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venerdì 23 luglio 2021

A Formal Horse - Meat Mallet (2021)

Due anni dopo l'esaltante debutto con Here Comes A Man From The Council With A Flamethrower, il quartetto inglese A Formal Horse si presenta per la conferma con la seconda prova Meat Mallet. In sostanza l'album prosegue su quelle coordinate, provando ad approfondire il formato canzone attraverso brani che si permettono un'esplorazione più ampia delle dinamiche e delle variazioni lasciando più spazio alla durata. In più, se Here Comes A Man From The Council With A Flamethrower manteneva maggiormente le sembianze di un lavoro omogeneo grazie ad uno stretto legame tra una traccia e l'altra, su Meat Mallet si percepisce una più marcata differenziazione tra i vari brani.

L'aperutra con This One's Just a Warning pone un nuovo livello di metal per gli A Formal Horse, per lo più strumentale e con solo qualche sporadico intervento vocale di Hayley McDonnell, il brano prende di petto riff molto aggressivi che sfiorano addirittura il djent. Alla seconda traccia You've Got a Billion and I've Got a Half, la formula appare più chiara: la band pilota un complicato tessuto strumentale formato da tribali e meccaniche ritmiche math rock, insormontabili barriere elettriche alla King Crimson (periodo 73-74) e la McDonnell che declama un testo breve per lo più formato da frasi reiterate. 
 
Ovviamente non è sempre così, però è chiaro più che in ogni altro gruppo come gli A Formal Horse compongano a due compartimenti distinti, privilegiando la parte strumentale per poi completarla con linee vocali che a quel punto si integrano con abilità, come un innesto, nella elaborata trama sonora. Il sound risulta talvolta oppressivo e altre frenetico, dove la chitarra di Benjamin Short si divide equamente verso distorsioni aspre ed avvolgenti, interpolate ad arpeggi clean alla Robert Fripp che attenuano l'atmosfera cupa. La sezione ritmica con Russell Mann (basso) e Mike Stringfellow (batteria) è altrettanto potente nel donare slancio e sostegno ai riff primordiali e geometrici. Il gruppo rimane quindi solido e sicuro della propria tecnica e di conseguenza Meat Mallet più che un passo avanti è una valida appendice al primo lavoro.
 

venerdì 22 novembre 2019

A Formal Horse - Here Comes A Man From The Council With A Flamethrower (2019)


Abbiamo dovuto aspettare quasi sei anni per il debutto full length degli inglesi A Formal Horse, ma ne è sicuramente valsa la pena. Here Comes A Man From The Council With A Flamethrower viene finalmente pubblicato dopo tre ottimi EP di avant prog che Russell Mann (basso), Benjamin Short (chitarra) e Mike Stringfellow (batteria) avevano registrato tra il 2014 e il 2017, prima con la cantante Francesca Lewis ed in seguito con Hayley McDonnell, che poi è l'attuale voce del gruppo. L'album non solo ha il pregio di esporre e sintetizzare quanto gli A Formal Horse avevano sinora raggiunto artisticamente con i tre EP, ma aggiunge una nuova maturità espressiva al loro repertorio che, per le inconsuete partiture art rock, si attesta in una zona privilegiata in continuità a gruppi interessanti e originali come MoeTar e Bent Knee, aggiungendovi un pizzico di abrasività crimsoniana.

Nonostante le sedici tracce Here Comes A Man From The Council With A Flamethrower è un lavoro che rientra in una durata contenuta di circa 45 minuti e anche i brani al suo interno sono studiati in base a questa prospettiva. Piccoli pezzi, alcune volte delle miniature, unite dallo stesso mood elettrico, che molto spesso sembrano confluire l'uno nell'altro per completarsi a vicenda. E' consigliabile quindi ascoltare il disco nella sua interezza e senza interruzioni, per assaporare al meglio la coerenza con cui la band è in grado di declinare la propria formula senza mai cedere il passo alla noia.

