venerdì 23 dicembre 2022

ALTPROGCORE BEST OF 2022



Il 2022 è stato un anno pieno di sorprese e indubbiamente sarà ricordato come quello segnato da due eventi di grande rilevanza per ciò che riguarda il prog: il ritorno sulle scene di Porcupine Tree e The Mars Volta, due band che, ognuna a modo proprio, ha segnato e dettato le tappe nell'entrata del genere dentro il XXI secolo. Al di là dei giudizi personali i nuovi lavori presentati da Porcupine Tree e The Mars Volta sono stati caratterizzati da scelte oggettivamente agli antipodi. Una preservazione del passato su sicuri binari già impostati per ciò che riguarda i primi e una ricerca di un'identità rinnovata per quanto riguarda i secondi. Ovviamente quello dei Mars Volta è stato un lavoro più divisivo a livello di giudizi perché ha avuto il coraggio di non seguire schemi prevedibili, una dote che il gruppo di Rodriguez-Lopez e Bixler-Zavala ha sempre mantenuto, a differenza di quello che intendiamo come prog ortodosso. (Detto questo, nessuno dei due ce l'ha fatta ad essere inserito nella mia lista di fine anno.) Accanto a loro si sono aggiunti album di artisti e band che fortunatamente riescono ancora ad elevare questo genere facendo in modo di mantenerlo interessante e sempre degno di essere seguito in tutte le sue derivazioni. Questa estate ad esempio, a distanza di pochi giorni, si sono susseguite pubblicazioni di grande spessore come quelle di The Dear Hunter, Bubblemath, Black Midi, Coheed and Cambria e Umphrey's McGee. La maggior parte di loro, pur essendo sulla breccia da molto tempo, non è mai riuscita ad eguagliare la popolarità di artisti prog più in linea con i gusti ormai omologati alla tipologia di pubblico al quale si rivolgono.

Facciamo quindi un passo indietro e restringiamo il campo al sottogenere che ci interessa, il prog hardcore, che poi è il soggetto di questo blog. Perché il caso vuole che il 2022 segni il ventennale in cui questo particolare amalgama iniziò a consolidarsi grazie a due pubblicazioni, ovvero Tremulant EP dei The Mars Volta e The Second Stage Turbine Blade dei Coheed and Cambria, quelle che per prime hanno delineato i dettami del prog hardcore. Un periodo abbastanza lungo e definito da poter tirare le fila del discorso. Da quel momento è sorto un sottobosco di band piuttosto nutrito che, a partire dal 2008, questo blog ha cercato di raccontare nelle sue molteplici sfaccettature, quelle più astruse ma anche quelle più accessibili. La varietà della proposta col tempo si è dilatata, ma nonostante ciò dopo 20 anni si può affermare tranquillamente che è un genere che in Europa, e soprattutto in Italia, non ha mai fatto grandi proseliti. Per tastare il polso della situazione del presente prendiamo come esempio due band che sono entrambe uscite con un nuovo album quest'anno: i The Dear Hunter, dopo 15 anni di attività, con Antimai sono riusciti qui da noi a racimolare giusto un paio di recensioni, senza neanche contare questo blog. I Coheed and Cambria in Italia rimangono una band conosciuta a malapena, anche se con Vaxis II a livello internazionale sono riusciti a raggiungere il primo posto nella classifica hard rock di Billboard. Considerando questi dati e il fatto che parliamo di gruppi non alle prime armi, che hanno avuto tutto il tempo per crearsi un adeguato bacino di ascolti, anche attraverso i potenti mezzi del web, è chiaro il disinteresse nella loro proposta da parte del pubblico nostrano.

E non c'è neanche da dire che la loro musica sia complessa anzi, prendendo come pretesto tale argomentazione, c'è da sottolineare come negli ultimi tempi si è assistito ad un fenomeno di avvicinamento al pop che ha coinvolto molti protagonisti della scena prog hardcore. Il caso più emblematico naturalmente riguarda quello dei The Mars Volta, ma anche i già citati Coheed and Cambria e The Dear Hunter con i loro ultimi lavori hanno utilizzato molte soluzioni e stilemi vicini a dettami di una musica più popolare e accessibile, come funk, RnB, soul, elettronica, ecc. A questi possiamo aggiungere i Circa Survive che nei due EP pubblicati di recente (uniti poi nell'album Two Dreams) si sono spinti in una direzione lontana dal loro stile originario, spostandosi verso lidi minimali di beat elettronici e loop chitarristici che li ha portati a sperimentare una specie di ambient art pop. Il segnale che se ne deduce è che il prog hardcore, dopo 20 anni, sente il bisogno di rinnovarsi e guardandosi intorno ha trovato una strada comune nell'immediatezza del pop, lasciandosi alle spalle le soluzioni più cervellotiche. Sommando questo fattore di volontà al rinnovo, l'annunciata pausa indefinita dei Circa Survive (con un conseguente ritorno del cantante Anthony Green alla sue radici post hardcore nei Saosin e nei supergruppi L.S. Dunes e The Sound of Animals Fighting) ci troviamo di fronte ad un periodo che pare la chiusura di un cerchio o la conclusione di un capitolo. Io stesso mi sono ritrovato ad ascoltare sempre meno lavori che ricadono nella categoria prog e più cose appartenenti alla sfera emo, al pop punk allo shoegaze, ma costantemente nell'ottica della contaminazione. Per questo vi esorto a non essere scettici o prevenuti verso gli album che troverete nella seguente lista (troverete delle sorprese), poiché molte di queste pubblicazioni si approcciano ai suddetti generi in modo non ortodosso (che poi è anche il metodo più stimolante).

A tal proposito le cose più interessanti venute fuori quest'anno, per ciò che mi riguarda, non appartengono propriamente alla sfera prog, ma vanno a consolidare delle tendenze ibride e trasversali di generi già in divenire nel 2021 e che si sono confermate in questi 12 mesi come grunge-gaze e math pop punk, collezionando casualmente sempre più ascolti che andavano verso tali direzioni. Per il grunge-gaze credo sia stato essenziale conoscere i Loathe, che con il loro album del 2020 hanno dato un impulso determinante per la commistione di nu metal, shoegaze e emocore. Da lì è venuta fuori la conoscenza delle Softcult (quando realizzarono un quasi plagio di Two-Way Mirror) ed in seguito dei Teenage Wrist con la loro rilettura di Is It Really You?. Durante il 2022 sono stati molto apprezzati i lavori di Fleshwater e The Darling Fire, oltre che gli esordienti Exit Dream che finora hanno prodotto solo tre ottimi singoli. La formula che accumuna molte di queste band (alla lista possiamo aggiungere Pure Hex, Bolinas, ASkySoBlack, Superbloom) è alternare influenze di grunge, power pop, nu metal e shoegaze, ognuno mettendo in evidenza l'aspetto che più gli aggrada in un mashup di revival anni '90, che alla fine può rivaleggiare con quello degli anni '80. Una wave che è culminata di recente nell'inspiegabile unanime consenso degli Alvvays e il loro terzo album Blue Rev. Ovviamente il grado di novità non è da cercare a queste latitudini e infatti può esserci chi in questi movimenti non trovi nulla di stimolante ma solamente uno sterile effetto nostalgia. L'aspetto positivo che per me lo rende rilevante è la sovrapposizione di generi che, presi singolarmente, possono anche non piacere (il mio esempio ricade sul disgusto per il nu metal) e invece combinati insieme acquistano un certo fascino e il discorso rivolto verso il revival funziona fino ad un certo punto. 

Argomento diverso e leggermente più complesso riguarda il fronte math rock e tutte le diramazioni che ne derivano. Partendo dal lato strumentale c'è stata proprio nell'ultima parte dell'anno la sensazione, totalmente ingiustificata, generata dai Polyphia. Il gran chiacchierare di loro da parte di riviste specializzate in chitarrismo virtuoso e progressive ha contribuito a popolarizzare il connubio tra fusion, hip hop, RnB e funk, un sottogenere che esiste da qualche anno ormai e che altri colleghi hanno affrontato con più creatività e competenza. L'immagine patinata che il quartetto promuove ha di sicuro un appeal accattivante, ma la musica proposta appare un vacuo involucro di onanismo chitarristico per la generazione TikTok. I pezzi dei Polyphia sono troppo impegnati ad esaltare le doti tecniche di chi li suona trasformandosi in assemblaggi sonori da intelligenza artificiale e software musicali preimpostati. Ciò che manca totalmente è la minima presenza di una ricerca armonica che porti a progressioni articolate, tutte commistioni già sperimentate, con risultati migliori e lavori sicuramente più stimolanti, da chitarristi della stessa generazione, nati nelle camerette da letto caricando video su YouTube come Plini, Jakub Zytecky, David Maxim Mimic, Owane oltre a gruppi come Strawberry Girls, Catbamboo, Chon. In tale tipologia peculiare di sottogenere inoltre non esiste solo l'approccio strumentale, ma la sua vicinanza a canoni pop attraverso il funk, l'RnB e il soul ha generato anche un ibrido "cantabile" che utilizza i beat math rock e le prodezze chitarristiche per generare ritmiche molto vicine alla concezione di dance o hip hop. Ci sono stati i pionieri Eternity Forever poi evoluti in Gold Necklace, altri che flirtano con l'emo come gli Origami Button e molti altri piccoli satelliti che formano un sottobosco misconosciuto di band. Sotto questo aspetto è strano vedere ancora una band come gli Amarionette relegata ad uno status di mero culto, quando la loro proposta di math funk ballabile avrebbe tutte le potenzialità per un pubblico più vasto. (Se poi volete un elenco più approfondito ho compilato una lista su rateyourmusic).

