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venerdì 21 luglio 2023

The Contortionist - Retrospective: Live From Atlanta (2023)


Mentre siamo in attesa solo di un nuovo album di cui ufficialmente ancora non c'è traccia (e sinceramente ho perso le speranze di una sua pubblicazione), i The Contortionist sembra vogliano procrastinarne il più possibile l'uscita con contentini come questo, comunque graditi. 

Il live Retrospective: Live From Atlanta, realizzato all'inizio dell'anno esclusivamente come box set contenente sei dischi in vinile ad edizione limitata, è una mega retrospettiva del repertorio della band suonata live in streaming nel 2021, quando ancora soffrivamo per le restrizioni della pandemia. Da oggi questa imponente raccolta è disponibile da ascoltare o acquistare in tutte le piattaforme digitali nel formato che preferite.



Tracklist Set I - Our Bones Set
1) Early Grave
2) Reimagined
3) Follow
4) Geocentric Confusion
5) Flourish
6) 1979
7) Integration
8) Thrive
9) Solipsis 
10) Language I: Intuition
11) Language II: Conspire 

Tracklist Set II - Clairvoyant Full Album Set
1) Monochrome
2) Godspeed
3) Reimagined
4) Clairvoyant
5) The Center
6) Absolve
7) Relapse
8) Return to Earth
9) Monochrome (Pensive) 

Tracklist Set III - Exoplanet + Intrinsic Set 
1) Primal Directive
2) Oscillator
3) Flourish
4) Geocentric Confusion
5) Causality 
6) Vessel
7) Solipsis
8) Axiom
9) Exoplanet I: Egress
10) Exoplanet II: Void
11) Exoplanet III: Light 





domenica 15 settembre 2019

Perché "Clairvoyant" è l'album più rilevante del decennio


Eleggere un album a simbolo di un decennio significa implicitamente fare un bilancio di tale periodo. Gli anni dieci, per ciò che riguarda la parte più interessante e originale dell’evoluzione del progressive rock, sono stati da un lato la continuazione di quanto tramandato al prog hardcore dai The Mars Volta e Coheed and Cambria, i fondatori di questa corrente agli inizi del nuovo secolo, dall’altro una fonte straripante di art rock e avant-garde che ha generato esperimenti ibridi musicali piuttosto notevoli. Su entrambi i fronti sono stati pubblicati album di alto livello, ma il problema che scatta nell’individuare un’opera che abbia i requisiti per primeggiare sopra altre, comunque validissime, proposte è attribuirgli quel grado di eccellenza in più, giustificandolo. Ecco perché non si dovrebbe parlare solo di qualità, ma anche di quanto un artista o una band abbia saputo spingersi oltre e allo stesso tempo aver creato o conseguito una nuova prospettiva.

Sotto questo aspetto, tornando ai generi prima menzionati, possiamo nominare delle band come Thank You Scientist, The Knells o Bent Knee e addirittura Astronoid, che si sono distinti per aver plasmato un sound riconoscibile generato dall’ibridazione di generi tra loro distanti, la dissoluzione dei confini tra stili è un po' la cifra di questo decennio. Ognuno nei rispettivi ambiti ha conseguito qualcosa di eccellente in termini di qualità, ma se vogliamo scavare più a fondo al loro percorso, ad esso non può essere attribuita una forza tale da aver anche traghettato il genere in un nuovo territorio. Prova ne è che lo stilema adottato è rimasto circoscritto alla band in sé. La singolarità va premiata indubbiamente, ma nella visione più ampia, quando in molti imboccano la medesima estetica sonora e solo uno riesce a cogliere l’essenza di quel linguaggio, si staglia la reale singola eccezione di merito.

Se c’è quindi un termine simbolo per il decennio in via di conclusione questo è: ibrido. Gli anni ’10 sono stati all’insegna dell’ibridazione che ad oggi, non inventando più nulla di nuovo in musica, pare l’unica soluzione per aggiungere freschezza a proposte altrimenti già sentite. Chi ancora si rivolge al purismo non ha interesse nel cercare nuovi stimoli nella musica, ma preferisce cullarsi nei sicuri confini del prevedibile e dell'ordinario. Piccola puntualizzazione: non vorrei confondere "contaminazione" e "ibrido", tra cui vedo una certa differenza. La prima è più abusata e viene utilizzata saltuariamente quando lo richiede il contesto, l'ibrido, come sua conseguenza, è un aspetto costante e primario che si è installato in modo permanente nel sound di una band. Prima si è partiti con l’unire la progenie del punk – il post hardcore – con il progressive rock, e nel presente si è arrivati a capire che nessuna contaminazione è più un tabù: il math rock ha trovato un suo completamento molto naturale nel jazz e la fusion strumentale ha inglobato elementi di djent metal. Ma se tutte queste “sottocontaminazioni” si sono un po’ incartate in loro stesse, l'evoluzione più rilevante l'ha compiuta il djent fatto e finito.

