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venerdì 6 novembre 2020

Vennart - In The Dead, Dead Wood (2020)


Costretto dal lockdown a cancellare eventuali impegni concertistici con i Biffy Clyro, Mike Vennart si è adeguato all'isolamento forzato e, oltre ad aprire una personale pagina Patreon, ha prodotto a sorpresa un album intero a due anni di distanza da To Cure a Blizzard Upon a Plastic Sea. In The Dead, Dead Wood riporta ancora la collaborazione e supervisione musicale degli ex compagni presenti negli Oceansize, Gambler alle tastiere e Steve Durose al mix. L'album nella sua totalità, a parte l'epica apertura di Silhouette, che è una delle cose più vicine agli Oceansize scritta dal Vennart solista, è un passaggio oscuro e meditativo nella discografia di Vennart, che non manca di squarci aggressivi come nel caso del singolo fuzz Super Sleuth. Il cantante e chitarrista mette qui in chiaro più che mai il suo amore per i Cardiacs e per Mike Patton, sconfinando in territori da ballad cantautorale su Elemental e Lancelot, le quali non mancano di offrire un impianto tastieristico velatamente chamber rock.

La title-track, fondata interamente su un drone minaccioso, è uno strumentale che funge quasi da spartiacque con i rimanenti tre pezzi finali, maggiormente dedicati all'aspetto sperimentale. Weight in Gold si poggia su un edificio di distorsioni che si contorcono in un incedere marziale ed ossessivo, mentre Mourning on the Range è una triste ed elegiaca composizione che sembra portare uno spiraglio di luce solo nel finale, soffocato poi dai riff funerei della chitarra, che riportano tutto ad un limbo oscuro. Forch in the Road rallenta e dilata ancora di più i tempi, accostandosi a quelle evanescenti cavalcate di stampo Oceansize come Savant e The Frame. Ad ogni modo, per i nostalgici di quel leggendario gruppo, In The Dead, Dead Wood appare come l'album più personale di Vennart, distanziandosi dai canoni della sua vecchia band. Oltre a ciò, la natura più immediata di certe soluzioni compositive, questa volta meno inclini a sperimentazioni progressive e maggiormente indirizzate al cantautorato art rock, palesa le circostanze improvvise e imprevedibili che hanno generato l'album.

venerdì 31 gennaio 2020

Vennart - Dick Privilege (single) (2020)


Il nuovo singolo inedito di Mike Vennart, Dick Privilege, viene pubblicato simbolicamente oggi, allo scoccare effettivo della Brexit, in quanto come canzone è forse la più personale che abbia mai realizzato in termini politici e ideologici. Come lui stesso ci fa sapere il pezzo è stato ispirato ad un fatto accadutogli (e chi segue il suo account Twitter sa di cosa parliamo) dopo avere espresso dei pareri contro l'estrema destra inglese. Dick Privilege prende infatti forma come una delle cose più violente e aggressive scritte da Mike, un vero e proprio sfogo in termini musicali.

Come potete immaginare la reazione verso la sua persona è stata un po' simile a ciò che accade a chi contesta quella mina vagante che è il nostro ex ministro dell'interno e cioè l'equivalente di una "gogna social" (per utilizzare un garbato eufemismo). Ad ogni modo vi lascio al resoconto dello stesso Vennart per capire la bassezza a cui la gente può arrivare:

Here’s the story of why and how this had to happen. ‘A while back I found myself incurring the wrath of the Far Right, after I’d clumsily whacked their squalid little hive. Having encountered their diminutive Queen Bee and, being of not-entirely-sound mind, I called him a Nazi Prick to his face, and he proceeded to give me more press than I’d ever had in my life. Unfortunately what came with that was thousands of threats of physical and sexual violence - via social media - to my wife and my mother, and death threats to myself. They threatened to burn down my house. They continued in earnest on Christmas Day and through into the New Year. They sent me pictures of my son and told me they were coming. All because I called a man - a man they’d never met - a Nazi.

The experience of being hunted by white supremacists was, for me, exciting and hilarious. They bark hard, but they don’t bite. Well, I guess I’m not such a useful idiot. I’m not actually worth murdering. So it was great fun for me. Less so for my then-6 year old son, who wept with terror as the police fire-proofed our house the day before Christmas Eve.

All of this is, obviously, symptomatic of a darker force at work. White, insufficiently-endowed men (and it IS men) following the money, fucking everything and everyone, while we suck on Love Island and argue about whether a pop-star is cancelled or not.

This instilled in me a fervent rage and has inspired a body of work that will be released as soon as the stars align. Dick Privilege (and it’s B-side, Rat Catch) is the first burst of this unfettered energy, and is released on 31st January 2020 to commemorate the UK’s exit from the European Union, an event which can only be described as a catastrophic victory for the Far Right.’ The single will be available digitally and on 7” coloured vinyl exclusively from www.vennart.com.

giovedì 19 settembre 2019

The Beft live at ArcTanGent 2019


Quest'anno al festival ArcTanGent si è tenuto un momento storico, almeno per ciò che riguarda la storia del math rock. In ricordo del chitarrista Dan Wild-Beesley dei Cleft, scomparso prematuramente il 10 ottobre ottobre 2018, il batterista John Simm ha organizzato un mini concerto aiutato dagli Alpha Male Tea Party e Mike Vennart che poi si è concluso con la partecipazione di molti altri ospiti. Il tutto è stato ripreso per i posteri e con nostro gran piacere per chi, come molti di noi, non ha potuto essere presente all'evento. Ecco quanto dichiarato da Mike Vennart:

Cleft were a fucking force of nature. An absolute maelstrom of ideas centered around one cosmic goal the RIFF. Dan had riffs for days, and performing as part of The Beft only served to underline his talent for composing medical grade riffs. 

“I was delighted to be invited to perform with Alpha Male Tea Party and John Simm for this special tribute to Dan. We started at the end we agreed that a moment of silence wasn’t Dan’s style, and what we should do instead is a moment of noise. A solid, glorious wall of D major, performed by as many of Dan’s friends as could fit on the stage. Working backwards from that, I composed a piece with the AMTP lads, especially for the occasion, which I’m very proud of. 

“We also played Cleft’s Trap Door and a ten-minute medley of Dan’s riffs. This was one of the most challenging things I’ve ever had to do, but so, so rewarding and an absolute dream to perform. The climax of the show, the Golden D, had the entire audience in bits, which in turn made us play louder and with even more love. It felt like a bomb going off. But a very lovely one. 

“I’ll forever be grateful for the opportunity to pay tribute to Dan, and just for the fact that our paths even crossed. He was an inspiring and inspired player and only now am I realising how good we could’ve worked together. The Beft show was one of my all-time favourite shows at a very special festival. Hail Dan, and hail ATG for making it happen.”


lunedì 9 luglio 2018

Vennart - To Cure A Blizzard Upon A Plastic Sea (2018)


Superato lo scoglio del primo album da solista Mike Vennart ha fortunatamente ancora voglia di condividere la propria musica, il che per i fan più affezionati equivale a colmare l’enorme vuoto lasciato dalla sua defunta band Oceansize. Come per The Demon Joke ritroviamo in studio al fianco di Vennart il batterista Dean Pearson (Young Legionnaire) e gli ex compagni d’avventura Steve Durose (adesso chitarra negli Amplifier) e Richard Ingram. Ritagliandosi spazio tra un tour dei Biffy Clyro e l’altro, dove lui e Ingram aggiungono supporto strumentale live al trio, Vennart ha scritto To Cure A Blizzard Upon A Plastic Sea (in uscita il 14 settembre), celando nel singolare titolo i vari temi affrontati nell’album, più che altro di carattere personale: la paternità, l’inquinamento, la politica e l’importanza di mantenere la razionalità mentale in una società sempre più divisa e complessa, temi che si scontrano l'uno con l'altro e si intrecciano.

“Non c'è dubbio che essere genitore abbia portato alla luce alcune cose. - dice Vennart - Ho dovuto stabilizzare le mie emozioni perché ho un bambino a cui badare.” In un certo senso questa tempesta di emozioni corrisponde metaforicamente al blizzard da cui guarire, una necessità tradotta in musica con un espediente altrettanto folle e contraddittorio: “La maggior parte delle idee del disco provengono da un grazioso giocattolo giapponese degli anni '70 chiamato Omnichord. Il suono non è molto interessante, ma ha sputato fuori le sequenze di accordi dei miei sogni, portando il mio songwriting in luoghi che da solo non avrei mai potuto immaginare.”

Uno di questi brani è per l’appunto la già nota Immortal Soldiers: un corale dall’andamento melodrammatico vicino agli stralunati caroselli dei Cardiacs. Il singolare argomento trattato è un'osservazione ironica sulla compulsione di suo figlio nel mettere in scena battaglie con centinaia di minuscole figurine di plastica: "Invecchiando sono divenuto incredibilmente fobico nei confronti della plastica stessa; ogni volta che una nuova action figure arriva in casa, penso che sia un'altra cosa che sta prendendo spazio su questo pianeta e rimarrà qui per sempre, qualunque cosa accada."

Il nume tutelare di Tim Smith e dei suoi Cardiacs brilla anche nelle frenetiche progressioni di Sentientia che in qualche modo trattiene qualcosa anche della solennità degli Oceansize. Ma, a parte questi piccoli richiami, To Cure A Blizzard Upon A Plastic Sea è molto eterogeneo e ogni traccia possiede una propria attitudine e personalità nel completare uno schema esclusivo. Come può apparire Donkey Kong che racchiude al suo interno molteplici sfaccettature (una canzone dentro una canzone dentro una canzone e così via), mentre Binary e Into the Wave sono due trip ultraterreni dalle atmosfere avvolgenti e malate basate molto sulla delicata tribalità della sezione ritmica e il potere ipnotico dei synth. Friends Don’t Owe potrebbe essere un normale indie rock se non fosse per l’incasinata sequenza di suoni chiptune in vari registri sepolti sotto gli intrecci di chitarra e basso.

Si sarà inteso che in questo lavoro Mike Vennart si spinge ben oltre le coordinate dettate da The Demon Joke: la sensazione è che, anche se i pezzi sono costruiti come canzoni, possiedano un’aura sperimentale che li trascina a confini tra l’avant-garde e il post rock (Spider Bones, Diamond Ballgag). Come lo stesso Vennart ci svela in un gustoso retroscena: “Verso la fine della stesura di questo disco mi sono confidato con Steven Wilson sulla mia preoccupazione che il tutto fosse scollegato, che non aveva senso, che non c'erano hit per le radio. Il suo consiglio è arrivato al momento giusto. Ha praticamente detto Che si fottano Mike, fai quello che vuoi, è il momento di una follia artistica! Mi ha consigliato di dar sfogo al mio Trout Mask Replica interiore. Mentre questo disco non è neanche lontanamente incasinato come TMR (e cosa lo è), sono eternamente grato per le sue parole di incoraggiamento.” Vennart deve aver proprio pensato agli espedienti di arrangiamento di Wilson per rendere ancora più orchestrali le operatiche sinfonie prog di That’s Not Entertainment e Robots in Disguise. Ok, non ci sono singoli? Ce ne faremo una ragione, To Cure A Blizzard Upon A Plastic Sea è perfetto così com'è.



To Cure A Blizzard Upon A Plastic Sea outtakes

www.vennart.com

domenica 20 maggio 2018

Nuove uscite e anticipazioni


In questo fine settimana ci sono state alcune novità che sommerò in quest'unico post:

Mike Vennart ha da molto tempo annunciato il secondo album al quale, ancora una volta, prenderanno parte gli ex Oceansize Richard Ingram e Steve Durose. Ancora non c'è una data definitiva, ma nel frattempo è possibile ascoltare il nuovo singolo Donkey Kong.


 Tra i singoli che annunciano nuove eccitanti usciteci sono quelli di Skyharbor (il più volte annunciato Sunshine Dust è previsto per il 7 settembre) e di The Mercury Tree che si ripresentano con il pezzo Superposition of Silhouettes composto interamente in accordatura microtonale.





Forse sapete che i The Dear Hunter e i Between the Buried and Me hanno intrapreso insieme un tour statunitense. Le due band sono molto amiche e hanno deciso di celebrare la cosa con uno speciale 7" in edizione limitata dove ognuno coverizza un pezzo dell'altro: The Tank per i Between the Buried and Me e Rapid Calm per i The Dear Hunter.


Sempre in tema di singoli il trio giapponese di math pop Tricot ha appena pubblicato due nuovi brani inediti dal titolo postage e On the boom.



I Dream the Electric Sleep hanno invece recuperato un intero album inedito risalente al 2008 (quando la band era appena in embrione ed era solo un duo) dal titolo The Giants Newground. Questa uscita anticipa anche il nuovo lavoro previsto per il 2019 e prodotto nientemeno che da Michael Beinhorn.

venerdì 4 novembre 2016

Vennart - Target: '15 (DVD/CD)


Mike Vennart e il suo gruppo (composto per 3/5 da ex  Oceansize) nel 2015 si sono avventurati in un unico tour inglese che ha seguito la pubblicazione di The Demon Joke, il suo primo album da solista. In una data al festival ArcTanGent Vennart e Gambler hanno approfittato di esibirsi anche come British Theatre, suonando in anteprima del materiale dall'allora ancora inedito Mastery. Ebbene, tutto questo ben di dio è stato fortunatamente registrato per i posteri e verrà pubblicato a gennaio in una combo Dvd/Cd da non perdere. Di seguito l'annuncio ufficiale e il link al pre-ordine:

Target: ’15 is a live document of our collective shenanigans in 2015. Centred around that year’s Arctangent Festival, not to mention the albums The Demon Joke and Mastery, this live DVD/CD features THREE full sets (2 x Vennart, 1 x British Theatre) plus footage from 2 other shows. It’s a document of every single song we played in 2015 across footage of FIVE concerts. Produced and directed by Ryan Pearce, with audio mixed by the one and only Steve Durose. All artwork by Jon Lee Martin.

http://shop.vennart.com/category/vennart



TARGET: ’15 3 hours + DVD of live concert collection of every song performed in 2015, across footage of five different shows. Produced and directed by Ryan Pearce (except *) Plus CD of entire Arctangent show.

LONDON BUSH HALL
255
Doubt
Infatuate
Don’t Forget The Joker
Music For A Nurse
Duke Fame Retaliate
Build Us A Rocket Then…
Operate
Amends
Only Twin
Big Ship (feat. Kavus Torabi)

EXTRAS: LIVE AT ARCTANGENT FESTIVAL
255
Doubt
Infatuate
Don’t Forget The Joker
Music For A Nurse
Duke Fame
Retaliate
A Weight In The Hollow
Build Us A Rocket Then…
Operate

BRITISH THEATRE LIVE AT ARCTANGENT FESTIVAL
Gold Bruise
Dinosaur
Blue Horror
The Cull
Cross The Swords
Favour
The Brave
Mastery
Plus: - The Frame/Part Cardiac (live at Manchester Soup Kitchen) - Savant* (live at Manchester Deaf Institute)

martedì 3 maggio 2016

BRITISH THEATRE - Mastery (2016)


Sembra tutto calcolato al millimetro negli impegni musicali di Mike Vennart. Dismesso temporaneamente il ruolo di live guitarist per i Biffy Clyro dopo il tour di Opposites, in contemporanea alla pausa di questi ultimi per produrre il nuovo album (in uscita a luglio), ha lavorato alacremente ai suoi progetti personali dai quali è stato partorito un lavoro solista lo scorso anno e adesso la prima opera dei British Theatre, Mastery, in collaborazione con Richard A. Ingram (aka Gambler), tutto realizzato appena in tempo per tornare a salire sul carrozzone live dei Biffy Clyro. A chi non avesse mai sentito nominare Mike Vennart e Richard Ingram basti sapere che hanno fatto parte degli Oceansize, una tra le più importanti e significative band della scorsa decade, definitivamente disciolti nel febbraio 2011.

Fin dalla prematura conclusione, comunque, Vennart e Ingram hanno proseguito a collaborare con due EP nel 2012 sotto il nome di British Theatre e poi come musicisti di supporto nei concerti dei Biffy Clyro appunto. Con The Demon Joke, Vennart si era riavvicinato e allo stesso tempo distanziato dal complesso post progressive della sua ex band, ma i British Theatre sono sempre rimasti un oggetto differente dal potenziale tutto in divenire. I due EP pubblicati ad un anno di distanza esatta dallo scioglimento degli Oceansize ci mostravano un duo affiatato che non si rassegnava ad abbandonare il proprio stile, consegnandoci un pugno di brani tra il rock sperimentale e il minimalismo elettronico. Ci sono però voluti altri quattro anni per arrivare a Mastery, una pausa che probabilmente è servita per mettere a punto il sound e lasciarsi alle spalle esperimenti già collaudati. Giunti al presente, possiamo affermare che i due EP erano solo delle prove generali per far comprendere ai due musicisti in quale direzione orientarsi e che Mastery, come ci anticipò Vennart nella nostra intervista, è molto, molto differente da tutto ciò che i due hanno prodotto finora.



Parlando di ruoli, Vennart si è occupato esclusivamente delle liriche e delle linee melodiche del canto, lasciando per il resto il timone musicale interamente a Ingram, il quale, nel frattempo, si era dato inoltre alla sperimentazione spinta nel campo dell'ambient esoterica, con l'inevitabile risultato di importare quelle spore dall'influsso elettronico nel primo album dei British Theatre. Se infatti nei due EP era evidente più di qualche residuo rock, qui ci troviamo di fronte ad un coacervo di drum machines, percussioni programmate, sequencer e sintetizzatori, riducendo al minimo indispensabile l'intervento di strumenti a corda. Pensate ad una versione dark punk e sperimentale dell'electro dream pop che è oggi in voga e collegatela ad un'evoluzione strutturata e progressive dei Suicide, e forse avrete una vaga idea di ciò che vi aspetta su Mastery. O almeno è quello a cui ci troviamo di fronte mentre scorrono i droni industriali di Blue Horror, l'orgia tribal synth di Dinosaur e le insidiose ragnatele di Newman che si dispiega in un trip finale di glitch music. Tra tappeti di synth, pulsazioni e beat elettronici, viene risaltata soprattutto la prova vocale di Vennart, che praticamente rappresenta l'unico strumento melodico all'interno dell'architettura sonora, firmando delle intuizioni che portano a brillare quasi di luce pop brani come CapraCross the Sword.

Per chi ha amato gli Oceansize, senza fare inutili paragoni, nella siderale differenza saprà trovare comunque delle attinenze, ad esempio, su Gold Bruise (ripresa direttamente dal primo EP) e The Cull, affini a quelle deviazioni atmosferiche post rock alle quali il gruppo si era dedicato nel proprio eclettismo su Everyone Into Position (penso a Music for a Nurse e Meredith) e Home & Minor. Oltre a ritrovare quella maestosità che praticamente faceva da suggello ad ogni album degli Oceansize, qui preservata dalle repentine oscillazioni tra calma/tempesta di Favour the Brave e nella title-track, posta in chiusura, dove Vennart canta sopra un campionamento del secondo movimento della Sinfonia n.1 op. 39 in mi minore di Jean Sibelius. Mastery è un capitolo spiazzante (o meglio, sorprendente?) solo per chi conosce il retaggio dal quale provengono i British Theatre, altrimenti rimane un buon album di synthrock, ma ci fermiamo qui. Non so, dando ascolto alla mia parte nostalgica avrei preferito un maggiore bilanciamento nella direzione tra le due anime rock ed elettronica presenti sull'EP Dyed in the Wool Ghost, piuttosto che optare per un esclusivo privilegio del secondo aspetto.





www.britishtheatremusic.com

martedì 11 agosto 2015

British Theatre - Cross The Swords (single, 2015)

 
Come anticipato dalla nostra intervista a Mike Vennart lo scorso giugno, i British Theatre, band che Vennart condivide con l'altro ex Oceansize Richard Ingram, stanno per tornare e questa volta in cantiere non c'è un terzo EP, ma un album vero e proprio, il primo dei British Theatre. Per ora la data di uscita ufficiale non è stata resa nota, ma sembra probabile che l'album possa essere realizzato entro l'anno, seguendo a pochissimo tempo di distanza l'esordio solista di Vennart con The Demon Joke.

Il primo singolo ad essere reso noto attraverso Bandcamp è la seguente Cross The Swords un upbeat electro rock molto orecchiabile e contorto che, proprio come ci diceva Vennart, cambia il livello di prospettiva stilistico dei British Theatre, dando risalto a suoni sintetici e algidi, ma come sempre non privi di sperimentazione e sorprese. Attendiamo con impazienza dell'altro.

lunedì 8 giugno 2015

Intervista con Mike Vennart (Italian + English version)


di Lorenzo Barbagli e Francesco Notarangelo


Come descrivere una band stilisticamente incatalogabile e coraggiosa come gli Oceansize? Non si può. Gli Oceansize andrebbero ascoltati possibilmente non fermandosi ad un solo brano perché altrimenti si rischia solo di intaccare la superficie di ciò che erano in realtà. Personalmente li ho amati e ritenuti una delle band più originali degli anni Zero. Ecco quindi perché ritengo la seguente intervista a Mike Vennart - che di quella grande band è stato il frontman, chitarrista e cantante - un momento speciale e importante per altprogcore e ringrazio Mike per essere stato molto gentile e disponibile per aver risposto alle nostre domande.

Una volta svaniti gli Oceansize, Vennart si è dato da fare continuando a scrivere musica con l'amico Richard A. Ingram (Gambler) nei British Theatre, collezionando nel frattempo i demo per il proprio album solista. Anche se, probabilmente, l'attività che  ha permesso a Vennart di vivere di musica senza problemi è stato l'ingaggio come seconda chitarra negli show dal vivo dei Biffy Clyro, band con cui gli Oceansize hanno condiviso un'ottima amicizia per quasi tutta la loro carriera. Molta della lunga gestazione e composizione di The Demon Joke è proprio passata attraverso quei pochi momenti liberi che Mike si ritagliava tra una stanza d'albergo e l'altra durante i tour con i Biffy Clyro, collezionando demo sul suo laptop.

Passato dunque questo periodo di grande laboriosità, Vennart sta per pubblicare finalmente il primo album a proprio nome intitolato The Demon Joke (del quale qui potete trovare la mia recensione). Il disco è stato lanciato con una campagna PledgeMusic che in parte ne ha sostenuto le spese di produzione e i cui "pledgers" hanno già ricevuto l'album in forma digitale o fisica. La pubblicazione ufficiale "per i comuni mortali" invece è prevista per il 22 giugno e passerà per i canali della SuperBall Music, che fu anche l'etichetta degli Oceansize. Vista l'occasione abbiamo approfittato per porre a Mike Vennart alcune domande su passato, presente e futuro della sua carriera artistica.

A tal proposito, una nota a margine: non ho voluto di proposito toccare qualsiasi cosa riguardasse la separazione degli Oceansize dato che, come argomento, mi sembrava delicato, sicuro che le risposte di Mike sarebbero state comprensibilmente vaghe. Ormai ciò che è stato è stato e il modo con cui Vennart, Gambler e Steve Durose stanno affrontando il presente fa capire che quello degli Oceansize è un capitolo chiuso, inutile tornarci sopra. Per quanto concerne gli Oceansize ho preferito quindi deviare su domande con una prospettiva squisitamente artistica. Comunque, per chi volesse saperne di più su Oceansize, Biffy Clyro e British Theatre, un resoconto di dichiarazioni e di come sia andata la vicenda le potete trovare anche all'interno del mio libro Altprogcore - dal post hardcore al post prog.



- Partiamo con il parlare di The Demon Joke. Il suo processo di gestazione è stato molto lungo, come ti senti alla fine di questa nuova esperienza come solista?

Mi sento sollevato. Praticamente, ogni volta che cerco di scrivere una nuova canzone, penso che il pozzo si sia come definitivamente prosciugato. E' stato così fin dall'inizio. Avere un album completato - effettivamente pubblicato questa settimana - è stata una grande impresa a livello personale. Sono molto contento del risultato finale, stilisticamente è forse un po' diversificato, o forse non del tutto. Chiaramente non saprei dirlo.


- Sull'album compaiono i tuoi vecchi compagni d'avventura negli Oceansize, Gambler e Steve Durose (che ti stanno accompagnando anche in tour), forse è presto per chiederlo, ma pensi di coinvolgerli anche in altri progetti futuri?

Certo. Al momento sto lavorando con Gambler all'album dei British Theatre e ho appena trovato una parte che solo Steve può rivestire. Ho lavorato con loro per oltre 20 anni, per questo non posso immaginare di fermarmi molto presto.


- Anni fa dichiarasti che, prima di formare gli Oceansize, con Durose avevate provato a scrivere pezzi più semplici, ma non vi venivano bene. Le canzoni di The Demon Joke hanno un impatto più immediato rispetto agli Oceansize e sembrano funzionare, pensi che con la maturità hai imparato a scrivere canzoni “normali”?

Forse è proprio questo - la maturità. Ero in una band con Steve prima degli Oceansize e, sì, faceva schifo. Eravamo giovani e stavamo ancora imparando. Hai mai sentito quei demo dei Radiohead prima che fossero messi sotto contratto? Sì, eravamo proprio a quel livello di mediocrità.


- Come vi siete inseriti tu e Gambler nel contesto musicale live dei Biffy Clyro? I ragazzi vi hanno lasciato libertà per le vostre parti o avete deciso insieme cosa aggiungere?

In realtà è come una specie di linea sfocata. Certamente, ci sono parti di chitarra e tastiere negli ultimi album dei Biffy Clyro, ma più che altro noi siamo lì per aggiungere sostanza alle parti suonate dal trio. Le parti di chitarra di Simon sono veramente incasinate. Parlo di tutte quelle stranezze come accordi in stato di rivolto e cluster. Se entrambi suonassimo le stesse cose verrebbe fuori un suono di merda, quindi lascio quella roba a lui e io vado a rinforzare le parti di basso e adatto alla mia chitarra le sezioni suonate da violini e fiati. Lo adoro!


- Con Gambler (Richard A. Ingram) sei anche impegnato nel progetto British Theatre. Dopo i due EP da voi prodotti vedremo la realizzazione anche di un album completo? E, a tuo giudizio, quali relazioni o divergenze trovi tra Oceansize, British Theatre e Vennart?

E' facile differenziare tra il mio album e ciò che sarà quello dei British Theatre, ma di conseguenza dovrei iniziare a rivelare come suonerà questo album e vorrei che fosse una sorpresa. Basti dire che sarà molto differente...molto differente anche dai precedenti EP. Per quanto riguarda invece il confronto con gli Oceansize la differenza sostanziale è che qui sono io al comando e non ho bisogno di fare leva su cento idee diverse dentro una sola canzone per compiacere tutti. Sono fiero di quello che hanno fatto gli Oceansize, ma a volte era tutto un po' troppo pretenzioso, troppo ingegnoso per il solo gusto di esserlo.  


- Pensi che oggi, se gli Oceansize fossero ancora insieme, avresti ugualmente conservato questi pezzi per un tuo album solista oppure non avresti pensato di pubblicare qualcosa di tuo e li avresti offerti al gruppo?

Pensavo ad un album come solista fin dai tempi di Frames, dato che era chiaro che avevo gusti differenti. Ora posso dirti che queste canzoni di The Demon Joke non avrebbero superato la fase di demo all'interno degli Oceansize. Sono troppo semplici, troppo melodiche e troppo ottimiste. Francamente, se fossero state sviluppate da quella band, c'è una buona possibilità che l'inevitabile macellazione a cui sarebbero state sottoposte mi avrebbe deluso.


- Quindi vorrei sapere, gli Oceansize nei loro quattro album hanno sempre cercato di variare e modificare l'approccio alla scrittura, mentendo comunque intatta la complessità formale. Secondo te oggi suonerebbero diversi da Self-Preserved While the Bodies Float Up, il vostro ultimo album prima dello scioglimento?

