venerdì 31 gennaio 2020

Vennart - Dick Privilege (single) (2020)


Il nuovo singolo inedito di Mike Vennart, Dick Privilege, viene pubblicato simbolicamente oggi, allo scoccare effettivo della Brexit, in quanto come canzone è forse la più personale che abbia mai realizzato in termini politici e ideologici. Come lui stesso ci fa sapere il pezzo è stato ispirato ad un fatto accadutogli (e chi segue il suo account Twitter sa di cosa parliamo) dopo avere espresso dei pareri contro l'estrema destra inglese. Dick Privilege prende infatti forma come una delle cose più violente e aggressive scritte da Mike, un vero e proprio sfogo in termini musicali.

Come potete immaginare la reazione verso la sua persona è stata un po' simile a ciò che accade a chi contesta quella mina vagante che è il nostro ex ministro dell'interno e cioè l'equivalente di una "gogna social" (per utilizzare un garbato eufemismo). Ad ogni modo vi lascio al resoconto dello stesso Vennart per capire la bassezza a cui la gente può arrivare:

Here’s the story of why and how this had to happen. ‘A while back I found myself incurring the wrath of the Far Right, after I’d clumsily whacked their squalid little hive. Having encountered their diminutive Queen Bee and, being of not-entirely-sound mind, I called him a Nazi Prick to his face, and he proceeded to give me more press than I’d ever had in my life. Unfortunately what came with that was thousands of threats of physical and sexual violence - via social media - to my wife and my mother, and death threats to myself. They threatened to burn down my house. They continued in earnest on Christmas Day and through into the New Year. They sent me pictures of my son and told me they were coming. All because I called a man - a man they’d never met - a Nazi.

The experience of being hunted by white supremacists was, for me, exciting and hilarious. They bark hard, but they don’t bite. Well, I guess I’m not such a useful idiot. I’m not actually worth murdering. So it was great fun for me. Less so for my then-6 year old son, who wept with terror as the police fire-proofed our house the day before Christmas Eve.

All of this is, obviously, symptomatic of a darker force at work. White, insufficiently-endowed men (and it IS men) following the money, fucking everything and everyone, while we suck on Love Island and argue about whether a pop-star is cancelled or not.

This instilled in me a fervent rage and has inspired a body of work that will be released as soon as the stars align. Dick Privilege (and it’s B-side, Rat Catch) is the first burst of this unfettered energy, and is released on 31st January 2020 to commemorate the UK’s exit from the European Union, an event which can only be described as a catastrophic victory for the Far Right.’ The single will be available digitally and on 7” coloured vinyl exclusively from www.vennart.com.

domenica 26 gennaio 2020

Poppy - I Disagree (2020)


Se la realtà ha miseramente fallito nel presentarci un futuro che si avvicinasse almeno un minimo a quello vagheggiato da scrittori e registi di fantascienza, a rappresentare quell'immaginario condiviso ci pensano oggi personaggi come Poppy, al secolo Moriah Rose Pereira. Quella della Pereira è però quasi una parodia surreale di ciò a cui ci hanno ridotto oggi i social network, la ragazza incarna perfettamente l'abbattimento di ogni barriera artistica, inventandosi un personaggio e utilizzando la propria figura per qualsiasi tipo di media, fino a creare un mondo artificiale dove la stessa protagonista impersona un umanoide. Però soffermarsi alla complessa autoreferenzialità di Poppy vorrebbe dire scriverci un lungo articolo sopra e per un approfondimento rimando a questo di NME, scegliendo di sintetizzare con la azzaccata breve didascalia utilizzata da discogs.com che descrive Poppy come una, nessuna e centomila: modella, YouTuber, attrice, leader religiosa, cantante e autrice.

Parlando invece di I Disagree è un album che se fosse stato scritto da qualcun'altro forse non avrebbe la stessa forza e onda d'urto, perché tutto è funzinale alla personalità multitasking di Poppy, la quale dà una sterzata al synth pop dei suoi primi due album e si lancia in una spregiudicata collezione di stili messi insieme come un patchwork post moderno di generi. Non date troppo peso a coloro che scrivono che Poppy ha abbracciato il nu metal o il djent, anche se la questione è rafforzata dall'uscita per la Sumerian Records, perché è solo la punta dell'iceberg di I Disagree. Completamente imbevuta di cultura giapponese e dal continuo spingere all'eccesso ogni aspetto musicale che quella estetica suggerisce, Poppy crea un album pop, ma lo crea a modo suo, mettendo in fila per trentacinque soli minuti una serie straripante di motivi orecchiabili, anche quando tocca le corde più metalliche.

Naturalmente i riferimenti si sprecano e proprio per questo non andrebbe ascoltata una sola traccia, fosse anche solo la prima Concrete, che mette insieme le BabyMetal, i Jellyfish, il dream pop e lo sludge come fosse la ricetta per una torta ricoperta di glassa. Questo continuo interscambio di generi, traccia dopo traccia, rimanda inconsciamente al pop zuccheroso, ma ben camuffato di volta in volta dai beat disturbanti di Marilyn Manson, dalle folli acrobazie dei Mr. Bungle e dal malato industrial dei Nine Inch Nails. Poppy è una proiezione di una Idol vicina ai parametri occidentali di Grimes e Kero Kero Bonito che, proprio come loro, vuole evolversi verso un'idea futurista della concezione estetica del pop. Ecco perché l'eccentrico mix messo a punto su I Disagree è più affine al caotico avant-garde metal dei Chenille che all'artefatto metal in maschera delle BabyMetal. Il risulatato è inaspettatamente piacevole e divertente, ma dato che Poppy ha dimostrato doti camaleontiche non indifferenti, c'è da domandarsi se continuerà su questa strada visto il recente divorzio dal sodale collaboratore e produttore Titanic Sinclair.

venerdì 17 gennaio 2020

Gloe - Dead Wait (2020)


Fin dall'EP di esordio Vestige, pubblicato nel 2015, il quartetto Gloe di Salt Lake City si è presentato con un formula piuttosto ambiziosa e personale. Prendendo come base di partenza il post hardcore progressivo dei The Mars Volta lo ha addizionato a risvolti math rock con dei curiosi innesti ambient che, collocati all'interno delle sonorità elettriche e psichedeliche, potremmo ricondurre allo shoegaze. E' un singolare connubio di elementi che porta a degli accostamenti impensabili come se i Circa Survive suonassero jazz ed echi di un altro gruppo originale come i The Valley Ends.

Il primo album Dead Wait (pubblicato oggi) solidifica e focalizza al meglio la già matura formula dell'EP in un album che, senza esagerare, osa scardinare nuovi confini nell'experimental post hardcore, sottraendo le peculiarità più aggressive per andare ad esplorare inviolati sentieri onirici e psichedelici del math rock grazie all'unione con lo shoegaze. Le tracce dell'album diventano così dei trip cervellotici con lo stesso difficoltoso disorientamento causato dai labirinti. La title-track serve fondamentalmente da introduzione spaziale al microcosmo di riverberi infiniti tessuti dai Gloe.

La peculiarità delle ragnatele soniche prodotte dalle chitarre di Dan Actor e del frontman Ian Cooper sono come delle continue spore elettriche che contaminano ogni fessura della trama musicale, mentre la sezione ritmica ad opera di Brian Fell (batteria) e Chris Jensen (basso) si inventa costantemente tempi di accompagnamento mai banali per complicare ulteriormente quella che pare consolidarsi come un'atmosfera ultraterrena avviata verso lidi di calma e tensione apparente. C'è molta vita, pulsazione e densità invece nelle lunghe digressioni di Kimothy, (Aichmåloto) Asterias e Laches, ma in partica dentro tutto ciò che pervade Dead Wait. Questo non è post hardcore progressivo ma la sua proiezione astrale.

domenica 12 gennaio 2020

Holy Fawn - Death Spells (2018)


Ci sono degli album che non si limitano ad essere vissuti, ma che hanno l'ambizione di creare un umore, un'atmosfera nella quale sprofondare. Per la potenza di fuoco e l'incisività della proposta sonora Death Spells degli Holy Fawn punta proprio a questo. L'album è uscito per la Holy Roar Records nel 2018 e poi ristampato l'anno seguente dalla Triple Crown, il che indica un certo spessore data la qualità delle uscite dell'etichetta. Scoperti solo di recente perché questo mese si affiancheranno ai Thrice nel tour celebrativo dei 15 anni di Vheissu, gli Holy Fawn si muovono nei meandri più oscuri dello shoegaze e del post rock, in una mistura estrema che li accosta a band come Gates e O'Brother.

Immaginate quindi il blackgaze in tutta la sua narcolettica aggressività, ma epurata dalla veemenza dello scream, il quale viene rimpiazzato da voci angeliche e distanti, riverberate, che si impongono come incentivo psichedelico. Se anche la sola Seer, per la profondità spaziale che crea procedendo per cerchi concentrici sempre più laceranti, equivale ad un dottorato in shoegaze, il disco non è male ed esplora nei suoi lisergici sessanta minuti un binomio di dinamiche ai poli opposti. Nella prima parte, costituita dalle quattro tracce introduttive, un muro di distorsioni apre al blackgaze più sognante, la seconda invece si dedica a dilatazioni post rock più tranquille e ipnotiche, per quanto quest'ultimo aspetto pervade un po' tutto l'album.