Tra i pionieri di questo filone si segnalano gli statunitensi Periphery e gli inglesi TesseracT, che nel tempo sono divenuti i nomi più conosciuti e rappresentativi, anche se sono stati i secondi a impegnarsi in una seria rivisitazione del genere prog metal, facendolo evolvere verso una nuova concezione insieme a Skyharbor e Disperse. La prerogativa del djent così inteso sembra essere quella di spingere il progressive metal a latitudini sempre pesanti, ma attenuate però da un costante sottostrato new age. Il trucco consiste nel giustapporre estetiche musicali all’apparenza contrastanti, come la calma meditativa dell’ambient e la tecnica aggressiva e virtuosa del metal. Nei tre capitoli chiave utili per capirne l’essenza – Living Mirrors dei Disperse (2013), Guiding Light degli Skyharbor (2014) e Polaris dei TesseracT (2015) – si assiste a una versione psichedelica e ascetica del prog metal, non esente da intermezzi fusion, molteplici cambi formali, poliritmie al limite del macchinoso e ogni sorta di virtuosismo.

Ed è a questo punto che si staglia l'opera che mette la freccia e supera tutti a destra, puntando a distaccarsi nella distanza con la scelta di esaltare in modalità overdrive, ma alla rovescia, i canoni appena descritti. I The Contortionist si erano già accostati ai dettami del nuovo volto del djent con Language (2014), facendo storcere il naso (eufemismo) ai fan più ortodossi per il suo cambio repentino rispetto ai primi due lavori, impostati su un deathcore molto tecnico, sottolineato dall’arrivo del nuovo cantante Michael Lessard. Sul fronte opposto c'è stato però chi ha riconosciuto ai The Contortionist il coraggio di cambiare, incassando plausi per la visione senza compromessi di un progressive metal che fin dalle sue tematiche, liriche e musicali, si presentava come uno strumento spirituale per allontanarsi dall’immaginario metal che mette in primo piano l’aggressività.

Per questo Clairvoyant è apparso come un’ulteriore svolta contraria, un'inversione opposta a quell’estetica brutale e proprio per tale ragione ha creato così tanti giudizi contrastanti e divisivi. La questione non riguarda solo l’avversità dei fan che rimpiangono i The Contortionist prima maniera, ma anche il contenuto di Clairvoyant che possiede una fascinazione così peculiare e soggettiva ugualmente ostica per chi non è a loro avvezzo. In questo contesto è anche un album difficile da inquadrare poiché non segue in pieno i dettami degli stili a cui dovrebbe far riferimento anzi, li smonta uno ad uno: non fa sfoggio di virtuosismi progressive rock e fusion, non si serve della potenza motrice del metal, né propriamente della dinamica elegiaca del post rock. Se proprio vogliamo imporre un'etichetta, la più adatta a descriverlo sarebbe quella di "atmospheric metal" dato che rende l'idea dell'ossimoro stilistico a cui la band ambisce. Un prog metal drenato da ogni elemento principale, fino a risultare il suo perfetto contrario.

Il percorso estetico è risaltato dalla direzione musicale intrapresa: c'è da parte dei The Contortionist la scelta audace di non ostentare l'abilità dei solisti, in favore della costruzione sistematica di atmosfere  ultraterrene e nebulose plasmate della somma delle parti. In tale contesto le tastiere, di cui in genere fanno a meno i gruppi djent, assumono una presenza discreta ma rilevante per completare un sound impregnato di suggestioni oniriche. Tornando al concetto di "ibrido", per fare un esempio, siamo in grado di sezionare e riconoscere nei pezzi dei Thank You Scientist cosa è funk, cosa è fusion o cosa è etnico. In Clayrvoiant gli stili si muovono in una simbiosi che camuffa qualsiasi velleità di ricondurli ad un chiaro genere di appartenenza. Tutto l'album vive in una zona di penombra monocromatica (parafrasando il titolo della prima e ultima traccia) che fluttua in un universo sonoro a sé stante, in piena sintonia con la composizione fotografica color cenere della cover. Ed è per questo che non è facile apprezzare Clairvoyant, ma se si riesce a penetrare la spessa coltre di tenebra, la visione che ci accoglie è totalmente appagante.

Per approfondire qui trovate anche la mia recensione.


martedì 25 giugno 2019

The Contortionist - Our Bones EP (2019)


I The Contortionist hanno annunciato la pubblicazione per il 9 agosto del un nuovo EP dal titolo Our Bones che conterrà solamente quattro tracce. Tra queste una è la cover di 1979 degli Smashing Pumpkins che i The Contortionist hanno già avuto modo di suonare dal vivo in tour. Per il resto Our Bones si può quasi considerare come un maxi singolo in quanto, alla sua durata di quattordici minuti totali, si aggiungono solo tre tracce inedite: Follow, Early Grave (scelta come singolo) e All Grey, brevissimo pezzo dalla durata di poco meno di due minuti. Oltretutto i The Contortionist saranno in Italia per due date a ridosso dell'uscita di Our Bones, il 3 agosto a Venezia e il 4 a Milano. In attesa del vero e proprio successore del magnifico Clairvoyant, a giudicare da Early Grave il gruppo pare proseguire su quella linea che forse anticipa nuovi sviluppi.



