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lunedì 22 ottobre 2018

Matt Calvert prima di Matt Calvert - The Heritage Orchestra e Evil Ex


Dato che sono rimasto colpito, ammirato (e chi più ne ha più ne metta) dall'abilità di Matt Calvert sia come esecutore che come compositore, dopo aver assimilato il suo ultimo recentissimo album Typewritten, ho deciso di andare a ritroso nella sua carriera di musicista e non ho potuto fare a meno di scoprire altre perle. Noto principalmente per essere il chitarrista dei Three Trapped Tigers e dei più recenti Strobes, Calvert ha mosso i primi passi con la The Heritage Orchestra, un collettivo di musicisti a formazione aperta, del quale fa ancora parte, il cui numero di elementi può variare a seconda delle occasioni. Come orchestra di impostazione classica, ha la particolarità di incorporare elementi e influssi moderni di popular music come soul, funk, jazz e l'album omonimo del 2006 rimane probabilmente il più rappresentativo per capire le sfumature che convergono nella Heritage Orchestra, in quanto è compilato da materiale originale e non da rivisitazioni come su quelli successivi. Calvert compare in veste di autore e co-autore di due esecuzioni straordinarie come D'Lin e Sky Breaks rispettivamente, prestando anche la sua chitarra per uno splendido solo in quest'ultima.




Il 2011 vede poi il vero e proprio esordio solista di Calvert con Bygones sotto lo pseudonimo di Evil Ex, dove fa tutto lui accompagnato solamente dalla batteria di Adam Betts, suo futuro compagno nei Three Trapped Tigers. Futuro perché, anche se Bygones è stato pubblicato nel 2011, la sua registrazione risale in realtà al 2007, quando ancora i TTT dovevano ancora realizzare il loro primo EP uscito nel 2008. Qui troviamo un Calvert sempre e(c)lettrico e in vena di decostruzioni avant-grade, ma ancora solo in avvicinamento al devastante sound IDM math rock del suo trio. Tra una rivisitazione elettro-minimale di D'Lin, quadri noise accostati a crescendo inesorabili e improvvisi assalti metallici il risultato è altrettanto epico, ma con un vezzo compositivo forse più vicino spiritualmente ai canoni e moduli della colta contemporanea che non al prog rock, facendone così un perfetto preludio elettrico speculare alla via acustica mostrata su Typewritten.



www.mattcalvert.co.uk

venerdì 2 dicembre 2016

Strobes - Brokespeak (2016)


Uno degli album electro-math-rock più lodati dell'anno (e a ragione) è stato Silent Earthling dei Three Trapped Tigers. Ora, cosa succede se prendiamo il loro chitarrista Matt Calvert e lo poniamo in uno studio insieme al batterista Joshua Blackmore dei Troyka e al tastierista e produttore Dan Nicholls? Probabilmente qualcosa di eccellente. E così è stato con la nascita degli Strobes che, con il loro esordio Brokespeak, rischiano veramente si superare quanto già di buono prodotto dalle proprie band individuali, grazie ad un incremento di complessità formale e una sperimentazione che si spinge oltre i canoni della nostra "comfort zone". Il tutto però viene realizzato dal trio con genialità senza andare a parare in astruse cacofonie, fredda avanguardia intellettuale o dissonanze poliritmiche. In effetti gli Strobes hanno in mente delle melodie ben precise, ma le dissezionano e le deformano con i canoni cubisti del math rock fino a renderle irriconoscibili con l'utilizzo eterogeneo, ma amalgamato in modo naturale, di minimalismo post rock, frammenti di glitch music, solismi jazz, divagazioni prog.

Se in passato questi elementi di elettronica e math rock sono stati singolarmente esaltati a vicenda da altre band dell'ambiente, ora gli Strobes marchiano a fuoco una fusion futurista che sposa un'integrazione equilibrata in ogni sfumatura, nel segno della contaminazione. Nelle note che si confondono tra i beat convulsi e nelle battute che si aggrovigliano nella melodia, i tre musicisti sembrano piegare il tempo e lo spazio (World GB) e, se proprio vogliamo tirare in ballo esemplari sonori, sappiate che, sì, c'è il funk jazz degli Snarky Puppy (Winder), c'è il dub dei De Facto (BRKSPK), ci sono i groove trance dei Jaga Jazzist (OK Please), la psichedelia che si ripiega su se stessa (Kiksin) e l'IDM di Flying Lotus (Guns, Germs and Steel), ma è tutto così ben personalizzato, trascinante e naturale che gli va riconosciuto lo status di unicità. Quindi, senza andare a disturbare paragoni ingiusti, togliamoci dall'impiccio e diciamo trionfalmente che Brokespeak, ammesso che siate prima di tutto dentro al math rock bastardizzato di derivazione Battles e poi all'elettronica sperimentale di Tyondai Braxton, è un album fantastico e imperdibile, a tratti spettacolare.





www.facebook.com/strobesband