Dopo otto anni sono tornato a scrivere un libro e non credevo che avrei rimesso mano alla carta stampata, soprattutto in questo periodo, nel momento in cui altprogcore ha perso il suo slancio originario e l'interesse verso nuove forme di musica non ha mai veramente attecchito dalle nostre parti. Non credevo insomma di trovare un nuovo argomento che valesse la pena raccontare, dato che ormai a livello musicale sembra che sia stato provato di tutto. Se ciò è avvenuto è perché qualcosa, al contrario, si è mosso nel panorama odierno e dopo anni di ascolti disparati l'unico sussulto di innovazione l'ho trovato nel genere più improbabile: il post emo. Con questo non voglio dire che il resto della musica non abbia più nulla da dire o che abbia esaurito le idee, ma che ormai la maggior parte si aggrappa a degli schemi che un ascoltatore esperto sa interpretare e riconoscere. Nel post emo, anche detto "quinta onda emo", ho invece ritrovato un certo parallelismo con quell'impulso vitale e attivamente libero da barriere che ormai più di venti anni fa si prefigurò con il connubio tra post hardcore e prog ed è l'unico sottogenere in cui abbia riscontrato una vera progressione in termini di sviluppo e commistioni.
Dato che per quanto riguarda il rock la saggistica ad esso dedicata tende comprensibilmente a concentrarsi su nomi noti e argomenti popolari, il mio pensiero è sempre stato quello che, se si deve scrivere qualcosa in proposito, è meglio farlo dedicandosi a soggetti che ancora nessuno ha preso in esame e che, ovviamente, su tale questione ci sia abbastanza materiale per poterne parlare con cognizione. Purtroppo tale scelta impopolare non facilita la divulgazione di ciò che scrivo, però il solo fatto di poter offrire una visione alternativa e avere la possibilità di far conoscere nomi e artisti altrimenti poco conosciuti è una gratificazione sufficiente.
Questo è quanto riportato in quarta di copertina:
"Al di là dei cliché e dei pregiudizi che il termine “emo” può suscitare, legati soprattutto all’estetica della sua sottocultura, dal punto di vista musicale il genere emo è stato uno dei più imprevedibili, divisivi e incompresi, soprattutto per aver mostrato solo la punta dell’iceberg nel momento della sua massima popolarità tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, con il successo di band come My Chemical Romance, Paramore, Fall Out Boy e Jimmy Eat World. Ancora oggi la sua influenza viene citata da star di grande successo tra cui Olivia Rodrigo, Taylor Swift, Demi Lovato.
In realtà il suo lato più alternativo e indie ha raccontato una storia differente e ben più articolata. A 40 anni dalla sua nascita l’emo è passato finora attraverso cinque onde, ognuna delle quali frazionata in tanti piccoli rivoli concentrati nel dare risalto ad aspetti e stilemi diversificati. Arrivati alla cosiddetta “quinta onda emo”, il genere ha metabolizzato e incorporato tutte quelle influenze incontrate durante il suo cammino: math rock, chiptune, bedroom pop, post rock, power pop e le ha capitalizzate in una variante massimalista di se stesso. Proprio per questo si è giunti a parlare di “post emo” nel momento in cui alcune band come Glass Beach, Topiary Creatures, Adjy, The World Is a Beautiful Place e Foxing hanno iniziato ad includere forme e suoni più ampi, complessi ed ambiziosi nel proprio sound. Le conseguenze di questa rivoluzione ha portato l’emo a mostrarsi come qualcosa di molto simile al prog rock e "Guitar and Video Games" racconta come ci siamo arrivati."
Il libro è disponibile ai seguenti link nelle due versioni indicate e anche su Amazon. Come per tutti i miei altri testi c’è anche la possibilità di acquistarlo ad un prezzo scontato tramite il blog utilizzando la colonna di destra. Grazie in anticipo per la fiducia.