martedì 12 settembre 2017

The Contortionist - Clairvoyant (2017)


Di recente neanche per il cambio di rotta di Steven Wilson ho visto tanto astio come quello riservato ai poveri The Contortionist nel momento in cui hanno pubblicato i singoli tratti dal nuovo album Clairvoyant. Una buona percentuale di commenti a margine nei vari social network (quindi non la maggioranza, precisiamo) fanno trasparire una certa delusione dei fan di vecchia data per il nuovo corso intrapreso dalla band, liquidato senza pietà come noioso, piatto, svogliato, fino ad arrivare al meno politicamente corretto "cos'è questa merda?" o altri più nostalgici che rimpiangono il vecchio cantante Jonathan Carpenter. Fin qui si dirà, è solo l'opinione di singoli e intransigenti sostenitori che non accettano come i The Contortionist siano diventati effettivamente un'altra band rispetto ai primi due album. In più le recensioni che stanno uscendo in anteprima, se positive mettono le mani avanti e sottolineano come Clairvoyant sia un album divisivo, se negative non ci vanno alla leggera sui giudizi, imputando una parte della responsabilità, appunto, alla voce di Michael Lessard così poco espressiva e monocorde.

Quindi per chi vivesse su Marte ecco cosa è successo in breve: i The Contortionist erano una band di technical death metal con uso abbondante di harsh e growl vocali, con l'arrivo di Lessard nel 2013 al posto di Carpenter la cosa si è di molto attenuata sul precedente Language, lavoro che comunque ha riscosso consensi unanimi, ora con Clairvoyant questo vezzo è scomparso del tutto (a voler fare i pignoli però ogni tanto si sente ancora qualche harsh in sottofondo, ma non ci interessa) e d'ora in avanti Lessard canterà esclusivamente in un registro clean. La scelta compiuta dal gruppo non è una novità nel panorama metal, ci sono altre band che hanno compiuto questo salto, ma sembra che per i The Contortionist il passaggio sia stato più traumatico. Il gruppo aveva comunque fatto presagire tale direzione con l'appendice a LanguageRediscovered, realizzata dopo un anno con quattro brani tratti da questo album reintepretati in chiave più intima.

Ed è così che per l'abbandono di queste scelte estetiche aggressive, infine i The Contortionist sono entrati nella mia traiettoria, oltre ad essere uno dei pochi a sostenere che se Language fosse stato concepito come Clairvoyant nella sua diversità ne avrebbe giovato, penso che quest'ultimo sia nettamente superiore. A parte la questione sull'uso della voce infatti i prodromi del cambiamento nel sound e nel metodo di composizione del gruppo partono proprio dall'album precedente e qui prendono contorni ancor più radicali e netti. I The Contortionist abbracciano in modo deciso un atmospheric prog nel quale tutto avviene in funzione di una visione meditativa e quasi mistica del metal, tanto che ormai la definizione stessa va loro stretta.

Clairvoyant è un album che richiede un confronto perché è inevitabilmente legato alla scia segnata da Language e nel suo cambiamento è come un esame generale su cosa funziona e cosa no nella nuova veste del gruppo, alla fine però la scelta estetica è così peculiare che dovrete essere voi a stabilirlo in base ai vostri gusti: in pratica, se vi è piaciuto Language non è detto che apprezzerete Clairvoyant o viceversa. Per quanto mi riguarda esso è una rampa di lancio efficacissima nel certificare uno status di livello in costante ascesa, rispetto a Language, per inserirsi con ancora più pertinenza nelle cerchie del progressive rock contemporaneo.

Dovendo scegliere un brano simbolo credo che The Center potrebbe rivestire questo ruolo, non perché sia il migliore (ce ne sono altri), ma perché ben rappresenta il procedere attonito, onirico, ipnotico di tutto l'album, sospeso in una sorta di limbo sonoro privo di climax. Anche dopo svariati ascolti non c'è infatti un frammento che si ricordi per la sua particolare memorabilità, pur potendo cogliere una struttura nei brani tutto viene avvolto in una nebulosa sonora monocromatica che ci fa perdere ogni punto di riferimento ed è una di quelle poche volte che riesco a comprendere certe critiche sull'inespressività di alcuni passaggi, che il narcolettico timbro vocale di Lessard contribuisce a rendere tutto ancora più algido e distaccato. 

Ma se da una parte l'insieme sonoro è così denso da mettere a rischio le dinamiche, cosicché il disco risulti uniforme, dall'altro le progressioni fusion e poliritmiche che stanno alle fondamenta vengono contaminate da una miriade di sottostrati post rock, ambient, metal, prog e new wave gestiti come pochi altri o nessuno ha saputo fare finora. I The Contortionist sfondano in questo modo la parete dell'inaccessibilità e si spingono a fondo in tappeti metallici ed elettronici così compressi da diventare eterei. Quella di Clairvoyant è una metal muzak che potreste mettere in sottofondo negli ascensori degli hotel senza avere lamentele dai clienti. Di quanti altri dischi prog metal azzardereste a dire lo stesso?