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domenica 5 novembre 2017

Charlie Cawood - The Divine Abstract (2017)


Ci sono musiche che trascendono la world music e abbracciano la classica contemporanea in modo originale fino ad arrivare a cancellare i contorni di ciò che è considerato popular e ciò che è considerato colto. In passato, artisti come Third Ear Band, Gryphon e Jade Warrior provenienti dalla sfera rock, si sono cimentati in questa ricerca di accostamento, sconfinando naturalmente in territori di confine poco battuti. The Divine Abstract è una di queste opere, parla un linguaggio universale attraverso un ampio sfoggio di timbri strumentali esotici, che fanno riferimento soprattutto alla cultura mediorientale, e taglia trasversalmente il progressive rock dal punto di vista classico alla maniera dei primi After Crying. Sì, perché, proprio come il gruppo ungherese, il compositore Charlie Cawood si immerge in un ambito colto, mantenendo comunque forti legami con strutture e progressioni che fanno parte di un retaggio da rock progressivo. Potremo avvicinare The Devine Abstract alle inestricabili tessiture Third Stream lasciate in eredità dal Rock In Opposition o alle crepuscolari visioni bucoliche di Anthony Phillips, ma il mondo di Cawood è un caleidoscopio di timbri esoterici.

Il fatto resta che The Divine Abstract è un album di una bellezza abbagliante e fuori dal tempo. Dopo una lunga gestazione, riflessa nel dettaglio e nella qualità degli arrangiamenti orchestrali polifonici, nei preziosi contrappunti e in una produzione ricca di finezze, il polistrumentista e bassista dei Knifeworld se ne esce con un esordio sofisticato e ambizioso. Suggestioni classiche, spezie etniche e fusion si uniscono in uno sfondo avant-garde in cui si dispiegano gli strumenti più disparati di estrazione quasi esclusivamente acustica. Il ricco numero di ospiti che si è affiancato a Cawood per dare corpo alla sua visione forma un ensemble musicale ampio ed insolito come un crossover tra classico ed etnico e proviene da altrettante band prestigiose tra cui Haken, Chrome Hoof, Mediaeval Baebes, Stars in Battledress, North Sea Radio Orchestra e, se siete fan soprattutto di queste ultime due, The Divine Abstract non solo sarà un ascolto obbligato, ma sicuramente appagherà i vostri sensi.



www.facebook.com/charliecawoodmusic/

domenica 22 settembre 2013

CHROME HOOF - Chrome Black Gold (2013)


Quando si abbraccia un coacervo di stilemi progressivi come quello dei Chrome Hoof si possono leggere i più disparati accostamenti ad altre band. Infatti, nei vari articoli che parlano di questo gruppo singolare e teatrale, vi si trovano citate band appartenenti a generi musicali lontanissimi tra di loro. La verità è che l'originale mix tra funk ed electro metal, con rigurgiti Zeuhl, pensato dal leader bassista Leo Smee (ex membro dei Cathedral), porta la musica dei Chrome Hoof ad essere abbastanza riconoscibile. Quello che rende più eccitante questo connubio è dato semmai dall'imprevedibilità dei brani, anche se il nuovo album Chrome Black Gold non si discosta dai passati lavori di questa orchestra disco-metal che sembra una versione futuristica, spaziale e psichedelica dei Sun Ra.

Succede così che ci si può imbattere nella dance retro-futurista di Knopheria e il momento dopo essere catapultati nella delizia space rock di When the Lightining Strikes, con frenesie ritmiche marsvoltiane e pulsazioni crimsoniane. Da queste premesse parte anche il pezzo migliore del lotto, la strumentale Ultimate Sealed Unit che si fregia di passaggi di synth e squarci improvvisi di metal schizoide. Tortured Craft è simpatica nel suo alternare electro funk a passaggi tipicamente zappiani, mentre l'incedere bombastico prettamente dance di Exo-Spektral è disinnescato dal cantato teatrale di Lola Olafisoye, ottenendo quasi un effetto parodistico. Frammenti e schegge di Rock In Opposition si possono rintracciare in pezzi come Enter the Drobe e Andromeda, ma sempre filtrati dall'approccio barocco e convulso tipico dei Chrome Hoof.

Prima del breve outro di Drobe OutVarkada Blues chiude l'album con un metal spaziale portato ad estremi psicotici, gettandosi in seguito in un concerto di synth che neanche Alan Parsons avrebbe reso talmente invasivo. Sacerdoti di uno Zeuhl metallico e profeti di un disco funk progressivo, i Chrome Hoof forse non avranno aggiunto nulla a Pre-Emptive False Rapture (2007) o Crush Depth (2010), ma quasi sicuramente Chrome Black Gold è l'album più godibile della loro discografia.



www.chromehoof.com