Durante la loro carriera i Bent Knee ci hanno abituati a non farci sapere cosa aspettarsi prima di ogni nuova uscita, inoltre, a partire da Say So e con l'ingresso nell'etichetta InsideOut, la loro popolarità all'interno della sfera progressive rock ha fatto un grande balzo, fino a farli diventare i beniamini di pubblico e critica. Per questo il nuovo Frosting, dopo tutto quello che la band è riuscita a seminare e raccogliere in passato, risulta un lavoro coraggioso e senza compromessi nel suo cambio radicale di direzione, più di qualsiasi album precedente pubblicato dal gruppo.
Anche se infatti i Bent Knee non sono mai stati immobili o imbrigliati in un determinato schema, nella loro formula può essere riconosciuta una certa propensione alla teatralità e alla ricerca di soluzioni da rock intellettuale. Frosting invece smazza le carte, se ne sbatte delle aspettative e delle regole e prende una direzione totalmente nuova ed inedita per la band. C'è da sottolineare che, nel contesto, la pandemia ha giocato un ruolo non di secondo piano, visto che Frosting è stato concepito durante il lockdown e quindi è il frutto di una scrittura a distanza, ma ciò non toglie che la scelta di pubblicare del materiale così differente è una dichiarazione di intenti per proclamare una totale libertà espressiva, senza la preoccupazione di compiacere o deludere il proprio pubblico.
Piccola parentesi: il dibattito sul cambiamento radicale di un artista che proviene dal prog rock è piuttosto attuale data la recente sterzata verso il pop di Steven Wilson, giusto per fare un nome a caso. Ma tutto sta nel modo in cui si affronta tale cambiamento. Lo si può fare con una mossa ruffiana, camuffandola da colto art pop rivestito più di stile che di contenuti, per andare incontro alla moda del momento al fine di parlare il linguaggio della massa, oppure mettersi veramente in gioco e trascinare di peso il pop in territori inesplorati ed estremi, come hanno fatto i Bent Knee.
Personalmente sono contento che non abbiano perseguito la strada di Land Animal e You Know What They Mean, perché il loro stile iniziava a ripiegarsi su sé stesso con il rischio di diventare una fredda replica di parametri collaudati. Invece l'impatto iniziale con Frosting è talmente sconvolgente e respingente da stimolare la curiosità di addentrarsi in una materia così strana e sperimentale. Già dal singolo Queer Gods si capiva che il nuovo album avrebbe avuto un approccio diverso - il pezzo punta su elettronica algida, manipolazioni vocali, fiati disco funk - ma tutto il resto è ancora più spiazzante. Nel momento in cui ci apprestiamo ad ascoltare la traccia di apertura Invest in Breakfast e l'osannata voce marchio-di-fabbrica di Courtney Swain viene sfregiata in un'orgia di auto-tune (condivisa con quella di Jessica Kion a onor del vero), si capisce che Frosting non farà sconti.
Tale espediente viene replicato e applicato anche ad altre bizzarrie sonore assortite che si incontrano nella contraddittoria estetica del massimalismo spinto dell'hyperpop e nel minimalismo glitch pop e bedroom pop, tanto da ipotizzare che la direzione compositiva del Ben Levin solista, o in coppia con la bassista Kion nei Justice Cow, abbia preso il sopravvento. Dopo Baby in the Bush abbiamo la sicurezza che suoni industriali e beat elettronici saranno all'ordine e quindi l'unico modo di giudicare Frosting non è nell'ottica di quanto fatto dal gruppo finora, ma considerarlo nella prospettiva all'interno di questo genere. Il pop da cartone animato in modalità Kero Kero Bonito di Casper e Have It All ad esempio, è quanto di più lontano ci si possa aspettare da un album dei Bent Knee, eppure è adorabile.
Dentro poi ci sono esperimenti più estremi come l'oppressiva Rib Woman e l'omaggio industrial rock ai Nine Inch Nails con The Upward Spiral, che puntano su una prospettiva abrasiva e avant-garde, o cambi di tono come le quasi ambientali The Floor is Lava e Set It Off, le quali riportano il disco su un piano meno eccentrico. E verrebbe da dire quasi purtroppo, perché una volta assaporata la nuova veste "eccessiva" del gruppo ce ne separiamo a fatica. L'inevitabile controversia e delusione che causerà nei fan più intransigenti non esclude che il disco contenga tra le cose migliori partorite nel tempo dai Bent Knee, come le perle Cake Party, Figthing All My Life e Not This Time. Considerando questo, è chiaro che Frosting difficilmente riuscirà a mettere tutti d'accordo, ma magari ogni cambiamento fosse così coraggioso e con qualcosa da dire.
Il quinto album in studio dei Bent Knee sarà pubblicato l'11 ottobre sempre sotto l'etichetta InsideOut con il titolo di
You Know What They Mean. Il nuovo singolo tratto dall'album Hold Me In, che segue Catch Light uscito a giugno, mostra ancora una volta la versatilità della band aggiungendo altri elementi al loro sound. La tracklist è la seguente:
1 Lansing 1:22 2 Bone Rage 4:13 3 Give Us the Gold 3:51 4 Hold Me In 4:50 5 Egg Replacer 3:10 6 Cradle of Rocks 3:59 7 Lovell 1:26 8 Lovemenot 5:09 9 Bird Song 2:55 10 Catch Light 4:38 11 Garbage Shark 5:38 12 Golden Hour 5:50 13 It Happens 5:05
Dopo che i Bent Knee si sono costruiti un'autorevole carriera in brevissimo tempo gli amanti del prog, ma credo anche della musica in generale, si sono avvicinati a loro in modo naturale. Merito di una musica particolare che sa essere avventurosa e accessibile senza dimenticarsi il coinvolgimento emotivo. Una parte del merito va senz'altro alla distintiva e potente voce della cantante Courtney Swain che forse non molti sanno da qualche anno si è cimentata in alcune prove soliste parallelamente al gruppo, delle quali l'EP Growing Pains, da poco pubblicato, è l'ultimo capitolo. Abituati al ricco e versatile pianeta sonoro che sanno edificare i Bent Knee, l'opera solista della Swain ci trasporta in un altro mondo altrettanto affascinante. Dotata solo di piano, qualche intervento di archi e della sua voce espressiva, Courtney riporta la musica ad uno stato primario e intimo come uno sguardo alla sua parte di autrice sensibile a nuovi stimoli e sfide.
Non stupisce quindi che anche i testi rispecchino un'estetica musicale così malinconica e personale. Le ballate per piano presentate su Growing Pains crescono emotivamente d'intensità insieme al loro dipanarsi, iniziando con scarni grappoli di note pizzicate e finendo per allargarsi dinamicamente ad armonie più corpose. Se Glitter Bomb pone la Swain accanto alle migliori cose della tradizione cantautorale americana, con il piccolo pezzo da musical Snow Globe fino alla sentita interpretazione di Prickly Thorn, la musica sembra seguire il flusso di coscienza passionale della Swain mentre declama le sue storie di vita attraverso metafore e immagini forti. Anche in questo caso, come accade nei Bent Knee, Courtney Swain non è solo una cantautrice, ma mostra una volontà di caratterizzare la propria scrittura e le proprie ballate con elementi inusuali e originali come si addice ad ogni musicista che sa distinguersi.
In un mondo dove i tempi tra una pubblicazione discografica e l'altra si dilatano è bello ritrovare i Bent Knee che tornano ad un solo un anno di distanza dall'ultimo lavoro Say So. E proprio durante il tour europeo dell'estate scorsa, passato fortunatamente anche da Milano, il gruppo aveva presentato a sorpresa una buona parte dei brani contenuti su Land Animal, in uscita il 23 giugno per l'etichetta InsideOut. Già, perché c'è anche questa di novità: i Bent Knee hanno lasciato la Cuneiform e sono approdati all'etichetta progressive rock per antonomasia.
I nuovi pezzi suonati dal vivo nella tappa milanese, ad un primo impatto, avevano dato l'impressione di essere ancor più avventurosi e velleitari rispetto al materiale di Say So e adesso ne possiamo testare la bontà su disco. Land Animal appare in superficie come una facciata che attenua le asperità più avant-garde del suo predecessore, ma scavando a fondo si percepisce come il gruppo stia ancora cercando di perfezionare quel giusto equilibrio tra prog rock e pop intellettuale con il costante ricorso a deviazioni dalla normale formula canzone. Ma la peculiarità non è da individuare nella struttura, bensì delle trame degli arrangiamenti. L'esperimento si avvia con Terror Bird, che si preoccupa di creare una tensione di dinamiche tra piano/forte piuttosto che un vera e propria cadenza condivisa da strofa/ritornello. Per poi proseguire tra riff di chitarra obliqui sovrapposti a temi orientali con Hole e quelli funky di Holy Ghost le quali creano un bizzarro
mix di rock teatrale, amplificato dai beat di Gavin Wallace-Ailsworth (batteria) e Jessica Kion (basso) che rendono le ritmiche frizzanti rimarcandole come fossero segni
d'interpunzione grammaticale insieme alle pennate della chitarra di Ben Levin.
In qualche modo il gruppo si piega alla direzione del violino di Chris Baum, il quale molto spesso viene accompagnato da una sezione di archi nei cui contrappunti si ineriscono anche gli altri strumenti. Direi che se in passato si è giustamente puntato il riflettore sulle doti canore di Courtney Swain, forse mettendo un po' in ombra gli altri membri della band, in questo caso è bene ricordare l'importanza e la coesione che i Bent Knee riescono a creare a livello strumentale. Ad esempio nello spingere un pezzo come Time Deer in varie direzioni stilistiche pur rimanendo nei confini di una forma tradizionale preimpostata inizialmente oppure, di contro, nel lungo fluttuante finale con Boxes, che porta l'album ad un lento spegnimento tra tappeti ambient e i soli colpi della batteria, che ci fa apprezzare il sound design di Vince Welch.
La parte centrale dell'album che comprende il trittico Inside In, These Hands e la title-track è forse la più emozionante di tutto il lavoro, in quanto ci regala un ampio squarcio di umori e sfumature che vanno in crescendo: dalla dimessa calma apparente della prima che si ricollega idealmente delicate note della seconda, per infine sfociare nelle sbilenche e altalenanti pulsazioni intermittenti della terza. C'è una sottile linea che lega questi brani nei quali viene racchiuso l'universo musicale eterogeneo dei Bent Knee, saltando da carezzevoli armonie orchestrali da colonna sonora ai tocchi stravaganti e melodrammatici che convivono in uno stesso pezzo. Ma quello che è veramente rimarchevole, oltre alla stesura, è l'interpretazione fondata sulla sottrazione anziché sull'ostentazione, ma più in generale su impalcature così precarie che basterebbe il minimo errore per far crollare tutto.
Come spero saprete i membri dei Bent Knee sono impegnati in altrettanti progetti collaterali e, durante le prime settimane del 2017, il loro chitarrista Ben Levin ha pubblicato ben due differenti opere musicali con il sotto il moniker Ben Levin Group (del quale avevo già parlato in passato e di cui vi consiglio l'ascolto di Freak Machine e Invisible Paradise). Il primo è People, un album interamente acustico in cui Levin rivsita a modo suo folk, country e ballate dal sapore tradizionale. Tutto questo intepretato come fosse una collezione moderna che torna alle radici del genere "americana", rasentando certe inclinazioni cantautorali alla Casey Crescenzo e Trey Anastasio. Si consiglia in particolare l'ascolto dell'ultima traccia Back on Heart cantata da Courtney Swain.
Decisamente più sperimentale e differente il secondo che è un brano singolo strumentale dal titolo The Flombus Lives
"ispirato dalla musica di Nik Bartsch". Bartsch è un pianista jazz svizzero che ha espresso il suo entusiasmo nei confronti della musica dei Bent Knee (le due parti si sono anche incontrate durante il tour estivo dei BK) e naturalmente la cosa è reciproca al punto che Levin ha composto questo pezzo di chamber rock avant-garde pensando a lui.
Alcune piccole novità dal pianeta Bent Knee. La band sta attualmente lavorando al quarto album la cui pubblicazione è prevista per questo autunno, ma se ricordate bene nella nostra scorsa intervista realizzata per l'uscita di Say So accennavamo anche ad altri progetti individuali dei vari membri. La cantante Courtney Swain, ad esempio, è attiva già da qualche tempo anche come solista e ha alle spalle due album a proprio nome che potete rintracciare nella sua pagina Bandcamp.
Per chi ama i Bent Knee, che fortunatamente stanno riscuotendo molti consensi e anche altprogcore ha contribuito a far conoscere, mi sembra quindi doveroso segnalare il nuovo bellissimo singolo che la Swain ha appena pubblicato, registrato dal vivo con solo l'ausilio di pianoforte e un quartetto d'archi, dal titolo Moon Stalker. La resa del brano è assolutamente impeccabile, con l'interpretazione della Swain eccelsa come sempre, incorporando vari passaggi che inanellano una serie di crescendo emozionanti. Eccovi il video:
In più aggiungo un brano dei Bent Knee che ho lungamente cercato e che sono riuscito a trovare. Si tratta di un inedito, intitolato These Hands, che è stato incluso nella compilation Boston Sessions, vol.1: Beast uscita lo scorso ottobre e ora disponibile anche su Bandcamp.
Quante band conoscete che tendono a ripetersi album dopo album, o che comunque mantengano quel retrogusto di già sentito? Credo molte. Sapete invece nominare almeno una band che non solo sia imprevedibile in ogni sua pubblicazione, ma abbia anche un sound del tutto originale? Io ne ho una in mente e risponde al nome di Bent Knee. Loro sono un sestetto di Boston e chi segue queste pagine è ormai confidente con la produzione della band che ha da pochissimo pubblicato il suo terzo album Say So (alla cui recensione rimando per i dettagli) su etichetta Cuneiform Records, riscuotendo unanimi consensi da parte della stampa e dai fan che ogni giorno diventano più numerosi e che il gruppo si prepara ad incrementare questa estate grazie alla sua prima visita in Europa, con un piccolo tour che il 30 luglio toccherà anche l'Italia per un'unica data a Milano presso La Casa di Alex.
