venerdì 30 agosto 2013

KAYO DOT - Hubardo (2013)


Che Toby Driver, mente e leader indiscusso dei Kayo Dot e (prima) dei maudlin of the Well, fosse un imprevedibile sperimentatore non c'erano dubbi. E infatti, per il decimo anniversario dei Kayo Dot che cade quest'anno, ha deciso di spingere le cose all'eccesso. Hubardo nelle intenzioni di Driver, più che un album, vorrebbe essere una celebrazione della sua carriera musicale, mettendo sul piatto un pugno di composizioni che rispecchino a tutto campo quanto finora da lui prodotto con i suoi due gruppi principali. E' chiaro che lo spettro sonoro è molto ampio, partendo dal death metal spinto, fino alle sue varie declinazioni, passando attraverso l'avant rock e il jazz sperimentale.

Nel monumentale calderone vagheggiato da Driver (che uscirà in vinile triplo intorno a novembre) sono spalmati circa 100 minuti di musica estrema. Ma non nel senso che qualcuno si potrebbe aspettare. Infatti Driver in passato è stato sicuramente più all'avanguardia. Su Hubardo viene sacrificata la sperimentazione in nome dell'eclettismo. Le composizioni e la voce di Toby in realtà appaiono qui molto più normali e ortodosse del solito (a parte quando si cimenta nei famigerati growl). Gli elementi con i quali si vuol sorprendere sembrano essere piuttosto gli accostamenti improbabili, e stavolta forzati, dei vari stilemi che finiscono per confondere e disorientare. Qui della magia esoterica dei maudlin of the Well, la stessa che ha portato ad un capolavoro come Part the Second, non vi è traccia, così come non si scorgono le spaziali e aleatorie trame dei primi Kayo Dot.



La cifra stilistica di Hubardo sembra essere l'esagerazione. Basterebbe il pauroso poema growl di The Black Stone - un insostenibile doom slo-core di quasi 11 minuti - per capire l'intransigenza austera di un autore che fa di tutto per non farsi amare. I Kayo Dot sono trasformati, regrediti ad una specie di maudlin of the Well primegeni, privati però dell'anticonformismo psichedelico con il quale erano soliti sondare il metal. La singolarità dei dischi di Driver era trasportarci in terreni inesplorati, ma qui non c'è nulla che band come Voivod non abbiano già provato a fare. Hubardo porta con sé un altro difetto non da poco: anche se l'album è composto da più aspetti stilistici, quello che rimane veramente all'ascoltatore è la ferocia psicopatica delle parti di avant-garde metal (Zlida Caosaji (To Water the Earth), Vision Adjustment to Another Wavelenght, Floodgate) come fossero una sezione evidenziata in grassetto di un discorso molto più ampio e complesso.

A fare da contraltare ci pensano episodi dimenticabili come il sermone infinito (13 minuti) di The Second Operation (Lunar Water) e la depressione dark di The First Matter (Saturn in the Guise of Sadness), quasi in odore post punk alla Joy Division se non fosse per quella sua straniante cadenza al rallentatore. L'incontinenza della jam The Wait of the World (14 minuti) si spacca tra jazz e psichedelia, ma anche in questo caso risulta vuota e noiosa. Due aggettivi che sono un po' la summa di questa opera e dispiace davvero perché Toby Driver è stato una delle figure chiave dell'avanguardia rock statunitense, ma con gli ultimi lavori sembra aver perso l'ispirazione. Mi aspettavo molto da Hubardo e la delusione, purtroppo, è stata proporzionale all'aspettativa.

Tracklist:

1. The Black Stone (10:38)
2. Crown-In-The-Muck (8:54)
3. Thief (6:52)
4. Vision Adjustment To Another Wavelength (4:53)
5. Zodelida Caosaji (To Water The Earth) (5:26)
6. The First Matter (Saturn In The Guise Of Sadness) (9:29)
7. The Second Operation (Lunar Water) (13:19)
8. Floodgate (7:23)
9. And He Built Him A Boat (7:28)
10. Passing The River (10:12)
11. The Wait Of The World (14:23)

www.kayodot.net

martedì 27 agosto 2013

HAKEN - The Mountain (2013)


I miei sentimenti verso gli Haken sono sempre stati ambivalenti, nel senso che nelle loro grandiose suite trovo sia pregi che difetti del genere symphonic progressive metal. Suonate e prodotte benissimo, sia chiaro, ma talvolta ci sono dei passaggi stilistici troppo barocchi e pomposi.

Il 2 settembre uscirà il terzo album in studio The Mountain, il primo su etichetta InsideOut e il gruppo ha rilasciato in anteprima i brani Atlas Stone e Pareidolia. The Mountain ha il pregio di smorzare i toni pomposi dei due album precedenti e presenta un progressive rock molto più meticoloso nei passaggi strumentali, ma non altrettanto dal punto di vista compositivo. In pratica i pezzi migliori risultano essere quelli da una durata contenuta, come In Memoriam, Because It's There e la stessa Atlas Stone. In quest'ultima la direzione seguita è quella verso una riduzione di parti metal in favore di grandiosi passaggi armonici di piano e tastiere in pieno stile AOR, intermezzi fusion con contrappunti vocali e le solite parti sinfoniche, stavolta però sapientemente dosate.

Di contro, dove falliscono questa volta gli Haken sono nelle lunghe tirate che funzionano solo nelle parti strumentali, orchestrate con veri virtuosismi e interazioni tra i vari elementi del gruppo.
Come influenza dei grandi gruppi progressive del passato gli Haken decidono di pescare dal retaggio lasciato dai Gentle Giant. Molte sonorità e contrappunti vocali sono un palese tributo, fin troppo chiaro su Cockroach King, alla band dei fratelli Shulman. Ma tutto ciò non salva dalla monotonia la piatta lungaggine di Somebody o lo sfoggio di muscoli fine a se stesso di Pareidolia.



Il brano più lungo dell'album, Falling Back To Earth con i suoi quasi 12 minuti, macina riff prog metal e aperture sinfoniche in un connubio che potrebbe sembrare qualcosa di mezzo tra Pain of Salvation e Porcupine Tree. Qui si trova un po' la summa delle contraddizioni di questo lavoro che la buona volontà del gruppo vorrebbe portare a distaccarsi dal passato. Parte dell'ambizione eclettica ha lasciato il posto ad un progressive rock più di maniera, con metà delle idee ripetute fino alla noia (quando va male) e l'altra metà spese nel mostrare il loro valore come musicisti (quando va bene).


martedì 20 agosto 2013

VOLCANO CHOIR - Repave (2013)


Forse il successo ottenuto con il gruppo/pseudonimo Bon Iver deve aver già stancato Justin Vernon, pronto a chiudere quel capitolo della sua carriera, se non per sempre, per un bel po' di tempo. Sperando che sia solamente un pensiero fugace e di passaggio, in compenso, tra collaborazioni e apparizioni in album di altri artisti, Vernon è rimasto molto attivo musicalmente. Fino al ritorno verso i lidi del progetto che più si avvicina alla sua indole musicale, cioè questi Volcano Choir, una collaborazione nata e sviluppata insieme alla band di Milwaukee Collections of Colonies of Bees.

Repave, in uscita il 2 settembre, è il secondo capitolo di questa avventura che vede la luce a quattro anni di distanza da Unmap. Questo Repave, più di quanto non fosse stato Unmap, è un sorso d'acqua nel deserto per tutti coloro che temono di non ascoltare più in futuro qualcosa dei Bon Iver. Anche se Vernon si è occupato più che altro della stesura dei testi, le musiche dei Collections of Colonies of Bees fanno di tutto per riprendere e riprodurre quella estetica eterea, bucolica, con l'aggiunta di impalpabile elettronica, che ha caratterizzato il bellissimo Bon Iver, Bon Iver. Elementi di post rock e folktronica si fondono in delle composizioni che riportano battiti umani fusi con beat e loop elettronici, con in più l'ausilio del solito auto-tune che, utilizzato da Vernon in modo più invasivo del solito, talvolta è proprio seccante.


L'organo liturgico che apre l'album potrebbe fare da metafora per la specificità del rito laico con cui si deve affrontare l'ascolto di Repave. Questo album non andrebbe ascoltato nel chiuso di una stanza, ma va liberato, fatto respirare come un buon vino e assaporato all'aria aperta. Oltre all'udito si dovrebbe poi coinvolgere anche la vista. Repave, come suggerisce la copertina, si gusta meglio a contatto con la natura, necessita di alte vette montane o infinite praterie. La natura anthemica di questa musica, molto cinematografica e visuale, sembra fatta apposta per descrivere la bellezza che ci circonda.

Peccato che l'album si perda per strada nella seconda parte: delle otto tracce presenti le ultime quattro faticano a trovare l'intensità delle altre. I crescendo che portano a compimento pezzi memorabili come Tiderays, Comrade o Byegone sono compensati da scarni esperimenti non proprio riusciti (Keel), ballate lamentose (Dancepack) e altri che si salvano solo parzialmente (Alaskans e Almanac). Nel senso che i Volcano Choir vorrebbero spingere verso sperimentazioni minimaliste e vuote dissonanze, andandosi però a scontrare nella stagnazione dell'ovvietà. Un lavoro dal sapore ambivalente quindi, un dolceamaro che però trova la propria forza vitale nella potenza visuale e sinestetica evocata dalla musica. Vernon in questo si conferma un ammaliatore e uno dei migliori pittori di paesaggi sonori.





http://volcanochoir.com/

sabato 17 agosto 2013

The Mars Volta - Demo inediti in download gratuito


Nel gennaio di questo anno la bomba della notizia sullo scioglimento dei Mars Volta ha lasciato interdetti milioni di fan. Cedric Bixler diede il benservito a Omar Rodríguez-Lopez perché, troppo impegnato con i Bosnian Rainbows, aveva tralasciato i suoi doveri con la band principale. Bixler, dal canto suo, non è rimasto a guardare e ha formato con il bassista Juan Alderete gli Zavalaz.

Dopo otto mesi di silenzio però ecco che da qualche ora circola sul Web un file scaricabile gratuitamente e, a quanto pare, legalmente approvato dalla band, che riporta delle registrazioni inedite dei Mars Volta, comprendenti outtakes e demo, battezzato arbitrariamente The b-sides. Il materiale (15 tracce per 80 minuti di musica risalente all'ultimo periodo tra Octahedron e Noctourniquet) è stato messo insieme dallo storico fan forum della band The Comatorium con le esplicite istruzioni di condividere il tutto. L'operazione è stata approvata in un messaggio su Facebook anche dall'ex batterista della band, Thomas Pridgen, che all'epoca aveva preso parte alle registrazioni di alcuni di questi demo.


Ora, essendo tutt'altro che un estimatore dell'ultimo periodo dei The Mars Volta, metto già in chiaro che non si tratta di chissà che cosa. Tra questi brani compaiono pezzi strumentali che sono evidentemente delle jam in studio o abbozzi di idee di Rodriguez-Lopez per dare vita a qualcosa di più definito. Anche in questa veste di demo i pezzi trattengono la recente vena logorroica e autoindulgente del chitarrista. Poi ci sono altre out-takes cantate da Bixler che non si allontanano dallo stile di Octahedron (2009) e Noctourniquet (2012). Sappiamo che la pausa tra questi due album è stata la più lunga nella carriera della band - anche se Noctourniquet era già pronto da un pezzo prima della sua uscita - e probabilmente Bixler e Rodriguez-Lopez avevano accumulato molto materiale rimasto negli archivi. Oggi una parte di esso è trapelato, ma non si tratta certo di inediti imprescindibili, direi solo per curiosi e completisti.



Tracklist:

1- ,14 (possible outtake from Noctourniquet LP)
2-  98d87 (Molochwalker demo)
3- cmv8 (Sea is Rising demo)
4- dp (possible Omar Rodriguez-Lopez solo demo)
5- ef4 (possible Casate Colmillo demo)
6- eog-3
7- f39h (elements later used in the live version of Trinkets Pale of Moon)
8- f9h0 (another possible Casate Colmillo demo)
9- k49 (possible outtake from Octahedron LP)
10- pi4 (possible Happiness demo)
11- qr5`
12- s[fqw (similar to the first track on the collection)
13- xv8 (possible New York City demo or Asco Que Conmueve Los Puntos Erogenos demo)
14- y2g (Vicarious Atonement demo)
15- ytj6 (also similar to the first track on the collection)

P.S. Quel burlone di Cedric Bixler in un tweet dei suoi ha dichiarato che i pezzi erano stati prodotti da David Guetta in una sessione a Ibiza ed in molti ci sono cascati (compresi quelli di SPIN Magazine, in seguito presi per il culo dallo stesso Bixler). Mi chiedo che razza di giornalista musicale possa credere a questa fandonia: basterebbe conoscere il tenore farsesco di molti tweet di Bixler e la tipologia di "musica" (io preferisco chiamarla "spazzatura", whateva) che è solito "produrre" il DJ francese (e sottolineo DJ) per capire che il tutto poteva essere solo una colossale bugia. (Tu quoque Assante!).

venerdì 16 agosto 2013

Thought Chamber - Psykerion (2013)


Il progetto del polistrumentista Micheal Harris e del cantante Ted Leonard (Enchant, Spock's Beard) continua dopo Angular Perception, un album che mi aveva incuriosito più che altro per le sue affinità con gli Enchant. Da questi ultimi, oltre a Leonard, i Thought Chamber accolgono come ospite alle tastiere anche Bill Jenkins. Leonard sembra molto impegnato ultimamente, dato che questo è il secondo album uscito quest'anno in cui è coinvolto, dopo quello con gli Spock's Beard, e credo stia attualmente lavorando al nuovo studio album degli Enchant. Psykerion, in uscita il 16 settembre, si presenta sulla carta come un progetto ambizioso con le sue 16 tracce e la qui presente Transcend, molto ricca a livello tematico, che cerca di esplorare nei suoi 9 minuti le possibilità del progressive sinfonico e metal.



Tracklist:

01.    Inceptus
02.    Exodus
03.    Psykerion: The Question
04.    In The Words of Avakus
05.    Light Year Time
06.    Kerakryps
07.    The Black Hole Lounge
08.    Circuits of ODD
09.    Behind the Eyes of Ikk
10.    Isle of Bizen
11.    Xyrethius II
12.    Recoil
13.    Breath of Life
14.    Transcend
15.    Planet Qwinkle
16.    Inner Peace

https://www.facebook.com/ThoughtChamber

martedì 13 agosto 2013

Casey Crescenzo begins work on his first Symphony


Casey Crescenzo ha da poco rilasciato questa eccitante notizia:

The next musical endeavor for Casey Crescenzo will not be another record under The Dear Hunter moniker, nor a solo album, but a four movement orchestra he is composing. The goal is to have this new work performed by the Czech Republic's Brno Philharmonic Orchestra in the Fall. In order to have this vision become a reality, a PledgeMusic campaign has been launched to help fund the recording.

Casey says of the project, "With 5 full length records, including 36-song rock opera “The Color Spectrum” and most recently “Migrant” under my belt as The Dear Hunter, I am setting out on my next endeavor.

To write and record a Symphony with a full orchestra is a MAJOR undertaking, and comes with a tremendous financial commitment. The Symphony will consist of 4 movements and will be recorded by the BRNO Orchestra in the Czech Republic this November.

I am calling for your help, the fans, to support me in this venture, and make a truly memorable piece of music, and make a statement in the music community.
Most importantly, I’d like you to be a part of this journey - pledging not only ensures the release of this project, but also opens the door to a world of exclusive content.
By joining me on PledgeMusic, you’ll be getting an inside look at the making of this new recording. I’ll be sharing blogs, pictures, videos, rough tracks and more with you throughout this whole process. You’ll also have the chance to get involved in some very exclusive merchandise and interactive experiences.
I’m really looking forward to my first ever Symphony and for you to be right there with me the entire time."


http://www.pledgemusic.com/projects/thedearhunter

venerdì 9 agosto 2013

Una data italiana per il tour degli Half Moon Run

In molti stanno scoprendo solo ora l'indubbio valore degli Half Moon Run, tra questi ci sono anche i "santoni" di Rolling Stone che stanno dedicando alla band qualche attenzione, pubblicando anche questo video live.

Con un album d'esordio Dark Eyes risalente a più di un anno fa e pubblicato solo in Canada, gli Half Moon Run sono passati dall'anonimato di questo blog ad una più ampia popolarità, aprendo i concerti di band meno dotate di loro (ma più pompate mediaticamente) come gli odiosi Mumford & Sons e gli innocui Of Monsters and Men. Gli Half Moon Run hanno recentemente ripubblicato su vasta scala Dark Eyes grazie ad un contratto discografico con la Island e finalmente il 5 novembre passeranno anche da Bologna (al Locomotiv Club) per un concerto da headliners.

  http://www.halfmoonrun.com/

giovedì 8 agosto 2013

I migliori album che non avete mai ascoltato: GBOT - Body Rocket (2005)


Per parlare di questo album pubblico la mia recensione apparsa all'epoca (2005) su Wonderous Stories:

