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sabato 28 gennaio 2023

Kill Iconic Fest: la trasversalità del progressive hardcore


Lo scorso 8 gennaio si è tenuto ad Anheim il Kill Iconic Fest sul quale vale la pena soffermarsi un attimo per la particolare line-up che ha portato in scena una sintesi indicativa della piega che ha preso una frangia appartenente al progressive hardcore. Innanzi tutto, come nasce il Kill Iconic Fest? Il festival è stato l'emanazione della Kill Iconic Records, etichetta fondata e gestita a partire dal gennaio 2021 (inizialmente sotto forma di magazine) da Donovan Melero degli Hail the Sun e il manager Sinjin Ayat con lo scopo di promuovere la scena alternativa post hardcore americana, mettendo finora sotto contratto le band Satyr, Gold Necklace, VIS e altri. Andando ad ascoltare la musica di questi artisti si capisce che il confine con altri stili musicali è molto labile, partendo dall'estremo experimental post hardcore dei Satyr fino ad arrivare al math pop infuso di R&B dei Gold Necklace.

Il Kill Iconic Fest non ha fatto altro che estendere tale concetto andando a mettere assieme artisti provenienti da altre etichette, ma tutti collegati ad un passato comune all'interno dell'universo progressive hardcore. Il billboard stesso del festival posiziona i nomi dei protagonisti quasi in modo evolutivo, un'esplicativa sintesi dello sviluppo in versatilità che, dal primario post hardcore, ha portato il pop mainstream a contaminarsi con forme math rock, R&B, dance e persino hip hop.

Partendo in primis dai redivivi e leggendari The Sound of Animals Fighting, formati da membri di RX Bandits, Chiodos e Circa Survive, tornati insieme da poco con l'EP Apeshit e che fecero della loro imprevedibile e audace connessione tra generi sperimentali un fine artistico.

 

Poi si passa ai The Fall of Troy, storico gruppo che quest'anno celebrerà in tour i venti anni del primo omonimo album e la cui influenza seminale per la nascita e sviluppo del prog hardcore non è mai troppo ricordata. Un disco come Doppelgänger nel 2005 era già molto avanti a ciò che si ascoltava in quel periodo in ambito post hardcore.


I successivi Hail the Sun sono stati proprio tra i beneficiari delle influenze di The Fall of Troy, Circa Survive e Coheed and Cambria e, con il progressivo cambio di traiettoria di queste band, sono diventati un punto di riferimento per chi ricerca un metaforico "fermo immagine sonoro" del caratteristico sound math hardcore.

Tra il ritorno di altre due storiche firme come Sparta e Scary Kids Scaring Kids si passa al math rock degli Strawberry Girls e alle nuove leve Body Thief, che si ispirano ai Circa Survive, e al pop multicolorato di Andrés che include i più disparati crossover stilistici. E infine, tra le cose che sembrano allontanarsi di più da tutto ciò che le hanno precedute, ci sono i Glod Necklace guidati in realtà da tre veterani del math post hardcore come il cantante Kurt Travis che ha militato nei Dance Gavin Dance e negli A Lot Like Birds, il chitarrista Brendon Ewing dei Chon e il batterista Joseph Arrington anch'egli ex A Lot Like Birds. Infine una menzione d'obbligo va a colui che fondò questa band, Michael Franzino, il quale è invece presente con la sua ultima creatura, i Moxy the Band (il loro primo album Dream Feeling è uno degli highlight del 2022), trio synthpop messo insieme con la sua ragazza Amber De La Rosa alla voce e che suonano quanto di più lontano al progressive post hardcore, a riprova della versatilità e dell'evoluzione che ha subito il genere.

sabato 28 maggio 2022

Notes from the Edge of the Week #2

  • C'è questo album che probabilmente avrete sentito nominare, visto che è uscito da un po', Solace è la prima opera degli Held by Trees, un collettivo guidato dal musicista David Joseph che, non solo resuscita le sonorità ambiente/post rock dei due leggendari album dei Talk Talk Spirit Of Eden e Laughing Stock, ma va a pescare un legame diretto da quel lascito grazie al coinvolgimento di musicisti associati a quel gruppo (pure il responsabile dell'artwork James Marsh) e all'unico album da solista Mark Hollis che ne riprendeva le peculiarità. Oltre ai titolari chiamati da Joseph che includono Tim Renwick (Pink Floyd, Al Stewart), David Knopfler (Dire Straits) e Eric Bibb, si aggiungono Robbie McIntosh, Martin Ditcham, Simon Edwards, Lawrence Pendrous e Andy Panayi. Solace riprende anche i principi compositivi di quegli album, basandosi sull'improvvisazione e su progressioni di accordi scritte da Joseph sulle quali i musicisti hanno aggiunto le proprie "impressioni". La cosa che mi ha colpito è che il tutto funziona, anche tenendo presente che non è affatto semplice ricreare quelle atmosfere e, anche se ci troviamo su territori già battuti, la materia manipolata è così suggestiva da non risultare uno sterile esercizio di stile.

  • Interessante progetto messo insieme nel 2012 da Luigi Varanese, Costantino Mazzoccoli, Emanuele Orsini e Ezio Romano. Gli Earthset, tra dissonanze, noise, minimalismo e post rock, con Bound mettono su disco un viaggio sonico registrato in un'unica sessione così come è inteso venga ascoltato. Alternando dolcezza indie rock a irruenza post punk, Bound mantiene una solida costanza e unitarietà, come prevede il concept, caratteristiche che ne fanno un'immersione tra le pieghe chiaroscure suggerite dai timbri ora aspri ora puliti della strumentazione. L'album, come ci informa la band, ha una valenza multimediale: "non è solo un LP, ma un'unitaria opera d'arte che abbraccia musica, letteratura, fotografia, performance live e arti visive. Il tema centrale, le "relazioni", umane e non, quale base su cui poggia l'esistenza, , è la chiave di lettura dell'intero progetto e della scelta di registrare il disco dal vivo, in un'unica sessione senza a soluzione di continuità. Ogni canzone è collegata alla precedente ed alla successiva, ogni brano ha il proprio video che, unitamente agli altri, andrà a comporre un'unica narrazione audiovisiva."

  • Questi alt. erano l'unico nome che non conoscevo nel cartellone di questa serata pazzesca che vede importanti nomi del prog australiano in concerto. Ovviamente il loro relativo anonimato è dato dal fatto che sono esordienti avendo pubblicato l'EP Dysfunctional nel 2020. Incuriosito dall'abbinamento quindi gli ho dato un ascolto e la reazione è stata tra il piacevole e il cringe. Gli alt. partono da un post metal molto incline all'accessibilità, sulla linea dei Dead Letter Circus, giusto per citare un'altra band australiana. Solo che quando la parte electro pop inizia a prevalere gli alt. sconfinano pericolosamente nel kitsch del nu metal.

  • Dopo la dissoluzione degli A Lot Like Birds alcuni dei componenti si sono impegnati in vari progetti (Royal Coda, Gold Necklace). Il fondatore di quel gruppo, il polistrumentista Micheal Franzino, si era dedicato finora a lavori di produzione e da qualche anno a quello che adesso si è rivelato il suo nuovo progetto, i Moxy The Band, formato con la sua fidanzata Amber DeLaRosa e Dryw Owens, con il quale nel 2015 aveva anche prodotto il suo debutto solista alone. The Cost è il primo singolo ad essere reso noto dal trio e nell'album di prossima pubblicazione tra gli ospiti ci saranno Yvette Young (violino) e un altro ex ALLB: Joseph Arrington alla batteria. Ovviamente il genere non è più il cervellotico experimental post hardcore degli ALLB, ma un levigatissimo e sofisticato synthpop abbastanza ben realizzato da accendere la curiosità per il resto.

  • Rimanendo in tema, il batterista Joseph Arrington ha preso parte al terzo album dei Secret Gardens, progetto del chitarrista Greg Almeida. Everbloom è un interessante studio e variante sul tema dello stile che fonde post rock, ambient e prog fusion sulla falsariga del patinato chitarrismo di Plini. "Variante sul tema" perché all'interno di ogni pezzo Almeida mette sul piatto timbri, colori e stili disparati che possono anche cozzare tra di loro, rendendo così lo sviluppo e il relativo punto d'approdo imprevedibile. Il grande apporto ritmico di Arrington (co-autore di quattro tracce) aggiunge un tocco di impagabile dinamismo ed in più c'è spazio pure per le ospitate di Brandon Ewing (Gold Necklace) alla chitarra su Coastal Cadence e di Andrew Wells (Eidola) alla voce nel brano Sunshower.

lunedì 15 novembre 2021

Gold Necklace - Gold Necklace (2021)

Gold Necklace è l'ennesima emanazione musicale che nasce dall'irrequietezza artistica del cantante Kurt Travis e per questo, visto anche lo stile toccato dall'omonimo album d'esordio, è necessaria una doverosa premessa. Il signor Travis ha passato gli ultimi anni a girovagare tra vari progetti dalla natura stilistica più disparata. Partendo come vocalist di band prog hardcore radicali come Dance Gavin Dance e A Lot Like Birds, si è dedicato in seguito ad una miriade di progetti, anche da solista, dei quali i più rilevanti sono stati i defunti Eternity Forever, durati lo spazio di un solo EP, e i Royal Coda, tutt'ora in attività e fautori di un experimental post hardcore indirizzato su linee meno intransigenti e abbastanza orecchiabili.

