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lunedì 13 ottobre 2014

SPOKE OF SHADOWS - Spoke of Shadows (2014)


Spoke of Shadows nasce dall’esigenza di Mark Cook, membro degli Herd of Instinct, di creare una musica con più dinamiche e maggiormente basata sull’utilizzo di strumenti come la Warr guitar e il basso fretless. Con l’aiuto del batterista Bill Bachman (già con Neal Morse) Cook ha completato il primo album di questo suo progetto collaterale licenziato dall’etichetta Firepool Records di proprietà dei Djam Karet (dei quali compare Gayle Ellett ospite in un brano). Spoke of Shadows è composto da dodici tracce strumentali d’alta classe le quali, anche se in un primo momento possono far inevitabilmente pensare ai King Crimson, viaggiano abbastanza su vari livelli e sfumature da poter affermare una propria autonomia stilistica.

In quello che si potrebbe definire connubio tra fusion e progressive rock, Cook sa ben destreggiarsi tra riff frippiani, bassi che aggiungono densità e sostanza con la loro presenza e trame intense di Warr guitar. Inoltre, poiché ultimamente in progetti simili c’è la tendenza ad abusare nell’utilizzo di percussioni programmate, è bello trovare la batteria competente e umana di Bachman che dona dinamica e fluidità ai brani. La differenza del tocco umano si può chiaramente percepire nella tiratissima Harbinger e nella multiforme Pain Map. Come progetto, a conti fatti,  Spoke of Shadows sembra molto più solido e organico rispetto agli Herd of Instinct, permettendosi di spaziare con competenza nel metal (Dichotomy), nel jazz (One Day), oltre che nei King Crimson degli anni ’80 (Dominion, Drama of Display).

TRACKLIST:
1. Dominion
2. Images
3. One Day
4. Harbinger
5. Lost One
6. Pain Map
7. Persona
8. Splendid Sisters
9. Tilting at Windmills
10. Accord
11. Dichotomy
12. Drama of Display

http://spokeofshadows.wix.com/spokeofshadows


lunedì 31 marzo 2014

DJAM KARET - Regenerator 3017 (2014)


Regenerator 3017 non è un album qualsiasi per i Djam Karet, così come non è casuale la cifra che accompagna il titolo. Esso infatti celebra i trenta anni di attività della band ed è il diciassettesimo tassello della loro discografia. Inoltre, per l'occasione, sono qui presenti tutti e cinque i componenti originali che si sono alternati nella storia dei Djam Karet. Il gruppo californiano, durante la propria carriera, si è impegnato nell'esplorazione sonica della psichedelia nelle sue più varie sfumature, tanto da non sapere cosa aspettarsi ad ogni nuovo album. Regenerator 3017 si rivolge questa volta verso la fusion con suoni molto seventies e vintage, applicandovi sempre il valore aggiunto dell’improvvisazione psichedelica, assomigliando ad un ibrido tra Pink Floyd e Return to Forever.

Come dichiara il chitarrista Gayle Ellett “Volevamo creare un album melodico con un sound classico”. E il disco si sviluppa, pezzo dopo pezzo, come fosse un trip da uno stile a un altro. Si parte con Prince of the Inland Empire, che presenta cambi tematici con delle cesure nette: un principale tema disco fusion molto seventies e un ricorrente intermezzo floydiano, e la fusion progressiva di Living in the Future Past. Desert Varnish, con la sua jam ipnotica, è il punto saliente di tale espressione, mentre nelle arie rilassate di Wind Pillow e Lost Dreams si ritrova l’inerzia delle partiture per tastiere dei Greenslade. Si conclude con le due suite di puro progressive psichedelico di Empty House e On the Edge of the Moon.



www.djamkaret.com

venerdì 17 giugno 2011

HERD OF INSTINCT - Herd of Instinct (2011)


Herd of Instinct è un nuovo gruppo formato da Jason Spradlin (batteria), Mark Cook (Warr guitar), dei disciolti 99 Names of God, e dal chitarrista Mike Davison. L'album omonimo, uscito il 17 maggio per l'etichetta dei Djam Karet Firepool Records, ospita musicisti illustri come Jerry Marotta (Peter Gabriel), Pat Mastelotto (King Crimson, XTC), Gayle Ellett (Djam Karet) e Gavin Harrison (Porcupine Tree).

La potente musica elettrificata e oscura che scaturisce da Herd of Instinct vuole essere, per stessa ammissione del trio, un compendio di influenze che vanno dall'avant-garde, alle colonne sonore di film horror, dall'elettronica, alla psichedelia, passando naturalmente dai sentieri del progressive. Inutile dire che se vi piacciono le atmosfere elettriche e le trame elaborate di King Crimson, Djam Karet, Canvas Solaris e, perchè no, Tool questo album fa per voi.

Ciò che unisce l'istinto musicale della band è una propensione all'improvvisazione strumentale che si concentra su riff monolitici alternati a momenti distensivi (il raga mediorientale Road to Asheville), o la reiterazione di arpeggi di Warr guitar come nella macchinosa Blood Sky.
La natura sperimentale di queste composizioni suona affine più alle varie diramazioni dei ProjeKcts della famiglia Crimson che al gruppo madre in sè. Le ritmiche virano spesso verso il tribale, anche quando si tratta di ricorrere a beat elettronici come su Anamnesis e S.Karma, risaltando nella quasi ambient intellettuale alla Sylvian-Fripp di Possession.

Un disco dal fascino gelido, avvolto da un cupo impressionismo che forse ancora non svela in pieno le potenzialità dei tre, ma comunque suggestivo.
Potete ascoltare degli estratti dal CD a questi indirizzi: