublime.




58. HAPPY BODY SLOW BRAIN
Dreams of Water (2010)
Un nuovo genere chiamato groove rock si incontra con l'emo




57. BLIS.
No One Loves You (2017)
Se i Sunny Day Real Estate fossero ancora insieme probabilmente suonerebbero così



56. SIX GALLERY
Breakthroughs in Modern Art (2010)
Tra i pionieri del math prog, questo rimane uno dei migliori esempi del genere



55. THREE TRAPPED TIGERS
Silent Earthling (2016)
Il math rock 2.0



54. CULT OF LUNA + JULIE CHRISTMAS
Mariner (2016)
 Questo album è come una visione onirica del metal, un viaggio nella quarta dimensione, un trip spaziale in cui si coagulano psichedelia, progressive rock, post rock e shoegaze




53. FROM INDIAN LAKES
Absent Sounds (2014)
Una collezione di dream pop intriso di emo assolutamente impeccabile




52. EIDOLA
Degeneraterra (2015)
Un monumento allo swancore, o semplicemente il disco da far ascoltare a qualcuno che vuole capire cosa sia l'experimental post hardcore




51. KINDO
Happy However After (2018)
 La svolta dei The Reign of Kindo è un upgrade di funk, disco, ritmiche sudamericane e fusion, non perdendo di vista le svolte tematiche e altri trucchi del prog. Non saremo ai livelli del primo album, ma Happy However After reinventa il sound della band in modo clamoroso


sabato 16 novembre 2019

Cauls - Epoché (2019)


Non si sa molto dei Cauls, la band inglese che nel 2017 debuttò con l'album Recherché. Quasi nessuna promozione e pochi concerti hanno portato il gruppo ad un periodo di pausa dal quale è riemerso con una nuova formazione. Inizialmente il frontman Michael Marwood ha abbandonato per trasferirsi in Nuova Zelanda e quando al nucleo del gruppo formato da Chris McManus, Graham Morris e Kye Walker si sono aggiunti Michael Anderson e Josh Ingledew, i cinque hanno meditato di proseguire in chiave strumentale. Sentendo che quella non era la direzione giusta è arrivata Katie Oswell a prendere il posto di cantante e la cui presenza, naturalmente, ha cambiato la prospettiva sonora dei Cauls. Il gruppo è comunque rimasto fedele all'alternative prog dell'esordio che traeva suggestioni hardcore psichedeliche da The Mars Volta e Tool.

Con il nuovo Epoché i Cauls si imbarcano in un album suddiviso in due EP e il cui secondo capitolo arriverà nella primavera del prossimo anno. Le quattro tracce di Epoché ci accompagnano lentamente in un contesto musicale post apocalittico fatto di lunghe digressioni ambient prog che si scontrano con tensioni hardcore, sempre attenuate da tappeti psichedelici e fusion, che la voce squillante della Oswell contribuisce a rendere ancor più futuristiche. Tra le pieghe echi di Arcane Roots, 22 e di molto di quello che oggi viene considerato post prog. Vedremo se con il secondo capitolo quest'opera raggiungerà il pieno compimento.

venerdì 15 novembre 2019

Suns Of The Tundra - Murmuration (2019)


Per chi si fosse perso l'articolo di pochi mesi fa sui Suns of the Tundra, un piccolo riassunto su chi sia questa sconosciuta band che torna a pubblicare un album a distanza di qualche anno dal loro capolavoro Bones of Brave Ships. I Suns Of The Tundra nacquero dalle ceneri dei Peach, la band inglese in cui ha militato Justin Chancellor prima di entrare nei Tool che pubblicò il solo Giving Birth to a Stone nel 1994. Dieci anni dopo il frontman Simon Oakes (voce e chitarra) diede vita appunto ai Suns Of The Tundra insieme a Andy Prestidge (batteria), Mark Moloney (chitarra) e Andy Marlow (basso), pubblicando tre album tra il 2004 e il 2015 che continuavano ad esplorare l'hard prog in chiave psichedelica e space rock.

Con Murmuration i Suns Of The Tundra entrano nella scuderia dell'etichetta Bad Elephant Music, abbandonano i sentieri più floydiani del precedente doppio album e si dedicano di nuovo a riff da stoner rock che di rado ripercorrono le sonorità dei Tool, come nella title-track, mentre alcuni groove heavy sembrano scaturiti da jam lisergiche tipiche dei Motorpsycho (Echo of an Angel e Sunflower). Murmuration segue quindi le sfumature hard n' heavy dei primi due album, proponendo solo a sprazzi la suggestiva psichedelia sulla quale poggiava le proprie fondamenta l'epico Bones of Brave Ships.


lunedì 11 novembre 2019

I nuovi singoli di Randy McStine (Lo-Fi Resistance)


E' da un po' di tempo che, messo da parte il suo progetto prog Lo-Fi Resistance, il polistrumentista Randy McStine sta proseguendo la carriera musicale con il proprio nome. McStine vanta molte conoscenze e collaborazioni all'interno della sfera prog rock, in un percorso che lo ha portato anche a condividere il supergruppo The Fringe con Jonas Reingold e Nick D’Virgilio. Da solista McStine ha seguito una singolare ed eclettica evoluzione attraverso album molto differenti tra loro, che siano sperimentali (Anachronism) o cantautorali (Blank).