Gli Eternity Forever sono stati a loro modo importanti e seminali per determinare una nuova tendenza del math rock, sposandolo con sonorità funky e r'n'b, in un connubio che a me piace chiamare "smooth math", un sottogenere che negli ultimi tempi ha fatto molti proseliti. Questi sono stati un po' il preambolo dei Gold Necklace, che possono essere considerati la versione 2.0 di quel progetto. Solo che questa volta Travis ha fatto le cose più in grande. Oltre a rinnovare il sodalizio con il chitarrista Brandon Ewing, i due non si sono lasciati tentare dai beat elettronici, ma hanno chiamato con loro un batterista gigantesco come Joseph Arrington (A Lot Like Birds, Royal Coda) a suonare e comporre delle parti ritmiche pazzesche, si sono affidati all'etichetta Kill Iconic di Donovan Melero (Hail the Sun) e hanno confezionato un disco dalla raffinatezza e produzione sopraffina.

Gold Necklace, nella sua durata molto breve che sfiora la mezz'ora, è capace di contenere brani che si orientano maggiormente sul versante math pop con forti accenti funk, come Vibe With Me, I Feel It Too e Tootsie Roll, i quali non a caso per la loro immediatezza sono stati scelti come singoli apripista. Già questi pezzi basterebbero per descrivere l'alto livello di scrittura, che vedono un Ewing in stato di grazia impegnato a confezionare dei groove di chitarra fighissimi a getto continuo. Ma addentrandosi oltre si trovano delle vere e inaspettate lezioni di math jazz come Coast to Coast, Just the Right Away e You and Me in Oceanside. Con un altro gioiello come Call Me Back i Gold Necklace riescono a legare in modo sorprendente e non banale tecnica e pop funk.


 

mercoledì 6 novembre 2019

Royal Coda - Compassion (2019)


Nel vortice di band in cui sono stati e sono coinvolti Kurt Travis (voce), Sergio Medina (chitarra), Joseph Arrington (batteria) ai quali si aggiunge Will Swan (chitarra, basso), i Royal Coda rappresentano una delle ultime emanazioni dello swan core. Compassion è il secondo album che arriva (in uscita domani) a circa un anno e mezzo di distanza dall'omonimo esordio, stessa direzione, stessa durata limitata che si attesta sulla mezz'ora e l'immancabile cameo di Donovan Melero alla voce su Don't Stay Long. Inutile forse aggiungere per chi già conosce Stolas, A Lot Like Birds, Hail the Sun, VIS e Sianvar, i Royal Coda possono essere una valida aggiunta alla "family tree" che lega tutte queste band. In particolare il gruppo si spinge maggiormente verso posizioni di emo psichedelico e lisergico, sia negli episodi più irrequieti (All in Question) sia in quelli più riflessivi (The Innocence Of). Le chitarre caleidoscopiche di Swan e Medina aiutano a connettersi con le astrazioni spaziali e ultraterrene, mentre l'elemento dinamico e concreto è coordinato dal grande lavoro di drumming del mai troppo lodato Arrington, veramente uno dei più sottovalutati batteristi della sua generazione.



domenica 18 febbraio 2018

Introducing: Royal Coda


Per un gruppo che nasce uno ne muore. Reduci dalla notizia dello scioglimento degli A Lot Like Birds si segnala la nascita dei Royal Coda. Kurt Travis (ex A Lot Like Birds e Dance Gavin Dance), Sergio Medina (Stolas, Sianvar, Eidola) e Joseph Arrington (A Lot Like Birds, Sianvar) hanno formato quello che si può definire un supergruppo della scena experimental post hardcore contemporanea. Il trio ha appena realizzato il primo singolo Anything to Save che farà parte del primo album di prossima pubblicazione sotto l'etichetta Blue Swan Records.





https://www.facebook.com/RoyalCodaOfficial/

domenica 7 maggio 2017

A Lot Like Birds - DIVISI (2017)


E' arrivato il momento di dare spazio su altprogcore agli A Lot Like Birds, una band che finora avevo solo menzionato di striscio, associandola ad altri act post hardcore come Dance Gavin Dance, Hail the Sun, Stolas, Sianvar. Quindi un po' di storia per chi ancora non è a conoscenza di questa band è quantomeno doverosa, in virtù di un'evoluzione piuttosto singolare: il primo album degli A Lot Like Birds, Plan B (2009), era composto da una formazione allargata, messa in piedi dal chitarrista Michael Franzino con tanto di fiati e archi che, per la maggior parte, collezionava brani strumentali con sporadici e selvaggi interventi vocali. La musica poteva richiamare in maniera abbastanza ingenua tanto il post rock quanto il math rock, entrambi rielaborati in modo da ricavarne un post hardcore sperimentale e orchestrale. Plan B poneva chiaramente in primo piano gli intenti ambiziosi degli A Lot Like Birds che, dopo questo lavoro, si stabilizzarono provvisoriamente come quintetto con Cory Lockwood (voce), Ben Wiacek (chitarra), Joseph Arrington (batteria) e Michael Littlefield (basso).

