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domenica 10 settembre 2017

Motorpsycho - The Tower (2017)


In uno degli sketch più famosi e apprezzati del Saturday Night Live alcuni comici del cast dell'epoca (tra cui Will Ferrell e Jimmy Fallon) impersonano i Blue Öyster Cult intenti a registrare in studio la famosissima (Don't Fear) The Reaper, mentre l'immaginario produttore interpretato da Christpher Walken li interrompe di volta in volta spronandoli ad usare "more cowbell!". Un meccanismo simile deve essere scattato anche nei pensieri dei Motorpsycho mentre preparavano The Tower, soltanto che questa volta il mantra che risuonava nella loro testa deve essere stato "more mellotron!". Arrivati ai bombardamenti tastieristici dell'ultimo brano Ship of Fools si rimane infatti quasi spiazzati per quanto il gruppo di Trondheim questa volta abbia spinto su sonorità prog vintage, anche se a guardar bene nel nuovo album troviamo in abbondanza un po' più di tutto: dalle chitarre alle tastiere fino all'estensione della durata dei pezzi. Forse non poteva essere altrimenti dato che i Motorpsycho erano alla ricerca per l'ennesima volta di un nuovo corso che li rimettesse in carreggiata dopo l'improvviso abbandono di Kenneth Kapstad, sostituito dallo svedese Tomas Järmyr anche lui come Kapstad proveniente dal conservatorio di Trondheim.

La voglia di superare il trauma per un altro batterista perso per strada è stata così forte da spingere Bent Sæther e Hans Ryan a trasferirsi negli studi californiani Rancho De La Luna con il produttore Dave Raphael per registrare un doppio album che, nelle intenzioni, dovesse eguagliare le ambizioni del passato. Ma, nonostante l'annuncio di una rinnovata prospettiva stilistica, The Tower più che l'apertura di una nuova éra, sembra più simile alla chiusura di un lungo capitolo. I Motorpsycho degli anni Zero sono stati abbastanza differenti nell'eclettismo rispetto a quelli che abbiamo imparato a conoscere per tutti gli anni '90. Lo spaziare da un genere all'altro tipico della band si è sublimato negli ultimi dieci anni in uno stoner heavy rock psichedelico molto debitore verso le sonorità degli anni '60 e '70, un elemento che era presente in parte anche nei primi Motorpsycho a dire il vero, ma che comunque veniva tradotto con stilemi conformi all'epoca del grunge e dell'alternative rock.

The Tower appare quindi come un riassunto di tutto il periodo in cui ha militato nel gruppo Kapstad, da Little Lucid Moments (2008) fino al recente Here Be Monsters (2016), cercando di replicare specialmente quell'epica progressiva di The Death Defying Unicorn senza però raggiungere l'incisività che ha reso quel lavoro il più interessante esperimento dei Motorpsycho del nuovo millennio. Quello in cui abbonda The Tower sono le digressioni strumentali nelle quali il trio può sbizzarrirsi in temerari soli, con particolare menzione e spazio per le chitarre di Snah e dell'ospite Alain Johannes (musicista di lunga data che ha collaborato con Chris Cornell, PJ Harvey, Queens of the Stone Age e che inizialmente avrebbe dovuto essere il produttore). Sotto tale aspetto va sottolineato quanto i Motorpsycho abbiano contato sulle proprie capacità di esecutori, presentando il materiale più articolato e trasversalmente prog dai tempi di The Death Defying Unicorn appunto, dove le lunghe divagazioni soliste non proseguono in un vortice sonico potenzialmente infinito, ma possiedono un'identità di sviluppo ben definita e giustificata, almeno così sembrano quelle della title-track e di Bartok of the Universe. Anche Järmyr da parte sua ha affrontato questa sfida in modo diligente e professionale, restando nei ranghi e non esponendosi troppo per il momento, forse in attesa di studiare più a fondo le dinamiche dei suoi due compagni.

