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martedì 14 giugno 2022

Bubblemath - Turf Ascension (2022)



L'arrivo di un nuovo disco dei Bubblemath rappresenta sempre un evento, anche per la modalità con cui centellinano la loro musica. Forse fanno bene i cinque di Minneapolis a far trascorrere così tanto tempo tra una produzione e l'altra (anche se stavolta, a differenza dell'attesa per Edit Peptide che è durata ben 15 anni, abbiamo dovuto attenderne "solo" cinque), proprio perché ognuna necessita di molta pazienza e della giusta decantazione per essere completamente assorbita, a livello musicale ma anche lirico e quest'ultimo aspetto assume un ruolo molto interessante ed attuale sul nuovo Turf Ascension (in uscita il 24 giugno per la Cuneiform Records).

Ovviamente quindi Turf Ascension non fa eccezione nel richiedere pazienza e i Bubblemath ci propongono un viaggio musicale nel quale sprofondare con ancor più impegno, cambiando leggermente traiettoria compositiva e dando un ruolo unitario all'aspetto narrativo, in modo da eguagliare la complessità della musica. Il materiale di Turf Ascension è stato concepito tra il 2015 e il 2016, quindi anche prima dell'uscita di Edit Peptide, però quello che ci si presenta è un disco dall'impostazione sottilmente differente per chi si aspetta i classici Bubblemath. I brani che lo compongono risultano tutti piuttosto coerenti nel perseguire una linea dettata da una differente prospettiva. In pratica il gruppo ha lasciato sullo sfondo i suoi classici sviluppi frenetici, impostati sul funambolismo e il costante scombussolamento strumentale e strutturale (che, si badi bene, non sono scomparsi, anzi), in favore di soluzioni che privilegiano l'espansione tematica che però preserva le sorprese tipiche della band. Non a caso siamo di fronte a sole quattro tracce di cui quella introduttiva, che sfiora i diciotto minuti, è anche la cosa più lunga mai composta dai Bubblemath. Considerando ciò, lo sforzo e l'attenzione da parte nostra per decifrare i rompicapo della band rimangono invariati, anzi aumentano.  

Ma come si fa a dire a proposito di un album dei Bubblemath che è meno immediato degli altri? Per certi aspetti può risultare un'affermazione paradossale, ma d'altra parte il paradosso è un elemento che ben si adatta alla filosofia del gruppo. Ad esempio, prendete le tematiche dei quattro pezzi che costituiscono Turf Ascension, le quali messe insieme formano un organico concpet - o concept "organico" nel senso di coltivazione, dato il titolo, il quale è una metafora che fa da legame ai testi dell'album - basato su storie fantascientifiche o distopiche, provenienti da un futuro neanche troppo grottesco visto come stanno andando le cose nel mondo attualmente. Turf Ascension assume quasi le sembianze di un'antologia a sfondo sci-fi, simile alle collane di libri Urania, che ha come soggetto conflitti nucleari con scuole che diventano bunker sotterranei (Surface Tension), corsa agli armamenti con caratteristiche sempre più ridicole (Refuse), alberi morti che lottano per sopravvivere (Decrypted) e dubbi sul fare parte di in una realtà simulata (Everything). Argomenti presi come pretesto per una critica sociale che non potrebbe essere più fedele a questo particolare momento storico, anche se il tutto è stato scritto qualche anno fa. 

L'album si inaugura con Surface Tension (dal cui spoonerismo è stato generato il curioso titolo dell'album) che con i suoi diciotto minuti ha tutto il tempo di sviscerare le proprie sezioni e, dove prima dominavano molteplici deviazioni, adesso troviamo variazioni sul tema e digressioni più ponderate, lasciando il compito agli intermezzi quel ruolo di guastatori sonori che prima si estendeva a tutto il brano. In questo modo si ha la possibilità di assaporare con più calma gli interplay che si generano tra tastiere, chitarre e sezione ritmica. Lo spazio dato agli strumenti adesso è più arioso e aperto senza ammassi o accumuli sonori, una definizione che viene preservata e valorizzata pure dal mix limpido. Altra caratteristica funzionale, quest'ultima, per fare in modo di valorizzare tutti i sottili trucchi nelle partiture che si nascondono nel dipanarsi dei brani. Everything è stato scelto come primo "singolo" proprio per questa sua peculiarità che caratterizza il "nuovo" orientamento, indirizzato su una concezione di varietà compositiva tesa ad edificare il brano con calma, piuttosto che smembrarlo in molteplici direzioni. "Non ti colpisce per la sua complessità - spiega il tastierista Kai Esbensen in proposito - ma in realtà al suo interno accadono molte cose, un sacco di intricate astuzie per coinvolgere l'ascoltatore; piccoli “Easter eggs” compositivi da scoprire."* Comunque Everythnig rimane una parentesi che spinge questa logica al massimo e lo fa mantenendo un mood generale piuttosto "soft", il resto dell'album è puro Bubblemath al cento per cento.

