venerdì 28 giugno 2019

Le migliori uscite di metà anno 2019


Neanche il tempo di compilare il best of del 2018 che già siamo arrivati a metà del 2019, e come di consueto ecco un piccolo sunto che raccoglie 21 tra le migliori uscite pubblicate finora. Dopo un inizio anno un po' sonnacchioso, strada facendo ci sono state molte sorprese che si sono accavallate, tra le quali un ritorno in gran spolvero dei Biffy Clyro e un impensato (da parte mia) apprezzamento nei confronti dei Periphery. Ma tra tutti svetta la scoperta (relativa) dei Copeland che con Blushing firmano quello a cui, senza esagerare, non esito ad attribuire il termine di vero e proprio capolavoro. Naturalmente sarebbero da aggiungere alcuni pregevolissimi EP che però rimanderò alla solita lista separata di fine anno.


 1.Copeland - Blushing



2. Thank You Scientist - Terraformer



3.Umpfel - As the Waters Cover the Sea 



4.Snooze - Familiaris



5.The Mercury Tree - Spidermilk 



6.American Football - American Football (LP3)



 7.OWEL - Paris



8.East Of The Wall - NP-Complete



9.Anton Eger - Æ



10.Arch Echo - You Won't Believe What Happens Next!



11.Narco Debut - Strange & Ever-Changing Depths



12.Holding Patterns - Endless



 13.Periphery - IV: Hail Stan



14.Biffy Clyro - Balance, Not Symmetry


15.Moon Tooth - Crux



16.QUIET LIONS - Absenteeism



17.Firefly Burning - Breathe Shallow




18.The Jon Hill Project - Rebirth


19.Earthquake Lights - Distress Signals



20.IZZ - Don't Panic

21.Farmhouse Odyssey - Fertile Ground

giovedì 27 giugno 2019

La reunion dei Pure Reason Revolution al Midsummer Prog Festival 2019


Lo scorso ottobre, quasi in sordina, fu annunciata la reunion dei Pure Reason Revolution, uno dei gruppi prog più interessanti dello scorso decennio, scioltosi nel 2011 dopo tre album in studio e che regalò almeno un'opera memorabile da ricordare negli annali come The Dark Third. La reunion prevedeva una sola data live: il 22 giugno al Midsummer Prog Festival tenuto a Valkenburg in Olanda.

Ora che l'evento si è consumato possiamo dare notizie più dettagliate con l'aggiunta di qualche filmato dello show. Innanzitutto la reunion ha riguardato solo i due membri storici Jon Courtney e Chloë Alper che hanno deciso per l'occasione di suonare per intero The Dark Third. Durante questi anni entrambi sono stati impegnati separatamente in dei progetti musicali che solo parzialmente avevano ripreso gli elementi della musica dell'ultima fase dei Pure Reason Revolution: l'art rock elettronico dei Bullet Height per Jon Courtney e il power pop dei Tiny Giant per Chloë Alper.

Adesso sembra che anche questi due gruppi saranno messi in pausa indefinita poiché l'altra notizia sensazionale, riportata all'interno del flyer del festival, è che i due musicisti non si fermeranno a questa apparizione, ma stanno lavorando ad un nuovo album che, a detta loro, sarà un ritorno a quelle radici progressive degli esordi, abbandonate poi in seguito già dal secondo album Amor Vincit Omnia che conteneva sonorità contaminate dall'elettronica.

Di seguito la setlist completa eseguita al Midsummer Prog Festival e alcuni filmati:

Aeropause
Goshen's Remains
Apprentice of the Universe
The Bright Ambassadors of Morning
Nimos & Tambos
Voices in Winter / In the Realms of the Divine
Bullitts Dominæ
Arrival / The Intention Craft
He Tried to Show Them Magic! / Ambassadors Return

Encore:
The Twyncyn / Trembling Willows
Deus Ex Machina
Fight Fire










martedì 25 giugno 2019

The Contortionist - Our Bones EP (2019)


I The Contortionist hanno annunciato la pubblicazione per il 9 agosto del un nuovo EP dal titolo Our Bones che conterrà solamente quattro tracce. Tra queste una è la cover di 1979 degli Smashing Pumpkins che i The Contortionist hanno già avuto modo di suonare dal vivo in tour. Per il resto Our Bones si può quasi considerare come un maxi singolo in quanto, alla sua durata di quattordici minuti totali, si aggiungono solo tre tracce inedite: Follow, Early Grave (scelta come singolo) e All Grey, brevissimo pezzo dalla durata di poco meno di due minuti. Oltretutto i The Contortionist saranno in Italia per due date a ridosso dell'uscita di Our Bones, il 3 agosto a Venezia e il 4 a Milano. In attesa del vero e proprio successore del magnifico Clairvoyant, a giudicare da Early Grave il gruppo pare proseguire su quella linea che forse anticipa nuovi sviluppi.



lunedì 24 giugno 2019

GriffO(鬼否)- 通用计算 《NEO ENIAC》 (2019)


Il quartetto cinese di math rock GriffO, a seguito di due EP e qualche singolo, pubblica il suo primo album NEO ENIAC, il quale contamina ancora di più la musica del gruppo con orpelli di elettronica e suggestioni futuriste. Il lato più peculiare dell'album, riassunto in maniera eccellente da BBBall, è come riesca a passare da motivetti che sembrano prodotti da strumenti giocattolo, o comunque colonne sonore per videogame, a serissime e professionali trame math rock. Ascoltando le connotazioni dei brani Neatly e Kaleidoscope non si può negare che il ceppo di appartenenza vada ricollegato ad altre band dello stesso genere provenienti dall'estremo oriente, come tricot, Paranoid Void e Elephant Gym. Ma i GriffO sono brillanti sia quando non si prendono sul serio, nel singolo Tamagotchi ad esempio, sia quando serrano le fila nei riff sincopati di Malicious Maru. Nella lallazione infantile di Odd is as Much as Natural Numbers o nelle declamazioni robotiche di Siri Dance vengono a galla tutte le capacità utilizzate dai quattro per spaziare con più originalità possibile da un estremo all'altro. 通用计算 《NEO ENIAC》si offre come una boccata d'aria fresca nella scena math rock orientale, elevando i GriffO in primo piano accanto agli altri colleghi.



venerdì 21 giugno 2019

Black Midi - Schlagenheim (2019)



Nell'ultimo anno i black midi sono stati tra i più chiacchierati gruppi dell'underground londinese, costruendosi in poco tempo una forte reputazione grazie alle loro esibizioni dal vivo, tanto da richiamare l'attenzione anche Oltreoceano, partecipando al festival SXSW e incassando le lodi di Pitchfork. Tutti e quattro giovanissimi e freschi di diploma alla BRIT School di Croydon, i black midi hanno raggiunto uno stato di popolarità senza neanche pubblicare un album, ma solo una manciata di singoli. Schlagenheim è il debutto che esce ora per l'etichetta Rough Trade e prodotto da Dan Carey (Bat For Lashes, Franz Ferdinand), praticamente un condensato di quel math punk noise che i black midi offrono dal vivo molto spesso originati improvvisando tra di loro. Infatti, nonostante la giovane età, i quattro ragazzi hanno una invidiabile padronanza dei loro strumenti, sopratutto l'incredibile e pirotecnico batterista Morgan Simpson che si fa carico di sostenere gli strani e obliqui riff cacofonici del terzetto a corde costituito da Geordie Greep (voce e chitarra), Cameron Picton (basso, voce) e Matt Kelvin (chitarra, voce).

Tra i tanti attributi affibbiati alla musica dei black midi il termine "imprevedibilità" appare di sovente per descrivere il flusso sonoro, ma in realtà il gruppo sembra più affascinato da droni e reiterazioni di cellule strutturali che trasmettono quasi un senso di alienazione ipnotica, come nelle spirali siml sample di Speedway o nella marcetta psicotica bmbmbm. Quindi, più che vicini all'imprevedibilità del prog, i black midi si fanno paladini del futurismo nichilista alla Devo mescolato al Krautrock teutonico dei NEU! nell'ansiogena Ducter. Come dire che l'approccio rimane punk, ma l'intenzione è altamente pseudoartistica. In questa corsa all'avanguardia espressionista capitano alcuni colpi di genio come la destrutturazione post punk jazz di Raggae e Near DT, MI. I pezzi con cui i black midi danno sfogo alla loro parte più sperimentale e votata all'imprevedibilità sono i centrali Western e Of Schlagenheim, delle jam di gruppo trasformate in canzoni.

Ulteriore particolarità è la voce di Greep, il quale al cantato regolare preferisce spesso e volentieri intervenire in modo libero e fuori dagli schemi metrici, concedendosi ancora più anarchia di Adrian Belew impegnato in Elephant Talk. Ma nell'insieme troviamo frammenti del proto punk vandergraaffiano, sia che si tratti dell'immortale Pawn Hearts (e mi riferisco in particolare alla sezione centrale di MAN ERG) sia che si tiri in ballo l'Hammill solista di Nadir's Big Chance. Non a caso i King Crimson e i Van der Graaf Generator sono gli unici gruppi prog a cui si possa far eventualmente riferimento per quel caos organizzato e chitarrismo ossessivo muscolosamente mostrato in Years Ago e l'opener 953, due tra i brani migliori del lotto. Forse Schlagenheim non è quel debutto esplosivo che ci si poteva aspettare dai black midi, ma già il fatto che un gruppo del genere abbia generato tanto hype può essere solo un bene.


martedì 18 giugno 2019

Kenta Shimakawa - Glimpse (2019)


Abbandonato il moniker di TinderGodz (ottimo gruppo che avevo introdotto qui), il chitarrista Kenta Shimakawa porta con sé da quell'esperienza il sassofonista Baptiste Horcholle e pubblica a proprio nome il nuovo Glimpse. Con i talenti e l'aiuto di Louisa Rosi (voce), Guy Moskovich (piano) e Yoni Livnat (basso) Shimakawa produce un album dove vengono spinte al limite, in ogni direzione, le possibilità di jazz, djent, progressive rock e avant-garde, facendo coesistere in ogni brano le caratteristiche di ogni genere. Il tutto riporta a quel jazz metal di frontiera percorso in passato anche da Stimpy Lockjaw e The Gabriel Construct.

Il grande pregio di Shimakawa è di aver conseguito un pressoché perfetto equilibrio tra ognuno di questi generi in modo che uno non vada a sovrastare l'altro. Il livello tecnico e virtuosistico di Glimpse assume praticamente il ruolo centrale, dato che è concepito come un tour de force strumentale tirato ai massimi livelli. Per far capire quale sia il range stilistico abbracciato da Glimpse, i vocalizzi della Rosi, all'interno del contesto musicale, possono avvicinarsi agli Hatfield and the North (nella title-track) così come ad un misto tra il Pat Metheny Group e i Thinking Plague (su Oiseau e Dunyeah Pt.1 rispettivamente).

Il piano lirico del talentuoso Moskovich si inserisce nelle poliritmie con la destrezza di un Tigran Hamasyan o un Eldar Djangirov, mentre il sax (tenore e soprano) di Horcholle cuce riff etnici e veloci fraseggi memore dei bollori frenetici del jazzcore dei The Mars Volta. La finale Ambivalence, come indica il titolo, spezza in due il brano con una prima parte violentissima in stile Meshuggah, con i growl a cura di Kyle Schaefer, e una seconda parte che prende il volo in una jam fusion che vede tutto il gruppo impegnato a spendere ciò che è rimasto ancora intentato. Glimpse è un lavoro fatto per stupire dalla prima all'ultima nota, e in effetti ci riesce.



Bonus Track: Ambivalence (Shred Edition) che si trova solo nel download dell'album e che ha come strumento solitsta il piano anziché il sax.

venerdì 14 giugno 2019

Thank You Scientist - Terraformer (2019)


Che cosa ti puoi inventare ancora di più per stupire quando sei una progressive rock band con deviazioni funk fusion, composta da sette elementi che, con due album all'attivo, ha già prodotto un repertorio densissimo, complesso e accessibile in egual misura? La risposta dei Thank You Scientist è questo Terraformer: un doppio album di 84 minuti che, alla già ricca trama di strumenti di cui la band si fregia, aggiunge una sezione di archi, strumenti etnici prelevati delle culture greca e cinese (shamisen, bouzouki, guzheng, erhu) e per la prima volta tastiere elettroniche, in uno scontro di tradizione e futurismo, un esperimento messo a frutto con efficacia nei dieci minuti di Everyday Ghosts.

Questo, in poche lacunose parole, il sunto che può introdurre alla terza debordante opera del settetto del New Jersey, pubblicata ancora una volta dall'etichetta indipendente Evil Ink Records di Claudio Sanchez dei Coheed and Cambria. Terraformer è anche il primo lavoro che vede la line-up dei Thank You Scientist quasi completamente rinnovata con l'arrivo (da qualche tempo ormai) di Joe Fadem (batteria), Sam Greenfield (sassofono) e Joe Gullace (tromba), che vanno ad aggiungersi a Ben Karas (violino) e Cody McCorry (basso), lasciando come membri originali solo il fondatore e leader Tom Monda (chitarra) e Salvatore Marrano (voce).

