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mercoledì 30 agosto 2023

Aviations - Luminaria (2023)


L'ultima fatica discografica degli Aviations risale al 2018 con The Light Years. Durante quell'occasione la band, fondata nel 2011 dal batterista James Knoerl e dal chitarrista Sam Harchik, riuscì a consolidare una line-up, fino ad allora volubile, tra membri vecchi e nuovi con Adam Benjamin (voce) e Richard Blumenthal (piano), Eric Palmer (chitarra) e Werner Erkelens (basso). Proprio per sviscerare e testare il potenziale di questa formazione finalmente stabilizzata, gli Aviations avevano re-immaginato alcuni pezzi di The Light Years con l'EP Retrospect (2020), preliminarmente alla composizione del materiale per Luminaria, terzo album in studio in uscita l'1 settembre. Forse grazie all'euforia di questo raggiunto equilibrio tra le parti ne è venuto fuori un lavoro temporalmente straripante, compositivamente vertiginoso, strumentalmente denso e soprattutto ardito. Un tour de force dove gli Aviations hanno voluto dispiegare ogni aspetto delle loro doti - tecniche e passionali, virtuose ed emotive. Un antagonistico gioco delle parti, bilanciato tra armonie dal potere avvolgente e architetture strumentali articolate, tutto dispiegato tramite una tracklist fatta di brani temporalmente dilatati.

Finora gli Aviations, nonostante un indubbio talento artistico, sono stati una band poco considerata nell'ambiente prog metal, preferendo dibattere e risaltare le doti sempre del solito cerchio di nomi noti (i.e. Haken, Leprous, Opeth, Riverside, Porcupine Tree). Spero quindi che con Luminaria le cose possano cambiare e che ne faccia emergere l'innegabile valore come band la quale, visto i risultati, mette all'angolo molti dei colleghi, anche ben più osannati. Il fatto è che, tra i pregi degli Aviations, c'è quello di evitare con cura di incappare nelle pastoie del riproporre certi schemi abusati con cui si è evoluto il prog metal, ultimamente sfruttando anche la tentazione di ammiccare al passato dei seventies. Tutto ciò che propone il sestetto di Boston in Luminaria è invece legato al presente e alla fusione di linguaggi non molto sfruttati nel prog metal, tipo prendere in prestito malizie tipiche del math rock e un grande senso per le melodie emotive.

Ad esempio i tappeti strumentali di Cradle e Safehouse sui quali si appoggia il cantato di Benjamin sono nell'essenza un grande sfoggio di progressioni fusion e math rock, con tocchi di soavi tastiere insinuate tra le sottotrame nella prima, per aggiungere un senso quasi spirituale, e con un groove e un ritmo tra funk e r&b nella seconda, per dare più slancio e allo stesso tempo diluire l'impostazione djent. Quest'ultimo aspetto viene messo maggiormente in rilievo su Legend, il brano più aggressivo dell'album, unito a delle melodrammatiche evoluzioni pianistiche che si muovono su parametri da classicismo. Un'altra peculiarità degli Aviations la si trova nella propensione di Blumenthal nell'usare e dare risalto al piano acustico attraverso arpeggi e accordi, lasciando il ruolo delle tastiere a puro abbellimento e riempitivo di un sound già ricco di suo.

Nell'intervista che ho avuto con il gruppo realizzata per Prog Italia (in edicola dal 20 settembre), Harchik ha raccontato che qualcuno per descrivere la musica degli Aviations aveva tirato in ballo il termine "nostalgia-core", il che non è del tutto fuori luogo se si pensa a brani dal forte impatto malinconico come la ballad inquieta Pure, ma quell'alone di emotività atmosferica è ben descritta e rappresentata anche in pezzi dalla direzione più energica. Il vortice di sensazioni causato dall'impatto delle dilatate e multiformi Coma e Blink è lo specchio delle capacità della band nell'architettare un fluido e imprevedibile scorrere di idee armoniche complesse, sontuose, epiche ed avvolgenti. La gamma di variazioni si dipana con nonchalance dalla fusion elettroacustica al metal post hardcore, dal sinfonismo prog all'intimismo ambient. Basterebbero questi due capolavori di scrittura per definire la caratura di Luminaria, ma gli Aviations hanno ancora frecce al loro arco e inseriscono in scaletta La Jolla e Pinenut, quasi due variazioni sul tema sugli umori che percorrono l'album.

La maggior parte dei brani di Luminaria ha una struttura costantemente mutevole, che raramente presenta sezioni ricorrenti, in questo modo è come se gli Aviations avessero voluto convogliare all'interno dell'album il maggior numero di spunti e idee possibile. Ecco perché Luminaria ha l'audacia di un lavoro caleidoscopico, pieno zeppo di ispirazione e virtuosismo, ma non inteso in senso dello sfoggio solista, a brillare in questo caso è la sinergia messa in atto da tutta la band nel realizzare uno sforzo dinamico ed esecutivo in perpetuo movimento, costellato da complesse svolte improvvise e  mutevoli flussi che lentamente scorrono da un segmento all'altro senza soluzione di continuità. Fatte queste considerazioni, Luminaria è una tra le opere prog più intense e rilevanti dell'anno, dove il grande impegno produttivo profuso dalla band si palesa in tutta la sua potenza.
 

martedì 16 gennaio 2018

Aviations - The Light Years (2018)