E' quello che si accennava all'inizio, Death Spells vuole creare un'aura avvolgente tentando di vedere fin dove ci si può spingere nello scavare all'interno della spazialità del suono, così da soddisfare una sorta di tridimensionalità sonica costituita da lunghezza, larghezza e profondità. Death Spells è un lavoro che invita a nuovi ascolti anche se ad un primo impatto qualcuno potrebbe non essere convinto, ma è proprio ciò di cui ha bisogno per apprezzarne gli aspetti più nascosti.


venerdì 3 gennaio 2020

Altprogcore January discoveries



Dato che nel 2019 è uscito il loro terzo album mi sono reso conto di non aver mai segnalato i grandissimi Buke and Gase, duo che suona quello che potremmo definire math folk o avant-garde pop, formato da Arone Dyer e Aron Sanchez. Assolutamente da recuperare il primo e migliore album Riposte, dal quale ormai sono trascorsi ben dieci anni, un'opera che rimane comunque fresca e originale, merito anche di un suono del tutto personale ottenuto grazie agli strumenti che Dyer e Sanchez si sono costruiti da soli.



L'ultima vera perla scoperta nel 2019. MUNA è un trio tutto al femminile di synth pop composto dalla voce di Katie Gavin e dalle due chitarre di Josette Maskin e Naomi McPherson. Nel 2019 sono uscite con il secondo album Saves the World che ha continuato in modo ottimo sulla scia del primo eccellente About U (2017). Con una produzione avvolgente che ti fa immergere pienamente nelle atmosfere elettroniche, le MUNA sono autrici di una delle migliori proposte electro-pop che incarta in un unico involucro il meglio di Now, Now, CHVRCHES, GUNSHIP e HAIM.



Percussionista e session man in vari progetti prog e folk, Evan Carson unisce proprio questi due aspetti nel suo album d'esordio coadiuvato da molti ospiti a partire dal pianista Gleb Kolyadin, anche co-autore, Jim Grey dei Caligula's Horse e Charlie Cawood. Ocipinski porta a galla delle atmosfere in bilico tra Pain of Salvation e Iamthemorning.



Debutta con l'EP Oh Earth il chitarrista degli The Helix Nebula, Scoredatura e Plini, Jake Howsam Lowe. Se siete familiari anche con solo uno di questi nomi sapete cosa aspettarvi: prog fusion strumentale ad alto tasso virtuoso ed emotivo.



Band inglese di power pop prog, gli Ham Legion sono conosciuti per essere nel giro degli ex Cardiacs, quindi esibizioni nell'ambiente accanto a Lost Crowns, Spratleys Japs e Thumpermonkey, anche se il loro spirito è più alternativo e punk, dentro al quale si nasconde un cuore post hardcore.



Saiga Antelope è un duo norvegese che ha debuttato con l'album The Grand Endeavor che rivisita il progressive rock in chiave moderna seminandolo di elettronica e art pop.



I Bird Problems vengono dal Canada e suonano un progressive metal in costante evoluzione. Nel primo album TAR (2017) si riprendono un po' gli aspetti estremi del power metal dei Protest the Hero per applicarli all'experimental post hardcore, mentre nel recente singolo Cold Turkey sembrano voler imboccare la via del post prog. Quale che sia la scelta attendiamo curiosi la seconda prova (e intanto lunedì è in uscita un altro singolo).



Per chi ama le sonorità del progressive rock classico tra psichedelia, jazz e Canterbury, Sum of Erda dei Guranfoe è un buon ascolto.



Due chitarristi orientali che hanno studiato al Berklee College di Boston abbastanza differenti tra loro. Poh Hock è la versione malese di Plini, mentre il giapponese Daisuke Kunita possiede un'indole più orientata verso la prog fusion di matrice holdsworthiana.



mercoledì 1 gennaio 2020

The Band Royale - The Band Royale (2020)


Il primo album dell'anno e del decennio è quello omonimo dei The Band Royale, che seguendo la tradizione del loro primo album .​.​.​As Long As The Money Lasted (2015) viene pubblicato il primo di gennaio. Nei cinque anni che separano i due lavori i The Band Royale hanno continuato regolarmente a realizzare EP e alcuni singoli inediti e altri che sono serviti da apripista a questa uscita, tra i quali troviamo il trittico che apre il disco Loose Lips Sink Ships, Stranger Things e Surf Kings. Ad ogni modo anche a partire dalla successiva Dreamer il rock molto gradevole e orecchiabile dei The Band Royale sa regalare una bella collezione di brani densi di riff mai sguaiati o fuori dalle righe.

E' un hard rock aggressivo ma gentile e dalle caratteristiche raffinate quello che il trio di Chicago formato dai fratelli Bauman - Nate (batteria), Joel (chitarra e voce) e Zach (chitarra) - chiama yacht metal. Toccando di striscio il progressive rock grazie a groove chitarristici che sconfinano nella psichedelia e nello stoner metal, i The Band Royale offrono un proposta che si ascolta con gran piacere e anche trasporto. Un buon album per iniziare bene questo 2020.