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venerdì 29 maggio 2020

Hayfitz - Capsules (2020)


Molto prima che gli Oh Malô annunciassero il loro scioglimento, il frontman Brandon Hafetz aveva reso noto il suo progetto solista con lo pseudonimo Hayfitz. Così nel gennaio 2019, durante una sessione di registrazione tenuta a Seattle quasi in completa solitudine e durata diciotto giorni, Hafetz ha messo insieme dodici tracce per quello che sarebbe divenuto il suo primo album da solista intitolato Capsules.

Questa particolare condizione di approccio si riflette inevitabilmente sul mood dell'intero album: intimo, notturno, acustico, quasi sussurrato dalla voce in falsetto di Hafetz, capace di infondere ancor di più una calma sognante, ma che riprende molto del lato romantico degli Oh Malô. Nonostante questo apparente minimalismo, le canzoni di Capsules sono ricche di effetti evanescenti, strumenti che creano abbellimenti eterei, vibrazioni di lontani riverberi, come a creare una dimensione ultraterrena. Aggiungere tali atmosfere è stato possibile anche grazie all'amico e collaboratore Patrick Gregg, con il quale Hafetz ha inserito in seguito altri strumenti come sassofono, clarinetto, sintetizzatori modulari e analogici, sommando il tutto alle scarne canzoni che si sono quindi avvalse di sottostrati sonori e sfumature nel creare una coerente aura onirica per tutta la durata.


www.hayfitz.com

venerdì 24 aprile 2020

Oh Malô - Young Orchard, Vol.2 (2020)


Ultimamente gli Oh Malô sono stati molto avari di notizie, ma tutto questo silenzio era dovuto ad una pausa che il gruppo si è preso e che dura tutt'ora. Nel frattempo il frontman Brandon Hafetz ha avviato un proprio progetto solista dal nome Hayfitz attraverso il quale ha realizzato finora tre singoli ed è in procinto di pubblicare un album.

Prima di entrare in questa fase dormiente però, gli Oh Malô erano riusciti a registrare una serie di nuovi brani che hanno scelto di suddividere in due EP il cui primo volume è uscito ormai due anni fa. Young Orchard, Vol.2 vede la luce oggi e contiene altre cinque tracce che, sommate alle altre già esistenti, vanno a completare un ipotetico seguito del meraviglioso esordio As We Were.

L'atmosfera del secondo volume si fa ancora più intima e psichedelica, merito della coda post rock di Insulated Isolated e del sempre più presente registro riverberato delle chitarre che lambiscono gli echi lontani di Another, oltre al merito dell'evanescente voce in falsetto di Hafetz che riscalda le linee eteree di One Dimensional Man. Il singolo Easy mette in ballo anche un leggero impasto di folktronica, che forse avrebbe potuto indicare nuovi sviluppi per il futuro degli Oh Malô. Staremo a vedere cosa riserva il futuro, intanto per ora è tutto.



venerdì 4 maggio 2018

Oh Malô - Young Orchard, Vol.1 (2018)


Dopo l'anticipo di due singoli dal potere ultraterreno, gli Oh Malô pubblicano oggi il loro primo EP, a due anni di distanza dall'esordio As We Were che fu una delle più belle soprese del 2016. Young Orchard, Vol.1, come facevano presagire Don't Look, Don't Stare e Pedaling Backwards (dei quali ho già detto), segna un passo avanti nella ricerca del raffinato e atmosferico rock sperimentale della band di Boston: si infittiscono i suoni impalpabili e post rock, si accentuano le voci angeliche e lontane, si consolidano trame eteree e non convenzionali. I brani che non avevamo ancora ascoltato (a parte il breve strumentale Orchard) Concierge Man e Read Me sono fatti di fievoli arpeggi e increspature minimali le cui tessiture dalle soffici atmosfere riescono a creare avvolgenti e solide strutture che vanno a completare un quadro sonoro di sapori affini ma totalmente diversi da ciò che era As We Were. Se questa deve essere la nuova pelle degli Oh Malô ben venga, anzi è un peccato che l'EP si risolva praticamente in quattro bellissime tracce che ci fanno agognare al più presto l'arrivo del previsto volume secondo.


giovedì 22 marzo 2018

Oh Malô - Pedaling Backwards (2018, single)


Il ritorno degli Oh Malô è stato anticipato alcune settimane fa con il singolo Don’t Look, Don’t Stare, preludio ad un nuovo EP in uscita a breve. Il quartetto, nato a Boston al Berklee College of Music e adesso residente a Brooklyn, aveva già nel 2016 pubblicato un album dalla bellezza ammaliante dal titolo As We Were e adesso con il nuovo singolo sembrano rimarcare quelle coordinate, aumentando la posta dell'espressività e della profondità. Pedaling Backwards è un capolavoro ultraterreno che si perde in magici riverberi e disorientanti ritmiche. Brandon Hafetz (chitarra, voce), Jack McLoughlin (chitarra, voce), Jordan Lagana (basso) e Isaac Wang (batteria, tastiere) presentano un brano che cresce poco a poco e un arrangiamento che punta tutto sull'edificazione di atmosfere eteree e sperimentali, non c'è un vero e proprio chorus, ma una sapiente amministrazione di dinamiche create da accordi impalpabili dove la soffice voce di Hafetz si posa con grazia ed eleganza. Gli Oh Malô si confermano una delle migliori band in circolazione attualmente e meritano di sicuro una maggiore attenzione.



https://ohmalo.bandcamp.com/

venerdì 26 gennaio 2018

Oh Malô - Don’t Look, Don’t Stare (single, 2018)


Dopo averli scoperti, intervistati e promossi come una delle proposte migliori del 2016, gli Oh Malô realizzano oggi il nuovo singolo Don’t Look, Don’t Stare che farà parte di un EP in uscita in primavera.Il periodo di silenzio dalle varie piattaforme social è stato giustificato dalla lavorazione di nuove idee che fanno riemergere gli Oh Malô in una veste più sperimentale rispetto al magico esordio As We Were. Con la sua ritmica serrata e la voce del cantante e chitarrista Brandon Hafetz leggermente elaborata elettronicamente Don’t Look, Don’t Stare si dipana in spirali di chitarra le cui progressioni si svelano solo dopo alcuni ascolti e ci presenta una band in costante rinnovo. Inutile aggiungere che il probabile nuovo percorso che segna questo singolo alza ancora di più l'attesa per l'annunciato EP.


venerdì 29 aprile 2016

Bring on the chills: un'intervista con gli Oh Malô (Italian + English version)


Sarà l'aria che si respira, oppure la presenza di una scuola musicale di prestigio come il Berklee College of Music, fatto sta che negli ultimi anni, dalla città di Boston, sono uscite alcune tra le migliori band indipendenti che si sono distinte per guardare alla musica rock con originalità e con lo spirito di oltrepassare i confini dell'alternative rock. Di questa prolifica scena avevo parlato già in passato, segnalando gruppi come Vending Machetes, Art Decade, The Dirty Dishes, KID:NAP:KIN e SuperVolcano e ho continuato a farlo con Bent Knee, Mals Totem, Time King, Iris Lune e ora con gli Oh Malô.

Il loro primo album, As We Were, viene pubblicato ufficialmente oggi e, secondo altprogcore, si tratta senza dubbio dell'esordio dell'anno. Per l'occasione ho pensato quindi di porre alla band alcune domande alle quali ha risposto il cantante e frontman Brandon Hafetz. Con le sue venature indie rock, la musica degli Oh Malô sa essere intrigante, basata su arpeggi reiterati e minimali e su suoni evanescenti, ma che crescono e si sviluppano con intelligenti variazioni sul tema. Nella loro diversità tutte le canzoni di As We Were nascondono un gusto inconscio per folk, shoegaze e psichedelia. Ascoltando il canto di Hafetz, per il quale ad un primo approccio verrebbe da scomodare l'ingombrante paragone con la "Grazia" di Jeff Buckley, non si può fare a meno di ritenerlo un prolungamento della musica, dato che Hafetz ha trovato un personalissimo modo di esprimersi vocalmente, adattandosi allo stile malinconico degli Oh Malô con un'interpretazione che può variare dal filo di voce al sospiro, dalla potenza al falsetto.