In pratica sono queste le qualità (comunque non da poco) che alla fine tengono in piedi "La Torre" dei Motorpsycho e la àncora saldamente al presente. Il problema giace piuttosto nell'aver presentato una collezione di brani priva di uno spiccato senso di emancipazione dal passato: In Every Dream Home, The Cuckoo e A.S.F.E. ripropongono riff hard blues che avremmo potuto ascoltare dai Motorhead, mentre sul versante ballate acustiche Stardust e The Maypole sono sicuramente pregevoli nel ricreare quelle visioni West Coast dei CSN, ma la spontaneità indie di Sungravy, Wishing Well o The Skies Are Full Of ...Wine? era ben altra cosa. Intrepid Explorer si sposta nel reame interstellare delle improvvisazioni lisergiche tanto care ai Pink Floyd e sul versante acustico-pastorale a dare man forte ci pensa A Pacific Sonata: toni rilassati e assoli che volteggiano in oceani psichedelici nella prima parte e poi un crescendo cadenzato e minimale di piani elettrici incrociati. I brani di punta sono quindi lasciati in chiusura aggiungendo la già citata Ship of Fools che si stratifica in molteplici pieghe prog: ci sono gli Yes, c'è il mellotron di Watcher of the Skies e la tensione dell'Apocalisse in 9/8, ci sono gli immancabili King Crimson e i Van der Graaf Generator in un'alternanza di atmosfere ora cupe ora solari. Veramente notevole. The Tower è un disco che osa e abbonda, non sempre inteso da una prospettiva lusinghiera, però è forse il miglior album che i Motorpsycho potessero realizzare in questo momento.

giovedì 11 febbraio 2016

Motorpsycho - Here Be Monsters (2016)


Dopo The Death Defying Unicorn (2012) e En Konsert for Folk Flest (2015), Here Be Monsters segna la terza collaborazione su disco tra il rinomato trio di Trondheim e il tastierista d'impostazione classica, ma imprestato al rock, Ståle Storløkken. Come i due predecessori, anche quest'ultima opera dei Motorpsycho prende le mosse da un lavoro su commissione, composto nel novembre 2014 per celebrare il centennale del Norwegian Technical Museum. Il materiale fu eseguito dal vivo una sola volta e, dati gli impegni, Storløkken non poté dedicarsi con il gruppo a lavorare per realizzarne un album. Ecco spiegato quindi perché Storløkken questa volta non condivide il nome in copertina, dato che i tre Motorpsycho sono tornati sul progetto e lo hanno trasformato in un nuovo capitolo discografico del gruppo, affidando le parti di tastiera a Thomas Henriksen che ha anche co-prodotto l'album insieme alla band.

A parte le brevissime sonatine per piano Sleepwalking e Sleepwalking Again (ognuna di cinquattasette secondi), Here Be Monsters consta di cinque brani di cui uno è la cover di Spin, Spin, Spin: un vecchio pezzo di folk psichedelico scritto da Terry Callier per gli H.P. Lovecraft (e incluso nel loro secondo album del 1968) che i Motorpsycho avevano da molto tempo intenzione di reintepretare, mantenendolo comunque abbastanza fedele all'originale. Il fatto che questa canzone, oltre ad essere una cover, è stata scelta anche come singolo, ci fa intuire che gli altri pezzi rimanenti siano, come al solito, delle lunghe cavalcate rock nella tradizione del gruppo, cosa che puntualmente avviene.

