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domenica 17 luglio 2022

Notes from the Edge of the Week #5


  • Dopo una pausa discografica di 17 anni i Gospel sono da poco tornati in attività con il secondo album The Loser. Il quartetto però questa volta non sembra intenzionato a tornare in pausa molto velocemente dato che ha già tirato fuori un altra pubblicazione, premurandosi addirittura di andare a trovare un pezzo direttamente dai propri archivi e già noto ai fan più devoti poiché eseguito regolarmente dal vivo. Il brano in questione porta il titolo delle varie incarnazioni con cui negli anni è stato battezzato MVDM: The Magical Volumes Vol​.​1: The Magick Volume of Dark Madder or Magic Volume of Dark Matter or Just Magic Volume. Si tratta in pratica di una suite di oltre venti minuti risalente al periodo del primo album the moon is a dead world (2005) e sarebbe dovuta durare il doppio se, come dice la band, non li avesse prosciugati a livello creativo. Comunque nello specifico siamo di fronte ad una delle cose migliori partorite dai Gospel, dentro abbiamo di tutto, visto che la durata ha dato modo alla band di girovagare senza freni nei meandri di prog hardcore, psichedelia, space rock con un tocco di gotico mutuato dalle tastiere elegiache. Come attitudine siamo vicini all'epica logorroico-solenne dei troppo spesso dimenticati pionieri prog metal americani Naked Sun. Valeva la pena riportare alla luce questo reperto da antologia proprio perché mostra un lato ancor più elaborato e poliedrico dei Gospel che, dopo quasi venti anni in naftalina, non ha perso la sua carica deflagrante. 

  • La band finlandese prog jazz Jupu Group risorge dalle proprie ceneri con un secondo album che arriva a 47 anni dal primo Ahmoo. Il gruppo, fondato e guidato dal violinista Juhani "Jupu" Poutanen, quando nel 1975 viene pubblicato il primo album già si è disciolto in quanto Poutanen da Helsinki si deve trasferire a Rovaniemi per un ingaggio con l'orchestra locale. Nel 2020 Poutanen rifonda i Jupu Group con una schiera di nuovi giovani musicisti e lui a comporre e dirigere dietro le quinte. Il suo posto nella line-up viene rilevato da Lotta Ahlbeck e, con una formazione che conta chitarra, tastiere, batteria e basso, la band è pronta a riprendere le dinamiche prog jazz dei Jupu su Umpeen Kasvoivat Polut con un taglio ovviamente moderno. Pubblicato il maggio scorso dalla Svart Records (che nel 2018 aveva ristampato AhmooUmpeen Kasvoivat Polut è un brillante ritorno affidato ad una nuova generazione, che questa volta alterna efficaci brani strumentali, in bilico tra jazz elettrico e canterburiano, a altri cantati da Meerika Ahlqvist con una vena più acustica e folk ma preservando il prog.


  • Questa seconda prova dei Satyr è notevole nel mostrare il progresso fatto dal gruppo post hardcore. Capaci di spingersi in trame sempre più complesse, i Satyr accorciano le distanze tra math prog e mathcore che sono alla base di Totem. L'album è così un tour de force continuamente in bilico tra melodie potenti poggiate su frenetiche complessità strutturali e aggressività improvvisa che si sovrappone generando ancora più caos. Una dinamica che ricorda quella dei Dance Gavin Dance, ma con un piglio molto più tecnico e serioso. Un salto notevole rispetto al precedente Locus.   


  • Morlock è la creatura solista del batterista Andrew Prestidge (Zoltan, Suns of the Tundra, The Osiris Club) e si concentra su musica strumentale basata sulle possibilità atmosferiche generate dall'interazione di ritmi e tastiere, ispirata a colonne sonore, droni post rock e alla mitologia horror di Lovecraft. The Outcast è il secondo album, meno minimale del primo Ancient Paths e maggiormente indirizzato ad uno space prog che si confronta con l'evocare immagini cinematografiche. 


  • Elephants In Autumn Rage è il primo album dei Join The Din che segue l'omonimo EP del 2018, anno della loro formazione. La band si descrive come un collettivo internazionale di musicisti che cerca di fotografare l'umore della scena jazz britannica. Ovviamente il jazz non è l'influenza primaria di Elephants In Autumn Rage ma si nutre di tutte le contaminazioni che può offrire la scena prog moderna con una visione molto allargata. Quindi tra sassofoni, doppia batteria e percussioni varie si viaggia tra fusion orchestrale, afrobeat, psichedelia, EDM e world music. 

venerdì 6 settembre 2019

Charlie Cawood - Blurring Into Motion (2019)


Il ritorno da solista Charlie Cawood dopo l'esordio The Divine Abstract non può che far piacere. Polistrumentista inglese che milita in band progressive rock tra lo sperimentale e l'art rock come Knifeworld, Mediaeval Baebes e ultimamente nei Lost Crown, quando si dedica alla propria visione musicale Cawood abbandona la sfera del rock e compone i propri pezzi come fosse un autore classico. L'album Blurring Into Motion è di nuovo uno sguardo su quel mondo fatto di strumenti da camera e contornato da un ensemble di esecutori suddivisi tra sezione di fiati e sezione di archi. La seconda opera di Cawood è ancora più orchestrale, bucolica e solare del precedente lavoro il quale, dalla sua pregevolissima prospettiva, possedeva anche un misticismo esoterico, valore aggiunto a tutto il suo percorso d'ascolto.

Blurring Into Motion tenta una prospettiva differente e si avvicina più all'estetica della classica moderna e al minimalismo, piuttosto che alla world music sperimentale, questa volta con la novità di aggiungere la voce soave di Marjana Semkina degli iamthemorning nelle due tracce Falling Into Blue e Flicker Out Of Being di cui lei è anche co-autrice. Per questo Blurring Into Motion risulta maggiormente accessibile rispetto al suo predecessore, aprendosi a melodie e armonie acustiche e orchestrazioni corali ad ampio respiro, pur facendo a meno dell'ausilio di un gran numero di strumentisti. I pezzi si sviluppano principalmente da temi folk tracciati dagli arpeggi della chitarra acustica per proseguire sui contrappunti di matrice classica, come fossero una versione orchestrale di temi tradizionali e antichi. Un ascolto rilassante per riaccendere positività e immaginazione.


domenica 5 novembre 2017

Charlie Cawood - The Divine Abstract (2017)


Ci sono musiche che trascendono la world music e abbracciano la classica contemporanea in modo originale fino ad arrivare a cancellare i contorni di ciò che è considerato popular e ciò che è considerato colto. In passato, artisti come Third Ear Band, Gryphon e Jade Warrior provenienti dalla sfera rock, si sono cimentati in questa ricerca di accostamento, sconfinando naturalmente in territori di confine poco battuti. The Divine Abstract è una di queste opere, parla un linguaggio universale attraverso un ampio sfoggio di timbri strumentali esotici, che fanno riferimento soprattutto alla cultura mediorientale, e taglia trasversalmente il progressive rock dal punto di vista classico alla maniera dei primi After Crying. Sì, perché, proprio come il gruppo ungherese, il compositore Charlie Cawood si immerge in un ambito colto, mantenendo comunque forti legami con strutture e progressioni che fanno parte di un retaggio da rock progressivo. Potremo avvicinare The Devine Abstract alle inestricabili tessiture Third Stream lasciate in eredità dal Rock In Opposition o alle crepuscolari visioni bucoliche di Anthony Phillips, ma il mondo di Cawood è un caleidoscopio di timbri esoterici.

Il fatto resta che The Divine Abstract è un album di una bellezza abbagliante e fuori dal tempo. Dopo una lunga gestazione, riflessa nel dettaglio e nella qualità degli arrangiamenti orchestrali polifonici, nei preziosi contrappunti e in una produzione ricca di finezze, il polistrumentista e bassista dei Knifeworld se ne esce con un esordio sofisticato e ambizioso. Suggestioni classiche, spezie etniche e fusion si uniscono in uno sfondo avant-garde in cui si dispiegano gli strumenti più disparati di estrazione quasi esclusivamente acustica. Il ricco numero di ospiti che si è affiancato a Cawood per dare corpo alla sua visione forma un ensemble musicale ampio ed insolito come un crossover tra classico ed etnico e proviene da altrettante band prestigiose tra cui Haken, Chrome Hoof, Mediaeval Baebes, Stars in Battledress, North Sea Radio Orchestra e, se siete fan soprattutto di queste ultime due, The Divine Abstract non solo sarà un ascolto obbligato, ma sicuramente appagherà i vostri sensi.



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