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domenica 22 settembre 2019

Body Hound - No Moon (2019)


Era dal 2014 che i Body Hound non si facevano sentire, da quando si presentarono con l'EP Rhombus Now. Dopo cinque anni di lavoro sono riusciti a mettere insieme l'album d'esordio No Moon, registrato e prodotto da Tom Peters degli Alpha Male Tea Party. Tornando ai tempi dell'EP ricordo che i Body Hound, formati dagli ex Rolo Tomassi Joe Nicholson (chitarra) e Joseph Thorpe (basso), con l'aggiunta di Calvin Rhodes (chitarra) degli Antares e Ryan Bright (batteria), si introducevano con la curiosa definizione come "gli Yes suonati dai Meshuggah", anche se è doveroso aggiungere senza la voce di Jon Anderson (nel senso che suonano musica strumentale) e senza essere estremi come i secondi.

Ad ogni modo, al di là dell'attraente descrizione, a caratterizzare ciò che suonano i Body Hound rimangono le geometrie rompicapo di un math rock metal ad alto tasso tecnico, che per potenza dinamica e carica esplosiva si rapporta in modo adiacente a quello dei danesi Town Portal. No Moon bilancia brani di media durata ad altri più estesi che sono dei veri e propri tour de force dove, accanto a quelle che sembrano delinearsi come suite progressive rock con tutte le loro suggestive deviazioni tematiche (Black Palace e On Time and Water), si accostano cervellotici e abrasivi impulsi di puro math rock (Spectrum, Second Bend), oppure sublimazioni di entrambe le sponde (Calm Surges, The Ceaseless Round). Proprio in virtù di queste diramazioni che si incontrano e si dividono, ascoltare No Moon significa iniziare un'esperienza di totale immersione in ciò che è l'essenza del math rock progressivo di oggi, ovvero quella deviazione che trova punti di contatto in due generi all'apparenza distinti per farli fondere l'uno nell'altro.