A partire da quest'anno, comunque, la sua strategia è cambiata e si è rivolto di nuovo a parametri prog rock in una serie di singoli molto accattivanti e, se per i Lo-Fi Resistance alla batteria era stato aiutato prima da D’Virgilio e poi da Gavin Harrison, adesso continua la tendenza a coinvolgere batteristi di rilievo con Craig Blundell e Marco Minnemann che compaiono come ospiti in questi brani. I singoli messi assieme possono formare un solido EP, ma di recente sono stati raccolti in un album con qualche altro inedito e versioni alternative nell'album Idle: A 2019 Collection che McStine ha appena pubblicato.










mercoledì 6 novembre 2019

Royal Coda - Compassion (2019)


Nel vortice di band in cui sono stati e sono coinvolti Kurt Travis (voce), Sergio Medina (chitarra), Joseph Arrington (batteria) ai quali si aggiunge Will Swan (chitarra, basso), i Royal Coda rappresentano una delle ultime emanazioni dello swan core. Compassion è il secondo album che arriva (in uscita domani) a circa un anno e mezzo di distanza dall'omonimo esordio, stessa direzione, stessa durata limitata che si attesta sulla mezz'ora e l'immancabile cameo di Donovan Melero alla voce su Don't Stay Long. Inutile forse aggiungere per chi già conosce Stolas, A Lot Like Birds, Hail the Sun, VIS e Sianvar, i Royal Coda possono essere una valida aggiunta alla "family tree" che lega tutte queste band. In particolare il gruppo si spinge maggiormente verso posizioni di emo psichedelico e lisergico, sia negli episodi più irrequieti (All in Question) sia in quelli più riflessivi (The Innocence Of). Le chitarre caleidoscopiche di Swan e Medina aiutano a connettersi con le astrazioni spaziali e ultraterrene, mentre l'elemento dinamico e concreto è coordinato dal grande lavoro di drumming del mai troppo lodato Arrington, veramente uno dei più sottovalutati batteristi della sua generazione.



lunedì 4 novembre 2019

A decade in review: The 100 best albums of the 2010s (Part I)

 PART I


Benvenuti alla prima parte (di quattro) dei migliori 100 album del decennio secondo altprogcore. Per quanto riguarda un'analisi o un resoconto più approfondito credo aspetterò l'ultima parte che andrà a contenere i primi 25 album. Le tre parti rimanenti non avranno una cadenza di uscita ben precisa, però saranno pubblicate entro la fine del 2019. Penso che dividere la lista sia la scelta più saggia, in quanto dà modo a chi volesse eventualmente recuperare qualche ascolto qui suggerito di metabolizzare con calma gli album menzionati, pensando inoltre che la fine dell'anno è un periodo molto denso di classifiche che si accumulano e si rischierebbe così di intasare di proposte la propria playlist. E' vero che siamo ancora agli inizi di novembre, ma una classifica ampia come quella di un decennio grosso modo a questo punto è già chiara e distinta nelle scelte che abbiamo in mente.
Quindi ecco a voi i primi 25:


 
100. CHVRCHES 
The Bones of What You Believe (2013)
Il punto di riferimento del synth pop degli anni '10


99. OCEANSIZE
  Self-Preserved While the Bodies Float Up (2011) 
 Si apre il decennio e finiscono gli Oceansize, forse la miglior band di questo secolo. SPWTBFU è l'album che ne chiude la carriera, il più eterogeneo e meno celebrato, ma considerando i loro standard questo passa per un'opera eccellente



98. RAISED BY SWANS
 No Ghostless Place (2010)
dreamgaze e slowcore insieme non sono mai stati così malinconici e penetranti



97. ICARUS THE OWL
 Rearm Circuits (2017)
Una perfetta sintesi di post hardcore e math rock



96. BRAID
No Coast (2014)
Un perfetto ritorno dei veterani dell'emocore anni '90


95. THESE NEW PURITANS
Field of Reeds (2013)
Il post rock. Quello vero.



94. EAST OF THE WALL
Redaction Artifacts (2013)
progressive metal tecnico e sperimentale realizzato da musicisti di un livello superiore.