Dopo ventisette anni di onorata carriera (celebrata lo scorso anno con un libro, la prima compilation antologica della loro storia e una retrospettiva al museo Rockheim), i Motorpsycho si sono costruiti una reputazione tale che ad ogni nuova uscita corrisponde l'attesa per quale direzione potrebbe imboccare la loro musica. Negli ultimi tempi comunque, a parte qualche rara eccezione, si sono dedicati ad un rock massicccio, psichedelico e anche un po' stoner, copione che viene rispettato in parte anche su Here Be Monsters. Da questo lato possiamo rintracciare I.M.S., un pezzo spedito e ritmato, ma poco incisivo e che pare una outtake dalle sessioni di Black Hole/Blank Canvas. Poi c'è il tour de force Big Black Dog: quasi diciotto minuti posti nel finale. Il movimento iniziale non potrebbe essere più ammaliante fatto di chitarre arpeggiate, polifonie che si aggiungono mano a mano che il pezzo prende forma e un tocco di mellotron. Dopo l'introduzione irrompe un groove heavy dai toni cupi, che bene o male non ci lascerà per tutta la durata, al quale il gruppo affianca voci dal carattere epico e messianico e momenti intensamente crimsoniani.

L'altra faccia dell'album ci mostra che nella band è ancora saldamente presente l'influsso della psichedelia sixties West Coast, soprattutto nella strumentale e suggestiva Running with Scissors, con accompagnamento di chitarra acustica, piano e chitarra elettrici a mescolare suoni pastello che riverberano un caldo sole estivo. Questo sole lo troviamo metaforicamente al tramonto nella speculare e suadente Lacuna/Sunrise, una lenta e atmosferica elegia floydiana con tanto di groove centrale per fare spazio alla solita improvvisazione lisergica. I Motorpsycho in fondo sono rimasti dei California Dreamin' norvegesi dai tempi di Let Them Eat Cake e Phanerothyme. Alla fine Here Be Monsters si culla tra questi due aspetti che ormai, credo, i tre abbiano scandagliato abbastanza, servendosi di brani però non sempre incisivi o in grado di lasciare un segnale che faccia prevedere qualcosa di nuovo nell'orizzonte del gruppo.      


Motorpsycho - Spin, Spin, Spin from Motorpsycho on Vimeo.

giovedì 2 gennaio 2014

Spidergawd - Spidergawd (2014)


Dopo aver stuzzicato l'appetito con il singolo Into Tomorrow / Devil Got My Woman, il nuovo supergruppo norvegese Spidergawd - formato dall'ex Cadillac Per Borten (chitarra, voce), Rolf Martin Snustad (sax) insieme ai due Motorpsycho Kenneth Kapstad (batteria) e Bent Sæther (basso) - è pronto per debuttare con l'album omonimo il 29 gennaio. Spaidergawd sarà pubblicato dall'etichetta di Trondheim (città natale dei musicisti) Crispin Glover Records in una prima edizione limitatissima di 125 copie in vinile viola. La musica degli Spidergawd, per quello che sinora è trapelato, potrà sicuramente piacere ai fan dei Motorpsycho, soprattutto se si è apprezzato gli ultimi lavori come Heavy Metal Fruit, proiettata verso un ruvido stoner rock con venature blues psichedeliche.






http://spidergawd.no/

venerdì 12 aprile 2013

MOTORPSYCHO - Still Life with Eggplant (2013)


Prima di tutto un cenno storico. Comunque la si pensi sulla loro musica, piaccia o meno, i Motorpsycho meritano rispetto da chiunque. Che io sappia è l'unica band al mondo che non ha mai avuto una piattaforma ufficiale sul web di qualsivoglia tipologia, fatta eccezione per una pagina MySpace mai aggiornata e ormai caduta in prescrizione. I Motorpsycho hanno sempre resistito alle tentazioni del mondo digitale, lasciando che fossero i fan, con cura e devozione, ad occuparsi della creazione di pagine web a loro dedicate. E, pure restandosene defilati, Bent Saether e Snah Ryan sanno di essersi conquistati durante gli anni una schiera di fan inossidabili, che li segue anche senza l'aiuto di Internet. Questa cosa la dice lunga sulla concezione del businness musicale del trio norvegese, una visione artigianale vecchio stampo che si riversa anche nella loro musica che attinge a piene mani dagli anni d'oro del rock.