Lo scorso anno avevamo già avuto l'occasione di intervistare i Bent Knee dopo aver parlato di Shiny Eyed Babies, ma questa volta, devo aggiungere, è stata speciale, dimostrando quanto questi ragazzi siano spontanei, gentili e disponibili. Per dire, altprogcore è un piccolo blog che non può certo competere con siti musicali ben più blasonati, eppure, incuranti di questo, i Bent Knee sono stati così carini da proporre sia un'intervista via email (realizzata prima che la data italiana fosse definita) sia un altro incontro "dal vivo" su Skype per fare una chiacchierata. Nella conversazione con Jessica Kion (basso), Ben Levin (chitarra) e Chris Baum (violino) traspare la loro eccitazione nel suonare per la prima volta in Europa, non sapendo essattamente cosa aspettarsi dal punto di vista di pubblico e partecipazione, anche se in Germania (faranno tappa al Burg Herzberg Festival il 28 luglio) sono già abbastanza conosciuti. Alle altre domande presenti nell'intervista che segue hanno risposto anche gli altri membri del gruppo, Courtney Swain (voce e tastiere), Gavin Wallace-Ailsworth (batteria) e Vince Welch (produzione e sound design).
La conversazione con Chirs, Ben e Jessica avviene mentre i Bent Knee stanno portando avanti il tour statunitense e la sera stessa suoneranno a New York insieme agli Iris Lune. Così, mentre Ben mi racconta che gli è capitato di esibirsi in ogni tipo di posto e situazione "anche in palchi di queste dimensioni", mostrandomi una scatola di fiammiferi, il dicorso prosegue su come è la vita in tour e i lunghi spostamenti nel van, del nuovo video che stanno preparando per Good Girl (nel quale vedremo danzare la madre della cantante Courtney Swain) e le loro speranze di avere un po' di tempo libero per visitare i luoghi in cui si esibiranno in Europa. In seguito passiamo anche a qualche suggerimento di ascolto, rimanendo in tema di artisti europei Ben Levin mi consiglia il pianista svizzero di jazz minimale Nik Bärtsch e, da parte mia, colgo l'occasione di nominare i nostri Deus Ex Machina che militano proprio tra le fila della Cuneiform Records. Infine parliamo anche di come solitamente compongono e portano alla luce i loro pezzi: "In genere sono delle idee che ognuno di noi propone singolarmente e poi ci lavoriamo tutti insieme." - mi dicono - "In questo momento stiamo rifinendo i nuovi pezzi che andranno a finire nel prossimo album dei Bent Knee e speriamo di tornare in Europa con un tour più esteso la prossima primavera, anche se il nostro quarto album, con tutta probabilità, non sarà pronto fino all'autunno del 2017." Comunque, noi nel frattempo siamo impazienti di vederli in azione dal vivo.
Nella nostra ultima intervista ci anticipaste che Say So avrebbe avuto un'impostazione diversa rispetto a Shiny Eyed Babies e così è stato. Questa direzione è stata una scelta consapevole da parte vostra o vi siete lasciati trasportare dall’ispirazione?
Jessica Kion: "Sapevamo che Say So sarebbe stato differente da Shiny Eyed Babies perché siamo tutti in un posto differente mentalmente e fisicamente (a parte uno di noi, vivevamo tutti insieme durante la stesura di Shiny Eyed Babies ). Shiny Eyed Babies è stata la nostra prima raccolta di canzoni scritta da tutti e sei. Al momento di passare a Say So, sapevamo un po' di più su cosa aspettarci dalle nostre dinamiche di scrittura in piccoli gruppi o tutti assieme. Prevedo che il nostro prossimo album sarà, di nuovo, molto differente da tutto ciò che abbiamo realizzato in precedenza.
Quali sono, a grandi linee, i temi che avete affrontato nei testi di Say So? Avete proseguito la vena dark di Shiny Eyed Babies?
Jessica Kion: “I temi di Say So hanno molto a che fare con le relazioni non equilibrate. Per esempio, Leak Water riguarda un rapporto madre/figlia e il tipo di scenario in cui il bambino vorrebbe chiedere "perché devo fare questo?", con il genitore che gli risponde "perché lo dico io". In alternativa, Black Tar Water parla di venire fuori dalla depressione e rigenerarsi. La canzone è molto più galvanizzante e vuole usare il titolo Say So come per dire "parlane apertamente". Ci sono un sacco di momenti di oscurità in Say So, in particolare su tracce come Eve o Good Girl, però penso che parlare di toni dark come nostro modus operandi non sia il caso di Say So.
Good Girl e Leak Water sono nel vostro repertorio già dai tempi di Shiny Eyed Babies, la genesi di Say So parte da lontano quindi?
Ben Levin: “Abbiamo finito di scrivere e registrare Shiny Eyed Babies molti mesi prima di quando lo abbiamo realizzato veramente, quindi avevamo già iniziato a scrivere Say So quando Shiny Eyed Babies è uscito. E' snervante rimanere per lungo tempo senza lavorare su nuovo materiale (al momento stiamo persino lavorando al nostro quarto album).”
Con questo album avete inaugurato il sodalizio con la Cuneiform Records, storica etichetta di jazz, Rock In Opposition e scuola di Canterbury. Potete raccontarci come è nato il vostro incontro?
Courtney Swain: “La scorsa estate abbiamo avuto il nostro primo contatto con Steve
Feigenbaum, il boss della Cuneiform. Ordinò alcune copie di Shiny Eyed Babies e del primo album, e abbiamo avuto un piacevole scambio di messaggi. Eravamo in tour a Seattle all'epoca ed ero così eccitata di sapere che loro ci conoscevano, dato che sembravano proprio la giusta etichetta per noi in termini di reputazione e grandezza per il nostro passo successivo. Poi siamo arrivati all'autunno quando il nostro meraviglioso amico Anil Prasad di Innerviews.org, ha scoperto la nostra musica. Non avevamo idea della grande opportunità che poteva darci ed eravamo un po' divertiti dal fatto che lui fosse così eccitato dalla nostra musica. Fino a che abbiamo iniziato a renderci conto di nuovi fan da ogni parte del mondo, le cui orecchie erano state attirate su di noi da Anil. E' venuto fuori che Anil (come Steve Feigenbaum) è un catalizzatore di trend molto rispettato nell'ambiente della musica alternativa. Dopo averci conosciuto è andato in modalità super-saiyan e ha praticamente reso a conoscenza tutta la scena musicale presente nella sua agenda riguardo i Bent Knee. Tra coloro che sono stati avvertiti c'erano anche alcune label e Steve è stato uno dei primi a rispondere dicendo "sì, li conosco. Sarei interessato a parlare con loro." Dopo di ciò, con l'aiuto di Anil, ho abbozzato una email molto sincera e imponente nella quale spiegavo chi siamo, cosa facciamo e perché lui avrebbe potuto essere interessato nel farci firmare un contratto. Dopo qualche discussione, Steve ci ha proposto un accordo. Prima di firmare ci siamo incontrati a Baltimora e lui è venuto ad un nostro show per vederci dal vivo. Alla fineabbiamo firmato ufficialmente, ed eccoci qui!"