Ispirato concettualmente da emozioni e atmosfere contrastanti, che hanno alla base i colori impressi nella copertina, As We Were è un lavoro che fa della sua estrema varietà la propria forza: un attimo impavido, l'attimo dopo plumbeo e depresso, il successivo vulnerabile o aggressivo e ancora solare e spensierato. I sentimenti di rabbia, frustrazione e aggressività trovano il loro corrispettivo nei colori di rosso, arancio e blu, mutuati attraverso i brani che possono realizzarsi in flebili ballad dalle dinamiche mozzafiato come Feed e Sweet Dreams, attraverso inondazioni elettriche che si manifestano in pompa magna su Burn e Out on My Own o in dolci abbandoni in crescendo su It All Comes Back e Hey Mr. Paul e, infine, flirtando con il pop rock con aperture sentimentali su Miss You e Happy Birthday. Ogni canzone racchiude un piccolo mondo ed è parte del mosaico che si completa in As We Were.

(ps: scroll down for english version)




Prima di tutto: potete presentare la vostra band e la scelta del curioso nome?

Ci siamo formati nel febbraio 2014 e, dopo qualche cambio di lineup qua là, ora il gruppo comprende me (Brandon Hafetz) alla voce e alla chitarra, Jack Mcloughlin alla chitarra principale/pedal steel/ seconda voce, Jordan Lagana al basso e Isaac Wang alla batteria. Il nome della band deriva dalla città francese di Saint-Malo dove, durante una gita scolastica delle scuole superiori nel 2011, iniziai a scrivere il materiale per questo gruppo.


Prima di As We Were avete pubblicato tre EP legati ad altrettanti colori (arancione-blu-rosso). Essi sono presenti anche nella cover di As We Were. Qual é il concetto dietro questa scelta? Che importanza rivestono nella resa generale del disco?

I colori servono per molti scopi all'interno dell'album. Quando abbiamo iniziato a scrivere queste canzoni ognuna di esse si stava dimostrando incredibilmente differente dalla successiva. Penso sia stato il risultato dell'essere travolto da un vortice di emozioni imprevedibili del momento, così come dal suonare per la prima volta il materiale insieme agli altri membri originali della band. Musicalmente i colori rappresentano la struttura e l'umore generale veicolati dalla tonalità dei brani. Se si guarda ad una canzone come Burn è abbastanza facile intuire che sia catalogata come "rossa". La stessa cosa vale per Fine che è classificata come "blu", ridotta solamente e voce e chitarra acustica, è la canzone più lenta dell'album. Emotivamente i colori attingono a quel vortice che ho citato. Stavo provando rabbia in un dato momento, la negazione in un altro e, dopo un bel po', finalmente un po' di risoluzione. L'album è veramente un viaggio del mio stato mentale nel corso dei due anni di lavorazione su di esso.


Il tema dei colori si rispecchia più nella musica, nelle liriche o in un equilibrio di entrambi?

Direi sicuramente un equilibrio di entrambi come ho spiegato qui sopra.


A proposito di questa scelta mi viene in mente un parallelismo con i The Dear Hunter e il loro progetto di nove EP The Color Spectrum. Trovate qualche similarità con loro?

Buffo che tu citi questa cosa, in quanto non avevamo idea che loro avessero fatto ciò fino a che non eravamo molto avanti con il nostro lavoro. Nessuno di noi aveva sentito parlare dei The Dear Hunter fino a quando qualcuno ci ha informato che loro avevano realizzato una cosa simile con i colori come soggetto. Mi sento come se quel progetto fosse più ispirato ai colori rispetto al nostro, per noi i colori erano semplicemente un modo di comunicare quello che stavamo vivendo musicalmente ed emotivamente.