Non passò molto tempo però che il gruppo accolse tra le proprie fila anche Kurt Travis, cantante dei Dance Gavin Dance, il quale decise di separarsi da questi ultimi per entrare in pianta stabile negli A Lot Like Birds e condividere le parti vocali scream con Cory Lockwood. Conversation Piece (2011) e No Place, uscito nel 2013 per la Equal Vision Records, furono il risultato di tale sodalizio: due lavori capaci di accostare le più avvincenti melodie alle dissonanze più devastanti e aggressive, inquadrando la band tra le realtà più complesse ed estreme nel filone prog hardcore del dopo-Mars Volta. Per arrivare a DIVISI si è dovuti passare dall'abbandono di Littlefield, sostituito da Matt Coate, da un album buon solista di Franzino con lo pseudonimo di alone. dal titolo Somewhere in the Sierras e, infine, a ciò che ha segnato veramente il cambio di rotta stilistico del gruppo. Lavorando infatti al materiale per DIVISI è emerso, da parte degli A Lot Like Birds, la necessità innanzitutto di abbandonare le parti vocali più aggressive che Lockwood condivideva con Travis, alle quali quest'ultimo teneva particolarmente, facendogli quindi decidere di abbandonare i suoi compagni. Le seconde parti vocali sono state affidate a Coate, ma la scelta di basare la quasi totalità dell'album su clean vocals è stata talmente importante che Lockwood ha dovuto iniziare a prendere lezioni di canto, cavandosela piuttosto egregiamente, c'è da aggiungere.

Ma c'è un altro fattore che ai fan della prima ora farà risultare questa transizione a dir poco traumatica. L'album mette da parte completamente quella componente di hardcore sperimentale che faceva leva su violenti e repentini cambi di registro nell'atmosfera e animava gli imprevedibili assalti ritmici e canori. Nonostante ciò, a dire il vero, gli A Lot Like Birds si presentano con grande impatto già dall'artwork, grazie alla misteriosa presenza della bellissima e suggestiva cover ad opera del pittore Marco Mazzoni, ed inoltre scegliendo un titolo dal potente significato drammatico (almeno per noi italiani) che acquista un valore ancor più evocativo nella scelta dei caratteri in caps lock. Sommata a questi fattori la musica contenuta acquista maggior fascino, a riprova che un album molto spesso è una forma d'arte completa: visiva, musicale e letteraria.

DIVISI è un salto stilistico forse ancora più radicale rispetto a quello operato ultimamente, sempre nello stesso fronte, dagli Stolas e si pone quasi come una continuazione del progetto solista di Franzino, alone. Nelle note di For Shelley (Unheard), uno dei brani più riusciti, si ritrovano quelle impronte di alternative atmosferico e leggermente malinconico che portano a contaminare The Sound of Us e Trace the Lines con tracce di emo qua e là. In effetti il primo gruppo di canzoni è presentato in una veste sonica dalle dinamiche emozionali costruite appositamente per far presa sull'aspetto melodrammatico, anche se l'impresa è riuscita solo in parte poiché, escludendo la già citata For Shelley (Unheard) e Atoms in Evening, non c'è un chorus potente abbastanza da penetrare a fondo. Allora molto meglio il secondo blocco di canzoni, dove tali finalità non sono rilevanti alla riuscita del pezzo, ma gli A Lot Like Birds si concentrano piuttosto in una più equilibrata dimensione tra experimental hardcore e prog nella quale riemerge una visione d'insieme imponente che colloca l'accento sull'edificazione di arrangiamenti orchestrali (From Moon to Son) e finalmente dà il giusto e meritato risalto al lavoro ritmico di Arrington (Infinite Chances e No Attention for Solved Puzzles), alla ragnatela di basso funk di Coate (Further Below) e in generale alle parti incrociate delle chitarre di Franzino e Wiacek, che inoltre vengono affiancate a degenerazioni di electro-synth su Good Soil, Bad Seeds.

Non essendo mai stato un fan della ormai vecchia versione degli A Lot Like Birds proprio a causa delle harsh vocals, ho trovato in DIVISI una piacevole nuova veste per la band californiana che però ancora deve mettere a fuoco qualche idea. Se Franzino avesse provato a smussare gli aspetti più sperimentali del suo album Somewhere in the Sierras e li avesse applicati in questo contesto, probabilmente sarebbe uscito un lavoro più strutturato e coeso ma, a parte questo piccolo appunto, d'ora in poi seguirò gli A Lot Like Birds con più attenzione.