Infine c'è il capitolo pop punk ed emo. In entrambi i casi si può affermare che i due generi si sono staccati dal cliché stupidotto-adolescenziale che li caratterizzava ad inizio anni 2000 e hanno raggiunto una maturità capace di includere arrangiamenti e soluzioni tematiche più articolate e variegate. Anche in questo caso non c'è limite con cosa i due generi possano essere contaminati al di là dei loro confini. E, come scrissi qualche mese fa, proprio questa intraprendenza nell'osare a sovrapporre influenze differenti ha generato una serie di uscite assolutamente meritevoli come quelle di Future Teens, Sweet Pill, Pool Kids, Stay Inside, Secret Grief (per questi ultimi due rimando ai migliori EP 2022) e altri che trovate nella lista. Se non bastasse, un'ulteriore prova sono i recenti singoli Groundhog Day dei Knuckle Puck che, oltre ad essere uno dei migliori pezzi dell'anno e un salto artistico per il gruppo verso dinamiche mutevoli, rappresenta un lucidissimo esempio di crossover tra pop punk che sfocia in math rock, o Where You Been degli Anxious che incorpora la solarità caleidoscopica del power pop rafforzando il loro già orecchiabile pop punk. Per chi pensasse che questa gente è sconosciuta, non parlo di nomi usciti da chissà dove, sono tutti gruppi riusciti ad imporsi nella scena indipendente americana con lavori ampiamente apprezzati, ma che dalle nostre parti nessuno prende in considerazione perché non fanno parte di quella cerchia di band "cool" che piacciono tanto alla critica. Passando quindi a cose più mainstream, non mancano sorprese negli ascolti del 2022. Quindi a proposito di lasciarsi alle spalle i cliché, di tale ibridazione, ad esempio, in un campo stilistico non molto distante, si sono servite anche Demi Lovato e Willow (la figlia di Will Smith) con due album abbastanza simili che vanno a cadere nella stessa catalogazione, partendo da premesse pop punk, ma facendole passare sotto un trattamento metal nel primo caso e math hardcore nel secondo. Al di là di ogni pregiudizio, ne sono usciti oggettivamente dei lavori che almeno cercano di spingere la creatività oltre le impostazioni dettate dalla prevedibilità e che si ascoltano con piacere. Spero quindi di aver proposto anche stavolta un riassunto antologico rappresentativo del 2022 che esula dalle solite liste con gli stessi nomi, stilate col generatore automatico in base dall'hype del momento. Buon ascolto.

P.S. Come compendio all'editoriale di fine anno approfitto per allegare in chiusura, in caso qualcuno se la fosse persa, la mia intervista realizzata qualche mese fa dal sito OndaRock.




 
69.Kevin Wulf
Dorilton
Giovanissimo (19 anni) polistrumentista newyorkese di belle speranza, questo Kevin Wulf è comparso all'improvviso pubblicando addirittura due album molto diversi tra loro nel 2022. Dorilton è quello più interessante: un esperimento tra prog, psych e folk retrò che applica quel gusto estensivo ai generi con lo stesso tocco di Ryley Walker, quindi ci troviamo un tocco di jazz, Canterbury sound e chamber pop. Un talento ancora acerbo ma con un buon potenziale di maturazione, come continua a confermare il recente singolo Faust.




 
68.Driftless
Perfect Blue
Quello dei Driftless è uno degli esempi più lucidi di post rock ascoltati ultimamente: tre lunghe tracce che si dipanano lentamente in paesaggi sonori impalpabili e onirici dove nella parte finale si scorge addirittura un ritorno agli antichi dettami dei mitici Bark Psychosis. Suggestioni infinite.




 
67.Owel
The Salt Water Well
Rimanendo costantemente sotto i radar del mainstream gli Owel sono arrivati al quarto album ed è un peccato che ancora pochissime persone siano al corrente della loro esistenza, perché la musica prodotta dagli Owel è tutt'altro che difficile da digerire, una cosa che il nuovo The Salt Water Well conferma ancora una volta. L'album rimane sulle coordinate raffinate del precedente Paris, ma si apre ancora di più a territori accessibili costituiti da melodie delicate il cui mood romantico avrebbe tutte le carte in regola per compiacere un pubblico più vasto.




 
66.Glacier Veins
Lunar Reflection
Non so se il dream pop punk possa essere definito un genere, ma i Glacier Veins si piazzano in una via di mezzo tra chitarre elettriche riverberate e chorus dal piglio diretto e spensierato. Il connubio insomma funziona e genera dei pezzi dal sapore sognante e accattivante.




 
65.Louis Cole
Quality Over Opinion
L'indubbio talento di Mr. Cole si mette alla prova in un album dalle proporzioni un po' troppo estese per quelli che sono i suoi fini. Diciamo che la somma delle sue parti appare dispersiva e qualcosa poteva anche essere omesso, visto che talvolta non tutte le tracce sviscerano in pieno le potenzialità del batterista-compositore. Quality Over Opinion decostruisce il funk e il pop con la stessa benevola iconoclastia di Todd Rundgren e per alcune cose riuscite ce ne sono altre trascurabili che finiscono per rendere il lavoro ridondante, ma comunque piacevole e una spanna sopra tanti altri colleghi privi del suo estro strumentale e musicale.




 
64.SOM
The Shape of Everything
Gli ingredienti essenziali dei SOM sono la potenza del post rock e la dolcezza del dreamgaze che messi insieme creano uno scontro di contrasti che permettono a The Shape of Everything di piazzarsi in un territorio stilisticamente trasversale, suggestivo da un punto di vista onirico/psichedelico, quanto abrasivo da quello metallico/elettrico. The Shape of Everything è un imponente impasto di umori elettrici, nebulosi nei contorni, come la flebile voce principale, mentre nel nucleo crea sfumature che si affastellano l'una sull'altra, ma potenti e vivide nella loro unione e totalità.



 
63.Jupu Group
Umpeen kasvoivat polut
La band finlandese prog jazz Jupu Group risorge dalle proprie ceneri con un secondo album che arriva a 47 anni dal primo Ahmoo. Il gruppo, fondato e guidato dal violinista Juhani "Jupu" Poutanen, quando nel 1975 viene pubblicato il primo album già si è disciolto in quanto Poutanen da Helsinki si deve trasferire a Rovaniemi per un ingaggio con l'orchestra locale. Nel 2020 Poutanen rifonda i Jupu Group con una schiera di nuovi giovani musicisti e lui a comporre e dirigere dietro le quinte. Il suo posto nella line-up viene rilevato da Lotta Ahlbeck e, con una formazione che conta chitarra, tastiere, batteria e basso, la band è pronta a riprendere le dinamiche prog jazz dei Jupu su Umpeen Kasvoivat Polut con un taglio ovviamente moderno. Un brillante ritorno affidato ad una nuova generazione, che questa volta alterna efficaci brani strumentali, in bilico tra jazz elettrico e canterburiano, a altri cantati da Meerika Ahlqvist con una vena più acustica e folk, ma preservando il prog.



   
62.Knekklectric
Alt blir verre
Quello dei Knekklectric è un progressive rock gentile che si muove tra suggestioni jazz e soffici atmosfere pop, come una sorta di rinnovato e moderno linguaggio canterburiano. Alt blir verre si impegna e riesce così a mantenere alto il livello di eccellenza, freschezza e inventiva strumentale del quintetto, che proprio come i gruppi canterburiani dell'ala più accessibile (vedi Caravan e Hatfield and the North) calibra benissimo quel precario equilibrio tra esperimenti virtuosistici e melodie delicate con fluire naturale, quasi a camuffare la complessità prog.




 
61.Cold Night for Alligators
The Hindsight Notes
Con i primi due album i danesi Cold Night For Alligators si erano presentati come nuovi paladini del metalcore imbevuto di math rock e prog, ma guidati da dettami estetici decisamente aggressivi, a partire dalla voce di Johan Pedersen. Per questa terza prova il quartetto danese ha deciso di deviare leggermente e, anche se dal lato strumentale rimane fedele alle sue premesse, la novità è che Pedersen abbandona quasi del tutto i toni harsh dell'hardcore e adotta un registro clean, scelta che permette al gruppo di aprirsi ad orizzonti più accessibili, ma rimanere ortodossi all'estetica djent-metalcore. Interessante l'uso delle tastiere che si abbinano e amalgamano con la chitarra, vicine ai synth new wave anni '80 che in alcuni momenti li fanno somigliare ai loro conterranei VOLA, ma a dominare sono le poliritmie reminiscenti di djent e math rock e la melodrammaticità espressa dall'insieme, lasciando esplodere il pathos e la potenza nei ritornelli. The Hindsight Notes segna per il gruppo un passo verso una nuova direzione rivolta ad un genere che fa della componente tecnica e complessità una buona parte della sua cifra stilistica, anche se forse osare un po' di più non avrebbe guastato.




60.Demi Lovato
HOLY FVCK
Per come si è approcciata Demi Lovato a questo nuovo album, lasciando da parte il pop e provando a cimentarsi con il metal e il punk, vale la pena concedergli un attimo di attenzione. E bisogna ammettere che ne è uscito qualcosa di meritevole che chiede con tutte le forze di liberarsi dai pregiudizi. Ripartendo dai parametri pop metal trasversali impostati da Poppy con I Disagree la Lovato spazia tra sprazzi di bubblegum metal, tonnellate di pop punk in stile Paramore, più un pizzico di grunge al femminile delle Hole e un tocco di nu metal. Il risultato lo si ascolta con piacere e divertimento, poiché l'eclettismo e la buona scrittura dei pezzi riesce a non annoiare. Considerando lo stardom e il mondo prefabbricato da cui proviene Demi Lovato è molto meglio della media degli album sfornati dalla schiera di starlette scoppiate ex Disney o le varie queen che bazzicano la pop dance, hip hop, R&B.




 
59.Strawberry Girls
Prussian Gloom
Ormai padroni di uno stile math rock tutto loro, che catalizza l'energia del funk e del prog rock in un ibrido propulsivo, il trio degli Strawberry Girls torna in forma dopo due album dove sembrava si limitassero a svolgere il loro compitino. Prussian Gloom ha voglia invece di spingere sulle proprie possibilità come faceva American Graffiti ed è un altro affresco math post hardcore contemporaneo da cui prendere nota.



 
58.Atomic Guava
Peasants of the Future
Gli Atomic Guava, con il loro esordio Peasants of the Future, provano che suonare metallo pesante e mischiarlo con altri generi può essere divertente quanto ascoltarlo e goderselo. Senza prendersi sul serio e con un tocco di ironia gli Atomic Guava applicano la propria competenza acquisita al Berklee College of Music di Boston ad un album oggettivamente così vario e pieno di energica inventiva che difficilmente non si potrà ammirare per il suo entusiasmo. Traspare una verve e un'esuberanza votata all'anarchia, grazie anche alla versatilità dell'esecuzione e alla voce prestante di Elizabeth Hull, completamente assente nella maggior parte dei gruppi prog metal. La sensazione è di trovarsi dentro ad un jukebox impazzito che sputa fuori la metal fusion da nerd degli Arch Echo, gli intermezzi strumentali ultra tecnici dei Dream Theater, il synthpop degli anni 80 e le sigle dei cartoni animati giapponesi. Non si prenda però questa descrizione come se all'interno dei brani si incappasse in molteplici cambi, ma più che altro la percezione e la somma dei suddetti vari connotati si palesa nell'insieme della scelta estetica dei suoni, nella realizzazione di intromissioni e lievi variazioni nella trama dei brani, i quali tutto sommato rimangono fedeli ad una linea di struttura piuttosto classica.




 
57.Empire Springs
The Luminescence
Gli Empire Springs si sono rivelati al pubblico all'inizio di quest'anno, nato come un progetto di studio tra quattro amici di college. Lo stile del gruppo è un prog metal psichedelico e ambient ai confini col post rock. Talvolta la componente metal prende il sopravvento e affiora il gusto per tecnicismi, dove la materia si fa elaborata e allora si va a sfiorare quei territori più compositi vicini ai connotati djent dei Tetrafusion. Un esordio che non rivoluzionerà alcunché, ma può offrire interessanti spunti agli amanti del genere.




 
56.Amarionette 
Gemini
Uno dei tanti misteri del rock odierno (ma poi neanche molto visto l'andazzo a celebrare opere inconsistenti) è il perché gli Amarionette non abbiano ancora sfondato presso un pubblico più mainstream, visto il loro energetico mix di math pop, funk, disco synthpop, RnB e tutto ciò che serve per essere accattivanti e orecchiabili mantenendo al tempo stesso un buon livello di tecnica strumentale. Gemini è l'ennesima prova di una band capace di confezionare perfetti hit che possono essere suonati con la stessa contestualità su palchi rock e dancefloor fighetti.




 
55.Giant Walker
All in Good Time
All In Good Time, esordio dei Giant Walker, è il risultato di una paziente ricerca d'identità e di una scrittura (avvenuta nei primi mesi del 2020 in pieno lockdown) che possa racchiudere nel medesimo ombrello efficaci riff heavy prog, incisive linee melodiche e allo stesso tempo abbia le caratteristiche di far presa sui fan del genere, cercando di evitare il rischio di passare inosservati nella già abbondante proposta metal. Con influenze che vanno da Karnivool, Tool, Deftones e Soundgarden, la band inglese mantiene le promesse nel regalare un susseguirsi praticamente incessante di riff che vanno dall'elaborato al viscerale, ma sempre con abbondante distorsione, quasi a sfiorare in alcuni casi i cupi abissi del djent. A far trapelare la luce in tanta aggressività è la melodiosa, cristallina e duttile voce di Steff Fish, la quale si porta dietro un adeguato bagaglio di studio e preparazione professionale.





54.Circa Survive
Two Dreams
Album che unisce gli ultimi due EP della band A Dream About Love e A Dream About Death e che, in questa formula, assumono una compiutezza e compattezza che separati non avevano. Praticamente i Circa Survive hanno preso come pretesto il lockdown e il Covid per provare una nuova impostazione sonore e vie inedite per loro: elettronica, ambient, minimalismo, new wave e art pop. Ne esce fuori un ritratto spiazzante che deve essere digerito con ancor più pazienza rispetto al già collaudato experimental post hardcore. Ma le canzoni si dipanano in crescendo emotivi che sanno ripagare una volta entrati nelle dinamiche.




53.Willow
<COPINGMECHANISM>
Invece che menare schiaffazzi al prossimo, la figlia di Will Smith ha incanalato la sua rabbia giovanile nella musica e in questo album brevissimo capitalizza tutte le influenze alternative ascoltate da adolescente e devia il proprio percorso artistico da un semplice e generico pop punk ad un experimental bedroom pop costruito su cambi armonici non prevedibili e arrangiamenti inventivi che pescano da un calderone eterogeneo con dentro grunge, lo-fi, alt rock, pop barocco e prog. Il tutto mantiene una freschezza e varietà compresse in canzoni di pochi minuti, ma abbastanza dinamiche da condensare tante idee che divertono e non stancano all'ascolto.




52.Coheed and Cambria
Vaxis II: A Window of the Waking Mind
Vaxis II è il primo lavoro dei Coheed & Cambria dopo molto tempo che tenta di portare alla loro formula qualcosa di nuovo e allo stesso tempo di rimanere fedele alla propria estetica. L'album sembra dominato dalla volontà di aprirsi a contaminazioni più accessibili come synthpop, nu metal e un formato canzone che privilegia l'immediatezza. Un proposito o concetto, quello della maggiore semplificazione, che sembra essere al centro della direzione dell'album, dato che le prime dieci tracce non toccano mai e non vanno oltre i quattro minuti di durata. Solo negli ultimi tre brani i Coheed riprendono il timone del loro spirito primario e attivano la modalità "epic prog" grazie alla quale sembra essere tornati ai tempi del dark metal progressivo di Good Apollo, I'm Burning Star IV. Tutto considerato Vaxis II ha dei buoni momenti, anche se manca quella scintilla che possa far spiccare almeno due o tre brani per renderlo al pari delle loro migliori prove, ma va piuttosto ad attestarsi in un punto intermedio del loro repertorio.




51.Held By Trees
Solace
Solace è la prima opera degli Held by Trees, un collettivo guidato dal musicista David Joseph che, non solo resuscita le sonorità ambiente/post rock dei due leggendari album dei Talk Talk Spirit Of Eden e Laughing Stock, ma va a pescare un legame diretto da quel lascito grazie al coinvolgimento di musicisti associati a quel gruppo (pure il responsabile dell'artwork James Marsh) e all'unico album da solista Mark Hollis che ne riprendeva le peculiarità. Oltre ai titolari chiamati da Joseph che includono Tim Renwick (Pink Floyd, Al Stewart), David Knopfler (Dire Straits) e Eric Bibb, si aggiungono Robbie McIntosh, Martin Ditcham, Simon Edwards, Lawrence Pendrous e Andy Panayi. Solace riprende anche i principi compositivi di quegli album, basandosi sull'improvvisazione e su progressioni di accordi scritte da Joseph sulle quali i musicisti hanno aggiunto le proprie "impressioni". Tenendo presente che non è affatto semplice ricreare quelle atmosfere, la materia manipolata è così suggestiva da non risultare uno sterile esercizio di stile.




 
50.To Whom It May
Olympian Gossip
Al secondo album con Olympian Gossip i texani To Whom It May dimostrano una grande crescita che riesce a calibrare e organizzare meglio le idee esposte un po' genericamente nell'esordio The Great Filter del 2018. Facendo ricorso a ruvidi riff alla Tool esposti con la potenza incisiva del math rock degli Shiner.




 
49.Sullen
Nodus Tollens - Act 2: Ascension
Già con il più breve primo atto i portoghesi Sullen avevano dato prova di avere competenza nell'entrare nei meccanismi di un prog metal classico, che esalta in modo equilibrato gli aspetti più melodici con transizioni fusion e contrasti grind con growl angoscianti. Il secondo capitolo conferma e approfondisce quella formula con un songwriting che segue i dettami e le caratteristiche del genere con grande professionalità. Per questo se si cerca qualcosa di innovativo è necessario rivolgersi altrove, ma non è certo semplice produrre prog metal che mantenga costanti qualità e prestazione, specialmente quando è già stato detto tutto in materia.



 
48.Satyr
Totem
Questa seconda prova dei Satyr è notevole nel mostrare il progresso fatto dal gruppo post hardcore. Capaci di spingersi in trame sempre più complesse, i Satyr accorciano le distanze tra math prog e mathcore, stili che sono alla base di Totem. L'album è così un tour de force continuamente in bilico tra melodie potenti poggiate su frenetiche complessità strutturali e aggressività improvvisa che si sovrappone generando ancora più caos. Una dinamica che ricorda quella dei Dance Gavin Dance, ma con un piglio molto più tecnico e serioso. Un salto notevole rispetto al precedente Locus.




 
47.Dim Gray
Firmament
Con il secondo album Firmament i Dim Gray continuano a migliorarsi: il loro intento è quello di elevare il rock a musica raffinata ed intellettuale, utilizzando arrangiamenti sontuosi ma allo stesso tempo minimali al fine di trasmettere dei sentimenti tra il malinconico e il maestoso. Per riuscirci i tre norvegesi fanno ricorso al sottile legame tra folk e classica, anche se in questo caso non sarebbe corretto parlare propriamente di chamber rock, in quanto la sensazione trasmessa è quella di una musica a più ampio respiro. Grazie ad arrangiamenti ricercati la band crea suggestioni di paesaggi sonori eleganti e romantici, a tratti con velleità orchestrali, anche se c'è da notare che la prima parte dell'album funziona meglio della seconda, più impostata su toni acustici, dimessi e intimi. In ogni caso il suo ammaliante ibrido di stili non mancherà di colpire molti estimatori di quell'art rock sempre al confine con il prog.



 
46.Secret Gardens
everbloom
Il terzo album dei Secret Gardens, progetto del chitarrista Greg Almeida che questa volta chiama a collaborare il batterista Joseph Arrington (A Lot Like Birds, Sianvar, Royal Coda), è un interessante studio e variante sul tema dello stile che fonde post rock, ambient e prog fusion sulla falsariga del patinato chitarrismo di Plini. "Variante sul tema" perché all'interno di ogni pezzo Almeida mette sul piatto timbri, colori e stili disparati che possono anche cozzare tra di loro, rendendo così lo sviluppo e il relativo punto d'approdo imprevedibile. Il grande apporto ritmico di Arrington (co-autore di quattro tracce) aggiunge un tocco di impagabile dinamismo.



 
45.FES
With Regards from Home
Il trio, guidato dalla cantante/chitarrista Pollyanna Holland-Wing, firma un album math pop di tutto rispetto, gradevole e scorrevole da ascoltare, con molti punti in comune con gli altri gruppi della "math rock wave" inglese come Orchards, Sketchshow, Signals.




 
44.Green Asphalt
Green Asphalt
L'omonimo esordio dei Green Asphalt è guidato da Dan Bornemark, grande fan nonché archivista di nastri e collaboratore dei Gentle Giant, per i quali in passato ha curato raccolte di rarità. Coadiuvato da diversi musicisti, Bornemark pubblica un album ovviamente influenzato dal suono del Gigante Gentile, ma con un senso dell'accessibilità e della melodia più spiccato.



43.Copeland
Revolving Doors
Un "best of" anomalo che per la sua natura può essere incluso nella lista di fine anno. I Copeland hanno infatti deciso di rileggere alcuni dei loro brani in chiave orchestrale e nell'ottica più intimista dell'ultimo periodo di carriera. Sotto questo punto di vista Revolving Doors assume un significato quasi contrario a quello di una normale compilation, che si presuppone dovrebbe avere una funzione introduttiva a del materiale per noi ancora sconosciuto. Per apprezzare meglio l'album si richiede una conoscenza acquisita dell'universo sonoro ed estetico dei Copeland al fine di essere gustato con il giusto spirito, anche se non è obbligatorio. Revolving Doors, nel preservare solo lo scheletro melodico dei brani e trasportarlo su confini lontani dal rock, infonde un alone sentimentale e quieto ancor più accentuato rispetto agli arrangiamenti originali, di modo che ne deriva un ascolto rilassato che ha qualche probabilità e il rischio di non entrare in sintonia con chiunque. Ed ecco perché avere già un'empatia (più che una conoscenza) con il repertorio dei Copeland facilita l'immersione nel mood che il gruppo vuole trasmettere. Anche in questo caso Aaron Marsh e soci si dimostrano arrangiatori di rara sensibilità pronti a valorizzare i dettagli più nascosti per far brillare la natura passionale delle loro canzoni.



 
42.Future Teens
Self Help
Terzo lavoro per i Future Teens che, oltre ad essere finora il loro più maturo, è anche in linea con il trend positivo imboccato quest'anno da molte uscite in ambito emo. I Future Teens si tengono sul filo di altri generi come indie pop e grunge in linea con il revival anni 90. Self Help ha un sound molto americano, dedito a ritornelli non scontati e liriche esistenziali, composto da brani in forma di power ballads, malinconici ma potenti, essenziali ma ben scritti e strutturati.




41.Lonely Robot
A Model Life
Se è vero che non è facile provare a rinnovarsi ad ogni album (oltre che impossibile senza correre dei rischi), è altrettanto plausibile che il fatto di mantenersi costantemente sulla stessa linea stilistica evitando di cadere nella trappola della monotonia e della stanca ripetizione non è certo un'impresa da sottovalutare. John Mitchell sembra non temere tale sfida ed è maestro in questo: dai Kino agli It Bites fino ad arrivare a tutti gli album dei Lonely Robot, compreso il presente A Model Life, è riuscito a creare una propria comfort zone che si estende alle aspettative ripagate da noi ascoltatori, tra le cui peculiarità spiccano un sound distinguibile e un caratteristico metodo compositivo. La grande competenza ed esperienza in campo musicale di Mitchell è parte integrante di una costante qualità che è rimasta invariata ad ogni lavoro. Il suo è un progressive pop ad alto tasso emotivo, sapientemente dosato tra elettronica, assoli memorabili e un gran senso per le progressioni melodiche. Uno dei pochissimi casi in cui la prevedibilità non è un'accezione negativa, confermando che anche in A Model Life sono contenute ottime canzoni e una performance strumentale sempre di gran livello.




 
40.A Will Away
Stew
Gli A Will Away suonano un solare incrocio tra midwest emo e alternative rock. Nel 2017 avevano esordito con Here Again, che consiglio di recuperare, per l'etichetta Triple Crown Records (la stessa di The Dear Hunter, From Indian Lakes, Adjy) e il secondo album Stew prosegue quel mix molto gradevole di indie rock americano. emo con un pizzico di sperimentazione in più che ne costituisce la ciliegina sulla torta.




 
39.Moxy the Band
Dream Feeling
Dopo la dissoluzione degli A Lot Like Birds alcuni dei componenti si sono impegnati in vari progetti (Royal Coda, Gold Necklace). Il fondatore di quel gruppo, il polistrumentista Micheal Franzino, si era dedicato finora a lavori di produzione e da qualche anno a quello che adesso si è rivelato il suo nuovo progetto, i Moxy The Band, formato con la sua fidanzata Amber DeLaRosa e Dryw Owens, con il quale nel 2015 aveva anche prodotto il suo debutto solista alone.. Ovviamente il genere non è più il cervellotico experimental post hardcore degli A Lot Like Birds, ma un levigatissimo e sofisticato synthpop realizzato con un songwriting già esperto e maturo che ne fa immediatamente una delle migliori prove di tutto il filone retro nostalgia anni 80.




 
38.Astronoid
Radiant Bloom
Così come il primo album Air apportava una boccata d'aria fresca per il genere metal, inteso nell'accezione più ampia possibile di tutte le sue sottovarianti, il secondo omonimo segnava un po' il passo, come a certificare un prematuro logoramento della formula. Con Radiant Bloom gli Astronoid sono riusciti a migliorarsi e rigenerarsi rispetto alla preoccupante stagnazione mostrata da Astronoid. Il thrash spaziale inondato da fontane zampillanti rifrazioni elettriche shoegaze e le distintive voci esilmente acute del chitarrista Brett Boland sono ancora qui a darci il benvenuto in un metalgaze che si culla in soavi costellazioni dream pop. In un certo senso però Radiant Bloom ritrova lo slancio dell'esordio, grazie a dinamiche e melodie più incisive, che riescono a schivare il rischio di appiattire e rendere monotono un intero album costruito su assalti di pop thrash con vocine alla Mew. Ciò che emerge da questa ritrovata identità è proprio una presa di coscienza indirizzata verso il senso dell'orecchiabilità pop che in questa sede viene accentuata e che va ad impattare come un'onda d'urto. Detto con molta semplicità, la differenza di cui si fa carico Radiant Bloom è quella di emanare luce per trasformarla in tanti colori, come fa il prisma. Nel loro insieme i primi due album avevano delle prerogative tendenti al plumbeo, Radiant Bloom invece a livello musicale è l'album più solare e vivace della band, anche se ciò non vale a dire che sia il migliore dei tre, ma rimane comunque un'affermazione di intenti molto convincente.




 
37.Daniel Rossen
You Belong There
Considerando il suo passato come membro dei Grizzly Bear, il primo album da solista di Daniel Rossen ne costituisce non tanto una continuazione declinata su larga scala, ma un esatto step successivo speculare, rivolto ad una visione ampliata del concetto chamber folk. Se nei migliori lavori del suo gruppo di origine si percepiva un attaccamento al retaggio della tradizione americana rivisitata in chiave indie rock hipster del nuovo millennio - un po' in continuità con quanto fatto dal Sufjan Stevens del periodo Illinois o dal carattere rurale dei Fleet Foxes -, You Beleng There si presenta invece come un complesso e tortuoso viaggio nella ricerca di elevare la canzone folk-tradizionale al livello di una suite da camera. Rossen qui si trasforma in un esecutore di musiche da un lato con un'intenzione ad ampio respiro e dall'altro con un'ispirazione raccolta e meditativa, centrando quel crossover tra folk, baroque pop e post rock che negli ultimi tempi è stato battuto anche da Joanna Newsom, Ryley Walker e da alcuni lavori di Jim O'Rourke. E' ovvio che il ruolo di primaria importanza rivestito dall'arrangiamento lussureggiante è l'essenza stessa dell'album, aumentando quel senso di dinamica multi-tematica che permea lo sviluppo dei brani. Proprio per questo You Beleng There non è un album immediato e di facile assimilazione in alcuni punti, però nel suo insieme possiede un fascino degno di quelle opere intellettuali e sperimentali che ad ogni ascolto regalano sorprese e senso di appagamento.



 
36.Caterpillars
Frontier of the Fallen
Ormai insieme da più di dieci anni, i Caterpillars nei loro album sono riusciti sempre con grande coerenza a pagare tributo ai grandi nomi dell'emo degli anni '90 come Sunny Day Real Estate, Mineral, Penfold. Il quarto album Frontier For The Fallen non è da meno e condensa ancora una volta con efficacia la poetica estetica dell'emo di quei gruppi senza però apparire pedissequa.




 
35.Black Midi
Hellfire
I black midi continuano nella loro fase avant-prog, da una parte approfondendo e amplificando alcuni aspetti di Cavalcade, dall'altra di smorzarne altri. Hellfire consegue con successo il compito di consolidare ancor più chiaramente ed in modo più omogeneo le idee esposte su Cavalcade. L’album offre una maggiore condensazione tematica, in quella che può essere vista come un'apertura alla forma canzone, con il conseguente freno all'autoindulgenza, soprattutto evidente nella prima parte dell'album. Inoltre ci presenta sempre un gruppo teso verso la sperimentazione, ma totalmente assorbito dai propri vezzi e manierismi da istrioni avant-garde e jazz. Se l’album precedente eccedeva in divagazioni in ogni direzione che rendevano il lavoro un caotico calderone, indeciso su quale aspetto approfondire tra math, prog e jazz, su Hellfire il trio si diverte a decostruire il pop swing americano di matrice anni 40-50 e dargli una folle revisione punk jazz per renderlo moderno e fuori controllo. 




34.JYOCHO
しあわせになるから、なろうよ 
(Shiawase ni naru kara, narō yo)
L'ennesimo colpo da maestro del chitarrista Daijiro Nakagawa che in questo secondo album dei JYOCHO si concentra su una modalità elettroacustica per donare ancora più dolcezza e melodia alle sue ballad math pop. In generale tutto l'album è una ricerca del perfetto equilibrio tra memorabilità e tecnica esecutiva dove ogni componente gioca la propria parte di grande strumentista.




 
33.Sweet Pill
Where the Heart Is
Formazione giovane, sia come età dei componenti sia a livello di nascita. Where the Heart Is è infatti l'esordio degli Sweet Pill, caratterizzato da una forte energia e dall'irruenza liberatoria giovanile trasposte in musica da contrappunti e fraseggi chitarristici ripresi tanto dall'emo quanto mutuati dal math rock e in poco più di ventotto minuti mettono a segno una serie di brevi ragnatele d'impressionismo su musica. Nella loro brevità essenziale le canzoni che compongono Where the Heart Is sono abbastanza interessanti da uscire dalle strutture omologate del pop punk grazie all'ormai consolidata adozione di canoni math rock, utilizzati per costruire tensioni e dinamiche che rendono avventurosi anche i pezzi di pochi minuti.




 
32.Like Lovers
SYNTAX
Uno dei più stimolanti progetti art pop venuti fuori di recente è quello messo in piedi da Jan Kerscher che, con il moniker Like Lovers, tre anni fa ha realizzato un piccolo gioiello indipendente dal titolo Everything All The Time Forever. SYNTAX appare un'opera più eterogenea e sfaccettata rispetto al primo album. L'intensità con la quale sono scritti e interpretati i pezzi rimane la stessa, ma questa volta le architetture sonore risultano più ricche, l'elettronica ha modo di sviscerare svolte e soluzioni sonore più ricercate e lo studio impeccabile del pop sembra inserirsi idealmente nel medesimo piano della sfera intellettuale e adulta di Peter Gabriel. SYNTAX non fa che confermare Kerscher come autore dotato di grande sensibilità melodica e un sapiente alchimista di ingredienti elettronici e acustici.





 
31.A Notion of Silence
Nomad
Progetto guidato dal chitarrista Austin Klinger insieme ai membri dei Lines in the Sky ed è reduce da un solido esordio prog metal con l'album Dynamo del 2018. Nomad ripropone con successo quella formula ad alto tasso melodico con qualche ammiccamento al djent e un inaspettato quanto brutale utilizzo di parti estreme di growl, questa volta più accentuate rispetto all'esordio, che vanno ad infrangersi come un'onda anomala nell'equilibrio delle buone intuizioni melodiche.



 
30.Fleshwater
We're Not Here to Be Loved
Band composta per tre quarti da membri dei Vein.fm ai quali si aggiunge la cantante Marisa Sharir, già con un demo preventivo all'album We're Not Here to Be Loved i Fleshwater avevano creato abbastanza attesa per quel suo riportare a galla alcune peculiarità dell'hardcore anni '90. Il debutto si spinge anche oltre, cavalcando l'attuale riscoperta dello shoegaze contaminato da metal, grunge e punk. We're Not Here to Be Loved è comunque molto sensibile nello smorzare gli attacchi più abrasivi compensandoli con linee di alternative rock orecchiabile.




29.Animals As Leaders
Parrhesia
Con gli Animals as Leaders ho un rapporto altalenante. I primi due album mi avevano affascinato, ma non abbastanza da farmi impazzire e, a lungo andare, li ho trovati troppo macchinosi e freddi. Al contrario, tanto avevo apprezzato The Joy of Motion quanto mi ha deluso The Madness of Many, ma Parrhesia mi ha di nuovo convinto. Mi è sembrato un buon compromesso tra i sentimenti divisivi che provo per questa band: presenta pezzi djent ultra tecnici, a tratti spettacolari, che non si limitano ad esporre temi drenati da qualsiasi estetismo, ma portano a galla una scrittura dinamicamente più incisiva.




 
28.Anxious
Little Green House
L'esordio degli Anxious Little Green House è un piccolo gioiello emocore che colora la sua malinconia con la propulsione del power pop, usufruendo del potenziale che ne comporta: polifonie vocali, chorus orecchiabili ed energia pura sprigionata da ogni traccia. Praticamente è già diventato un classico all'interno del suo genere.




