venerdì 24 novembre 2017

AfterWake - TIL (2017)


Scoperti un anno fa con l'EP Alive, i canadesi AfterWake ne hanno da poco realizzato un secondo con altre tre tracce inedite che accrescono il potenziale che faceva intravedere il suo predecessore. Il quartetto porta sul piatto un djent professionalmente tirato a lucido con ottime melodie, aperture chitarristiche armoniche molto spaziali e qualche ammiccamento alla frangia più aggressiva del genere. In Misdirection, ad esempio, si inseriscono dei growl anche non necessari, ma il brano con il suo incedere marziale penso piacerà ai fan dei Karnivool. This is Living ha come ospite il chitarrista Nick Johnston con un intervento breve ma incisivo e, insieme a The Way You Were, forma una coppia di pezzi che riprende l'ultima sterzata psych new age degli Skyharbor con grande stile. Riassumendo, non stiamo qui a riportare chissà quali rivoluzioni, ma TIL è un signor EP che si ascolta con gran piacere e, chissà, se fosse stato un album completo adesso saremmo qui a tesserne le lodi come uno dei più interessanti dell'anno.


martedì 14 novembre 2017

Courtney Swain - Growing Pains (2017)


Dopo che i Bent Knee si sono costruiti un'autorevole carriera in brevissimo tempo gli amanti del prog, ma credo anche della musica in generale, si sono avvicinati a loro in modo naturale. Merito di una musica particolare che sa essere avventurosa e accessibile senza dimenticarsi il coinvolgimento emotivo. Una parte del merito va senz'altro alla distintiva e potente voce della cantante Courtney Swain che forse non molti sanno da qualche anno si è cimentata in alcune prove soliste parallelamente al gruppo, delle quali l'EP Growing Pains, da poco pubblicato, è l'ultimo capitolo. Abituati al ricco e versatile pianeta sonoro che sanno edificare i Bent Knee, l'opera solista della Swain ci trasporta in un altro mondo altrettanto affascinante. Dotata solo di piano, qualche intervento di archi e della sua voce espressiva, Courtney riporta la musica ad uno stato primario e intimo come uno sguardo alla sua parte di autrice sensibile a nuovi stimoli e sfide.

Non stupisce quindi che anche i testi rispecchino un'estetica musicale così malinconica e personale. Le ballate per piano presentate su Growing Pains crescono emotivamente d'intensità insieme al loro dipanarsi, iniziando con scarni grappoli di note pizzicate e finendo per allargarsi dinamicamente ad armonie più corpose. Se Glitter Bomb pone la Swain accanto alle migliori cose della tradizione cantautorale americana, con il piccolo pezzo da musical Snow Globe fino alla sentita interpretazione di Prickly Thorn, la musica sembra seguire il flusso di coscienza passionale della Swain mentre declama le sue storie di vita attraverso metafore e immagini forti. Anche in questo caso, come accade nei Bent Knee, Courtney Swain non è solo una cantautrice, ma mostra una volontà di caratterizzare la propria scrittura e le proprie ballate con elementi inusuali e originali come si addice ad ogni musicista che sa distinguersi.



www.courtneyswain.com

domenica 12 novembre 2017

Hail the Sun - Secret Wars (2017)


A sorpresa il gruppo del cantante e batterista Donovan Melero (impegnato anche nei Sianvar) nel giro di qualche giorno ha annunciato e pubblicato un EP nuovo di zecca con cinque tracce inedite. Rispetto all'album Culture Scars risalente all'anno scorso, molto incline ad aperture melodiche e progressive, Secret Wars segna una ricerca di soluzioni più vicine all'experimental post hardcore, tornando un po' alle origini della band e pagando pegno alle influenze derivate dal mathcore dei The Fall of Troy prima maniera e ovviamente alla costante vicinanza stilistica con i Circa Survive, più che altro per la vocalità di Melero simile al registro acuto di Anthony Green.  