Da oltre vent'anni il mezzo privilegiato per conoscere e amare i Motorpsycho sono i concerti, dove la band ogni volta spende tutte le proprie energie per regalare grandi emozioni al suo pubblico. Considerata anche la loro prolificità, si può aggiungere che non è da tutti essere ancora insieme dopo tanto tempo sulla breccia, alternando studio, viaggi da un palcoscenico all'altro e promozione, in una girandola che sfiancherebbe anche il più consumato rocker. Da tutto questo trapela una voglia di suonare e fare musica che denota da parte loro una sincerità e una passione non comuni.

Per le registrazioni di Still Life with Eggplant i Motorpsycho sono tornati ai mitici Brygga Studio di Trondheim - gli stessi che diedero i natali a Timothy's Monster -, hanno ingaggiato come ospite il chitarrista Reine Fiske - praticamente una leggenda del prog svedese che ha militato in band come Landberk, Paatos e Dungen - e infine si sono accontentati di una durata più contenuta del solito (45 minuti circa). L'ispirazione al rock classico del passato, che da sempre anima la musica dei Motorpsycho, si adagia questa volta sull'America degli anni '60, continuando grosso modo il discorso di Heavy Metal Fruit, ma senza la verve di un tempo.



Un riff mortifero apre Hell, Part 1-3, trasformandosi nell'hard blues che ormai ha suggellato le ultime uscite degli psychonauti da Little Lucid Moments a Heavy Metal Fruit. L'unica nota di distinizione sono delle linee vocali che fanno sembrare il pezzo un garage rock cantato dagli Yes. La coda finale, con il fill di batteria e il groove di basso e chitarra, è piuttosto sconclusionata e inutile. Molto, molto raramente i Motorpsycho hanno inserito delle cover nei loro album e questa volta hanno deciso di includere August dei Love. Una scelta singolare che però, alla luce dei fatti, si sposa bene con l'estetica del trio in quanto l'originale è fondamentalmente un rock country blues con un sound e divagazioni strumentali che i Motorpsycho avranno sicuramente studiato tanto sono simili alle loro ultime cose.

Barleycorn (Let It Come, Let It Be) e The Afterglow sono dei brani di folk psichedelico, alquanto incolori e poco incisivi, che si ricollegano ancora all'estetica americana del vecchio flower power. Il fulcro dell'album è rappresentato dai 17 minuti di Ratcatcher che indulge di nuovo su improvvisazioni e lunghe divagazioni strumentali (dal retrogusto jazz). Un tempo i Motorpsycho preferivano (giustamente) relegare questi vezzi alle esibizioni live, dando agli assoli in studio un'architettura ben definita che poi veniva puntualmente destrutturata in fase di esibizione. Da un po' di tempo questa pratica ha preso prepotentemente piede anche in studio con l'effetto pericoloso di provocare noia. Pensavo che con Heavy Metal Fruit i Motorpsycho si fossero saziati, invece non è stato così e ci hanno regalato un nuovo album fotocopia.

Il vero rimpianto riguarda lo svanimento di quell'eccitazione che corrispondeva ad ogni nuova uscita, derivata dall'imprevedibilità della direzione musicale che il gruppo avrebbe intrapreso. Fatta eccezione per il monumentale concept uscito lo scorso anno, i Motorpsycho stanno percorrendo ormai una strada che riporta sempre nello stesso punto. La pecca principale di Still Life with Eggplant è quella di non contenere un vero brano guida, un climax o qualcosa che spicchi veramente e che possa andare ad aggiungersi ai tanti cavalli di battaglia del gruppo. Tutto appare sbiadito un po' come lo era It's a Love Cult, facendo risultare ancora più impersonale e derivativa la loro formula. Diciamo che Still Life with Eggplant non sarà da annoverare tra le migliori pubblicazioni all'interno dell'estesa discografia dei Motorpsycho.

domenica 11 novembre 2012

Motorpsycho - Blissard Deluxe Edition (2012, 4 CD)


Dopo averci deliziato con la deluxe edition del capolavoro Timothy's Monster, la Stickman Records pubblicherà il 23 novembre un quadruplo box set dedicato a Blissard, album del 1996. I Motorpsycho fecero seguire il più contenuto Blissard allo straripante e monumentale doppio Timothy's Monster che sancì una svolta seminale nella carriera della band. Blissard, come nella tradizione del trio norvegese, fu una di quelle opere che cercò di cambiare prospettiva stilistica, dedicandosi a canzoni con una minor percentuale di progressive e indirizzata più verso suoni duri e abrasivi derivati dall'alternative rock, il grunge e anche un pizzico di pop rock. Anche se comunque il retaggio progressive e noise della band era ancora ben presente in brani come S.T.G. e Greener.

Questa edizione contiene numerosi inediti, versioni alternative di brani editi, ma anche tutte le b-sides dei vari EP usciti in concomitanza con l'album (Manmower, The Nerve Tatoo) e che sono comunque diventate parte integrante della storia della band.

Motorpsycho originally released their masterpiece album "Blissard" in 1996 to worldwide acclaim. Now, almost 2 decades later, they've emptied the vaults and have compiled the ultimate box-set consisting of the original tracks, different recording sessions, rejected mixes, songs lost along the way and, at times, absolute musical mayhem. A must-have for hardcore Motorpsycho fans and an interesting insight for all music lovers into the workings of one of the world's most prolific indie bands.










Tracklist
Disc 1: Blissard vol. 1 The Original Album

Sinful, Wind-borne
"Drug Thing"
Greener
's Numbness
The Nerve Tattoo
True Middle
S.T.G.
Manmower
Fool's Gold
Nathan Daniel's Tune From Hawaii

Disc 2: Blissard vol.2 - When The World Sleeps (The KiT-sessions, 1994)

Stalemate
Flick of the Wrist
When the World Sleeps
Black W'abbit
The Ballad of Patrick & Putrick
7th Dream
Mad Sun

Disc 3: Blissard vol.3 - The Pidah Mixes

Sinful, Wind-borne
"Drug Thing"
Greener
The Matter With Her
's Numbness
The Nerve Tattoo
Manmower
Like Always
True Middle
S.T.G.
Stalemate

Disc 4: Blissard vol.4 - The Ones That Got Away B-sides, rehearsal tapes, the Atlantis psychosis files...

The Nerve Tattoo
Of Beacons & Beams
The Wheel
Pale Day
Mad Sun (short version)
A Saw Sage Full of Secretion
Heaven and Hell
Sterling Says
Never Judge
Baby Scooter
In the Midst of All That
Silver Tongue
Dave Gave Up
That Dying Breed
"Drug Thing"
A Shortcut to the Stars
Aa Luna
Atlantis Swing
Familjen tar plats i studion/Fyra kvällar session
Jazz på trøndska

http://www.stickman-records.de/

domenica 12 febbraio 2012

MOTORPSYCHO & Ståle Storløkken - The Death Defying Unicorn (2012)


Dopo aver passato gli anni ’90 a sfornare un album più memorabile dell’altro, i Motorpsycho hanno attraversato il decennio successivo a rincorrere l’ombra di quello che erano stati, senza mai eguagliare quei picchi di copiosa creatività. Ci riescono solo ora con quest’opera firmata insieme al pianista e compositore Ståle Storløkken (che accompagnerà anche la band in tour) e che si avvale di un ensemble - la cui estrazione attraversa trasversalmente generi come classica, folk e jazz - che comprende il violinista Ola Kvernberg, l'orchestra di archi TrondheimSolistene e la Trondheim Jazz Orchestra.