A giudicare dalla quantità di ottime uscite pubblicate finora e in vista di ciò che arriverà da qui alla fine del 2016, sembra che avessi scelto il momento meno opportuno per decidere di interrompere le comunicazioni di questo blog. Come ho già riportato, infatti, il 2016 si sta rivelando uno dei migliori anni del decennio, se sommiamo una media in grado di riassumere la quantità e la qualità ed è un piacere commentarne l'evoluzione in tempo reale.
Ma veniamo al soggetto di questo post che in qualche modo è legato all'argomento, e non so se ne è una conseguenza ma, stando alle statistiche di Blogspot, maggio è stato il mese con il più alto numero di pagine visitate nella storia di altprogcore. Cosa fare, quindi, se non creare un'apposita playlist ad hoc su Spotify per festeggiare? Ma attenzione, non si tratta di una playlist qualsiasi, infatti questa vuole essere una sorta di antologia riassuntiva di otto anni passati a proporre e scoprire nuova musica, nuovi artisti e nuove band. Quello che troverete sono più di trecento brani e altrettanti artisti, spalmati per ventisei ore di musica e non è escluso che in futuro si possa arricchire di altro materiale. Se avete scoperto questo blog in ritardo, se qualche gruppo nel tempo vi è sfuggito, se siete solo di passaggio, qui potete rifarvi con un "riassunto delle puntate precedenti", sempre contando nei limiti di Spotify che proprio tutti non include. Io ho cercato di fare del mio meglio, ora tocca a voi condividere un po' di buona musica.
Esattamente 16 anni fa, il 7 marzo 2000, veniva pubblicato
negli Stati Uniti il romanzo d’esordio di Mark Z. Danielewski, Houseof Leaves.
Precedentemente comparso a episodi e incompleto su Internet, il libro non era quello
che si definisce una lettura convenzionale. Esso presentava vari piani
narrativi contraddistinti da caratteri tipografici differenti, impaginato con
una grafica unica che poteva contenerein
modo contrastante poche righe, fitte note, una sola parola, frasi scritte
obliquamente, capovolte o da leggere necessariamente con l’utilizzo di uno
specchio. Questi espedienti non erano gratuiti, ma funzionali alla storia al fine di immergere ancora di più il lettore nell'atmosfera del
libro che si apprestava a diventare un caposaldo della letteratura ergodica
(termine coniato dallo studioso norvegese Espen J. Aarseth nel suo testo Cybertext: Perspectives on Ergodic Literature)
che sta a significare un apporto attivo da parte del lettore, uno sforzo
affinché la lettura non si esaurisca solo in maniera passiva.
Immediatamente House of Leaves colse l’immaginario di molti
giovani, diventando un romanzo di culto che non era difficile trovare tra le
scrivanie dei dormitori universitari. Forse era inevitabile che questo libro
dalla struttura così particolare e richiami ai viaggi ultradimensionali che
possono trovare una metafora nell’uso di allucinogeni, andasse ad influenzare
una parte della musica sperimentale di quel periodo. Il caso ha voluto che, tra
i vari generi, quello che ne ha beneficiato di più è stato proprio il prog hardcore, trovando estimatori che non hanno fatto mistero della loro ammirazione per
l’opera di Danielewski tra i quali contiamo Colin Frangicetto e Anthony Green (Circa
Survive), Thomas Erak (The Fall of Troy) e Simon Neil (Biffy Clyro). In Italia
purtroppo Casa di Foglie ha avuto una sola edizione nel 2005 per la collana
Strade Blu di Mondadori, oggi fuori catalogo e introvabile se non a prezzi
esorbitanti. Nel 2013 la casa editrice Beat commissionò una nuova traduzione
annunciando un’imminente ristampa, progetto che poi fu definitivamente accantonato.