Anche se un paio di anni fa avevamo già presentato gli Aviations credo che in pochi si siano accorti di loro (o comunque se li ricordino), quindi è giusto presentarli di nuovo dato che, dopo un ottimo album pubblicato nel 2012, arrivano adesso al proprio esordio con un album completo dal titolo The Light Years. Il gruppo si forma nel 2011 a Boston composto dal chitarrista Sam Harchik e dal batterista James Knoerl, entrambi studenti del Berklee College of Music. Alla formazione si aggiunge il vocalist Adam Benjamin e nel 2012 i tre danno alle stampe l'album A Declaration of Sound, coadiuvati da altri musicisti che compaiono come ospiti. L'aggiunta in seguito di Richard Blumenthal alle tastiere e Dylan Vadkin al vibrafono arricchisce la prospettiva sonora (che proietta il djent dei Meshuggah vicino agli universi sonori di Steve Vai, Frank Zappa, Queen, il jazz e verso inedite e stimolanti contaminazioni) e gli Aviations decidono di realizzare un remake della traccia Intents in Tents tratta da A Declaration of Sound con un arrangiamento più ricco e sfaccettato. Nel frattempo il gruppo continua a lavorare all'album di esordio che dopo cinque lunghi anni vede ora la luce e ospita Jacob Umansky dei Painted In Exile ad occuparsi delle parti di basso (qualche giorno fa è stato annunciato il primo bassista ufficiale Werner Erkelens).

Il processo di produzione che ha occupato questo arco di tempo può essere certificato nella sua riuscita dato che siamo di fronte ad un album dettagliatissimo quando si tratta di mostrare la ricchezza degli arrangiamenti. The Light Years è una fonte inesauribile di riff, groove, stratificazioni sonore che vibrano in una totalità multitematica in perpetuo movimento. Nella loro girandola gli Aviations colpiscono quasi tutto quello che oggi è da considerarsi all'interno della sfera del prog metal, dalle evoluzioni fusion di Plini e Intervals alle nuove tendenze del djent più evoluto di TesseracT, Skyharbor e DispersE, con in più una spiccata propensione verso le forme prog mutuate da strumenti a loro maggiormente affini come piano, vibrafono e polifonie vocali.

Dizziness Explained potrebbe già riassumere tale percorso camaleontico: la batteria, con i suoi volteggi, dirige il ritmo frenetico verso cambi continui, la chitarra sfoggia ogni trucco legato alle declinazioni metal ed infine la voce di Benjamin è veramente una rivelazione per la sua versatilità nel seguire le varie direzioni che prendono le composizioni. Oltretutto il suo registro chiaro e acuto riesce a scomodare paragoni non certo di secondo piano come Daniel Tompkins e Ted Leonard degli Enchant. Le progressioni fusion sono alla base delle fondamenta di Concrete Kitten che, tra sincopi funk ed un inciso che si ripresenta come fosse un chorus, è l'unico brano ad accennare a trame più canoniche. Il resto è una costante jam imprevedibile colma di innesti strumentali - dove Benjamin interviene con il suo canto - i quali pescano non solo tra gli stili più disparati, ma anche tra varie epoche e li declinano in versione prog metal. In molti pezzi, ad esempio in Captain No Beard e Two Days, sono presenti sonorità di fusion anni '70 e '80 anche se il martellante suono grave delle chitarre non ci fa mai allontanare dall'orizzonte djent. Persino su Quest e Tornado succede tutto così talmente in fretta che i passaggi jazz e le irruzioni djent si amalgamano insieme con una naturalezza encomiabile.

Void e Lullaby, seppur solo strumentali, non mostrano velleità narcisistiche nello sfoggio di virtuosismi fini a loro stessi, ma preferiscono edificare delle atmosfere misurate (come nei pezzi new age di Jakub Zytecki) che coinvolgono l'insieme della band. The Light Years è un album che va assaporato lentamente, nel quale si scoprono tutte le astuzie sonore ascolto dopo ascolto ed è proprio qui che si viene a capo della marcia in più degli Aviations. Se infatti per gli altri colleghi citati in precedenza gli stilemi utilizzati emergono chiaramente, in questo caso vengono integrati e sepolti fino a che non divengono parte stessa del sound. In tal modo gli Aviations trovano la quadratura del cerchio di come dovrebbe suonare una band prog metal nel 2018, facendo di colpo risultare datati Dream Theater e affini e dando nel frattempo una bella lezione a chi pensava che questo genere non avesse più nulla da dire.




martedì 23 febbraio 2016

Introducing: Aviations


Le origini degli Aviations risalgono al 2011. Il nucleo della band di Boston è composto dal chitarrista Sam Harchik e dal batterista James Knoerl, proveniente dalla Berklee College of Music, ai quali si aggiunge il vocalist Adam Benjamin. Nel 2012 i tre danno alle stampe il primo album A Declaration of Sound, coadiuvati da altri musicisti che compaiono come ospiti. Gli Aviations sono arrivati alla mia attenzione solo ora con il video appena pubblicato di Intents in Tents, che ripropone un brano tratto dal loro primo album con l'aggiunta di Richard Blumenthal al piano e Dylan Vadkin al vibrafono e che potete ammirare qui:



Ascoltando il primo album, gli Aviations non sembrano molto differenti dalla proposta di un prog metal djent tecnico che rientra nei canoni di altre band. Eppure, ponendo attenzione alla rivitalizzata nuova versione di Intents in Tents si colgono delle potenzialità che proiettano il djent dei Meshuggah vicino agli universi sonori di Steve Vai, Frank Zappa, Queen e il jazz e verso inedite e stimolanti contaminazioni. Se applicassero tutto ciò ad un nuovo lavoro, il secondo album del gruppo potrebbe riservare molte sorprese.