I Motorpsycho non sono certo nuovi a connubi del genere, in quanto The Death Defying Unicorn (doppio LP/CD) si va a inserire in un’ideale trilogia partita con il live Roadworks vol.2 - insieme al quartetto jazz The Source - e proseguita con In the Fishtank in collaborazione con i Jaga Jazzist. Diffidate, però, da chi afferma che questo concept album è il solito presuntuoso esperimento di rock che incontra la musica colta, anche se il materiale è stato commissionato alla band nel 2010 in occasione del cinquantesimo anniversario del Molde International Jazzfestival.


The Death Defying Unicorn è puro "Motorpsycho sound", che prosegue, a livello musicale, ciò che i tre di Trondheim hanno prodotto ultimamente: un proto-stoner rock psichedelico, debitore tanto degli inni selvaggi degli MC5, quanto del primordiale heavy blues di Blue Cheer, Black Widow e High Tide. Da Little Lucid Moments i Motorpsycho hanno preso gusto nel gettarsi a capofitto in jam tripedeliche, creando un parallelo in studio con quello che generalmente sono soliti fare dal vivo. Ciò che è differente questa volta è il contesto, che trova il giusto pretesto per motivare tali eccessi. Magari il materiale qui contenuto potrà risultare indigesto a molti, ma non vorrei che a criticare fossero gli stessi che gridavano al capolavoro all’epoca di Un Chien d’Espace, brano-prototipo per tutte le sperimentazioni a venire dei psychonauti.

La costellata schiera di ospiti non porta a risultati pomposi come un ipotetico [inserire gruppo] with the Philarmonic Orchestra, ma serve più che altro come contorno e rifinitura a delle idee già poggiate su solide basi psichedelico-progressive. L’orchestra ha i suoi momenti in primo piano in quelli che si possono definire intermezzi o ouverture (Out of the Woods, Doldrums, Flotsam). Gli arrangiamenti con archi e fiati di Storløkken, quelle rare volte che punteggiano il cantato, lo fanno ad arte, come nella straordinaria Into the Gyre, che porta in dote una frattura crimsoniana dalla quale si stacca un crescendo frenetico, o nella salmodia Oh, Proteus - A Preyer, suo seguito naturale.

Motorpsycho & Staale Storloekken - Into The Gyre by StickmanRecords

Altrimenti i protagonisti sono proprio loro: i bombardamenti del basso fuzz di Bent Seather, la chitarra acida di Snah e la sapiente e instancabile batteria di Kenneth Kapstad che non fa rimpiangere l’ormai lontano abbandono di Gebhardt (sarò sacrilego, ma è così). I brani sono, come sempre, dilatati con cambi armonici inaspettati e un uso mai così consistente di polifonie vocali, tanto che su The Hollow Lands sembra di sentire una versione hard dei Crosby, Stills & Nash viaggiare di pari passo alla nostalgia sixties dei Dungen. Il tour de force Through the Veil si dilunga per 16 minuti, trattenendo una parte centrale che nelle sue reiterazioni viscerali da avant-garde rock la si potrebbe confondere con il repertorio di Univers Zero o Magma.

Un attimo di tregua con gli sconfinamenti nella Third Stream di La Lethe e Sharks e poi via, verso la cavalcata finale con due pezzi in classico Motorpsycho-style. Mutiny! e Into the Mystic concludono con un tripudio di violini, mellotron (sì, proprio lui!) e synth, rappresentando l’apice di questo monumentale totem che il gruppo ha dedicato al progressive rock. Forse sarà duro da digerire, avrà i suoi limiti, ma The Death Defying Unicorn è l’opera più riuscita dei Motorpsycho dal 2000 a oggi. Hallelujah!




Tracklist

Side A:
Out Of The Woods
The Hollow Lands
Through The Veil, part 1

Side B:
Through The Veil, part 2
Doldrums
Into The Gyre
Flotsam

Side C:
Oh, Proteus - A Prayer
Sculls in Limbo
La Lethe
Oh, Proteus - A Lament

Side D:
Sharks
Mutiny!
Into The Mystic

http://www.stickman-records.de/

mercoledì 15 settembre 2010

Motorpsycho - Timothy's Monster Deluxe Edition - 4 CD Box Set (2010)


16 anni fa veniva pubblicato uno dei migliori album degli anni '90. Quando uscì Timothy's Monster i Motorpsycho erano insieme da appena un lustro e per la quarta prova in studio puntarono su un doppio CD (o triplo vinile) che spaziava tra noise pop, lo-fi, psichedelia, metal, folk pop, dimostrando già un'autorevole maturità. Un calderone di stili che manteneva salda anche l'identità di un gruppo che non era americano tantomeno inglese, ma bensì norvegese. I Motorpsycho degli anni '90 sono stati tra le migliori incarnazioni del rock indipendente: quelli dei concerti-fiume, quelli di Vortex Surfer e Hogwash, quelli dei rituali psichedelici, spaziali e progressivi.

Ora la Stickman Records ha deciso di celebrare giustamente l'album chiave della loro discografia, facendolo diventare ancora più imponente (da doppio a quadruplo), aggiungendoci rarità e b-sides con annesso l'immancabile booklet (24 pagine di foto, anedotti e curiosità) e con un CD dedicato a come Timothy's Monster era stato in realtà concepito, cioè in disco unico. Alla fine non c'è che da gioire per l'autoindulgenza del trio di Trondheim che optò per la dimensione doppia...altrimenti cosa ne sarebbe stato di The Wheel?


Tracklist
CD 1 (Part 1):
1. Feel
2. Trapdoor
3. Leave it Like That
4. A Shrug & A Fistful
5. Kill Some Day
6. On My Pillow
7. Beautiful Sister
8. Wearing Yr Smell
9. Now it´s Time to Skate
10. Giftland
11. Watersound

CD 2 (Part 2):
1. The Wheel
2. Sungravy
3. Grindstone
4. The Golden Core

CD 3 (Part 0, The Unreleased First Edition):
1. Leave it Like That
2. A Shrug & A Fistful
3. Very 90's, Very Aware
4. On The Toad Again
5. Now it's Time to Skate
6. Watersound
7. Innersfree
8. Giftland
9. Trapdoor
10. Kill Some Day
11. Sungravy
12. Grindstone
13. The Golden Core

CD 4 (Part 4, The Ones That Got Away: b-sides & outtakes):
1. President Block
2. Jr
3. Birds
4. Leave it Like That (edit)
5. On My Pillow (edit)
6. The Wheel (edit)
7. New Day Rising
8. Seethe
9. Shock Me
10. Workin' for MCA
11. Space Cadet Boogie
12. Walking On The Water (alt. version)
13. Mr. Butterclut Goes To The Fair, Meets The Viscount, and That's Where We Leave Him at The End of This Episode...
14. Celestine
15. Sinking
16. The Entertaining Ape
17. Giftland Jam
18. Sonnyboy Gaybar (orig. version)



mercoledì 23 giugno 2010

From the vaults: Motorpsycho dal passato remoto

Girellando sul Tubo ho trovato inaspettatamente questi due video incredibili (estrapolati da Tele +3...chi se la ricorda?) riguardanti i Motorpsycho che ci riportano indietro nel tempo all'epoca di Blissard. 1996 quindi.

Ci sono un'intervista (curata da Ezio Guaitamacchi, attuale direttore di Jam) e Bent e Snah che improvvisano alcuni pezzi unplugged (Aaahhh, i vecchi programmi musicali di una volta!).

Ho pensato quindi di postare questo bellissimo documento con stralci delle performance acustiche di Mad Sun, Greener...quanti ricordi! Bei tempi andati....





