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mercoledì 20 settembre 2023

The Dear Hunter - Act I Live + Migrant Returned


Nel 2021 i The Dear Hunter suonarono due speciali live stream video in studio reperibili esclusivamente tramite il loro canale Pillar, dove eseguirono per intero gli album Act I: The Lake South, the River North e Act II: The Meaning of, and All Things Regarding Ms. Leading. Adesso la versione audio di Act I è stata pubblicata sia in versione digitale che in vinile, in futuro c'era anche il progetto di realizzare Act II ma al momento non si hanno notizie ufficiali. Oltre a questo, mentre il gruppo continua a lavorare a Sunya (il seguito di Antimai), il 6 ottobre verrà pubblicata in doppio vinile un'edizione speciale dell'album Migrant per celebrarne il decimo anniversario. 

Per l'occasione Casey Crescenzo è tornato in studio con il produttore Mike Watts, remixato le tracce in modo da dare loro un maggior istinto rock e rimodellato anche la scaletta dei brani, aggiungendo alla tracklist le sei bonus tracks che all'epoca erano state lasciate fuori e raccolte come b-sides nel mini box The Migration AnnexMigrant Returned invece che da Bring You Down come l'originale, è aperto da An Escape, pubblicato come singolo.

 

sabato 19 marzo 2022

The Dear Hunter - Act I & Act II livestream

In attesa del nuovo imminente album Antimai come può passare il tempo un fan dei The Dear Hunter? Se non bastasse il riascolto compulsivo dei loro album, si possono gustare i due incredibili concerti che il gruppo realizzò esattamente un anno fa, in esclusiva per i loro abbonati al canale Pillar.

Impossibilitati a suonare dal vivo per via della pandemia, come molti altri colleghi, i The Dear Hunter organizzarono due speciali live stream in studio, dove eseguirono per intero ed in modo impeccabile gli album Act I: The Lake South, the River North e Act II: The Meaning of, and All Things Regarding Ms. Leading.

sabato 25 aprile 2020

Gavin Castleton - Here You Go. (2020)


Nel panorama indipendente americano Gavin Castleton è una delle figure più eclettiche e imprevedibili, artisticamente parlando, ma anche un nome noto a pochi. Ma visto il suo curriculum non potrebbe essere altrimenti, provenendo da una band come i Gruvis Malt (dei quali mi sono di recente occupato) che ha fatto della fusione di generi un manifesto programmatico. Castleton si è poi infilato in una prolifica carriera solista altrettanto frammentaria, incurante di qualsiasi logica di mercato, piena di EP e album che affrontano i più spregiudicati accostamenti di genere, dall'hip hop al rock, dal folk alla rock opera (e qui mi riferisco in particolare a quel capolavoro sottovalutato che è Home di cui ho parlato qui).

Castleton ha poi collaborato come musicista dal vivo con i Rare Futures e i The Dear Hunter fino a diventarne un membro effettivo. Era quasi scontato quindi che su Here You Go. comparisse come ospite Casey Crescenzo alla chitarra elettrica ed acustica nei brani Adaptation, Modeling e Acceptance. Here You Go. è il nuovo capitolo della discografia di Castelton, un lavoro nel quale viste le scelte minimali del passato, si è speso molto in termini di produzione e composizione, ritornando dopo molto tempo su canoni meno inclini all'hip hop e alla sperimentazione elettronica, mettendo in piena luce le sue doti di cantautore art rock, abilità che aveva già mostrato su Home e che qui ritrova la propria vena creativa in forma smagliante.

Castleton si muove in territori da cantautore come accennato, ma trattandosi della sua persona naturalmente non c'è nulla di scontato. Canzoni come Adaptation e Courage assomigliano a delle brevi suite per quel gusto dell'imprevedibile direzione che prenderanno i loro sviluppi, sempre tenendo come punto fermo la tradizione pop orchestrale e folk americana. Compersion è un perfetto bilanciamento di tali elementi con le sue intro e coda sinfoniche che lasciano spazio tra i propri confini ad un cadenzato ed elettronico RnB. Nell'art pop infuso di piano di Castleton si ritrovano molti indizi di black music, come lo stesso autore non ha mai nascosto nella sua carriera, naturalmente riproposti in modo del tutto personale, come nello stomp elettronico in odore di gospel Privacy o nel mini musical che chiude il disco Acceptance.