IL LIBRO
Come si diceva, la trama di House of Leaves si dipana su tre
livelli che legano i destini degli altrettanti protagonisti ad una misteriosa
casa che diventerà il centro delle loro ossessioni. Il personaggio che funge da
narratore e collegamento è Johnny Truant, un giovane di Los Angeles
dall’infanzia difficile che lavora come apprendista tatuatore e conduce una vita piuttosto
dissipata con l'amico Lude tra droghe, avventure sessuali occasionali, l’amore per una
spogliarellista e varie paranoie. I fatti che seguiranno, con il ritrovamento
di un manoscritto all’interno dell’appartamento nel quale si è appena
trasferito, non faranno che amplificarne i deliri. L’altro personaggio chiave è Zampanò,
il precedente inquilino (cieco) appena deceduto che aveva condotto e redatto un puntiglioso
studio sul film-documentario The Navidson Record, un terrificante reportage
sulla casa in questione che ha avuto un successo di culto ed è diventato
un fenomeno socio-culturale. Quello che noi leggiamo non è altro che lo scritto di
Zampanòmesso in ordine da Truant che lo
intervalla con note autobiografiche, aggiunte, correzioni e materiale tratto da
opinioni e molteplici teorie sul film di altri registi, psicologi, filosofi e
studiosi vari. Nella dissertazione di Zampanò scopriamo che The Navidson Record
è stato altresì oggetto dei più minuziosi e dettagliati studi in qualsiasi
campo accademico e culturale. Come l’ossessione per la casa risucchierà la vita
di Truant in un incubo, già dall’introduzione egli ci anticipa che il tutto
potrebbe essere frutto della follia di Zampanò perché niente di ciò che è stato
scritto sembra avere riscontri nella realtà: nessuna traccia del film o dei
numerosi volumi con articoli ad esso dedicati e i personaggi famosi citati
all’interno di Houseof Leaves, interpellati da Truant, non hanno mai
sentito parlare di Zampanò o di Will Navidson.
La parte più agghiacciante è naturalmente quella dedicata
alla descrizione del documentario The Navidson Record. Will Navidson, un
fotoreporter premio Pulitzer sposato con l’affascinante ex modella Karen Green,
si trasferisce con lei e i due figli in Virginia in un’isolata casa in Ash Tree
Lane. All'inizio assistiamo alla tranquilla vita bucolica dei Navidson con Will che ha deciso di riprendere spaccati di vita familiare piazzando le sue videocamere nella casa, anche con l'intento di riallacciare il rapporto un po' in crisi con Karen a causa della sua continuata assenza per gli spostamenti di lavoro. Ma la pacifica nuova vita che la famiglia aveva pianificato viene ben presto interrotta da un fatto imprevisto dal carattere sovrannaturale.
Tornati da un viaggio a Seattle, i Navidson scoprono che la casa non è più la stessa ed ha
subìto dei cambiamenti interni con la comparsa di una porta, prima inesistente, al piano superiore nella stanza da letto principale "che però non dà sulla stanza dei bambini, bensì su uno spazio che somiglia a una cabina armadio". Inoltre, alcuni successivi rilievi condotti da Navidson svelano che le
misure esterne della casa non coincidono con quelle interne che risultano più ampie. Dopo
aver notato altre modifiche, Navidson continua a documentare il tutto con la sua videocamera, scoprendo all’interno della casa lunghi corridoi, interminabili scalinate
a spirale in continua trasformazione e smisurate sale con il comune
denominatore di sembrare ambienti anonimi, ma infiniti, molto freddi, bui e
caratterizzati da un silenzio angosciante. L'unico rumore
distinto percepito nelle varie esplorazioni fatte da Navidson è un sinistro
ringhio di un non ben precisato animale che proviene dall'ignota oscurità dei
labirintici luoghi. Ovviamente la famiglia è impaurita e Navidson decide
di coinvolgere nella sua ricerca per capire cosa stia succedendo anche altre persone tra
cui il fratello Tom, l’esperto esploratore Holloway Roberts e altri tre
compagni tra cui un ingegnere amico di Will, Billy Reston, rimasto paralizzato
dopo un incidente di lavoro in India.
La prosa di Danielewski è implacabile nel non
rivelare, ma solo suggerire quanto basta per terrorizzarci.La casa per questo non
è una metafora della paura irrazionale di ciò che non conosciamo o del mistero
dell'aldilà, ma qualcosa di più profondamente legato all'inconscio collettivo
che trova nell’oscurità viva e pulsante -capace di assorbire e consumare qualsiasi fonte di luce, calore e energia - un
parallelismo nei buchi neri. Ecco quindi che la costante percezione di vuoto
cosmico che provano i poveri esploratori al suo interno, girovagando intere
settimane senza sapere cosa li aspetta o se riusciranno ad uscire, è
magistralmente trasmessa da Danielewski accendendo in noi l'inedita sensazione
di essere risucchiati in una dimensione di non-esistenza, un non-luogo dove nessuno sembra mai aver messo
piede: praticamente il contrario stesso della vita.
LA MUSICA
Come un buon album
progressive va riascoltato più volte per essere apprezzato fino in fondo, anche Casadi Foglie necessiterebbe almeno di una seconda lettura per comprenderne la
complessa costruzione che lo permea. Non è un caso che per il
mio libro, Altprogcore - dal post hardcore al post prog, abbia scelto come data di uscita il 7 marzo dello scorso
anno, per omaggiare di proposito il quindicesimo anniversario diCasa di Foglie e l'ispirazione che ha trasmesso
al prog hardcore. Nel mio libro si accenna anche a questi particolari, ma vediamo nel dettaglio quali sono queste citazioni:
Juturna, il primo album dei Circa Survive
pubblicato nel 2005, conta come influenza primaria il film Eternal Sunshine of
the Spotless Mind (non scriverò mai lo stupido titolo italiano), ma la hidden
track, che nel CD inizia quasi nove minuti di silenzio dopo la fine ufficiale dell'album, prende proprio
il titolo di House of Leaves con il testo scritto in base al punto di
vista di Johnny Truant.
L'influsso di Danielewski nel gruppo di Anthony Green è proseguito più avanti nell’immagine che richiama visivamente la sinistra e malvagia essenza della casa per accompagnare il singolo b-side The Most Dangerous Commercials del 2008 e creata da Esao Andrews, il pittore che collabora fin dagli esordi con i Circa Survive.
La follia che coglie i personaggi in questi anditi oscuri e gelidi si staglia tra le note della musica mathcore dei The Fall of Troy che in Doppelgänger, sempre nel 2005, dedicano più di un brano al romanzo di Danielewski. Ma, se si eccettuano i titoli, a differenza dei Circa Survive i testi di Thomas Erak si prestano a interpretazioni molto più libere, forse anche dissociate dai temi del libro. Tom Waits non è tanto un gioco di citazioni tra il trio di Seattle e il cantautore che nel suo repertorio ha proprio una canzone dal titolo The Fall of Troy, ma esattamente vuole riferirsi ad un capitolo ben preciso del libro quando Navidson, insieme a Reston, si avventura nella ricerca della squadra di Holloway dispersa tra i labirinti della casa, lasciando Tom da solo ad aspettare
(appunto), accampato per tre giorni nella grande sala (o terra di nessuno) e comunicando via radio.
Di Holloway verrà ritrovato solo un confuso nastro registrato che testimonia la sua tragica fine,
anticipata da un crollo nervoso che lo porterà alla paranoia. Il caso vuole che nelle pagine del
manoscritto dedicate al "nastro di Holloway" sia caduta “una specie di cenere, che
in qualche punto ha lasciato dei forellini, in altri ha eroso grossi brani del
testo.” È per questo che Truant trascrive e sostituisce le parti mancanti con
le parentesi quadre [ ], tanto che quella sezione viene ribattezzata The Hol[]y
Tape, titolo poi preso in prestito dai The Fall of Troy per un altro brano.
Terzo e ultimo tributo dei The Fall of Troy al libro di Danielewsky viene dall’esplicito titolo “You
Got a Death Wish Johnny Truant?”. Nelle sue logorroiche e verbose note personali, Truant racconta spaccati della propria vita del tutto disgiunti da The Navidson Record e questa è una frase rivolta a lui, il che spiega l'uso delle virgolette.
Era quasi logico che il fascino dell’immaginario e claustrofobico documentario creato da Danielewski influenzasse
il mondo musicale, creando poi i presupposti per un’altra relazione. Il
frontman dei Biffy Clyro, Simon Neil, che è un altro appassionato di Casa di Foglie,
prese in prestito il titolo del secondo romanzo di Danielewski, Only
Revolutions (mai tradotto in Italia), per nominare il quinto album in studio della sua band.
Lontano dal prog hardcore c’è comunque da
ricordare che, quasi in concomitanza con il libro, la sorella di Danielewski,
che non è altro che la cantautrice Poe, pubblicò il suo secondo album Haunted pensato e composto come un commento musicale al libro del fratello.
Da oggi è disponibile il mio nuovo libroAltprogcore - Dal post harcore al post prog sia su Lulu.com sia su Amazon. (una quantità limitata è disponibile anche tramite il blog)
La scelta del titolo è stata alquanto ovvia e naturale in quanto esso prende proprio in esame i gruppi di cui, negli anni, si è occupato questo blog.
Essendo ormai giunti ad un periodo storico in cui si possono tirare le somme dell'influenza e dei contorni di un nuovo genere che, a partire dai primi anni 2000, ha fuso in sé le peculiarità del post hardcore e del progressive rock in un unico, esaltante corto circuito sonoro, ho pensato che era giusto raccogliere in un volume la musica che ha ispirato il blog Altprogcore.
Con questo libro ho cercato di raccontare da dove ha preso le mosse questa deviazione hardcore del progressive rock e, conseguentemente, le storie dei gruppi principali che la hanno animata e il loro importante lascito nel rock alternativo contemporaneo.
Si parla di band note e meno note, ma in questa sede non conta l'esposizione mediatica o quanto sia "cool" una determinata band, conta piuttosto la creatività e lo spingersi oltre i canoni del prog rock come abbiamo imparato a conoscerlo.
Quando si parla di progressive rock vengono in mente mellotron, lunghe e contorte suite, liriche che descrivono mondi idilliaci. È possibile però definire prog qualcosa che non risponda a questi dettami, ma si spinga ugualmente oltre i confini del normale rock? Agli albori del nuovo millennio il post hardcore americano, volontariamente o meno, si è trovato al centro di un cambiamento che ha forgiato una nuova idea di progressive rock. La parabola artistica di Omar Rodriguez-Lopez e Cedric Bixler-Zavala - prima con gli At the Drive-In e poi con i The Mars Volta - è stata l'emblema musicale di questo nuovo corso che ha unito due stili storicamente antitetici. Accanto ai The Mars Volta un manipolo di gruppi (Coheed and Cambria, Dredg, Oceansize, Biffy Clyro) si è distinto per uno stile che associava le ruvidezze del punk rock alla complessità formale del progressive. "Altprogcore" racconta le loro storie, la loro musica e la nascita e lo sviluppo del post progressive. Recensione su OPEN.it
Il libro Altprogcore parte dal raccontare le storie delle band citate nella copertina, ma da lì si snoda per comprendere tutto ciò che è nato grazie ad esse attraverso interviste, fatti, curiosità e i temi che hanno influenzato i loro album.
Capitoli: I – Planting seeds Post hardcore, emocore, math rock e le loro conseguenze II – Now I’m lost The Mars Volta, Dredg, Triple Crown Records, The Dear Hunter III – House of leaves Equal Vision Records, The Fall of Troy, Coheed and Cambria, Circa Survive, Damiera IV – Places, people, the stage is set Biffy Clyro, Oceansize, Aereogramme V – Final form Frammenti mancanti Appendice: le interviste di Altprogcore