Pensate che il vostro coinvolgimento con la Cuneiform continuerà con altri album e magari condividendo qualche tour con altri artisti dell’etichetta?
Ben Levin: “La Cuneiform è stata grande e molto trasparente con noi. Si sentono come compagni di squadra piuttosto che come una forza intimidatoria con la quale dobbiamo fare i conti. Siamo stati così concentrati nella realizzazione di Say So che non abbiamo fattoalcun piano per il nostro prossimo album al di fuori della musica stessa. Tra gli artisti Cuneiform io sono particolarmente affezionato a Mats / Morgan. Sono musicisti incredibili con un suono unico, intenso e divertente."
Ho notato che avete spesso suonato e visitato il Giappone e in questo
album brani come The Things You See e Nakami sembrano un omaggio
musicale a quel Paese. C’è un legame particolare?
Courtney Swain: "Mia madre è giapponese e io sono nata e cresciuta in Giappone fino all'età di 18 anni, quando mi sono trasferita negli Stati Uniti. Il Paese e la sua cultura sono una grande parte di ciò che sono e di come vedo il mondo, così è stato un sogno che si è realizzato quando Ben, Chris e io abbiamo organizzato un tour in Giappone come trio acustico. Il tour si è tenuto nel dicembre 2013 e abbiamo suonato una serie di show a Tokyo e nel sud del Giappone. Da allora sono ritornata in Giappone con Vince e spero di avere l'opportunità in futuro di portare con me anche Jessica e Gavin. Nakami contiene qualche gioco di parole in giapponese. Sono un po' ossessionata da omofoni e sinonimi, specialmente se appartengono ad una lingua differente. The Things You Love ha anche un sound pentatonico del sudest asiatico ma questa è più un'influenza del gamelan di Bali."
Pur essendo degli ottimi musicisti mi sembra che poniate più attenzione all’aspetto compositivo e di arrangiamento, piuttosto che mostrare quello del virtuosismo strumentale.
Chris Baum: “Noi prima di tutto siamo compositori e scriviamo ogni canzone adattandola ad un carattere. Ci interessa molto poco la musica concepita semplicemente per mostrare le prodezze tecniche. Per noi la capacità di eseguire passaggi più difficili apre semplicemente le porte a nuovi dispositivi compositivi e strutturali."
Nel suo aspetto più singolare e sperimentale, Say So mi pare quasi un
proseguimento e approfondimento del vostro primo album, anch’esso molto
differente da Shiny Eyed Babies. Siete d’accordo?
Vince Welch: "Personalmente percepisco Say So più vicino al nostro secondo album piuttosto che al primo. Molte delle stesse idee/sentimenti che hanno portato alla creazione del primo album stanno ancora fluttuando dentro a noi, quindi forse hai sentito queste uscire, anche se in modo più maturo e raffinato."
Ognuno dei vostri album ha un carattere individuale e un vasto contenuto di varietà: vi siete cimentati in ogni sorta di variazione, sia una maggiore aderenza alla classica forma canzone sia a strutture musicali più complesse. Pensate che la musica possa offrire sfide sempre più stimolanti?
Gavin Wallace-Ailsworth: “Io certamente spero che i Bent Knee trovino nuove e interessanti sfide musicali con le quali ci possiamo confrontare. Metà del divertimento di creare musica è cercare di spingersi oltre la propria "comfort zone". Penso che sia qualcosa che abbiamo avuto la fortuna di fare e spero che continueremo."
Questa estate sarete in tour per la prima volta anche in Europa con due date già confermate in Germania e Repubblica Ceca. Siete eccitati? Sapete dirci se ci saranno altre date?
Chris Baum: “Siamo eccitati di attraversare l'oceano per la prima volta! L'Europa è stata molto gentile con noi e speriamo di metterci in contatto con nuovi amici. Una o due date aggiuntive sono in preparazione per questa estate, restate sintonizzati!"
Avete qualche messaggio particolare per il pubblico europeo?
Gavin
Wallace-Ailsworth: “Siamo tutti eccitati di suonare in Germania e Repubblica Ceca e speriamo di tornare in qualsiasi altra parte d'Europa il prima possibile! Ci vediamo presto."
ENGLISH VERSION
In our last interview, you anticipated that Say So would be different from Shiny Eyed Babies and so it is. This direction was a conscious choice on your part, or did you let yourself be carried by inspiration?
Jessica Kion: “We knew Say So would be different from Shiny Eyed Babies because we all are in a different place mentally and physically (all but one of us lived together during the writing of Shiny Eyed Babies). Shiny Eyed Babies was our first collection of songs written by all six of us. By the time we got to Say So, we knew a bit more about what to expect from our writing dynamics in small groups and as a whole. I predict our next album will, again, be quite different from anything we've done previously.”
What are the lyrical themes that you faced on Say So? Have you kept on the dark mood of Shiny Eyed Babies?
Jessica Kion: “The lyrical themes in Say So have a lot to do with relationships unbalanced in power. For instance, Leak Water is about a mother/daughter relationship and the sort of scenarios in which a child would ask "why do I have to do this?”, with the parent's answer being "because I say so". Alternatively, Black Tar Water is about escaping depression and washing one’s self clean. The song is much more em-powering and is using the title Say So to mean, "speak up”.
There are plenty of moments of darkness in Say So, especially in tracks like Eve or Good Girl, but I think darkness as our modus operandi is not the case with Say So.
Good Girl and Leak Water were already on your repertoire since Shiny Eyed Babies was released, so the genesis of Say So began long ago...
Ben Levin: “We finished writing and recording Shiny Eyed Babies many months before we actually released it, so we had already started writing Say So when Shiny Eyed Babies came out. It’s unnerving to go a long time without working on any new material (we’re even working on our fourth album now).”
With this album you’ve begun the partnership with Cuneiform Records, maybe the most important US label for avant-garde music and modern jazz. Can you tell us how this association was born?
Courtney Swain: “Last summer, we had our 'initial' contact with Steve Feigenbaum, the bossman over at Cuneiform. He ordered a few copies of Shiny Eyed Babies and our debut, and we had some pleasant ex-changes. We were on tour in Seattle at the time and I was so excited that they knew about us, since they seemed like the right label in terms of reputation and size for our next step. Fast forward to the fall when our wonderful friend and the man behind Innerviews.org, Anil Prasad, discovered our music. We had no idea what a big deal he was, and were mildly amused that he was so excited about our music. That was until we started hearing from new fans from all corners of the world, whose ears were all turned to us by Anil. Turns out that Anil (similar to Steve Feigenbaum) is a tremendously respected trend-setter and taste-picker in alternative music. He went super-saiyan after he found us, and took it upon himself to alert most if not every musical being in his phone book about Bent Knee. Some of the folks he alerted included a few labels, and Steve was one of the first to respond and say "yes, I know them. I'd be interested in talking to them." After that, with Anil's help, I drafted a very candid and awesome email about who we are, what we've done, and why he should be interested in signing us. After some discussion, he extended us a deal. Before we signed, we got to meet him in Baltimore, and he came to one of our shows to see us live. Eventually we signed officially, and here we are!”
Do you think your involvement with Cuneiform will continue with other albums? Will there be opportunities to share the stage with other label mates and do you like someone in particular on Cuneiform’s roster?
Ben Levin: “Cuneiform has been great and very transparent with us. They feel like teammates rather than some intimidating force that we have to reckon with. We have been so focused on releasing Say So that we haven’t made any plans for our next album outside of the music itself. I am particularly fond of Cuneiform artists Mats/Morgan. They are incredible musicians with a unique, fun, and intense sound.”
I noticed that you have visited and played on Japan and, on this record, songs like The Things You See and Nakami seem to pay a musical homage to that country. Is there a special bond with Japan?
Courtney Swain: “My mother is Japanese, and I was born and raised in Japan until I moved to the US when I was 18. The country and the culture are a big part of who I am and how I view the world, so it was a real dream come true when Ben, Chris and I put together an acoustic trio tour in Japan. The tour was in December 2013, and we played a string of shows in Tokyo and in Southern Japan. Since then I've also travelled to Japan with Vince, and I'm looking forward to the opportunity to have Jessica and Gavin experience Japan, too. Nakami has some Japanese word-play in it. I'm kind of obsessed with homophones and synonyms, especially when they are in different languages. The Things You Love also has a pentatonic, Southeast Asian sound, but this was from a Balinese gamelan influence.”
Despite the fact of being good musicians, it seems that you put more attention on the arrangements and architectural aspects of the songs rather than show instrumental virtuosity. Is that right?
Chris Baum: “We’re composers above all else, and write to fit the character of each song. Music conceived simply to show off technical prowess is of little interest to the band. For us, the ability to execute more difficult passages just opens up doors to new textures and compositional devices.
In its unique and experimental aspect, Say So seems almost a continuation and deepening of your first record, which is also very different from Shiny Eyed Babies. Do you agree?
Vince Welch: “Personally, I feel Say So is closer to the second album than the first. Many of the same ide-as/feelings that led to the creation of the first album are still floating around inside us, so perhaps you're hearing those coming out, albeit in a more mature, refined way.”
Each of your albums has an individual character and a wide variety of content. You have ventured into all sorts of variation: the classic song form approach as well as more complex musical structures. Do you think that music will offer to you more and more stimulating challenges?
Gavin Wallace-Ailsworth: “I certainly hope that we continue to find new and interesting challenges to deal with musically. Half the fun of musical creation is trying to better one's self through stepping out of one's comfort zone. I think that’s something that we've had some luck doing, and I hope we continue to.”
This summer, Bent Knee will tour Europe for the first time with two dates already scheduled in Germany and Czech Republic. Are you excited? Do you know if there’ll be other dates?
Chris Baum: “We’re thrilled to be crossing the pond for the first time! Europe has been very kind to us, and we look forward to connecting with new friends. An additional date or two is in the works for this summer — stay tuned.
Any special message for the European audience?
Gavin Wallace-Ailsworth: “We are excited to play in Germany and the Czech Republic, and hope to venture elsewhere in Europe as soon as we can! See you all soon.”
Quando qui su altprogcore segnalammo Shiny Eyed Babies e lo eleggemmo miglior disco del 2014, i Bent Knee erano ancora una band poco conosciuta. Da allora, nonostante siano passati solo due anni, ne hanno fatta di strada. Come avevamo previsto quell'album così originale ha superato i confini degli Stati Uniti, colpendo in modo globale l'immaginario degli appassionati di progressive rock, dell'avant-garde, ma anche dell'art rock, grazie ad una trasversalità che include al suo interno sperimentazione, arrangiamenti originali e belle melodie, segnate in modo indelebile dalla magnifica voce di Courtney Swain. I Bent Knee hanno poi meritatamente firmato un contratto con la storica etichetta Cuneiform Records, specializzata in forme di musica di confine, a partire dal Rock In Opposition e arrivando fino al jazz, ed è pure successo che qualcuno si sia svegliato in ritardo e abbia incluso Shiny Eyed Babies nella lista dei migliori album del 2015 (!).
Come il gruppo aveva già avuto modo di anticipare, Say So è un'opera molto differente da Shiny Eyed Babies e, per esordire sotto l'egida dell'etichetta fondata da Steven Feigenbaum, non poteva esserci album migliore di questo, visti i suoi connotati che abbracciano ampiamente nuovi territori avant-garde. E così, il singolo Leak Water che ha anticipato l'album, sarà la massima concessione all'immediatezza e all'orecchiabilità che potrete ottenere da parte di Say So. Il resto è ben distante da queste atmosfere e si occupa di allargare gli orizzonti dell'art rock tramite un saliscendi schizofrenico che inizia con l'ottima intro di Black Tar Water, circospetta sulle prime battute per poi promettere e mantenere un crescendo emozionale da ballad melodrammatica.E' quindi sempre ben presente quel lento edificare che porta verso un
climax liberatorio, ma questa volta messo a punto con alcune differenze formali non indifferenti.
Da una partesi ritorna al rock teatrale di Way Too Long, costruendo un
chamber rock intellettuale sulle basi delle canzonette vaudeville con Counselor e su quelle da musical con Hands Up, oppure provando ad allontanarsi con eclettismo e spingersi verso le
folleggianti latitudini avant-rock di Frank Zappa e 5uu's imbastite da Commercial. Dall'altro lato, ciò che colpisce di Say So è che dà l'impressione di non essere guidato da schemi predefiniti, ma da una continua e precaria ricerca del non prestabilito, in ogni brano gli sconvolgimenti tematici non appaiono mai ben delineati e netti, ma si dipanano più come un flusso di coscienza. La loro varietà interna è l'equivalente di una guida alla cieca e EVE, uno dei brani chiave dell'album, nei suoi quasi dieci minuti
racchiude e riassume un po' questa essenza, mettendo in scena vari umori, dalla
Swain che canta sopra un tappeto musicale disomogeneo e caotico che si consolida in un'armonia malinconica e sbilenca, fino alla volatilità aleatoria del finale.
Inoltre, da un sestetto che include un'ampia tavolozza timbrica grazie alla presenza di violino, tastiere, chitarre e ciò che loro chiamano "sound design", ci si aspetterebbe un suono denso e virtuosistico, invece i Bent Knee spiazzano con la scelta sorprendente, per certi aspetti minimale, di fondare le composizioni sull'edificazione atmosferica, sulle stratificazioni sottili e su strutture dalle trasformazioni impercettibili. Così accade nel cupo blues della conclusiva Good Girl e nelle delicate arie romantiche di The Things You Love e Nakami. In definitiva, su Say So è come se il gruppo fosse maturato, presentando un lavoro nel quale ha adottato alla lettera e fatto tesoro del motto anglosassone "less is more", dove anche la Swain con la sua voce stentorea appare più misurata del solito. Dimenticate quindi il passato, i Bent Knee, con tre album all'attivo ognuno diverso dall'altro, sono tra le poche band che oggi hanno il coraggio di misurarsi con il cambiamento e guardare costantemente al futuro.