Guardando il video di As We Were mi viene in mente una domanda: quando vi esibite dal vivo vi piace dare nuova luce ai vostri brani giocando con gli arrangiamenti o preferite rimanere fedeli all'originale?

Quella è una delle canzoni più vecchie che abbiamo scritto. Non direi che cambiamo necessariamente gli arrangiamenti troppo spesso, anche se ci piace aggiungere nuove introduzioni qua e là e, grazie al cambio dei nostri membri, abbiamo finito per rivisitare più volte molte canzoni. Penso sia molto importante mantenere una prospettiva nuova nelle canzoni che rimangono a lungo in scaletta di modo che non diventino ripetitive per te o per il pubblico.


Due anni fa scoprii i Bent Knee e grazie a loro ho scoperto voi. Non pensate sia paradossale che nell'era di Internet per molte band all'esordio sia ancora difficile essere conosciute al di fuori dei confini delle loro scene locali, proprio come una volta?

Sì, certamente. Internet indubbiamente ha un grande potere, sebbene sia molto facile perdersi nella massa tra gli algoritmi sfavorevoli di Facebook e gli infiniti upload su YouTube. Siamo sempre molto carichi quando veniamo a sapere di un nuovo fan fuori dalle città che abbiamo visitato, soprattutto quando sono fuori dagli Stati Uniti.


Mi sembra che la scena musicale di Boston sia una delle più interessanti e originali. Ci sono altre band che secondo voi meritano di essere conosciute?

Boston ha sicuramente una buona parte di band incredibili. Alcune tra le nostre preferite sono Bent Knee, The Colonnade, I/O, Amy & the Engine e Animal Flag solo per citarne alcune. Sembra che sempre più band di grande qualità stiano spuntando a distanza di qualche mese e siamo veramente eccitati di vedere e ascoltare cosa arriverà dopo.


Questo è un blog che si occupa principalmente di progressive rock e art rock. Ho colto nella vostra musica elementi che vanno oltre il classico indie rock, inoltre avete realizzato una cover dei Tame Impala, band spesso associata al rock psichedelico e progressivo. Siete attratti da un aspetto più intellettuale nella musica?

Penso sia assolutamente giusto dire che ci interessa quel tipo di musica. Abbiamo sperimentato ogni tipo di stile e approccio su questo primo album e credo che in futuro dovremo solo continuare a sperimentare su questa strada.


Possiamo aspettarci in futuro ulteriori sviluppi su questo frangente?

Abbiamo appena iniziato a scrivere nuovo materiale quindi direi di sì. Stiamo cercando di provare un sacco di cose nuove per la seconda prova, ma non posso dire con sicurezza come andrà a finire!





ENGLISH VERSION

First of all, can you introduce the band, like history background and the curious name origins. 

We formed in February of 2014 and after a few changes to our lineup here and there now have myself (Brandon Hafetz) on lead vocals/guitar, Jack Mcloughlin on lead guitar/pedal steel/ background vocals, Jordan Lagana on bass, and Isaac Wang on drums/percussion. The name of the band comes from Saint-Malo, France, where I wrote the very beginnings of material for this band back in 2011 during a high school trip.


Before As We Were you have released three colors themed EPs. These colors (Orange, Blue, Red) are also present on the cover of As We Were. What’s the concept behind this choice? Are they connected to the songs development? 

The colors serve multiple purposes with the record. When we were initially writing these songs each one was turning out to be incredibly different than the next. I think it was a product of both myself going though an unpredictable whirlwind of emotions at the time as well as the the original band members playing music together for the first time. Musically the colors represent the textures and overall mood conveyed by the tonality of the songs. If you look at a song like Burn it's quite easy to guess it's categorized as 'red'. Same thing goes for 'Fine' which is categorized as 'blue', is stripped down to just vocals and acoustic guitar, and is the slowest song on the record. Emotionally the colors tap into that whirlwind I mentioned. I was experiencing anger at one moment, denial at another, and after a good while finally some resolution. The record is really a journey of my mental state over the two years working on it.


Do you think the colors theme is reflected more in the music, in the lyrics or is a balance of both? 

I'd say definitely a balance of both as I elaborated on above.