Come dire che l'identità dei Bubblemath rimane invariata, è cambiata solo la prospettiva in cui operano: se prima a livello di partitura la loro attenzione si concentrava sulla dimensione orizzontale, per stupirci con un impatto immediato ad effetto di deviazioni continue, adesso il procedimento viene trasferito sulla dimensione verticale, ampliando il raggio d'azione degli strumenti e dargli il tempo di sposarsi con l'insieme armonico, anziché accavallarsi l'uno sull'altro. Il che, è bene specificare, non è una critica nei confronti dei "classici" Bubblemath, ma solo un modo per spiegare la diversa prospettiva. Decrypetd ad esempio mostra volti differenti dello stesso tema (a livello ritmico e timbrico) fino a che nella parte centrale spuntano fuori persino progressioni jazz che si accostano agli Steely Dan per poi tramutarsi in una versione Rock In Opposition degli Utopia di Todd Rundgren. Refuse riprende un po' quel pizzico di follia che caratterizza i Bubblemath e lo fa attraverso tastiere oppressive e sviluppi schizofrenici e disorientanti, l'ideale per descrivere una società malata che ritiene come modello di progresso quello di ideare armi sempre più potenti e distruttive.

In conclusione cosa dire? Turf Ascension alla fine dei giochi mantiene viva l'essenza Bubblemath, preservando la loro identità e natura, che è quella di spingere sull'avanguardia. Ma anzi questa volta raddoppia e si aggiunge il fattore della variazione intesa come esplorazione di possibilità, accanto all'altra, ormai loro classica cifra stilistica, intesa come costante e frenetica deviazione tortuosa.


* Per chi volesse approfondire, nel numero di luglio di PROG Italia ci sarà una mia intervista dettagliata con Esbensen.

venerdì 12 maggio 2017

Bubblemath - Edit Peptide (2017)


No, i Bubblemath, anche se forse molti di voi non li avranno mai sentiti nominare, non sono degli esordienti. Quindici anni or sono debuttarono con il sorprendente Such Fine Particles of the Universe, un'opera prima che non mancò di destare sorpresa nei sotterranei della comunità progressive rock per una verve camaleontica, anticonvenzionale e iconoclasta. Da quel momento i fan attesero invano una seconda prova che il gruppo aveva già confermato e annunciato ma che, con il passare degli anni, era diventata una vera e propria chimera. La questione non era SE sarebbe stata realizzata ma QUANDO, poiché i Bubblemath, nonostante aggiornamenti dosati con il contagocce, non hanno mai fatto intendere di voler gettare la spugna. Per giustificare un tale gap temporale, la band ha parlato di una serie di sfortunati eventi: inconvenienti tecnici, problemi familiari e logistici, persino ritrovarsi anche solo poche ore alla settimana per provare il materiale era diventato difficoltoso testimoniando, loro malgrado, quanto sia complicato realizzare un album se il fare musica non è il tuo income primario. In effetti, ascoltando il risultato contenuto su Edit Peptide (titolo palindromo nello spirito goliardico/scientifico tipico del gruppo), non solo registrare e assemblare ogni brano avrà sicuramente impegnato un considerevole lasso di tempo, ma mixare e editare una bestia del genere deve essere stato un incubo.

Non c'è niente nel panorama odierno che assomigli anche vagamente ai Bubblemath, il loro frenetico taglia e cuci potrebbe trovare forse un parallelismo nel Mike Keneally dei tempi andati, ma i suoni orditi da Blake Albinson (chitarra, tastiere, sax tenore, voce), Jay Burritt (basso, voce), Kai Esbensen (tastiere, voce), James Flagg (batteria, voce), Jonathan G. Smith (chitarra, voce, flauto, clarinetto, percussioni, gong, glockenspiel, xilofono, dulcimer, mandolino, banjo) sono assolutamente unici. I costanti e convulsi cambi di traiettoria seguono di pari passo le liriche ancora una volta intrise di ironia e giochi di parole, come a voler smentire chi sostiene che il progressive rock è una musica che si prende troppo sul serio. Se tali premesse vi suggeriscono di scomodare anche il fantasma di Frank Zappa non siete poi tanto lontani dall'immaginarvi il maelstrom musicale che sono capaci di produrre questi cinque folli di Minneapolis.