Questo 2016 si preannuncia come uno degli anni più eccitanti degli ultimi tempi. Non è il fatto che è appena iniziato il quarto mese e già abbiamo fatto il pieno di opere di qualità come Rare Futures, School of Seven Bells, The Mercury Tree, Adjy e Black Peaks (dei quali mi occuperò a breve), ma le anticipazioni che ci aspettano non sono da meno. Oltre al ritorno di band lungamente scomparse dai radar come Thrice, Saosin, Glassjaw, First Signs of Frost e The Fall of Troy nel post hardcore e Frost* e Deus Ex Machina nel progressive rock, si preannuncia l'arrivo del primo straordinario album d'esordio degli Oh Malô il 29 aprile, oltre che i nuovi lavori di Bent Knee, Thank You Scientist e, forse in extremis a fine anno, quello dei The Knells, ovvero i tre gruppi le cui opere prime sono state al vertice degli ultimi "Best of" annuali di Altprogcore. E questi sono solo alcuni dei nomi sicuri che ci è dato sapere fin qui. Chissà cosa riserverà il resto dell'anno.
Intanto, dopo questa considerazione, vi lascio con qualche testimonianza sonora:
Il primo singolo Leak Water tratto dai Say So dei Bent Knee in uscita il 20 maggio e Heartstrings (eseguito dal vivo) che sarà nel nuovo album dei Frost*.
E di seguito alcune uscite che si sono accumulate il primo di aprile:
C'è il math-post-rock dei Three Trapped Tigers, nuova acquisizione della Superball Records (etichetta che aveva in scuderia Pure Reason Revolution e Oceansize), che nel loro osannato secondo album Silent Earthling sembrano dei Battles a colori e sotto steroidi, il che come affermazione è già di per sé provocante. Se volete ben cominciare, ascoltate Blimp o Rainbow Road.
Sempre in tema di math rock c'è da segnalare il ritorno dei Wot Gorilla? che intitolano simpaticamente il loro EP ...and then there were three... anche se con i Genesis non hanno nulla a che fare musicalmente.
Poi ci sono quei pazzi scatenati dell'avant-prog Godzilla Black al secondo album con Press the Flesh.
Infine un'eccezione meritevole di un'artista già conosciuta a livello planetario, ma che ha tirato fuori un album che nessuno si aspettava e non mi stupirei se alla fine del 2016 si piazzasse nelle parti alte di molte classifiche di fine anno. La sempre osannata Esperanza Spalding lascia il suo soul jazz funk per radical chic della prima ora, si presenta con un look rinnovato e, prendendo la scusa di interpretare un alter ego ispirato al suo secondo nome di battesimo, dà una sterzata alla sua carriera con Emily's D+Evolution. La Spalding lascia solo virtualmente il jazz e le premesse di partenza rimangono saldamente indirizzate alla black music, ma vi affianca una prorompente matrice rock, giocando con poliritmie, armonie vocali e groove soul. Il risultato infatti assomiglia molto alla pop fusion reintepretata dai bianchi, come ad esempio al periodo jazz-mingusiano di Joni Mitchell o ai capolavori pop prog di Steely Dan e Todd Rundgren.
Che siano catalogati come nu jazz o prog jazz, la sostanza degli inglesi GoGo Penguin rimane quella di una muzak intellettuale che può fare colpo sia sugli amanti della musica impegnata sia su coloro che la vogliono lasciare come un raffinato soprammobile da sottofondo. Dopo avere conseguito molti riconoscimenti con il secondo album v2.0, i GoGo Penguin sono da poco usciti con il terzo lavoro Man Made Object che continua in quell'esplorazione di classica moderna/jazz per palati fini, ma non esigenti. Nulla da eccepire sulle qualità dei tre strumentisti, ma è la loro proposta che a lungo stanca. La peculiarità del gruppo è la sezione ritmica che si prodiga nel ricreare i battiti irregolari di breakbeat, trip hop e trance ambient elettronica, mentre il piano ricama cellule melodiche orecchiabili e accompagnamenti minimali. I pezzi sono basati più su fraseggi tematici reiterati (come fossero una canzone) piuttosto che su esposizioni variabili, le quali potrebbero permettere di sviluppare parti soliste per rendere la musica più liquida e mutevole. E invece alla fine ci si annoia un po'.
Gli Opia sono un trio australiano freschi di debutto discografico con EON...e indovinate un po'...sono proprio come vi aspettereste che suoni oggi un gruppo rock alternativo australiano. La descrizione che calza di più per loro è come ascoltare un mix tra COG e Dead Letter Circus. Provare per credere.
Se seguite questo blog sapete bene chi sono i Bent Knee (che, ricordo, hanno il nuovo album in arrivo a maggio). Il loro chitarrista, tra le altre cose, è anche il leader del Ben Levin Group, un side project che ospita Courtney Swain alla voce e Chris Baum al violino (sempre dai Bent Knee) e che prevede ben due nuove pubblicazioni nel corso di questo anno. Nel frattempo consiglierei l'ascolto dell'ultima fatica del gruppo, Freak Machine, un concept album uscito un anno fa e composto di quattro movimenti e mezzo in una formula leggermente più estrema dei Bent Knee, che spaziano dal rock sperimentale avant-garde al prog, dal cabaret zappiano alla classica.
I Bent Knee sono un sestetto di Boston formato da giovani musicisti molto attenti e preparati che, nella propria interpretazione di moderno art rock, sono riusciti a creare una sfumatura dal sound originale e riconoscibile, permettendo così di elevarsi nell'attuale panorama musicale grazie ad una ricerca tesa ad aggiungere qualcosa di nuovo. Con il secondo lavoro Shiny Eyed Babies (miglior album del 2014 secondo altprogcore) i Bent Knee si sono fatti notare riscuotendo molte critiche positive, riuscendo ad emergere nel panorama alternativo americano e varcare anche i confini nazionali arrivando come un'ammaliante eco qua da noi in Europa. Shiny Eyed Babies è un'opera a suo modo variegata che contempla sperimentazione e accessibilità con la stessa cura e passione, che mostra aspetti musicali virtuosi, ma non ansiosi di mettersi in mostra.
Altprogcore è stato, credo, l'unico sito web italiano a credere in loro e un'intervista al gruppo era quasi un dovere per me. Ci scrive la cantante Courtney Swain che ha suddiviso le domande tra i vari membri - Vince Welch (Production, Sound Deisgn), Jessica Kion (Bass, Vocals), Gavin (drums), Chris Baum (violin), Ben Levin (guitar) - per dare una visione più generale e collettiva.
Puoi dirmi com'è nato il gruppo? Vi siete incontrati al Berklee College a Boston?
Vince Welch: Si, vero.. ci siamo incontrati al Berklee College a Boston. I Bent Knee erano originariamente una collaborazione elettronica tra Courtney e Ben. Il gruppo si formò seriamente quando dovemmo registrare una canzone per un corso musicale che dovevamo sostenere. Il resto, come spesso dicono: è storia.
Qual è il significato del vostro nome?
Vince Welch: Il significato del nostro nome è un segreto. Se i nostri fans lo scoprono, potrebbero non pensare mai più lo stesso di noi..
Le vostre canzoni sembrano equamente divise da elementi di musica sperimentale ed altra musica molto più tradizionale, ad esempio l'indie rock e l'arte. A livello compositivo cercate di favorire uno o due aspetti o viene tutto naturale?
Jessica Kion: Durante la fase di composizione lasciamo che la storia di ogni singola canzone detti l'atmosfera della canzone. Stiamo costantemente cercando suoni nuovi e non vogliamo assolutamente ripeterci con la forma della canzone, la sua forma dinamica o il suo sentire.
Quindi, questo, spesso ci porta a nuovi luoghi sconosciuti. Non siamo mai entrati in sala d'incisione pensando: “forza, mescoliamo un po' di funk e prog insieme”, ma non è una buona idea! Ciò che le canzoni diventano, sono il risultato dei nostri esperimenti con tonnellate di idee e, soprattutto, di mantenere quello che più ci piace.
Quali sono i temi che hanno ispirato Shiny Eyed Babies?
Jessica Kion: I temi che hanno ispirato Shiny Eyed Babies sono tutti piuttosto oscuri: dipendenza, depressione, disperazione, vergogna. Abbiamo voluto scavare il mondo nella sua disperazione e abbiamo trovato un sacco di roba lì attraverso le nostre esperienze personali e l'immaginazione.
Come avviene il vostro processo compositivo? Scrivete tutti insieme o ognuno porta le proprie idee?
Gavin Wallace-Ailsworth: Solitamente qualcuno porta una sezione di una melodia o un demo completa di un brano intero. L'intera band poi aggiunge o sottrae le sezioni o le stesse idee fino a quando non siamo tutti soddisfatti. Alcune canzoni si formano insieme più rapidamente di altre.. ricordo che Way Too Long fu un processo molto veloce, mentre Battle Creek ha richiesto molto tempo. Questo è quando successo per quasi tutte le canzoni di Shiny Eyed Babies.
Ho notato che Shiny Eyed Babies ha trovato spazio e visibilità in alcuni siti prog europei. Vi sentite legati a questo tipo di musica o è solo una coincidenza essere associati al prog?
Gavin Wallace-Ailsworth: Personalmente ho un grande legame con la musica progressive, sono cresciuto ascoltando gruppi prog classici come Rush, King Crimson, Genesis, Jethro Tull. All'inizio ero sopreso che la gente ci reputasse una band prog, perché ero abituato all'idea del prog come se fosse solo una questione di tempi dispari e acrobazie. Ma se guardiamo le band classiche che sono state etichettate come prog, si vede un gruppo di artisti che è voluto andare oltre al concetto di musica cercando nuovi suoni. Sento che è la stessa strada intrapresa con i nostri suoni, con la nostra musica!
State pensando ad un tour europeo?
Chris Baum: Shiny Eyed Babies è stato accolto molto bene in Europa, soprattutto in Germania, e stiamo pensando di attraversare l'Atlantino nel 2016.
Avete gia presentato alcune nuove canzoni dal vivo come Leak Water e state anche lavorando al terzo album, giusto?
Chris Baum: Sì, stiamo scrivendo e suonando un po' di materiale nuovo soprattutto nel nostro prossimo tour in Nord America. Usciremo col terzo album il prossimo anno che sarà molto diverso, quindi aspettatevi un significativo allontanamento da Shiny Eyed Babies e non vediamo l'ora d'iniziare.
Quali sono le tue / vostre canzoni / band preferite?
Ben Levin: Mi piace la musica che si collega profondamente con chi la scrive. Le persone sono complesse e più di guardi dentro, più diventi profondo. Quando la musica è molto personale, mi sento molto vicino a toccare quel qualcosa che rende la musica così magica. Amo Surfjan Stevens, Kendrick Lamar, e Nick Cave per molti motivi. Ognuno di loro ha un modo talmente diverso di esprimere i loro mondi più profondi.
I membri dei Bent Knee sono coinvolti in altri gruppi musicali.Quali sono le differenze principali tra questi progetti?
Ben Levin: I Bent Knee fanno parte parte di un collettivo chiamato Secret Dog Brigade(www.secretdogbrigade.com).
All'interno del collettivo abbiamo i Justice Cow, un gruppo folk, un ensemble di rock prog, i Ben Levin Group, una band pop rock chiamata One Eyed Kid ed un ultimo un gruppo rock chiamato Mr Gavin's Meat Farm. Courtney Swain dei Bent Knee ha anche diverso materiale solista che viene pubblicato attraverso il collettivo.
ENGLISH VERSION:
Can you tell us how was born the group? Did you meet attending at the Berklee College in Boston?
Vince Welch: We all met at Berklee College of Music in Boston. Bent Knee was originally as an electronic music collaboration between Courtney and Ben. The band started when we put together a live band so that we could record one of the songs for a music production class I was taking. And the rest, as they say; is history…
Which is the meaning of your name?
Vince Welch: The meaning of our name is top secret. If our fans ever found out, they would never think of us the same…
Your songs seem equally divided by elements of experimental music and other more traditional like pop music, indie and art rock. At compositional level are you trying to favor one or two aspects or everything comes naturally?
Jessica Kion: When composing we let the story of each song dictate the feel of the song. We are constantly attempting to sound new and to not repeat ourselves in terms of having songs with the same form, dynamic shape, or feel. So, this often leads us to new places. We have never gone into a writing session thinking "Let's mix some funk and prog together", but that's not a bad idea! What the songs turn into is a result of us experimenting with tons of ideas and keeping what we like.
What are the themes that inspired the lyrics of Shiny Eyed Babies?
Jessica Kion: Themes that run through the lyrics of Shiny Eyed Babies are all pretty dark: addiction, depression, hopelessness, shame. We were exploring in the world of hopelessness and found a whole lot of stuff there through our personal experiences and imagination.
Can you explain what is the process of composition? Do you write all together or everyone brings their own ideas?
Gavin Wallace-Ailsworth: Typically someone will bring in a section of a tune, or a completed demo of an entire tune. The whole band would then add and subtract sections and ideas until we were all happy with it. Some songs fall together quicker than others, I remember Way Too Long happening very fast, but Battle Creek took a long time. Thats how most of the stuff on Shiny Eyed Babies was written.
I noticed that Shiny Eyed Babies had space and view in some prog European sites. do you feel linked to this kind of music or it is only a coincidence to be associated with the prog?
Gavin Wallace-Ailsworth: I personally have a huge link to progressive music, I grew up listening to classic prog bands like Rush, King Crimson, Genesis, and Jethro Tull.