Regarding this choice, it comes to my mind a parallel with The Dear Hunter’s nine EPs project The Color Spectrum. Do you found some similarities? 

It's funny you mention that since we had no idea that they had done that until pretty late into the game. None of us had heard of The Dear Hunter until someone brought up the fact that they had done a similar release with color. I feel like that project was much more inspired by the colors versus for us, the colors were simply a way to communicate what we were experiencing musically and emotionally.


Watching the video for As We Were a question comes to my mind: when you perform live do you like to give a new perspective to your tunes, playing them with different arrangements, or do you prefer to stay faithful to the original? 

That song is one of the older songs we have. I wouldn't say we necessarily change arrangements too often, though we like to add in new intros here and there and due to our member changes we've ended up revisiting a lot of the songs multiple times. I think it's really important to keep a fresh perspective on songs that stay in the rotation for a long time so that they never become stale to you or the audience.





Two years ago I discovered Bent Knee and now, thanks to them, I’ve been aware of your band (and I think to be the first one in Europe). Don’t you think it’s ironic that on the Internet era it’s still difficult for a lot of newcomers to be known outside the borders of their local scenes, just like as it once was? 

Yes, definitely. The Internet is undoubtably powerful though with unfavorable Facebook algorithms and endless YouTube uploads it's easy to get lost in the masses. We're always really pumped when we hear from a new fan outside of the cities we've visited before, especially when they're outside of the US!


It seems to me that the music scene in Boston is one of the most vital, interesting and original. Are there other bands that you think are worth knowing? 

Boston most definitely has its share of incredible bands. Some of our personal favorites are Bent Knee, The Colonnade, I/O, Amy & the Engine, and Animal Flag to name a few. It seems more and more top notch bands are popping up every few months though and we're excited to see and hear what's next.


This blog focuses mainly on progressive rock and art rock, but I caught in your music a style that go beyond the classic indie rock, you have also covered Tame Impala that are often linked to psychedelic and progressive rock. Are you attracted to a more “intellectual mood oriented” aspect in music? 

I think it's definitely fair to say we are interested in that sort of music. We experimented with all sorts of styles and approaches on this first record and I think we'll only continue to experiment going forward.


Can we expect further developments of this side in the future? 

We've only just began writing new material though I would say yes. We're going to be trying out a lot of new things the second time around but I can't say for sure where it will all end up!

 www.ohmalo.com 


lunedì 15 febbraio 2016

Oh Malô - As We Were (2016)


Non è passato neanche un mese da quando li ho presentati su altprogcore ed eccoci arrivati a segnalare questo incredibile debutto dei bostoniani Oh Malô. Quindi, ricominciamo da capo per chi se li fosse persi. Loro sono Brandon Hafetz (voce e chitarra), Jack McLoughlin (chitarra), Jordan Lagana (basso), Isaac Wang (batteria) e in due anni di attività hanno raccolto sei canzoni divise in tre EP di cui avevo parlato (e i cui colori arancio, rosso e blu dominano la copertina di questo LP) e, come anticipato, sono tutte presenti nell'esordio intitolato As We Were di prossima uscita. Quindi, la qui presente è una recensione un po' anomala, una seconda parte che prosegue quanto avevo già scritto sugli Oh Malô. As We Were ha coperto due anni di lavoro tra scrittura, produzione e registrazione, mentre il gruppo ha continuato ad esibirsi dal vivo insieme ad altre band. 

Era da molto che non ascoltavo un alternative rock così fresco, personale e rigenerante. Tutto è curato nel particolare su As We Were, dalla voce esotericamente buckleyiana ed evocativa di Hafetz alle chitarre che si stagliano come un'aura elettrica in ogni brano, fino alle ritmiche che nella loro regolarità si inventano colpi inaspettati. E' da tali premesse che nasce una delle tracce cardine dell'album, quella Feed che senza ombra di dubbio rappresenta uno dei momenti magici dell'intera opera. Ma andiamo con ordine. L'album si apre con le chitarre incandescenti di Burn: un saliscendi emotivo dalle vibrazioni acide e elettriche, placato dalla suadente voce di Hafetz. Hey, Mr. Paul e Out of My Own ripeteno, tra dolcezza e impetuosità, i due poli d'attrazione opposti di As We Were, accomunati da una psichedelia sottesa che non abbandona mai il lavoro nella sua totalità.