93. WOBBLER
 Rites At Dawn (2011)
Il progressive rock sinfonico fatto come si deve, derivativo quanto i vuole, ma che non fa pesare affatto questo particolare



92. FLIGHTS
 History Be Kind (2014)
Potevano essere la migliore alternativa agli Oceansize, purtroppo sono scoparsi dopo questo colpaccio



91. BIG BIG TRAIN
 English Electric, part two (2013)
L'ultimo album veramente prog rock dei BBT, prima che diventino prog folk



90. IZZ
Crush of Night (2012)
Uno dei gruppi più sottovalutati del prog americano firmano il loro disco più memorabile



89. Änglagård
 Viljans Öga (2012)
  Änglagård, il ritorno. Credo possa bastare


88. THE GABRIEL CONSTRUCT
Interior City (2013)
Una di quelle opere estreme e inafferrabili che si amano o odiano



87. TRICOT
A N D (2015)
Il baluardo del math rock giapponese



86. YOUNG LEGIONNAIRE
Crisis Works (2011)
Indie hardcore di quello buono



85. BLANKO BASNET
Ocean Meets the Animal (2018)
Un album dalle atmosfere uniche, post dream rock




84. THUMPERMONKEY
Sleep Furiously (2012)
La loro musica non è né metal, né rock alternativo, ma piuttosto assomiglia ad uno studio intellettuale che ruota intorno ad entrambi.


83. ESPERANZA SPALDING
Emily's D+Evolution (2016)
Soul, folk, RnB e un pizzico di prog funk sono gli ingredienti per fare l'album della carriera



82. FOXING
 Nearer My God (2018)
Nearer My God potrebbe essere considerato l'OK Computer del midwest emo



81. PERFECT BEINGS
Vier (2018)
Quando decidi di fare un disco doppio composto solo di quattro suite prog e ti riesce benissimo


80. GATHERER
Heavy Hail (2015)
 Post prog con suoni industrial e stoner, semplicemente perfetto


79. COHEED AND CAMBRIA
The Afterman: Descension (2013)
Dopo essersi persi in album trppo heavy rock oriented, i Co&Ca si sono ritrovati grazie a questo concept diviso in due parti


78. SNARKY PUPPY
We Like It Here (2014)
Un classico moderno del jazz per tanti motivi. Ne cito uno: l'assolo di Cory Henry su Lingus

77. KADDISFLY
Horses Galloping on Sailboats (2015)
L'ultimo fondamentale tassello di una discografia breve ma intensa



76. SIANVAR
Stay Lost (2016)
Il manifesto dello swan-core


TO BE CONTINUED.....

venerdì 1 novembre 2019

Altprogcore November discoveries


Le Hail Your Highness sono due sorelle del Michigan, Jessie e Niki Bobenmoyer, che hanno iniziato a scrivere e registrare i loro demo nel proprio garage fino a che il progetto ha preso le sembianze di un gruppo che ha cambiato formazione molte volte. Jessie e Niki adesso portano avanti il progetto Hail Your Highness da sole con le proprie forze dividendosi in una produzione prolifica di EP e singoli dei quali gli ottimi Duality e Parallel sono usciti quest'anno. Il loro è un rock potente ed emozionale che mischia vari elementi tra emo, post hardcore, hard rock e pop.


Se amate i 22 c'è un'altra band norvegese che dovreste ascoltare, cioè i Maraton. E non solo perché da qualche tempo i due gruppi condividono lo stesso cantante Fredrik Klemp, ma le atmosfere di Meta hanno molti punti stilistici in comune con i 22, basta l'ascolto del singolo Prime per esserne convinti.



Gruppo progressive metal danese, i Feather Mountain hanno appena esordito con Nidus che mantiene un forte legame con le atmosfere che le band del prog scandinavo hanno approfondito negli ultimi dieci anni, con in più qualche ammiccamento non tanto velato ai Tool.



Formati dal chitarrista belga Jo De Geest, i John Ghost si presentano come un ensemble di sei elementi che spazia tra il jazz e la post classica, citando loro stessi Steve Reich, John Hollenbeck, Nils Frahm e Jaga Jazzist come influenza.



Quartetto strumentale di Denver costituito circa un anno e mezzo fa, gli Dang'O raccolgono nel primo EP Mitad i primi frutti della loro esperienza insieme e danno prova di un prog jazz molto piacevole e rilassato.



Koyomi è una band di math roch di Parigi che realizza oggi quello che sarà il suo primo e unico album Taming The Tyrant. Conosciuti attraverso i Town Portal, con i quali hanno suonato live nel 2015, il disco è stato anche mixato da due componenti del trio strumentale danese.



I Gospel sono un'oscura prog hardcore band di New York firmataria dell'unico album The Moon Is A Dead World (2005) che nel tempo è diventato un vero e proprio culto, osannato pure da quei barbosi di Pitchfork. I Gospel si rifecero vivi nel 2010 con il singolo Tango per poi sparire ancora, ma pare che stiano per tornare sulle scene con del nuovo materiale.



Oltre alla chiara influenza dei The Dear Hunter e Coheed & Cambria nella loro musica, i The Morgana Phase si sono cimentati in una analoga avventura discografica iniziando una saga a carattere concept di cui questo II: The Eyes of Time è intuibilmente il secondo capitolo. Magari con una produzione più ricca e oculata potrebbero creare qualcosa di memorabile.