Penso che nel nostro ultimo album si può percepire un compromesso costante. Gli Oceansize dovevano lavorare per processo di eliminazione. In altre parole, dovevi soddisfare i gusti di ogni membro della band, altrimenti dovevi sopportare all'infinito le loro lamentele su una canzone che odiavano. Self-Preserved... è vario, ma perdemmo la nostra direzione. Cercai di istigare un approccio più disteso/psichedelico/sperimentale, ma a quel punto semplicemente non era davvero nella nostra natura. Non fraintendetemi, quell'album è grande e ne sono fiero, ma è piuttosto confuso. Non suona propriamente coeso come i nostri lavori precedenti.


- Nell'ipotesi che sarà difficile vedervi in concerto in Italia, toglici una curiosità: dal vivo state suonando anche qualche pezzo degli Oceansize? Se si, quali?

Sì, suoniamo alcune vecchie canzoni. Non ho intenzione di dirvi quali sono, ma sono quelle più in sintonia con l'atmosfera della musica che sto facendo adesso.
 

- Come blog cerchiamo sempre di proporre nuovi artisti e musiche poco conosciute che stimolino gli ascoltatori. Prima di salutarci potresti proporre ai nostri lettori qualche nuovo artista a tuo giudizio meritevole.

Non so molto a proposito di novità, ma al momento sto ascoltando Super Furry Animals, Matt Berry, Stealing Sheep, Vessels, Gaz Coombes, Blanck Mass, David Bowie, Kathryn Joseph….



ENGLISH VERSION:



Let's start speaking about The Demon Joke. Its process was very long, how do you feel at the end of this new experience as a solo musician?

I feel relieved. Pretty much every time I try to write a new song, I think the well has finally run dry. It’s been like this since the beginning. To have a completed album - actually released this week - is quite an achievement for me, personally. I’m very happy with how it turned out, stylistically it’s maybe a little different, then again maybe not at all. I clearly can’t fucking tell.


On the album appear your old Oceansize friends, Gambler and Steve Durose (who are accompanying you on tour). Maybe it’s early to ask, but do you think to involve them in other future projects?

Certainly. I’m working on the British Theatre album with Gambler right now and I’ve just found a spot that only Steve can nail. I’ve been working with them for over 20 years, so I can’t imagine I’ll be stopping any time soon.


Some years ago you spoke that before forming Oceansize, you and Durose have tried to write some simple songs, but you weren’t able. The songs of The Demon Joke have a more immediate impact than Oceansize and seem to work very well, do you think that now, with maturity on your side, are you able to write “straight” songs?

Maybe that’s all it is - maturity. I was in a band with Steve before Oceansize and, yeah, it sucked. We were young and we were learning. Ever hear those Radiohead demos from before they got signed? Yeah, we were that kind of terrible.


How did you and Gambler entered your instruments in the context of Biffy Clyro live shows? The boys have left you freedom for your parts or did you decide together what to add?

It’s kind of a blurry line, actually. Certainly, there are guitar/keyboard parts on the later Biffy records, but more than anything we’re there to add weight to the the 3 piece. Simon’s guitar parts are really fucked. Like all these weird inversions and clusters. It would sound shit if we both play them, so i leave that stuff to him and I kinda beef up the bottom end, and adapt the string/horn parts for guitar. I love it.


You are also involved with Gambler (Richard Ingram) in the British Theatre project. After two EPs, are you thinking to creare a full length album? And, in your own opinion, what are the main differences between Oceanszie, British Theatre and Vennart?

It’s easy to diffrentiate between my album and what British Theatre’s forthcoming album, but then I’d have to start revealing what British Theatre is going to sound like, and I kinda want it to be a surprise. Suffice to say, it’s gonna be very different…Very different even to the previous EPs... With regard to how it compares to Oceansize - the basis difference is that I’m calling the shots here, and I don’t need to crowbar 100 different ideas into one song just to appease everyone. I’m proud of what Oceansize did, but sometimes it was just a little too showy, too clever for the sake of it.


Do you think that today, if Oceanszie were still together, you would preserved these songs for your solo album or you wouldn't have thought to publish something and simply offered them to the band?

I was dreaming of a solo album as far back as Frames, as it was clear that I had different tastes. I can tell you now, these songs wouldn’t have made it past the demo stage in Oceansize. They’re too simple, too tuneful and too optimistic. Frankly, if they HAD been worked on by that band there’s a good chance I would’ve been disappointed by the inevitable butchering they’d have received.


In their four studio album Oceansize have always tried to change and modify the writing approach, keeping the formal complexity intact. Do you think today they eventually would sound in a different way from Self-Preserved While the Bodies Float Up, your last album before you broke up?

I think in the last album you can hear the constant compromise. Oceansize HAD to operate by process of elimination. In other words, you had to cater for the tastes of each band member, otherwise you’d suffer their whinging forevermore about a song they hated. Self-Preserved… is varied but we’d lost direction. I tried to instigate a more sprawling/psychedelic/experimental edge but it just wasn’t really in our nature by that point. Don’t get me wrong, that album is great, and I’m proud of it, but it’s quite confused. It doesn’t really sound like a cohesive album like the previous works.