Sopraffatto dalla nostalgia non posso fare a meno di postare anche il video della bellissima Now It's Time to Skate.

giovedì 21 gennaio 2010

MOTORPSYCHO - Heavy Metal Fruit (2010)


Dopo Little Lucid Moments e Child of the Future c'era una certa suspance per capire cosa ne sarebbe stato dei Motorpsycho. Voglio dire, chi conosce il gruppo sa che, ad ogni nuovo album, ci possono essere delle sorprese, delle piccole, ma rilevanti mutazioni stilistiche o, al contrario, anche nulla di tutto questo. Heavy Metal Fruit, già dal titolo ampiamente esplicativo, non si sforza più di tanto e riparte proprio dalle due ultime opere sopra citate. Dal primo riprende il gusto per la dilatazione temporale che tante soddisfazioni frutterà nelle esibizioni live; dal secondo quel blues metal un po' sciapo che ha avuto il demerito di rendere meno avventurosa la musica dei Motorpsycho.

Si parte con i riff cadenzati e granitici di Starhammer che includono immediatamente gli intenti del trio norvegese, impegnato in un primitivo metal alla Blue Cheer che incontra i lidi spaziali e psichedelici degli Hawkwind. X-3 (Knucklehead in Space) / The Getaway Special all'inizio sembra un incrocio tra i Blues Brothers (seriamente) e i Rolling Sones, ma è quella che si presume essere The Getaway Special la parte migliore, con tromba (per gentile concessione del Jaga Jazzist Mathias Eick) e chitarra che si inseguono in una inebriante session jazz rock. Su The Bomb-Proof Roll And Beyond i Motorpsycho mettono in atto uno di quei trucchetti da enciclopedie viventi del rock che solo loro sanno interpretare e rileggono i Pink Floyd e Beach Boys in chiave hard rock con tanto di parte centrale sperimentale (a la Saucerful of Secrets).

Se ogni pezzo ha la sua bella jam strumentale per fare la sua porca figura dal vivo, fa eccezione la breve nenia pianistica Close Your Eyes. W.B.A.T. presenta una delle novità, dove il gruppo prova a suonare per la prima volta fusion psichedelica (si può dire?) nell'introduzione, per poi deragliare nel più scontato heavy blues che più scontato non si può. Gullible's Travails (pt.I-IV) per la sua durata (20:42 minutes my dear) riesce allo stesso tempo ad aprire nuove, interessanti porte verso il futuro (pure verso i Gentle Giant per la miseria!) e a richiuderle con una parte strumentale uguale a mille altre. Comunque sia, si aggiudica la palma di miglior pezzo dell'album.

Ma in definitiva Heavy Metal Fruit vale o non vale? Si e no. E' meglio di alcune cose passate (vedi gli orridi Black Holes/Blank Canvas e It's a Love Cult) il che riaccende la speranza in una lentissima ripresa iniziata con Little Lucid Moments, ma non ci contiamo troppo. L'album dà l'idea che i Motorpsycho si stiano divertendo un mondo a suonare questa musica, ma che allo stesso tempo abbiano abbandonato l'impegno passato che riusciva a raccogliere aggressività, riflessione e genuine divagazioni lisergiche. Anche se penso che ogni buon psychonauta (come me) lo debba avere.

Un'ultima tirata d'orecchie per la pigrizia telematica: i Motorpsycho non hanno mai avuto una web page ufficiale e il profilo MySpace io lo aggiornerei ogni tanto!

venerdì 7 agosto 2009

Motorpsycho, nuovo album per i venti anni di carriera


Oggi esce Child of the Future, il nuovo album dei Motorpsycho che celebra il loro ventennale. Questa pubblicazione è un po' particolare dato che sarà realizzata solo in formato vinile bianco in 180 gr. Child of the Future è stato registrato a Chicago da Steve Albini presso il suo studio.


Trcklist:

Side A
1. The Ozzylot (Hidden In A Girl)
2. Riding The Tiger
3. Whole Lotta Diana

Side B
1. Cornucopia (...Or Satan, Uh... Something)
2. Mr. Victim
3. The Waiting Game
4. Child Of The Future

www.myspace.com/motorpsychopage