Il momento centrale dell'EP con Spite è quello dove la macchina da guerra degli Hail the Sun tende a mostrare tutta la propria potenza di fuoco, anche se i pezzi equilibrati con maggiore perizia dalla parte prog e da quella hardcore sono Repellent e la title-track che aprono e chiudono rispettivamente l'EP. In questi brani in particolare gli Hail the Sun rivelano una consistente crescita sia dal lato tecnico, riflesso nell'andamento virtuosisticamente sincopato e convulso, sia dal lato viscerale, presentando risvolti più massicci e aggressivi del solito. Le trame, oltre all'imprevedibilità, aggiungono quindi salti di umore e di atmosfera (leggi melodia vs. caos)  tra i più arditi che gli Hail the Sun abbiano provato finora.




venerdì 10 novembre 2017

Quicksand - Interiors (2017)


Dopo una pausa durata ben 22 anni, i pionieri del post hardcore Quicksand tornano con un album in studio molto atteso, annunciato ormai da qualche mese, dal titolo Interiors. Solo due album negli anni '90, Slip (1993) e Manic Compression (1995), bastarono a consolidarli come autorevoli esponenti del genere. Nel 2012 finalmente i Quicksand si sono riuniti per suonare saltuariamente qualche data live, ma l'arrivo di un nuovo album è stata praticamente una sorpresa (a parte qualche indizio in passato mai confermato dalla band). Interiors non delude ed è tutto ciò che si poteva aspettarsi dai Quicksand: un album solido che ben si adatta al presente rispolverando l'estetica sonora della band. Potete rendervene conto voi stessi ascoltandolo per intero qui di seguito:


www.quicksandnyc.com

lunedì 6 novembre 2017

Altprogcore November discoveries


Uno dei migliori album di math rock ascoltato ultimamente è quello dei francesi Jean Jean e che risale al 2013. Symmetry rimane a tutt'oggi l'ultima prova in studio della band e quindi vale la pena soffermarvisi. Quello dei Jean Jean sembra inoltre un tentativo di avvicinare il math rock ad un sottospecie di electro-post-rock con abbondante uso di synth. C'è anche un pezzo cantato, Laser John, molto gradevole.



Non fatevi ingannare dalla copertina e tanto meno dal nome della band, entrambi oggettivamente poco inclini ad accattivarsi l'interesse di un proghead. A dispetto di questo primo impatto Party With Imaginary Friends è un signor disco, che comunque riflette musicalmente per certi aspetti l'appariscente cover in un'eccentricità di accostamenti stilistici piuttosto coraggiosa e spegiudicata. Il polistrumentista Andy Irwin, con l'aiuto di Sean Hilton alla batteria (non manca però l'utilizzo di batteria elettronica), tenta di creare un prog futurista, innescando un corto circuito tra trance/dance, metal, space rock e psichedelia. Il risultato potrebbe somigliare ad una evoluzione dei Porcupine Tree del periodo Up The Downstairs/Voyage 34 con scelte sonore più radicali ovviamente alla maniera iconoclasta di Devin Townsend.



Il primo Lp dei Blis. si staglia all'orizzonte come un futuro nuovo classico nel calderone emo/post hardcore, applicando le giuste proporzioni tra potenza e malinconia saggiamente dosati su canzoni fieramente emo. Forse è anche per la voce androgina del chitarrista Aaron Gosset che aleggia un sottile paragone con i Sunny Day Real Estate e infatti No One Loves You aggiorna i canoni di Diary e LP2 per una nuova generazione di emo fan. Molto probabilmente il miglior album che potrete ascoltare quest'anno all'interno di questo genere.



Il duo formato da Emily Krueger (voce e chitarra) e Beau Diakowicz (chitarra) suona un soul r'n'b che assomiglia allo smooth math rock degli Eternity Forever di Kurt Travis. Canzoni suadenti e rilassanti che non disdegnano qualche influsso di jazz ed elettronica alla maniera degli Hiatus Kaiyote ed in particolare all'estetica scarna della loro frontwoman Nai Palm (che, a proposito, ha pubblicato da poco un album come solista). Per ora gli Zoology hanno realizzato solamente una manciata di singoli e sembra che non ci siano album all'orizzonte, almeno nell'immediato.



Mowlith è una band norvegese e Until Our Feet No Longer Touch The Ground ne è l'esordio, pubblicato per l'appunto un anno fa. Nel loro pop infuso di elettronica e qualche sprazzo di jazz, i Mowlith riportano il tempo agli anni '80 anche per quanto riguarda gli eventuali ammiccamenti al prog che emergono in qualche impasto tra tastiere e chitarra. Alcune volte la mancanza di un vero batterista si fa sentire, ma le melodie così ben orchestrate mascherano questa lacuna.

domenica 5 novembre 2017

Charlie Cawood - The Divine Abstract (2017)


