Ci sono gruppi che nel proprio sound sintetizzano più delle parole le caratteristiche di determinati tratti distintivi nei quali si è consolidata l'evoluzione di un genere. Uno di questi è senza dubbio il sestetto di Brooklyn Glass Lungs che, con il loro album d'esordio Impermanence risalente ormai al 2018, hanno racchiuso molto efficacemente gli stilemi di quello che potremmo identificare come post prog. Denominazione come sempre vaga, ma ormai, anche se usassimo la più specifica classificazione "experimental post hardcore", si rischierebbe di essere fraintesi per come suona Impermanence. Tutto questo preambolo su un argomento che a molti non piace (l'incasellamento) è comunque necessario e importante per far comprendere come ormai il genere in questione, tra le cui fila si possono citare Circa Survive, Hail the Sun, Artifex Pereo, Eidola ed Emarosa prima maniera, abbia raggiunto una tale maturità ed emancipazione in termini di peculiarità formali, che si è potuto declinare in differenti prospettive.
I Glass Lungs, con l'apporto di tre chitarre che lavorano in sinergia, creano un tessuto sonoro elaborato, denso ed atmosferico che li avvicina alle soluzioni di math e post rock. Il sound di Impermanence, a tratti lisergico e malinconico, a tratti epicamente solenne, raccoglie molteplici influenze di ciò che è l'ala più soffice dell'emo prog hardcore, dato che si possono individuare paragoni con Tides of Man, HRVRD e Six Gallery. Non si può fare a meno di notare come gli strati strumentali nelle dinamiche dei Glass Lungs richiamino i parametri atmosferici del post rock, sopra i quali interviene la voce di Chad Henson. Alla fine Impermanence è un bel contenitore di soundscapes immaginifici con il bonus del canto e un ottimo esempio delle qualità espressive più sognanti scaturite e conseguite dall'experimantal post hardcore e, perchè no, anche dallo swan-core.