Il suond ritmicamente ed esteticamente si rivolge al math rock, sia per quanto riguarda basso e batteria sia per i riff e i groove spigolosi tessuti dalla chitarra. In questo caso vale la pena ricordare che gli A Formal Horse nascono quasi più che altro come piccolo ensemble strumentale, facendo sfoggio delle proprie abilità che prendono idee tanto dal rock quanto dalla classica contemporanea. Il contributo vocale della bravissima McDonnell non è altro che la ciliegina sulla torta in un disco dalle qualità ineccepibili. Tutto il prog moderno avrebbe bisogno di più band come gli A Formal Horse per mantenere gli standard qualitativi del genere sopra la media.

sabato 14 marzo 2015

A Formal Horse - Morning Jigsaw EP (2015)

 
A meno di un anno di distanza dal primo omonimo EP, gli A Formal Horse propongono un'altra breve collezione di cinque brani con Morning Jigsaw che continua su quella scia di poderoso math rock progressivo con riff e ritmi intricati che sfiorano il metal, passando per i King Crimson, come è chiaro negli ampi passaggi strumentali. Ma al trio basso, batteria e chitarra vi è aggiunta la soave voce di Francesca Lewis quasi come elemento inatteso e che si contrappone alla durezza della musica con un tono delicato, portando un tocco di melodia al quadro generale.



www.aformalhorse.com

venerdì 18 luglio 2014

Altprogcore July discoveries (part 2)

Apriamo la seconda parte di nuove proposte musicali presentandovi due validissime band provenienti da Boston, entrambe uscite da quella fabbrica di talenti che è il Berklee College of Music. I Bent Knee sono una strana creatura, non propriamente Prog, ma piuttosto art rock nella sua accezione più vasta. Nel loro sound vi sono racchiusi alternative, folk, elettronica, avant-rock e pop rock sperimentale, se tutto ciò può avere senso. Le loro canzoni costruiscono pathos con pazienza, partendo in maniera sommessa e arrivando al climax, più che a un chorus, lentamente, oppure esplodendo improvvisamente. Una personalissima impressione me li farebbe definire come la Dave Matthews Band che incontra gli Sleepytime Gorilla Museum mentre suonano pop. Shiny Eyed Babies è in uscita a novembre.






Il secondo gruppo è molto diverso. Diciamo che i Mals Totem cercano di portare l'hard rock in territori progressivi con ritmiche elaborate, cambi di atmosfera e aggiungendo accanto ai soliti riff progressioni armoniche fusion. Ad ogni modo, di fondo, il loro EP è una bordata di energia supportata anche dal talento del cantante Dave Vives, che ha veramente una voce notevole (ascoltatevi Mastless) e lo potete controllare voi stessi in questa cover di Whole Lotta Love eseguita dal vivo di fronte nientemeno che a Jimmy Page in persona. Ad una prima impressione mi hanno fatto venire in mente una versione prog jazz degli Extreme, ma dentro si sentono le influenze e l'estro dei SuperVolcano, un'altra band, guarda caso, di Boston segnalata qualche tempo fa in questo blog.




Ho conosciuto gli Stepfriends tramite la carinissima etichetta Intheclouds Records, che pubblica esclusivamente vinili con artwork artigianali fantastici, che ha messo sotto contratto il gruppo e dovrebbe far uscire All We've Got entro la fine del mese. Dalle poche canzoni ascoltate in preview (alcune le potete trovare anche qui), All We've Got dovrebbe essere un gran disco. Sonorità che ricordano il midwest emo degli Into It. Over It. si fondono con il prog altrenativo dei Circa Survive.




Ho scoperto i The Mercury Tree grazie ad una segnalazione del blog AllMediaReviews e devo dire che sono rimasto impressionato da queste due tracce, soprattutto la seconda Secret a Matrix. Il prog rock di questa band possiede un approccio alla materia altrettanto peculiare come quello proposto dai Bubblemath e da Mike Keneally. Oltre a questo split EP (condiviso con i Red Forman), andando a ritroso, ho provato ad ascoltare l'album Freeze in Fanthom Form del 2012, ma non ha avuto lo stesso impatto. Comunque i The Mercury Tree hanno un album in uscita previsto per la fine di agosto. Vedremo se manterranno l'ispirazione.




Gli A Formal Horse sono un quartetto di Southapton che divide equamente i brani tra parti strumentali e cantate (dalla fronwoman di Francesca Lewis). Il progressive rock suonato dal gruppo è da loro stesso definito vicino alle atmosfere di King Crimson e Mahavishnu Orchestra e, in effetti, l'interplay tra la chitarra e la sezione ritmica fa proprio pensare ai primi. La voce della Lewis aggiunge un tocco di dolcezza che mi ricorda il prog rock canterburiano dei Thieves' Kitchen.