"GBOT è lo pseudonimo sotto il quale si nasconde una singolare e multiforme creatura musicale creata dal polistrumentista di Chicago, Gareth Fewel. Body Rocket è il suo biglietto da visita ed è una boccata d’aria fresca in un panorama musicale desolante. All’interno vi si possono trovare i generi più disparati fusi nelle dodici tracce che compongono questo piccolo gioiello: spruzzi di prog, intermezzi jazz e noise, volate psichedeliche e incursioni nel soul più puro. Questi elementi vanno a comporre un lavoro suonato con vivacità, eterogeneo e geniale, che desta curiosità e ammirazione, con un gusto enciclopedico degno di Todd Rundgren. 

Nonostante ciò GBOT, coadiuvato dal chitarrista (e co-autore) Dylan Jones e dall’ottimo batterista Kris Myers, non diventa mai pedante o didascalico. Le sue girandole inventive divertono e affascinano e nei testi non si prende mai troppo sul serio, come dimostra la ballad sbilenca Dumb Computer (i Radiohead con senso dell’umorismo). Per la sua imprevedibilità non sarebbe giusto analizzare tutti i brani di Body Rocket lasciando, come si dice in questi casi, la sorpresa all’ascoltatore. Ma, paradossalmente, questa stravaganza rende necessario un dovuto approfondimento grazie a pezzi come l’irresistibile Revolving Door, costruita su un piano martellante che sfocia in un trascinante ritornello, o Better Left Unsaid, sorta di dolce serenata country-prog. Cadaver e Protein sono due brani che strizzano l’occhio al soul R&B anni ’70 ed in particolare la prima sembra un omaggio a telefilm come Shaft (con wah-wah e Fender Rhodes a profusione!). 

Nella calma apparente di Cookie Cutter e Away tornano a galla echi di Radiohead e Coldplay, senza mai risultare ingombranti, anzi GBOT trova vie del tutto originali per integrare le  sue tante influenze, siano esse palesate o meno. In definitiva Body Rocket è una delle più belle sorprese dell’anno, anche se non lo vedremo nelle classifiche dei migliori album indipendenti e rimarrà nel sottobosco musicale, vale sicuramente la pena dargli una possibilità."



martedì 6 agosto 2013

Moving Mountains - Moving Mountains (2013)


Nella discografia dei Moving Mountains ho veramente apprezzato solo l'ultimo album in studio Waves del 2011 e da lì in poi ho dato a loro spazio in questo blog, pensando che potessero essere tenuti d'occhio. L'esordio Pneuma e l'EP Foreword presentavano un post rock lo-fi che incorporava anche elementi shoegaze, ma erano anche piuttosto ingenui nel perseverare in reiterazioni monotone. Waves aveva avuto almeno il merito di dare una scossa a questo torpore e mi incuriosiva dove poteva portare la band.
Il gruppo ha pronto per il 10 settembre il nuovo album dal titolo omonimo e le prime tracce sono state presentate in dei video registrati live in studio. Ora, se questa è la nuova direzione dei Moving Mountains il materiale mi sembra deboluccio e abbastanza noiosetto. Ad ogni modo a voi l'ascolto:









Tracklist:

1 SWING SET 
2. BURN PILE 
3. HANDS  
4. SEASONAL
5. EASTERN LEAVES 
6. HUDSON  
7. UNDER A FALLING SKY  
8. CHORDS 
9. APSIDES

lunedì 5 agosto 2013

THE VENETIA FAIR - Every Sick, Disgusting Thought We've Got In Our Brain (2013)


The Venetia Fair è un quintetto di Boston che ha alle spalle un album (The Circus del 2009) e un EP (The Pits del 2011) dove la musica, proprio come il titolo del primo lavoro può suggerire, subisce un trattamento caotico e teatrale. Decidere di ascoltare un loro album significa essere predisposti ad immergersi in un mondo carnevalesco fatto di freak, caroselli, orchestrine mariachi e reietti emocore.

I The Venetia Fair, nel secondo album Every Sick, Disgusting Thought We've Got In Our Brain, imbastiscono così una scorribanda di post hardcore che incontra l'opera rock, pagando tributo ai The Dear Hunter più teatrali, agli Hotel of the Laughing Tree, ma anche ad una band più prettamente progressive come gli svedesi A.C.T. Ma questo album trasuda anche una certa ambizione naif per una visione musicale grandiosa, anche troppo per le corde del gruppo, che infatti molto spesso gli sfugge di mano. Se esistesse un genere "rock steampunk" penso che i Venetia Fair potrebbero esservi inseriti senza problemi. Il loro è un rock orchestrale suonato con irruenza punk che sembra sbucato fuori dagli anni '30 con accenni alle operette vaudeville dei Queen e le soundtrack da film western di Ennio Morricone.

Il gruppo stesso approccia i propri strumenti con arrangiamenti al limite dello spasmo, carichi all'inverosimile, il cantante Benny Santoro si adatta benissimo a questa filosofia con enfasi melodrammatica talvolta stucchevole. Every Sick, Disgusting Thought We've Got In Our Brain per questo può risultare indigesto da quanto è debordante ed esagerato, anche se, in fondo, qualche buona idea riesce ad indovinarla.



www.facebook.com/thevenetiafair

sabato 3 agosto 2013

DEAD LETTER CIRCUS - The Catalyst Fire (2013)


Il secondo album in studio degli australiani Dead Letter Circus, in uscita il 9 agosto, arriva a poco più di due settimane di distanza da Asymmetry dei colleghi e conterranei Karnivool. Come lavoro è molto facile da recensire, a patto che si conosca almeno il disco d'esordio della band. Infatti, proprio come il singolo Lodestar lasciava intendere, la critica più negativa che si possa muovere a The Catalyst Fire è che non si smuove di un millimetro dalla linea dettata da This is the Warning. Se, al contrario, non avete ancora idea di chi siano i Dead Letter Circus potreste tranquillamente partire da qui, in quanto The Catalyst Fire, nella sua ripetizione di schemi, rimane una buona prova di alternative rock forgiata su ritmiche elettroniche, psichedelia e un pizzico di nu metal.

Quello che manca è un vero e proprio effetto sorpresa, sottolineato anche dal fatto di non trovare uno o più brani che spicchino sopra ad altri. L'album appare, così, monolitico e omogeneo, dove la qualità musicale resta più o meno invariata per tutti i 46 minuti di durata. A farla da padrone sono sempre l'ottima voce di Kim Benzie, che raggiunge senza difficoltà un'estensione notevole, e le ritmiche tribali di Luke Williams che spesso si confondono con battiti elettronici della drum machine. Un discorso a parte meritano le chitarre. Il gruppo ha incassato lo scorso anno l'abbandono del chitarrista Rob Maric, uno dei membri fondatori, rimpiazzato da Clint Vincent che riprende lo stile impiantato dal suo predecessore, con riff riverberati, eterei, ma molto elettrificati e saturi. Al contrario dei Karnivool i Dead Letter Circus non si sforzano abbastanza per progredire e questa staticità artistica finisce per penalizzare The Catalyst Fire, facendolo apparire come un'appendice in tono minore di This is the Warning.



http://deadlettercircus.com/

venerdì 2 agosto 2013

Ghost Parade - Foundation (2013)

 
Ecco un'altra band che ha delle potenzialità di crescere nel tempo. Per ora questo duo di San Francisco formato dai due chitarristi Justin Bonifacio e George Woods, ha pubblicato solo questo EP che mostra delle buone intuizioni anche se ancora ai brani manca quel quid epico che potrebbe avvicinare i due ai The Receiving End of Sirens e The Dear Hunter. Comunque un buon EP.
 
 


giovedì 1 agosto 2013

FS - Cheers and Fears from the Past Year (2013)


Gli FS sono un tre ragazzi di Greenville (North Carolina) che suonano emo e post hardcore. Detta così è un po' lapidaria come definizione, invece questo EP di 5 tracce ha molto più da offrire. Ciò che mi ha spinto all'ascolto di Cheers and Fears from the Past Year è stata la citazione dei Damiera tra i gruppi che hanno influenzato la musica del trio. E devo dire che gli FS non mi hanno deluso: seppur giovani i tre scrivono con una sensibilità tecnica invidiabile, dando spazio sia a intricati riff, sia a melodie memorabili, ricordando in qualche passaggio anche i Coheed and Cambria. Proprio come i Damiera o gli attuali Hidden Hospitals le canzoni hanno una durata molto compressa, il che non preclude le continue sorprese che hanno da offrire. Se questo è solo un antipasto credo che la futura portata principale sarà da non perdere.