I think that there will be difficult to see you on tour in Italy...so, in your live shows do you play also some songs of Oceansize? If yes, what are the songs that you play?

Yes, we play some of the old songs. I’m not gonna tell you what they are, but they’re the ones that are most in keeping with the vibe of the music I’m making now.


Before saying hello, can you suggest to us and to our readers some new artists?

I don’t know about new, but I’m currently listening to Super Furry Animals, Matt Berry, Stealing Sheep, Vessels, Gaz Coombes, Blanck Mass, David Bowie, Kathryn Joseph….


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mercoledì 27 maggio 2015

VENNART - The Demon Joke (2015)


Spero che la maggior parte di quelli che si apprestano a leggere queste righe sappiano chi sia Mike Vennart. In caso contrario dovreste ovviare a questa lacuna, poiché questa mancanza vi ha fatto perdere una delle migliori band degli ultimi quindici anni: gli Oceansize. Mike Vennart ne era il frontman e motore vitale che, subito dopo la fine prematura del gruppo, si è dato da fare con l'amico Richard Ingram (aka Gambler) nel progetto British Theatre. Insomma, se mi chiedeste chi sono i tre gruppi fondamentali degli anni Zero vi risponderei: Oceansize, The Mars Volta e The Dear Hunter. Questo per chiarire che venerazione ho nei confronti di qualsiasi cosa provenga dal geniale universo Oceansize.

The Demon Joke è il primo album da solista di Mike Vennart, nato dopo un processo di lunga gestazione, nel mezzo della quale ci sono scappati anche molti tour con gli amici Biffy Clyro in veste di seconda chitarra e due EP a nome British Theatre, appunto. Vennart ha quindi coinvolto nella produzione della sua opera prima (lanciata con una campagna PledgeMusic e ufficialmente in uscita il 22 giugno per l'etichetta Superball Music) gli ex compagni di avventura negli Oceansize, Steve Durose e Gambler, nonché il giovane talentuoso batterista Dean Pearson appartenente ai Young Legionnaire.

Tra citazioni di progressive rock e Black Sabbath i primi due pezzi 255 e Doubt, con strappi da electro rock, parentesi lo-fi e chitarre spaziali, fanno quasi da preambolo al piatto forte che viene servito da Infatuate e Rebirthmark. Quest'ultima è un delizioso capolavoro di arrangiamento, minimalismo e orchestrazione, un po' come se gli XTC si fossero uniti al primo David Sylvian. Il carburante che fa da propellente a Infatuate è invece un basso lanciato come una locomotiva da un fuzz penetrante e una batteria marziale che ne incentiva l'incedere sciolto.



Duke Fame e Don't Forget the Joker sono due pezzi che a loro modo stupiscono: il primo per la prova vocale di Vennart che, nella sua versatilità camaleontica messa già in mostra con gli Oceansize, non aveva mai provato ad avvicinarsi con così tanto garbo a due dei suoi miti come Mike Patton e Ozzy Osbourne; la seconda perché è una ballata indolente tra le cose più lineari mai scritte dal chitarrista. L'altalena delle atmosfere continua con la diretta asciuttezza di Retaliate, ancora pervasa da un groove di basso lancinante, alla quale segue A Weight in the Hollow che ricalca le delicate e sognanti arie di A Penny's Weight (dall'ultimo album degli Oceansize).

Tanto inevitabile quanto ininfluente arriva il paragone con gli Oceansize. Inevitabile perché la voce e la chitarra di quel gruppo sono qui di fronte a noi, vive e riconoscibilissime, così come i giochi ritmici scanditi per disorientare il più possibile, nonostante le canzoni siano volutamente molto più accessibili di una volta, tanto che con Operate e il suo chorus solenne ci potrebbe scappare un singolo di successo (buono anche come soundtrack per qualche pubblicità). Inifluenete perché The Demon Joke non fa davvero rimpiangere la singolarità degli Oceansize anche se è un oggetto diverso e sembra un'appendice creata apposta per chiudere i conti con il passato (sintetizzata benissimo nel sentito inno Amends), come a dire che gli Oceansize sono un capitolo chiuso e che la nostalgia non appartiene a questi luoghi. Quindi mai come in questo caso sarebbe giusto affermare "il re è morto, lunga vita al re!".

 



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giovedì 6 febbraio 2014

Mike Vennart - Operate (2014, single)


L'ex frontman degli Oceansize, e attuale British Theatre, Mike Vennart ha inaugurato la sua carriera solista con il brano Operate, da oggi disponibile su Bandcamp. Vennart ha promesso di caricare altri brani in futuro, ma per ora accontentiamoci di questo, anche perché è un pezzo sensazionale. Su Operate fa la sua apparizione come ospite anche il chitarrista Steve Durose, altro ex Oceansize attualmente impegnato con gli Amplifier.