Dal punto di vista lirico e atmosferico l'intimità e il sentimento sono gli argomenti che prendono il sopravvento anche nella musica, raggiungendo l'apice interpretativo su Modeling, un brano dove non è difficile empatizzare con lui da quanto riesce a trasmettere emozioni nel crescendo del suo percorso. Castleton sembra come voler aprire il suo cuore all'ascoltatore, soprattutto quando si spoglia di tutti gli strumenti e si confronta solo con il suo piano in Foundation, Dipping e Timing. Con Here You Go. Castleton dà prova di nuovo di appartenere a quella schiera di autori talentuosi che il mondo della musica ignora bellamente, mentre lui intanto, incurante, continua a sfornare questi piccoli grandi gioielli.


mercoledì 25 marzo 2020

I Gruvis Malt 15 anni dopo: la miglior band che non avete mai ascoltato


La prima volta che ho sentito nominare il nome dei Gruvis Malt è stato da parte di Tom Monda, chitarra dei Thank You Scientist, il che una volta ascoltati il riferimento mi è risultato piuttosto pertinente. Sì, perché nei Gruvis Malt si ritrova la stessa trasversalità di generi che attraversa la musica dei Thank You Scientist. Purtroppo i Gruvis Malt, pur essendo una band dalle notevoli capacità, non è riuscita mai ad arrivare molto lontano dai confini statunitensi per popolarità, anzi diciamo pure dai confini dello stato del Rhode Island e territori limitrofi, la zona dove il gruppo prese forma a partire dal 1995.

La formazione comprendeva fin dall'inizio Gavin Castleton (voce, tastiere e attualmente membro dei The Dear Hunter) e Brendan Bell (voce, percussioni) che insieme ad altri musicisti iniziarono la band durante il periodo delle scuole superiori, per arrivare alla line-up con Erik Nilsson (sassofono), Scott McPhail (batteria), Justin Abene (basso) e Steve Geuting (chitarra), diventando un vero e proprio culto in quegli anni come competenti musicisti di avanguardia jazz. Il gruppo espanse i propri orizzonti musicali includendo funk, hip hop, rap ed in seguito anche progressive rock. Con gli EP Breakfast All Day, Fetus e quella che viene considerata una compilation del primo periodo Cromagnetic (1998), i Gruvis Malt sperimentano i primi demo e registrazioni ancora non proprio professionali.

Il vero album d'esordio viene considerato dal gruppo Sound Soldiers (1999), in parte registrato dal vivo, che è un concentrato di musica funky e hip hop con progressioni jazz nella miglior tradizione black, come una combinazione di jam band che suonano con la stessa emotività e competenza di Spin Doctors e Prince. L'ampio spettro strumentale è completato da una sezione di fiati - che al sax di Nilsson affianca il trombone di Ethan Ruzzano e la tromba di Eric Bloom - ed anche il DJ Mr. Rourke chiamato ad occuparsi di "suonare" i piatti del giradischi, per aggiungere quel tocco di crossover alla Incubus.



Ed è proprio il DJ Chris Kilmore degli Incubus ad essere ospitato in due brani del secondo album ...With the Spirit of a Traffic Jam... (2002). Da qui iniziano veramente ad affiorare in modo preponderante vibrazioni prog, certificando il termine "futurerock" coniato dagli stessi Gruvis Malt per descrivere il loro eclettico metodo di scrittura. Come appare fin dall'introduttiva Malaise le trame strutturali si infittiscono, il piano di Castlelton si cimenta più spesso in rapsodie e fughe progressive, la sezione ritmica si adopera per aumentare le difficoltà temporali, mentre le colorature policromatiche di chitarra, fiati e archi si pongono in una terra di mezzo tra armonia e dissonanza, regalando anche momenti di pura avanguardia praticamente assenti da Sound Soldiers.



Se c'è un punto della discografia dei Gruvis Malt da dove iniziare quello è sicuramente Simon. Capolavoro senza compromessi o mezzi termini, l'abum è la quadratura del cerchio che finalmente assume una forma compatta nel diluire un solido amalgama di progressive rock, jazz, funk e hip hop. Nel senso che adesso gli strumenti come sax e tastiere non si limitano a sostenere groove funk e R&B, ma si innestano nel contrappunto rock del tessuto sonoro. Quelle di Simon sono canzoni rock dove il gruppo aumenta in modo esponenziale i trucchi strumentali e la difficoltà di percorso.