La ricetta sonora che i Thank You Scientist portano avanti sin dal primo impressionante album è una delle più complesse, avventurose e pretenziose del panorama musicale contemporaneo, condensando una miriade di stili e sovrastrutture strumentali in brani che scambiano molto spesso la sperimentazione con l'accessibilità. Infatti, in questa selva di virtuosismi e architetture enfatiche, il gruppo rimane focalizzato sulla forza della melodia, parte della quale va sicuramente attribuita alla presenza vocale di Marrano, e ai groove infettati di soul, funk, latin e rock creati dai contrappunti di fiati e chitarra.

Per quanto possa essere paradossale i Thank You Scientist riescono in un'impresa forse senza precedenti e assolutamente impensabile nella prospettiva di tali latitudini musicali, ovvero firmare il loro album più articolato musicalmente e allo stesso tempo più accessibile per orecchie non abituate a tali vertigini. In più su Terraformer si raggiunge quell'equilibrio di mix e produzione dei suoni dove ognuno dei numerosi strumenti possiede una voce chiara e pulita. Un elemento sicuramente da sottolineare quando si parla dei Thank You Scientist e che già all'epoca di Maps of Non-Existent Places ci aveva fatto solo immaginare la mole di lavoro nel mixaggio per rendere giustizia ad un insieme sonoro così elaborato.

La paura principale che poteva far sorgere Terraformer era il rischio di risultare indigesto, proprio a causa del carattere straripante della musica del gruppo posta in un contesto da album doppio. Invece, come dei bravi scienziati, Tom Monda e compagni hanno contenuto la natura di un materiale altamente instabile, musicalmente parlando. Interessante è notare a livello temporale come le mezze misure siano state eliminate: o si raggiungono durate estese oppure molto contenute. Ad esempio il primo CD è circoscritto tra due tracce strumentali che sviscerano una quantità di idee - sia nella breve (Wrinkle) che nella lunga distanza (Chromology) - di jazz zappiano e hardcore fusion orchestrale da rimanere storditi. In mezzo si trovano FXMLDR (ovvero il codice fiscale di Fox Mulder), Swarm e Son of a Serpent, i primi a corrispondere in pieno a quella caratteristica appena descritta di brani avvincenti e orecchiabili, intrisi di assoli fusion e break progressivi.

Come accennato, oltre al violino di Karas, il gruppo aggiunge viola, violoncello e altri due violini utilizzati per dare corpo nei crescendo negli sviluppi di Anchor e Life of Vermin facenti parte del secondo CD nel quale si trovano brani più aderenti agli stratagemmi compositivi utilizzati nel primo e nel secondo album. Ma anche escursioni nel pop prog piuttosto disimpegnato (per loro) di Geronimo e nel metal matematico della title-track, portata a casa da Monda con la difficoltosa chitarra fretless, che come per il primo CD aprono e chiudono in modo antitetico la seconda tranche dell'album. Terraformer è un lavoro gigantesco nella forma e nella sostanza, però non è esagerato, eccessivo o ampolloso perché i Thank You Scientist vestono questa musica come fosse un completo elegante e naturale, rigettando la sensazione che possa invece trattarsi di un esercizio di stile forzato.

lunedì 3 giugno 2019

Farmhouse Odyssey - Fertile Ground (2019)


I Farmhouse Odyssey sono tra quelle poche band moderne che hanno capito come prendere ispirazione e utilizzare le sonorità e gli stilemi del progressive rock degli anni '70 e non risultare derivativi. Il trucco risiede in una ricca tavolozza di strumenti e sfumature elettroacustiche che fondono psichedelia, folk e jazz canterburiano, come già avvenuto nell'eccellente predecessore Rise of the Waterfowl (2016). Il terzo album Fertile Ground, come anticipato dal singolo Verve, torna a battere su quelle sponde, ma con un rinnovato interesse nell'esporre architetture più prossime all'elaborazione prog, tipo nella multiforme Betwixt and Between, che non a divagazioni strumentali.

Gli intrecci dell'ouverture Out of the Frog contengono ogni sorta di dettame sonoro che ci possa legare mnemonicamente al prog rock del passato, in cui troviamo il leader Alex Espe impegnato in vari fronti tastieristici con piano elettrico, Moog e Mellotron. Però i Farmhouse Odyssey riescono a trovare quell'emancipazione dai cliché tipica delle prog band americane che si spendono nelle jam psichedeliche e jazz alla Phish. La solare Ancient Yet Eternal con delicate progressioni di piano acustico e le chitarre che ricalcano sonorità hackettiane non fanno assolutamente percepire il peso di un ipotetico connubio tra Caravan e Genesis, ma come per The Call l'amalgama di intarsi acustici e interludi prog è così ben dosato da produrre una miscela personale.

La genesi di Fertile Ground è stata travagliata e sfortunata, anche se il gruppo ci scherza su definendola appunto un'odissea, l'album era quasi finito già l'estate scorsa, ma l'hard drive del computer dove erano stati registrati i brani ha avuto un guasto e tutto è andato perduto. La band si è così rimboccata le maniche per rifarsi daccapo una seconda volta, cogliendo l'occasione per migliorare il lavoro. E a quanto pare ne è valsa la pena.

sabato 1 giugno 2019

Altprogcore June discoveries



Gli Earthquake Lights sono un quintetto di New York che esordisce con Distress Signals, un album dal carattere pop jazz molto raffinato e melodie eteree come fosse un incontro tra i mondi musicali dei Copeland e dei primi The Reign of Kindo. Molto curato e suggestivo l'interplay tra il piano e l'orchestra (che è stata registrata niente meno che agli studi Abbey Road) presente in molti brani.



Formati dal chitarrista Joge Torres e dal batterista Stephen Wilson, i Deeply Woven sono completati da Shawn Hadid (chitarra) e da Sean Wallace (basso). Nel loro omonimo EP d'esordio pubblicato l'anno scorso vanno ad infoltire le fila di quella prog fusion strumentale imparentata col metal attraverso un bello stile. Tra reiterazioni in stile minimale, tastiere prog e passaggi ambient i Deeply Woven riescono a mantenere fresco, evanescente e propulsivo il sound. Un nuovo inedito singolo dal titolo The Unending Thread è uscito il 10 maggio.



Già titolari di uno spettacolare esordio con Popular Demain, i dublinesi Alarmist si apprestano a pubblicare il seguito con Sequesterer in uscita il 19 luglio. In un ipotetico abbraccio sonoro tra Three Trapped Tigers e Jaga Jazzist il math rock orchestrale del trio si tinge di elettronica e jazz spaziale.



Il duo chiamato The Resonance Project, formato da Lang Zhao (batteria) e Yas Nomura (chitarra e basso), suona un prog metal strumentale di alta classe e virtuosismo. L'omonimo album di esordio ospita molti musicisti e si colloca sulla scia della fusion djent degli Earthside, molto patinato e molto suggestivo.



Joseph Stevenson è il one man band che si cela dietro il moniker StarSystems, produttore e polistrumentista. Il suo prog rock strumentale è influenzato in uguale misura dalla fusion e dal lato più soft del djent alla Plini. Nel nuovo album Lift non mancano ospiti di prestigio alle tastiere come Richard Blumenthal (Aviations, Blumen) e Jordan Rudess.



The Act Of Disintegration è l'EP di debutto del musicista finlandese Joona Samuel (chitarra e tastiere) in uscita il 5 luglio. Il jazz rock suonato dall'ensemble diretto da Samuel attinge da influenze del passato e del presente, mostrando nelle sue varie diramazioni tematiche una molteplicità di stili sonori che vanno dai The Mars Volta a Chick Corea.


Trio di Melbourne incentrato su i due bassi di Matt Fack e Toby Peterson-Stewart ai quali si aggiunge Jerome Lematua alla batteria. The Mind's Eye è il terzo EP del gruppo e risponde alla domanda di come suonerebbe un incontro tra math rock e post rock.



Gli ex MoeTar Tarik Ragab e Moorea Dickason hanno formato la nuova band Raze the Maze il cui album d'esordio uscirà entro questo mese. Il primo singolo è Riot is a Storm e come direzione sembra molto più diretta e rock rispetto all'art prog a cui i MoeTar ci avevano abituato.




Appendice giapponese

Un disco d'esordio che si preannuncia scoppiettante di idee strampalate ma competenti quello dei De Lorians. Questi giovanissimi ragazzi di Tokyo si dicono ispirati in egual misura da Frank Zappa e dalla scuola di Canterbury, suonando un jazz irriverente e scanzonato che non manca di un retrogusto altamente anni '70. De Lorians è in uscita il 26 luglio.



I NABOWA sono una bella formazione di Kyoto che suona musica strumentale che raccoglie nel suo perimetro diverse influenze tra cui math rock, jazz, elettronica, neo classica, pop etnico, per un album dove ogni traccia è un mondo a sé stante.



Il duo giapponese ヨルシカ (Yorushika), formato dal produttore e compositore n-buna e dalla cantante suis, hanno pubblicato il terzo album だから僕は音楽を辞めた. Si tratta di j-pop nella sua essenza più pura e raffinata non esente da venature math rock lontanamente imparentato con quello dei JYOCHO.
http://yorushika.com/