In definitiva, la lunga incubazione a cui è stato sottoposto Edit Peptide (in uscita il 26 maggio per la Cuneiform Records) non ne ha intaccato la freschezza e anzi, arriva in un momento in cui, paradossalmente, il math rock progressivo gode di una popolarità underground piuttosto consistente. Di fronte a tutta questa scena Edit Peptide si pone come un gigante in grado di spazzare via qualsiasi concorrente e i Bubblemath si piazzano a loro volta avanti anni luce a chiunque "ora e in questo momento", figuriamoci se l'album fosse stato realizzato, che so, dieci anni fa. Edit Peptide è l'album math rock definitivo, un avant prog rock synthetico che arriva direttamente dal futuro.

Forse il gruppo ha voluto infrangere il record di cambi di tempo in un solo album o provare ad impallare qualsiasi metronomo ma, se pensavate che Such Fine Particles of the Universe fosse già di suo un lavoro complesso, dovrete preparavi ad ascoltare Edit Peptide mentre raccogliete la vostra mascella dal pavimento. Senza alcuna pietà i Bubblemath ci catapultano immediatamente nei dodici minuti di evoluzioni da capogiro di Routine Maintenance, accostando contrappunti dissonanti e ardite involuzioni armoniche. All'interno vi si trovano acrobazie disorientanti di botta e risposta tra strumenti e fusion cubista incline all'accumulo di deviazioni. Qui e in ogni brano quando un tema fa la sua ricomparsa non è mai stilisticamente uguale all'esposizione precedente. Su Destiny Repeats Itself, ad esempio, i Bubblemath mettono un'idea sul piatto, introducendola con una ritmica latinoamericana, che poi si divertono a smontare e rimontare attraverso incursioni fusion ed electro-prog.

Avoid That Eye Candy, per i loro canoni, è quasi accostabile ad una canzone pop prog con i suoi allegri passaggi funky e jazz. Questo è il massimo che la band può offrire in quanto a immediatezza ed infatti Perpetual Notion ci riporta su sentieri così musicalmente ingegnosi da procurare vertigini nel suo svolgersi a spirale. L'alto livello nell'abilità compositiva viene mantenuto tanto nelle atmosfere più melodiose di A Void That I Can Depart To e Get a Lawn, quanto in quelle più aggressive di The Sensual Con, fino a sembrare l'equivalente musicale di un cubo di Rubik manipolato a perdifiato o, al limite, un rompicapo tipo tangram. Inoltre, l'uso di strumenti insoliti tipo banjo e xilofono in un pezzo come Making Light of Traffic - plasmato similmente al flash rock degli Utopia di Todd Rundgren e a una versione post moderna della scuola di Canterbury - è imprevedibile e creativo tanto nell'alimentare la tensione melodica quanto nel dettare la ritmica.

Saltando repentinamente da un umore all'altro è comunque completamente inutile assegnare un'atmosfera ben precisa ai brani, ma la cosa più incredibile ascoltando Edit Peptide è che nelle sue continue evoluzioni non dà l'idea di toccare generi ben precisi come metal, jazz, classica, folk, ma fluttua in un universo a sé stante. Questa è musica che, molto semplicemente (o meglio, complicatamente), si spinge ai limiti nella frenetica ricerca di qualcosa di nuovo, in due parole: "progressive rock" nella sua accezione più compiuta.


giovedì 31 luglio 2014

I Bubblemath ritornano dopo 12 anni. Ecco "The Sensual Con"


A 12 anni di distanza da Such Fine Particles of the Universe e dopo infiniti annunci e rimandi, finalmente i Bubblemath pubblicano la loro prima canzone tratta dal secondo album di prossima uscita (la data ufficiale ancora è ignota). Si tratta di The Sensual Con che comunque era un pezzo già noto, in quanto la band lo suonava dal vivo diversi anni fa. Ormai cominciavo a dubitare dell'uscita di nuovo materiale, ma mai dire mai con i Bubblemath.