In questo caso lo zenith lisergico toccato da Sweet Dreams si ripercuote nel suo crescendo come un vortice e poi continua e si espande nella seguente It All Comes Back con toni da ballad, arrivando alla catarsi finale con tutti gli strumenti in tensione. Miss You e Happy Birthday sono le canzoni che più si avvicinano alle caratteristiche di pop rock, anche se in questa sede il termine assume un significato molto aleatorio e arbitrario, mentre la title-track si mantiene su territori sognanti, raggiungendo le stesse eteree latitudini dei From Indian Lakes. Fine e P.S. (atmosfera lo-fi con rumori di sottofondo la prima - chitarre riverberate e voce profonda la seconda) invece appartengono a quella sfera di impalpabile astrattismo che veste le canzoni come degli abbozzi tratteggiati su tela. Come era da aspettarsi As We Were è un debutto di pregevolissima fattura che, si spera, aiuterà gli Oh Malô ad uscire dai confini bostoninani.



Qui di seguito alcuni brani di As We Were presentati dal vivo in versione acustica.

martedì 19 gennaio 2016

Oh Malô - Orange / Red / Blue (2014-2015)


Gli Oh Malô, nonostante un nome che pare avere delle origini esotiche (e che si legge oh-muh-low), sono un quartetto di Boston nato un paio di anni fa, che ha dato alle stampe tre EP di due canzoni ciascuno, le quali a loro volta andranno a compilare la metà del loro album d'esordio. Ad incuriosire, oltre la qualità naturalmente, è la modalità con cui questo materiale è stato realizzato: ogni EP è associato ad un colore (già, proprio alla maniera di The Color Spectrum dei The Dear Hunter) e per ogni canzone è stato prodotto un video che risalta, a livello visivo, l'aspetto cromatico dell'EP a cui è associato. Funziona così anche per la musica che, in una specie di simbiosi sinestetica, cerca di cogliere ed estrarre l'umore che essa dovrebbe trasmettere. Il bello di tale trovata è permettere alla band di presentarsi sotto vari aspetti stilistici, tanto che nella distanza formale che esiste tra lo slowcore di Blue, l'art rock di Red e il quasi pop di Orange, non si direbbe che escano fuori dagli stessi autori.


BLUE

Il primo EP della serie è forse anche quello che affascina di più. Molto lento e rarefatto è aperto da Feed, con ombre di chitarre che vanno e vengono, una ritmica swing rock e quel falsetto sussurrato ai limiti dell'afasia del cantante Brendon Hafetz, penetra dentro come un'umida nebbia autunnale e conquista. Sweet Dreams è ancora più atavica nelle sue spire chitarristiche che formano un paesaggio sonoro calmo e allo stesso tempo vorticoso come un mix tra le band di scuderia 4AD e i Motorpsycho.




RED

Passando a Red, all'inizio di Hey, Mr. Paul sembra di stare ancora dalle parti di Blue e invece siamo trascinati in un mellifluo groove art rock che nel chorus presenta delle bordate elettriche non molto pesanti, ma dai contorni metallici comunque ben definiti. Out on My Own appare come fosse suonato da una sofisticata rock band europea, sostenuto da un'ottima prova vocale di Hafetz che, redendomi conto di scomodare un paragone impegnativo, ricorda sempre più la versatilità di Jeff Buckley.




ORANGE

Con Miss You e Happy Birthday si entra nei reami del pop rock, ma scavalcando la banalità che si nasconde sempre dietro l'angolo quando ci si incammina in questi territori. Tra le sei canzoni, le due di Orange sono quelle designate per trasmettere spensiratezza e felicità, con testi volutamente sentimentali che riflettono il generale senso di disimpegno.





www.ohmalo.com