Nonostante degli intensi tour per promuovere gli album i Gruvis Malt abbandonarono l'attività live nel 2004 e si dedicarono solo alla registrazione del loro ultimo lavoro in studio che fu Maximum Unicorn (2005), considerato dai fan il disco definitivo dei Gruvis Malt, che si andava ad aggiungere ad una discografia assolutamente eterogenea. Maximum Unicorn rappresenta il lato sperimentale di Simon, quello meno accessibile e più avant-garde. Nel concludere la loro storia i Gruvis Malt producono l'album più estremo di cui sono capaci, non che non siano usciti altre volte dalla loro comfort zone, ma Maximum Unicorn è un epitaffio di una potenza unica. Dei sei elementi che componevano i Gruvis Malt, Castleton, Brendan Bell e Justin Abene andarono a formare un'altra band ancora più assurda di nome Ebu Gogo.



domenica 11 agosto 2019

Gavin Castleton - Home (2009)


Gavin Castleton è un nome che è sempre ruotato vicino alla scena del prog hardcore e Home, pubblicato dieci anni fa, è probabilmente il suo album più maturo e completo. Attivo come solista per molti anni, Castleton ha collaborato con i Rare Futures, suonando al loro fianco più di una volta, ed è di recente entrato ufficialmente nella formazione dei The Dear Hunter come tastierista, ma le sue capacità eclettiche di autore e performer erano già state ampiamente dimostrate nei Gruvis Malt, prima band in cui ha militato e della quale è stato tra i fondatori. Attivi dal 1995 al 2005, i Gruvis Malt furono un leggendario culto nei territori del Rhode Island e limitrofi, giovani talentuosi strumentisti pionieri di un sound che fondeva jazz, hip hop, prog, math rock e funk. Ed è proprio questo curriculum che alla fine mi ha convinto a scoprire Home, album che conoscevo per fama ma al quale finora non avevo dato interesse.

Partiamo con il dire che Home è un concept album, o meglio una rock opera sui generis che lo stesso Castleton ha ribattezzato "popera". La trama stessa è alquanto singolare, Castleton prende ispirazione dalla sua vita personale e racconta la fine della propria relazione con la fidanzata, ma decide di metterla in scena sullo sfondo di un'apocalisse zombie. La storia è narrata in prima persona mentre Castleton condivide, in più di un brano, le parti vocali con la bravissima Lauren Coleman che intepreta il ruolo della ex fidanzata, i cui interventi e duetti sono un valore aggiunto all'opera. Idea che mette in una prospettiva originale tutto il racconto. Castleton, oltre che capace musicista si rivela paroliere acuto e di spiccata sensibilità ed è ovvio che, proprio per la natura narrativa dell'opera, i testi svolgono un ruolo chiave al suo interno al pari della musica.

Si crea così un brillante mix che la maestria di Castleton come arrangiatore e strumentista permette di rileggere la materia da rock opera, facendola passare attraverso un trattamento inusuale per un musical. La capacità straordinaria di Castleton risiede nel riuscire a far fluire non solo mutamenti tematici, ma anche stilistici all'interno del medesimo brano. E' vero, si percepisce sottotraccia un che di teatrale che gli interventi orchestrali e gli ammiccamenti al pop del passato si assicurano di tramandare, tipo le modulazioni su Bugguts e il rock doo-wop di Coffeelocks, ma non c'è nulla che possa risultare immediato o cantabile. Il focus a cui punta Home non è l'immediatezza, la sua eccellenza è indirizzata sulla performance, sulla finezza degli arrangiamenti molto ricercati e complessi esecutivamente. Piccole finezze come il breakbeat motore ritmico di Warpaint, o l'andatura instabile nel sinuoso soul Sugar on the Sheets, sono solo la punta dell'iceberg di idee disseminate musicalmente su più livelli.

Sulla scia di Razia's Shadow dei Forgive Durden, se ne ricava un art pop (o prog pop) dove nulla è come appare, ad esempio The Human Torch non ha un refrain conforme alla ballata malinconica che incarna, ma decide piuttosto di allargare a tutto il brano il senso di compiutezza. Anche l'r&b di Unparallel Rabbits e Layers o il disco funk alla Prince di Stampete non corrispondono all'idea convenzionale di "genere" dove il chorus è il perno attorno al quale si muove tutto il brano. L'intensità viene dettata dallo sviluppo e dall'impianto strumentale all'interno della panoramica totale che abbraccia l'intera sua durata. Per questo un ascolto con le cuffie è consigliato, per approfondire le sfumature che possono sfuggire. Il fatto che ancora, dopo dieci anni, questa piccola gemma che è Home non abbia ricevuto un degno riconoscimento la dice lunga su quanto Castleton abbia preferito privilegiare la sostanza dell'arte piuttosto che la sua forma più ovvia.