 
27.A.M. Overcast
A.M. Overcast
Questa volta ad Alex Litinsky ci sono voluti cinque anni per tornare al suo progetto A.M. Overcast dopo il sempre ottimo Drown to You. Complice forse anche il suo impegno nei Miles Paralysis in coppia con Jon Markson (Such Gold, Taking Meds) che ha messo in pausa la creazione del nono album, quest'ultimo deve essere visto come una nuova partenza o rinascita visto il titolo omonimo. Eppure la sostanza e la formula rimangono quelle costanti e ormai collaudate che hanno reso il progetto di Litinsky così speciale ed irresistibile (almeno per il sottoscritto), anche se questa volta emerge con maggiore intensità un'attitudine allo stile di Rob Crow. Le canzoni come durata oscillano tra il corto e il brevissimo, ritrovando quel gusto eclettico nel passare nel giro di pochi secondi dal midwest emo al pop punk, dal math rock all'indie rock.




 
26.Fox Lake
Repose
L'album Repose è il risultato di sessioni di scrittura non consecutive, spezzate temporalmente per ovvie ragioni dalla pandemia. Rappresenta l'esordio dei Fox Lake, attiva comunque da alcuni anni, e consegue un gran balzo in avanti a livello di maturità e consapevolezza nella direzione intrapresa, certificando i Fox Lake maestri del math rock/emo che si spende in coinvolgenti evoluzioni strumentali e memorabili linee vocali che, in termini di polifonie, ricalcano il modello midwest emo dove talvolta la seconda voce sfiora lo scream. L'interplay tra chitarre è altrettanto efficace nel controbilanciare la dolcezza degli arpeggi e la ruvidità dei riff, così come la sezione ritmica appare solida nello spezzare e cambiare le dinamiche. Per i Fox Lake l'immersione nel genere è così ben orchestrata che, se non sapessimo la loro provenienza canadese, li si potrebbe pensare originari dell'Illinois.



 
25.Mad Fellaz
Road to Planet Cyrcus
I veneti Mad Fellaz sono arrivati con Road to Planet Cyrcus al quarto album in studio, attraversando in passato anche qualche importante cambio di line-up, un aspetto che si aggiunge ai fattori che hanno permesso al gruppo di cambiare direzione ad ogni uscita, pur mantenendo un'identità prog devota al sound americano di generi come jazz, soul e blues, declinandoli ogni volta a loro piacere. Road to Planet Cyrcus presenta di nuovo questi elementi, ma ancora una volta plasmati sotto un aspetto rinnovato e ciò sottolinea la versatilità compositiva e d'interpretazione della band. Se in passato ai Mad Fellaz piaceva dilungarsi in jam strumentali che mettevano in risalto le loro doti di strumentisti, Road to Planet Cyrcus guarda ad un'altra prospettiva, concentrandosi su brani dalla durata più breve che in questo caso permettono al gruppo di mostrare il valore anche come arrangiatori attenti ai dettagli e dispiegare le proprie abilità nell'insieme sonoro. Tale particolare si riflette nella volontà di far apparire ognuna delle undici tracce presente nell'album come una variegata panoramica di stili, quasi per mettere alla prova le competenze e la versatilità di ognuno. La scrittura è stimolante e la resa che i Mad Fellaz ne tirano fuori è coinvolgente. Molto avvezzi alle suite e a lasciarsi ampi spazi strumentali nei primi tre album, la cosa non ha impedito ai Mad Fellaz di divertirsi altrettanto con il "formato canzone", disseminando i brani di digressioni che gli hanno permesso di inserire frammenti di una varietà di stili, oltre a quelli già citati, che vanno dalla musica sudamericana all'afro-beat, dall'a-cappella alla fusion, dal Canterbury sound alla world music. In definitiva un album da ascoltare e riascoltare senza annoiarsi, forse il migliore e più personale lavoro del gruppo.



 
24.Wippy Bonstack
22
Impegnato su diversi fronti prog (Sun Colored Chair, Wyxz, In-Dreamview), il giovane polistrumentista Ben Coniguliaro (la sua età corrisponde al titolo dell'album), riprende il moniker Wippy Bonstack con il quale l'anno scorso ci aveva deliziato con la magnum opus Dataland e prova a cimentarsi in un'ambito più pop. Il disimpegno è comunque solo apparente, poiché Coniguliaro dissemina le varie tracce con gustose varianti prog, melodie canterburiane e sussulti fusion. Un talento precoce di grande valore.



 
23.Hakanai
Decreation
Nati come un progetto del polistrumentista Matt Lombardi, negli anni gli Hakanai si sono evoluti come band permettendo la realizzazione di Decreation, un gigantesco doppio album che spazia e approfondisce il sound del gruppo. Partiti con un math rock da camera, minimale e malinconico, Decreation è il culmine di tale percorso espandendosi a dettami emo, prog, post rock e ambient, tutti elementi che più o meno potevano essere rintracciati nel loro passato artistico, ma che finora non erano maturati al punto giusto. Questo doppio album, per la sua stessa mole e per quella dei brani che lo compongono, ha dato modo a Lombardi e soci di sbizzarrirsi nel creare un'opera di confine suggestiva e ambiziosa. Decreation appare così un monumentale viaggio omogeneo immerso dentro una dimensione introversa ma solo in apparenza fragile, capace di slanci solenni e passionali, servendosi di richiami jazz e prog, anche se queste influenze rimangono sempre sullo sfondo però perfettamente presenti ed integrate al sound. Come prima testimonianza sulle capacità d'impasto stilistico degli Hakanai Decreation è un'opera affascinante e profonda, che nella costruzione dei suoi paesaggi sonori non nasconde velleità nei confronti di una musica colta, ad ampio respiro, che ambirebbe ad uno status di classica moderna. In ogni modo è un bell'affresco su quanto ancora può spingersi in avanti la contaminazione tra generi, provando quanto la versatilità del progressive non sia relegabile sempre e solo alla sfera del revival neo sinfonico o all'ambito metal.





22.Lalu
Paint the Sky
Paint the Sky offre una rinnovata visione del gruppo del tastierista che riesce nel miracolo di equilibrare alcune influenze del passato remoto, come Yes, ELP, Kansas, Rush e integrarle con il prog di stampo moderno in linea con l'estetica InsideOut. Insomma, Lalu riesce a pescare e mettere insieme due tra i cliché più ad alto rischio nel prog contemporaneo, che potrebbero farlo apparire derivativo e dimenticabile, ma al contrario ne tira fuori un disco curato sotto ogni aspetto. In breve Paint the Sky mostra non solo una felice vena di scrittura, ma un ancor più ispirato lavoro di arrangiamento che permette ai LALU di addentrarsi in quel territorio minato costituito da formule ben delineate che negli anni sono state impostate da molti gruppi del roster InsideOut e ne esce come un esempio virtuoso di "light prog metal" moderno.



 
21.PreHistoric Animals
The Magical Mystery Machine - Chapter 2
Nel secondo capitolo della loro saga spaziale i PreHistoric Animals consolidano l'ottimo livello conseguito con la prima parte di The Magical Mystery Machine, l'atmosfera e la qualità musicale proseguono in modo saldo e sicuro sulle coordinate impostate nel primo capitolo. Anche se con qualche lieve modifica: se dal lato melodico la band rimane su costanti livelli accessibili, da quello strumentale questa volta offre una sferzata metal più accentuata, puntando su brani carichi di epici passaggi elettrici e fusion. Nella sua totalità, The Magical Mystery Machine (Chapter 2) è una cavalcata senza sosta che ci immerge in un viaggio costantemente teso a trasmetterci la sua idea di grandiosità, utilizzando la memorabilità del prog metal come colonna sonora di un mitico racconto cosmico.




 
20.mmulreso
fate wave
Il chitarrista Ryan Albert Miller è ormai un veterano della sperimentazione in ambito avant-garde
toccando con i suoi vari progetti U SCO, Teton e With Eyes Abstract vette di astrazione free form che di solito si ammassano in un groviglio ai limiti dell'indeterminazione sonora, sfiorando cacofonica e dissonanza. L'ultima sua avventura musicale è il supergruppo mmulreso, messo insieme nel 2019 e formato con il batterista Danny Piechocki (Ahleuchatistas, Terms) e i bassisti Andrew Jones (Julia Holter band, Teton, The Crenshaw) e l'apprezzato Logan Kane (Thumpasaurus). Il primo album di questo combo è fate wave che, rispetto alle precedenti esperienze di Miller, appare leggermente più orientato ad un caos organizzato dal quale emerge, se non una parvenza di direzione formale, qualche traccia di armonia. Il fatto è che l'architettura sonora appare così intricata tanto che ogni strumento si accavalla sull'altro, formando una nebulosa timbrica compatta in perpetuo movimento. Un album affascinante e stimolante al quale però bisogna approcciarsi con il giusto stato d'animo per concentrarsi nell'ascolto e godere appieno della sua complessità.




 
19.Valleyheart
Heal My Head
A far emergere il valore aggiunto dei Valleyheart nella quantità di proposte emo/indie rock è l'attenzione del gruppo per i dettagli sonori, che si traduce in una peculiare tavolozza timbrica sognante e avvolgente. Il secondo album del gruppo, Heal My Head, continua in parte su questa linea e dall'altra cerca nuovi spunti che lo qualificano come un lavoro interlocutorio. In generale i Valleyheart questa volta lasciano parzialmente da parte i sussulti emocore e si lasciano trasportare dalla quiete dell'indie rock. Per trasmettere emozioni i Valleyheart non puntano tanto sul quiet/loud, prerogativa dell'emocore, ma su quella spaziosa tavolozza basata su strati di chitarra nebulosi che già il gruppo aveva perfezionato con Everyone I've Ever Loved, dando al tutto un senso di dreamgaze.



 
 18.iNFiNiEN
Beyond the Veil
Gli iNFiNiEN avevano già dimostrato di essere una delle più interessanti prog band contemporanee con il precedente Light at the Endless Tunnel nel 2016. Adesso con Beyond the Veil non fanno che confermare la riuscita del loro mix tra fusion, world music, psichedelia e pop con un album ancora più prog e articolato.




 
17.In Angles
Cardinal
Gli In Angles nel loro secondo album Cardinal fanno sfoggio di una maturità post hardcore che gli permette di manipolare mathcore e pop punk in un'incessante mutazione di trame e riff frenetici. Ogni secondo è prezioso nell'economia sonora e nello sviluppo dei pezzi non viene lasciato spazio a nessun tipo di pausa, gli In Angles si gettano a capofitto in un continuo tour de force math rock.



 
16.Elder
Innate Passage
Inossidabili e instancabili, gli Elder con l'ennesimo album rimangono tra le eccellenze dello stoner e come al solito da qualche album a questa parte si spingono oltre. La formula adottata dalla band si direbbe ormai sicura e collaudata, sempre più prog, sempre più psichedelia e jam chitarristiche che si spaccano tra il riff roccioso e l'onirico viaggio lisergico. Innate Passage offre altre cinque lunghe peregrinazioni, sviscerate nel consueto stile che, a partire da Lore, negli anni si è perfezionato e congelato in stato di costante eccellenza.



 
15.The Darling Fire
Distortions
Un supergruppo formato da musicisti che hanno già militato nelle band Dashboard Confessional, Shai Hulud, As Friends Rust, The Rocking Horse Winner e Slap Of Reality, i The Darling Fire avevano debuttato nel 2019 col discreto Dark Celebration. Adesso invece il secondo album Distortions si lancia verso territori più definiti e convincenti. Nel plasmare un'atmosfera da soffice melodia metal, il gruppo congiunge lo shoegaze spaziale degli Hum con un dream rock dalle tinte dark ed eteree. Un album ispirato, suggestivo e di sicuro da annoverare tra le cose migliori in ambito shoegaze uscite quest'anno.



 
14.Overgrow
Walls of Mirrors
Gli Overgrow sono l'emanazione del tormentato frontman Jake Ciccotelli. Con i primi tre EP (tutti di alto spessore e di grande impatto emotivo) The House You Made (2018), The Name We Share (2019) e Hear Your Voice Again (2020), Ciccotelli si era dedicato a dettami emo molto vicini a territori che valorizzano le dinamiche quiet/loud e crescendo, simili a gruppi come Valleyheart, Moving Mountains e anche i recenti dim. Con l'album d'esordio Walls of Mirrors tutto ciò si sposta verso una prospettiva atmosferica quasi goth e dreamgaze che, se ad un primo impatto può sembrare allontanarsi dall'emo, in realtà ne coltiva i legami per scoprire appunto altri paesaggi, solo con un idioma musicale differente, simile a quello dei Copeland. L'omogenea aura sonora che caratterizza tutti i brani di Walls of Mirrors li fa sembrare legati l'uno all'altro come fossero parte di una suite uniforme nella quale è bello immergersi.




 
13.Umphrey's McGee
Asking for a Friend
Un ritorno in grande spolvero per i veterani del jam rock, Asking For A Friend dura quasi 60 minuti e contiene la bellezza di 14 tracce e proprio per questo numero elevato che ha permesso di sviscerare una ricchezza di idee e una varietà di riff e groove scritti in stato di grazia, sembra quasi di ascoltare un doppio album senza un attimo di cedimento. Non aspettatevi lunghe jam strumentali o digressioni ed infinite variazioni sul tema, queste cose gli Umphrey’s McGee le riservano per divertirsi dal vivo, un po' come i Phish in studio riescono sempre a trattenersi. Ciò che abbiamo qui è una solida collezione di canzoni rock di matrice americana in formato conciso con assoli di tastiere e chitarre ben progettati e di classe infinita, il tutto leggermente bagnato nelle acque del prog. Il miracolo di Asking For A Friend è che appare come una raccolta di canzoni molto eterogenea e per tutte le occasioni, le si può ascoltare senza dargli particolare attenzione per quella loro carica da rock FM, oppure si possono godere con più calma, apprezzando tutti i sottili ricami melodici e armonici, i gustosi artifici degli arrangiamenti e la perizia con la quale sono eseguite. D'altra parte ci troviamo di fronte ad un gruppo di consumati strumentisti che si sanno muovere in qualsiasi scenario.
 



 
12.CKRAFT
Epic Discordant Vision
Di sicuro impatto sensoriale, il primo album dei francesi CKRAFT, registrato da Jean-Pascal Boffo, chitarrista e figura leggendaria del prog jazz francese, è un crocevia di jazz, djent e prog metal portati all'eccesso del virtuosismo, sia nell'esecuzione sia per come viene amalgamato il tutto. Il titolo Epic Discordant Vision sembra quasi un ammonimento per ciò che ci aspetta, oscillando tra brutali riff djent alla Meshuggah e il minimalismo math prog dei King Crimson, il gruppo guidato dal fisarmonicista e principale compositore Charles Kieny traduce questi stilemi nel linguaggio del jazz e del Rock In Opposition fino a portarlo a confini sonici in cui le spigolosità del metal convivono benissimo con la musica colta.



 
11.Lake Cisco
BRICKS
La prova che è sempre sbagliato fare le liste di fine anno i primi di dicembre. I tedeschi Lake Cisco hanno infatti pubblicato la loro seconda opera BRICKS il 16 dicembre ed è uno dei migliori album prog dell'anno. Nella sua alta qualità artistica, che prende a modello le contaminazioni moderne sulla stessa tipologia di stile alt rock di Agent Fresco, VOLA, The Intersphere e un po' di North Atlantic Oscillation, il lavoro della band si è impegnato anche in un alto proposito extra musicale, ovvero aiutare con i profitti ricavati dai pre-ordini gli abitanti della valle dell'Ahr in Germania (della quale i quattro musicisti sono originari) che nel luglio 2021 è stata colpita da una disastrosa inondazione e da allora la popolazione sta ancora cercando di ricostruire quello che è andato distrutto.



 
10.Vexes
Imagine What We Could Destroy /// If Only Given Time
Con il loro secondo album i Vexes hanno messo sul tavolo tutta la propria ambizione. Quando una band decide di realizzare un doppio album si pensa che il suo intento sia spaziare tra le possibilità e la libertà musicale che questo tipo di ampiezza ti mette a disposizione. Oppure può essere un pretesto per sperimentare quante più direzioni dispone la tua creatività e ispirazione. Imagine What We Could Destroy /// If Only Given Time si limita invece a collezionare una grande mole di canzoni che non si discostano stilisticamente l'una dall'altra e per quasi due ore siamo assorbiti in un monolitico lavoro tutt'altro che eclettico o eterogeneo. Ovviamente la mole estesa dell'album tende ad accentuare tale aspetto e nella lunga distanza può risultare pesante, soprattutto se non si presta molta attenzione al contenuto. Una volta entrati nella formula però, il post metal dei Vexes rivela la sua anima e incasella una serie pezzi memorabili che, presi singolarmente e tolti da un contesto di un'opera così dilatata che li può soffocare, hanno tutto il fascino deflagrante del post hardcore dei Thrice. Un balzo notevole rispetto al primo album.




 
9.Gatherers
"( mutilator. )"
In passato mi è capitato di ascoltare i Gatherers, ma niente di ciò che hanno fatto è paragonabile a " ( mutilator. ) ". Ho conosciuto la band principalmente per tre motivi: 1) erano nella scuderia della Equal Vison Records; 2) sono stati in tour con i Bent Knee (e infatti qui abbiamo come ospite alla voce Courtney Swain nella terza traccia); 3) condividono il nome con una band prog australiana che mi piace molto. Detto questo, finora non ero mai entrato in empatia con l'estetica post hardcore molto aggressiva e cruda del gruppo, però il singolo Black Marigold, che ha anticipato " ( mutilator. ) ", mi ha fatto presagire che qui ci trovavamo di fronte ad una bestia completamente differente... e così è stato. L'album catapulta l'originario post hardcore del gruppo in una dimensione molto più matura e articolata, adesso si può percepire veemenza, tensione e sperimentazione in una modalità che ricorda lo sviluppo di gruppi come Glassjaw, The Felix Culpa, letlive. e At the Drive-In. Era da tanto che non ascoltavo un album post hardcore così emotivamente catartico. Il cantante Rich Weinberger alterna in modo esemplare e repentino i passaggi tra scream e clean, mentre il tessuto strumentale mantiene la crudezza del passato, ma il poderoso muro di suono che crea è di una profondità abissale in continuità con la forte tensione adrenalinica trasmessa dall'insieme.




 
8.Pool Kids
Pool Kids
Con un esordio indipendente risalente al 2018 e lodato anche da Hayley Williams dei Paramore, i Pool Kids tornano con un secondo omonimo album che è un lavoro di gran lunga superiore e ben calibrato nell'applicare all'indie pop elementi di emo e math rock. Le canzoni di Pool Kids, dopo un attento ascolto, risuonano piene di suggestioni sonore godendo di moltissimi abbellimenti e intarsi stratificati che aggiungono una profondità acustica tale da arricchire gli arrangiamenti come una versione deluxe del brano. Per la sua completezza nel mettere assieme con grazia i vari elementi che oggi contaminano il genere è il disco emo dell'anno.




 
7.Their / They're / There
Their / They're / Three
Con un ritorno quasi a sorpresa, l'alfiere del midwest emo Evan Weiss, responsabile della sigla Into It. Over It., pubblica il primo album del suo progetto parallelo Their / They're / There, che mise su insieme a Mike Kinsella nel 2013 in pieno emo revival ed esordì con un EP omonimo. Da quel momento i Their / They're / There furono accantonati e ora risorgono con Jared Karns (degli Hidden Hospitals) alla batteria al posto di Kinsella. Their / They're / Three non solo è una delle migliori pubblicazioni in ambito emo/math rock di quest'anno, ma anche una delle prove più ispirate di Weiss da molto tempo a questa parte. Praticamente non c'è un pezzo fuori posto, poiché l'equilibrio e il mix tra melodie popcore e trame intricate ed inventive si mantiene costantemente su livelli di eccellenza per tutta la sua durata.




 
6.Bubblemath
Turf Ascension
Il materiale di Turf Ascension è stato concepito tra il 2015 e il 2016, quindi anche prima dell'uscita di Edit Peptide, però quello che ci si presenta è un disco dall'impostazione sottilmente differente per chi si aspetta i classici Bubblemath. I brani che lo compongono risultano tutti piuttosto coerenti nel perseguire una linea dettata da una differente prospettiva. In pratica il gruppo ha lasciato sullo sfondo i suoi classici sviluppi frenetici, impostati sul funambolismo e il costante scombussolamento strumentale e strutturale (che, si badi bene, non sono scomparsi, anzi), in favore di soluzioni che privilegiano l'espansione tematica che però preserva le sorprese tipiche della band. Turf Ascension alla fine dei giochi mantiene viva l'essenza Bubblemath, preservando la loro identità e natura, che è quella di spingere sull'avanguardia. Ma anzi questa volta raddoppia e si aggiunge il fattore della variazione intesa come esplorazione di possibilità, accanto all'altra, ormai loro classica cifra stilistica, intesa come costante e frenetica deviazione tortuosa.




5.Extra Life
Secular Works, Vol.2
Dopo 10 anni di pausa, il chitarrista Charlie Looker torna sul suo progetto Extra Life, dando un seguito al primo album. Secular Works, Vol. 2 non solo prosegue con coerenza il percorso degli Extra Life, ma gli infonde una potenza e una vitalità finora sepolte sotto la superficie degli strati di filologia medioevale e dalla veste dark elegiaco-sperimentale. Non che questo album sacrifichi tali elementi in favore di una maggiore intelligibilità, però le composizioni vibrano di una complessità che ribolle in un continuo e convulso groviglio di poliritmie dinamicamente incontrollabili e trame strumentali che si ispessiscono progressivamente in intricate consonanze/dissonanze, il cui confine armonico rimane labile e sottile. Il peculiare cantato di Looker accentua tale sensazione adottando, come consuetudine per questo progetto, un'impostazione da melisma gregoriano, un'epoca dove ancora i saliscendi vocali erano indicati non dalle note ma dai neumi. Anche se Looker non esagera da questo punto di vista, è forse la caratteristica che crea il legame più accentuato con la musica medioevale, che si riverbera e si collega nel possente tessuto strumentale, facendone risaltare le suggestioni da musica antica. In realtà però le tracce di Secular Works, Vol. 2 sono un perfetto crocevia di tradizione riletta e adattata al presente, utilizzando la stessa veemenza dei Tool e l'accademico math rock dei King Crimson spinto all'eccesso. In luce di tali caratteristiche non ci troviamo di fronte ad un album metal, forse l'approccio al materiale denota un'attitudine simile, ma la resa è assolutamente una sovrapposizione di più generi. Secular Works, Vol. 2 risuona così come un riuscito esperimento di post rock e avant-prog calato in atmosfere di tradizioni ancestrali, plumbee e alchemiche, rinvigorite dagli spasmi violenti e geometrici del math rock.



4.Caracara
New Preoccupations
New Preoccupations è un'opera insolita e trasversale per una band che ha le sue radici nell'emo, infatti il disco è talmente eterogeneo da lasciare sullo sfondo questa prerogativa. I Caracara si preoccupano più di dare personalità all'atmosfera di ogni brano e un'identità agli strumenti, piuttosto che optare per canzoni galvanizzanti che proseguano sulla scia del singolo Hyacinth. Una scelta non scontata che va ad abbracciare la parte più sensibile e meditabonda del midwest emo e del post hardcore.




3.The Grievance Club
JOYMAYKR
Dopo molti anni sulla scena e qualche EP, i The Grievance Club pubblicano il loro primo album JOYMAYKR, una prova matura vicina a latitudini emo/pop punk, ma con un'attitudine a cambiare le carte in tavola all'interno della struttura formale dei pezzi, impegnati nel loro frenetico gioco di chitarre, simile alle trame in costante movimento di Damiera e A.M. Overcast, rivelandosi un album pieno di idee e invenzioni che non cedono mai alla noia. In questo JOYMAYKR è una bomba al fulmicotone che non ha un attimo di cedimento tra melodie memorabili e riff incantevoli.



2.The Dear Hunter
Antimai
Antimai più che un concept album è un gigantesco "world building" introduttivo, che ci descrive i vari settori / compartimenti / distretti o più semplicemente "anelli" nei quali Antimai è suddiviso. Ognuna delle otto tracce dell'album è dedicata ad un anello e il suo compito è di descriverci: come è organizzato socialmente e culturalmente, il tipo di cittadini che lo abitano, il loro modo di vivere e soprattutto farci conoscere la funzione religiosa che assume il culto dell'Indigo Child. Ma a questo punto arrivano le sorprese perché i The Dear Hunter si reinventano anche musicalmente, rimanendo di base prog, ma immergendo il genere in un contesto funk, R&B e fusion, dando un importante spazio alla sezione fiati (sassofoni e trombe) che è come fosse parte integrante della band. L'album in realtà vive immerso in una moltitudine di colori e timbri sonori che vanno a rispecchiare la sua natura episodica, dando ad ogni brano la propria identità. Antimai è tutto quello che ci si potrebbe aspettare dai The Dear Hunter e anche di più, mostrando ancora una volta l’eclettismo del gruppo nella maestria dell'arrangiamento che usufruisce di una gamma strumentale così ampia e densa da renderlo un corollario di studio per composizione musicale. In tale prospettiva si ricollega leggermente al concept da "esplorazione di generi" che fu The Color Spectrum.




 
1.Peregrine
The Awful Things We've Done
I peregrine sono ancora un nome poco conosciuto, ma dopo il solido esordio con As One Would Exist Within the Crescendo il nuovo the awful things we've done li conferma come quanto di meglio possa offrire l'attuale scena post hardcore/emo. Rimanendo fedeli ad un'estetica che accoglie a tratti la rabbia degli At the Drive-In più maturi e le evoluzioni dinamico/melodiche dei Sunny Day Real Estate e dei Brand New, i peregrine ne approfittano per approfondirle e dipanare la tensione crescente che mette in atto la ricerca di una melodrammatica esplorazione emotiva. Ne esce fuori un album che rasenta la perfezione, oltre che avere tutte le carte in regola per essere considerato un nuovo classico del genere, tra sperimentazione che espande i limiti della forma canzone e catartiche esplosioni melodico/dissonanti.

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