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domenica 10 maggio 2020
The Physics House Band - METROPOLIS (2020)
I The Physics House Band con METROPOLIS realizzano il loro primo album live, alquanto anomalo dato che registrato in studio con un pubblico di poche persone, ma con i tempi che corrono tale procedura potrebbe diventare la norma, anche se il presente documento risale al 2019. Suonato ai Metropolis Studios di Londra, il set di brani si apre naturalemnte con l'intera performance dell'ultimo EP Death Sequence (2019) con il fondamentale apporto al sax del nuovo membro Miles Spilsbury, che si è recentemente unito all'originale trio formato da Dave Morgan (batteria), Adam Hutchison (basso, synth) e Samuel Organ (chitarra, synth). Si continua poi nella rivisitazione di alcuni pezzi tratti dai precedenti Mercury Fountain (2017) e Horizons/Rapture (2013) nel consueto ventaglio che spazia tra jazz fusion, prog e math rock.
martedì 7 maggio 2019
The Physics House Band - Death Sequence (2019)
The Physics House Band fino ad ora erano un trio composto da Sam Organ (chitarra/tastiere), Adam Hutchison (basso/tastiere) e Dave Morgan (batteria), con il nuovo EP da poco pubblicato Death Sequence si è aggiunto al trio il sassofonista Miles Spilsbury e, a giudicare dal risultato, la scelta si è rivelata più che felice. Death Sequence si risolve fondamentalmente in un unico pezzo di quasi quindici minuti suddiviso in tre parti e la sua natura assomiglia molto al jazzcore affrontato dai The Mars Volta nel periodo Amputechture/The Bedlam in Goliath, un risvolto che poi diede vita al supergruppo di breve durata T.R.A.M. il quale, volendo, si può accostare a tale indirizzo.
Death Sequence segue quelle orme tra urgente improvvisazione e furiosa composizione, mostrando ancora una volta come possano convivere prog, hardcore e jazz in un vortice di caos organizzato, almeno nelle prime due sequenze. La terza si dipana con un mood ipnotico e psichedelico, reso ancora più estraniante dallo spoken word dell'ospite Stewart Lee, fino a poco prima della chiusura quando l'andamento apocalittico ritorna dinamicamente a ricollegarsi al quadro generale. Dopo Mercury Fountain i The Physics House Band crescono ancora nella speranza che in futuro sviluppino in un album che dia più spazio al percorso appena iniziato e accennato con Death Sequence.
mercoledì 19 aprile 2017
The Physics House Band - Mercury Fountain (2017)
Con solo un EP all'attivo, Horizons/Rapture, pubblicato esattamente quattro anni fa, il trio The Physics House Band arriva a questo mini album Mercury Fountain con già un seguito di culto nell'ambiente math/prog. Adam Hutchison, Sam Organ e Dave Morgan hanno capitalizzato questo tempo - mentre studiavano musica insieme a Brighton - componendo e suonando dal vivo, con una puntata all'edizione 2014 dell'ArcTanGent festival che è diventato in pochi anni un punto di riferimento per questo tipo di musica. Per attirare l'attenzione non c'è stato nulla di meglio, sino ad ora. Infatti il 21 aprile è in arrivo per la Small Pond Recordings il loro nuovo lavoro che sicuramente, date le sue caratteristiche così in sintonia con il post prog contemporaneo più evoluto, non mancherà di infoltire ancora un po' la schiera di pubblico dei The Physics House Band, una band dal grande potenziale .
L'energia sprigionata da Mercury Fountain è pari ad un torrente magmatico nel quale sono state sciolte le peripezie ritmiche ed elettriche di The Mars Volta e dei Three Trapped Tigers, anche se, di contro, la sua breve durata ne fa nascere in noi il bisogno di averne di più. L'album si dipana in un viaggio sonico senza soluzione di continuità (come fosse un'unica suite) che si divide equamente in sezioni tra un prog hardcore dai tempi frenetici e irregolari e sperimentazioni psichedeliche d'avanguardia. Tale bilanciamento è sottolineato dalla scelta, nella scaletta, di far susseguire tracce dal valore antitetico: e così alle pulsazione da codice morse di Calypso e ai bombardamenti ricolmi di fuzz e bassi perforanti di Surragoate Head e della multipartita Obidant, corrispondono gli spazi ambientali di Holy Caves e gli universi minimali di A Thousand Small Spaces e Impolex. Nel lento dispiegarsi di forze che è The Astral Wave, che parte come un'elegia acustica post rock e termina come un jazzcore orchestrale, il tutto viene incorniciato dalle due parti di Mobius Strip come a suggerire che inizio e fine di Mercury Fountain sono collegati tra loro in un loop infinito. Quindi possiamo ripartire nell'ascolto, ma il dischetto lascia comunque quella necessità e voglia di approfondire la proposta del gruppo oltre questi trenta, sessanta, novanta circolari minuti.
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