At first I was surprised that people thought of Bent Knee as a prog act, because I had become used to the definition of prog music as just having lots of odd times and acrobatics. But if you really look at the classic bands that have been labeled as progressive, you see a bunch of artists that were all looking for new sounds and new places to take their music, I feel that we are trying to do the same with our tunes.
Are you considering an European tour?
Chris Baum: Most definitely. Shiny Eyed Babies has been doing well in Europe, especially in Germany, and we’re hoping to cross the Atlantic at some point in 2016.
You have already presented some new live songs as Leak Water, are you working on the third album?
Chris Baum: Yes! We’re actively writing and will be playing quite a bit of new material on our soon-to-be-announced North American tour this summer. Expect album number three to drop next year — it’s a significant departure from Shiny Eyed Babies sonic landscape, and we’re excited to start trying out the new songs on the road.
What is your favorite music/what bands do you like?
Ben Levin: I like music that is deeply personal to the person writing it. People are complex and the further inward you look, the larger you become. When music is very personal I feel like it gets closer to touching on that spark that makes music so magical. I love Sufjan Stevens, Kendrick Lamar, and Nick Cave for those reasons. They each have a totally different way of expressing their deepest worlds.
The members of the Bent Knee are also involved in other parallel bands. What are the music differences between these projects?
Ben Levin: Bent Knee is part of a collective/label called Secret Dog Brigade (www.secretdogbrigade.com). Within the collective, we have a comedic folk trio called Justice Cow, a progressive rock ensemble called Ben Levin Group, a pop rock band called That One Eyed Kid, and a twisted rock band called Mr. Gavin's Meat Farm. Courtney Swain of Bent Knee also has a bunch of beautiful solo material that gets released through the collective.
Dopo averli scoperti questa estate e una lunga attesa, esce finalmente oggi Shiny Eyed Babies dei Bent Knee. Pensando a come poter descrivere la musica dei Bent Knee e quindi all’elusività che un imbrigliamento stilistico può avere, questa volta non troverei di meglio che "art rock" come termine calzante. Il motivo è presto detto: per il loro modo di essere pop rock e allo stesso tempo sperimentali, per la loro sottesa teatralità avant-garde leggermente dark e per una certa sensazione profonda e avvolgente che non appassiona soltanto l’udito, ma anche l’intelletto. Dopo un omonimo esordio altrettanto interessante pubblicato nel 2011, il giovane sestetto proveniente dal Berklee College of Music di Boston arriva al secondo album con una maturità e una proprietà di scrittura da artisti consumati.
Le canzoni raccolte su Shiny Eyed Babies sono dei capolavori di dinamica, costruiscono pathos con pazienza, partendo in maniera sommessa e arrivando al climax, più che ad un chorus, lentamente, oppure esplodendo all’improvviso. Il folk sbilenco di Way Too Long e Skin, la corale In God We Trust e la tensione drammatica che scaturisce da Battle Creek sono tutti esempi che mostrano al meglio questa metodologia. Si sfocia nell’eccellenza di fronte ai vari risvolti tematici offerti da Being Human, all’inesorabile crescendo di Sunshine che diventa ossessivo nel finale e al gusto degli arrangiamenti di Dead Horse.
In tutto spicca la limpida e stentorea voce di Courtney Swain con i suoi gorgheggi e vibrati, poi una sezione ritmica versatile e inventiva che, insieme a chitarra, violino e tastiere, cementano l’insieme con discrezione o propulsione a seconda della necessità. Una personalissima impressione mi farebbe definire i Bent Knee come la Dave Matthews Band che incontra gli Sleepytime Gorilla Museum mentre suonano pop. Ma, al di là di paragoni che lasciano il tempo che trovano, Shiny Eyed Babies è uno di quegli album che ha il potere di amplificare le nostre percezioni ed è, per ora, l’ascolto più stimolante del 2014.
Apriamo la seconda parte di nuove proposte musicali presentandovi due validissime band provenienti da Boston, entrambe uscite da quella fabbrica di talenti che è il Berklee College of Music. I Bent Knee sono una strana creatura, non propriamente Prog, ma piuttosto art rock nella sua accezione più vasta. Nel loro sound vi sono racchiusi alternative, folk, elettronica, avant-rock e pop rock sperimentale, se tutto ciò può avere senso. Le loro canzoni costruiscono pathos con pazienza, partendo in maniera sommessa e arrivando al climax, più che a un chorus, lentamente, oppure esplodendo improvvisamente. Una personalissima impressione me li farebbe definire come la Dave Matthews Band che incontra gli Sleepytime Gorilla Museum mentre suonano pop. Shiny Eyed Babies è in uscita a novembre.
Il secondo gruppo è molto diverso. Diciamo che i Mals Totem cercano di portare l'hard rock in territori progressivi con ritmiche elaborate, cambi di atmosfera e aggiungendo accanto ai soliti riff progressioni armoniche fusion. Ad ogni modo, di fondo, il loro EP è una bordata di energia supportata anche dal talento del cantante Dave Vives, che ha veramente una voce notevole (ascoltatevi Mastless) e lo potete controllare voi stessi in questa cover di Whole Lotta Love eseguita dal vivo di fronte nientemeno che a Jimmy Page in persona. Ad una prima impressione mi hanno fatto venire in mente una versione prog jazz degli Extreme, ma dentro si sentono le influenze e l'estro dei SuperVolcano, un'altra band, guarda caso, di Boston segnalata qualche tempo fa in questo blog.
Ho conosciuto gli Stepfriends tramite la carinissima etichetta Intheclouds Records, che pubblica esclusivamente vinili con artwork artigianali fantastici, che ha messo sotto contratto il gruppo e dovrebbe far uscire All We've Got entro la fine del mese. Dalle poche canzoni ascoltate in preview (alcune le potete trovare anche qui), All We've Got dovrebbe essere un gran disco. Sonorità che ricordano il midwest emo degli Into It. Over It. si fondono con il prog altrenativo dei Circa Survive.
Ho scoperto i The Mercury Tree grazie ad una segnalazione del blog AllMediaReviews e devo dire che sono rimasto impressionato da queste due tracce, soprattutto la seconda Secret a Matrix. Il prog rock di questa band possiede un approccio alla materia altrettanto peculiare come quello proposto dai Bubblemath e da Mike Keneally. Oltre a questo split EP (condiviso con i Red Forman), andando a ritroso, ho provato ad ascoltare l'album Freeze in Fanthom Form del 2012, ma non ha avuto lo stesso impatto. Comunque i The Mercury Tree hanno un album in uscita previsto per la fine di agosto. Vedremo se manterranno l'ispirazione.
Gli A Formal Horse sono un quartetto di Southapton che divide equamente i brani tra parti strumentali e cantate (dalla fronwoman di Francesca Lewis). Il progressive rock suonato dal gruppo è da loro stesso definito vicino alle atmosfere di King Crimson e Mahavishnu Orchestra e, in effetti, l'interplay tra la chitarra e la sezione ritmica fa proprio pensare ai primi. La voce della Lewis aggiunge un tocco di dolcezza che mi ricorda il prog rock canterburiano dei Thieves' Kitchen.