Ci sono musiche che trascendono la world music e abbracciano la classica contemporanea in modo originale fino ad arrivare a cancellare i contorni di ciò che è considerato popular e ciò che è considerato colto. In passato, artisti come Third Ear Band, Gryphon e Jade Warrior provenienti dalla sfera rock, si sono cimentati in questa ricerca di accostamento, sconfinando naturalmente in territori di confine poco battuti. The Divine Abstract è una di queste opere, parla un linguaggio universale attraverso un ampio sfoggio di timbri strumentali esotici, che fanno riferimento soprattutto alla cultura mediorientale, e taglia trasversalmente il progressive rock dal punto di vista classico alla maniera dei primi After Crying. Sì, perché, proprio come il gruppo ungherese, il compositore Charlie Cawood si immerge in un ambito colto, mantenendo comunque forti legami con strutture e progressioni che fanno parte di un retaggio da rock progressivo. Potremo avvicinare The Devine Abstract alle inestricabili tessiture Third Stream lasciate in eredità dal Rock In Opposition o alle crepuscolari visioni bucoliche di Anthony Phillips, ma il mondo di Cawood è un caleidoscopio di timbri esoterici.

Il fatto resta che The Divine Abstract è un album di una bellezza abbagliante e fuori dal tempo. Dopo una lunga gestazione, riflessa nel dettaglio e nella qualità degli arrangiamenti orchestrali polifonici, nei preziosi contrappunti e in una produzione ricca di finezze, il polistrumentista e bassista dei Knifeworld se ne esce con un esordio sofisticato e ambizioso. Suggestioni classiche, spezie etniche e fusion si uniscono in uno sfondo avant-garde in cui si dispiegano gli strumenti più disparati di estrazione quasi esclusivamente acustica. Il ricco numero di ospiti che si è affiancato a Cawood per dare corpo alla sua visione forma un ensemble musicale ampio ed insolito come un crossover tra classico ed etnico e proviene da altrettante band prestigiose tra cui Haken, Chrome Hoof, Mediaeval Baebes, Stars in Battledress, North Sea Radio Orchestra e, se siete fan soprattutto di queste ultime due, The Divine Abstract non solo sarà un ascolto obbligato, ma sicuramente appagherà i vostri sensi.



www.facebook.com/charliecawoodmusic/

giovedì 2 novembre 2017

The Surrealist e la nuova frontiera del djent


Forse era solo questione di tempo, ma dopo anni di stallo nella ricerca di nuove approcci alle tecniche sonore per la chitarra, sta ora emergendo una prospettiva molto minimale ma abbastanza complessa e delicata nel bilanciamento dei suoni. Come sperimentato sul fronte acustico da Alan Gogoll ad esempio, il chitarrista Roopam Garg ha applicato questi principi alla chitarra elettrica e, con solamente l'ausilio batterista John-Marc Degaard, ha creato un sound a metà strada tra l'ambient new age e il metal strumentale ipertrofico e virtuoso degli Animals As Leaders. Il risultato è una musica trascendentale e parzialmente imparentata con le frange meno estreme del djent, arrivando ad essere considerata "the next big thing in guitar land", come sottolineato da Guitar World. I The Surrealist, questo il nome del gruppo, avevano esordito giusto un anno fa con l'EP Naked Awareness dove venivano posti in evidenza arpeggi e pennate swept fino a dare un senso tra il meccanico e l'umano. In seguito a Garg e Degaard si è aggiunto il bassista Beauman Edwards e, con in questa nuova veste, si sono presi il tempo per migliorarsi e mettere a fuoco le dinamiche armoniche da far risaltare, passando il 2017 a pubblicare singole tracce inedite tra cui Lux, Origami e l'ultima in ordine di tempo Echo End.







https://thesurrealist.org/
https://thesurrealist.bandcamp.com

mercoledì 1 novembre 2017

Tiny Giant - Thirsty and Sad (2017)


Continua la costante produzione di singoli dei Tiny Giant, band della ex Pure Reason Revolution Chloe Alper in duo con il polistrumentista e produttore Mat Collins, in attesa dell'album di esordio. I Tiny Giant si presentano questa volta con i brani Thirsty e Sad che proseguono sull'estetica di un pop rock dai connotati futuristici/elettronici con molti slanci radicali rispetto alle dinamiche di quiet/loud (la prima) e dove i synth si insinuano alla maniera della retrowave molto in voga in questo momento (la seconda). Di seguito un riassunto dei singoli realizzati finora: