sabato 31 gennaio 2009

PURE REASON REVOLUTION - Amor Vincit Omnia (2009)

Per la loro seconda opera (in uscita il 9 marzo) i Pure Reason Revolution hanno preso in prestito il titolo dall'omonimo dipinto di Caravaggio, Amor Vincit Omnia ovvero "l'amore trionfa su ogni cosa".
Il primo album dei PRR, The Dark Third, provocò un piccolo terremoto nell'ambiente progressive, raccogliendo in poco tempo unanimi consensi da parte della critica (ma anche tra i colleghi), grazie ad un riuscito mix di psichedelia, melodia e sperimentazione, vicini per ispirazione a Pink Floyd e Porcupine Tree.
Amor Vincit Omnia imprevedibilmente, con un colpo solo, spazza via tutto questo: i vecchi Pure Reason Revolution non esistono più. Non so neanche se questo album potrebbe essere catalogato come progressive rock. La band di Reading si ripresenta insomma con un sound completamente rivoluzionato (e assolutamente non rivoluzionario), che equivale ad una cesura netta con il passato e ad una manifesta volontà di non ripetersi. Se questa dichiarazione d'intenti è apprezzabile o meno, però, deve essere vagliata alla prova dei fatti.
Il nuovo album, per intenderci, utilizza in modo massiccio sintetizzatori, batteria elettronica e suoni manipolati in modo da ottenere una dance trance psichedelica (oddio!) che si avvicina più allo sballo dei rave che al gusto rock.
Sarei curioso di sapere in percentuale quanto lavoro è stato fatto in studio da Paul Glover alla batteria rispetto all'apporto delle varie drum machine.

I brani Victorious Cupid e Deus Ex Machina erano ormai noti da tempo, presentati sia nella pagina MySpace del gruppo sia nei concerti. E, con rammarico, devo dire che rappresentano abbastanza bene il percorso che la band ha deciso di intraprendere. Musica che fa sempre più volentieri a meno di basso e batteria, rimpiazzati da droni sintetizzati, campionamenti e ritmiche uniformi dall'inizio alla fine. Quindi non aspettatevi tempi complessi o varietà tematiche, in questo i Pure Reason Revolution sono stati estremamente misurati.
Il fatto è che nella loro radicale svolta i Pure Reason Revolution non hanno neanche provato a scrivere qualcosa di memorabile, ma solamente una collezione di pezzi monotoni che fanno scivolare via Amor Vincit Omnia come una voce anonima in mezzo ad un coro.
E forse la sorpresa più grande è questa: il completo disinteresse nel cercare di scrivere pezzi più strutturati. Certo è che ognuno ha il diritto di scegliere strade diverse, solo che il balzo stilistico mi sembra gigantesco e quasi traumatico per chi aveva apprezzato The Dark Third e inoltre privo di stimoli.
Il punto di riferimento del gruppo non è più il progressive inglese, ma la dance aristocratica francese dei Daft Punk, Justice e Air, che in un certo senso ha incorporato l'estetica pop rock nell'elettronica.
Non mancano neanche riferimenti all'electropop anni '80 dato che in Les Malheurs i PRR sembrano dei novelli Eurythmics. Quelle della seconda parte dell'album poi non si possono neanche definire canzoni, ma piuttosto dei mantra da dance club come Bloodless, Disconnect e The Gloaming. Non sarei affatto stupito se in futuro uscisse una versione remix dell'album.
Per i più smaliziati questa svolta forse non è stata una totale sorpresa. I Pure Reason Revolution avevano seminato molti indizi nei loro concerti; io stesso rimasi perplesso dopo aver assistito all'esibizione del Tiana Progfest del 2007. Speravo che i brani inediti (allora) presentati non fossero l'incarnazione definitiva del nuovo percorso, ma ora che ho ascoltato Amor Vincit Omnia ogni mio dubbio è stato fugato.
La nota positiva è che il terzo album, viste le premesse, potrebbe essere totalmente diverso.

Per chi fosse interessato il CD uscirà anche in una
speciale edizione digipack con un bonus DVD contenente materiale dal vivo.

www.myspace.com/purereasonrevolution

venerdì 30 gennaio 2009

Mi sono imbattutto in un interessante vecchio articolo del Guardian datato 2006.

http://www.guardian.co.uk/music/2006/aug/11/popandrock

Anche se datato nella parte finale compaiono dei giudizi su alcune nuove leve come Pure Reason Revolution, Secret Machines, Mew e Dungen sfilati niente meno che a Rick Wakeman.

lunedì 26 gennaio 2009

WONDEROUS STORIES #14 (37)

SOMMARIO

Editoriale

neWS

Incontri

ANEKDOTEN – Il battito del tempo immobile
Nel 1993, l’uscita di Vemod segnava, se non una svolta, perlomeno un momento importante
nella storia del nuovo movimento progressivo. E’ una storia, quella degli Anekdoten, che prosegue ancora
oggi: uguale eppure diversa, vitale e ovattata al tempo stesso, protetta e custodita dalla nebbia
e dal ghiaccio, evocata dal suono del mellotron...

Including : "Morte Macabre - the making of", un'analisi del sostrato cinematografico a cura di A.Guglielmino

JEFF BERLIN – The Bruford years
Jeff Berlin è indiscutibilmente uno dei principali innovatori del basso elettrico:
incontrandolo ci siamo però soffermati in particolare sul periodo che ha visto Berlin collaborare
insieme al batterista Bill Bruford ai suoi primi tre album solisti, realizzati tra il 1978 e il 1980.


Rubriche

Il giardino del mago - Appunti sulla nuova stagione del Pop Italiano

BERNARDO LANZETTI - CADMO - S.A.D.O. - LE ORME

Le enciclopedie di WS

MAURO MORONI - Enciclopedia del rock giapponese dal 1969 al 1978

Book of Saturday: la biblioteca musicale di WS

LESTER BANGS - Impubblicabile!
LESTER BANGS - Deliri, desideri e distorsioni
LESTER BANGS - Guida ragionevole al frastuono più atroce
DAVE THOMPSON - Deep Purple. Smoke on the water. La biografia
RICCARDO STORTI - Tutti pazzi per Mozart
PATRIZIO FARISELLI - Storie elettriche

L'altra faccia della batteria
Rubrica didattica a cura di Gennaro Barba

Over 40 - 1968/2008
Traffic - Same

Le notti della Luna Grigio – Rosa
(Cronache di un sogno tra Londra e Canterbury)
a cura di Vincenzo Giorgio

HUGH HOPPER – BRAINVILLE 01 - ALEX MAGUIRE SEXTET - SOFT HEAP - PAUL WELLER
STEVE MILLER TRIO - MIKE OSBORNE - KEVIN AYERS - JOHN GREAVES - MONICA VASCONCELOS

Off the map

BODIES OF WATER - A Certain Feeling
BRIGITTE POULIN - Edificies natureles
BEVEL - Phoenician Terrane
DAMIAN NISENSON TRIO - Muzika / + 3 en Concert
LARS HOLLMER - Viandra
DAMIEN JURADO - Caught In The Trees
JURACAMORA - Same
LANFRANCO MALAGUTI TRIO - All The Days Of April
NICK CASTRO & YOUNG ELDERS - The - A Day Without Disaster


Ascolti


ABEL GANZ – Shooting Albatross

AIRPORTMAN – Letters

LUCA AQUINO – Sopra le nuvole

BEARDFISH – Sleeping in Traffic: Part Two

BIRDS AND BUILDINGS – Bantham to Behemoth

BORSTLAP / BRUFORD – InTwoMinds

BRIGHTEYE BRISON – Believers and Deceivers

CATHEDRAL – The Bridge

COG – Sharing Space

GASPARE DE VITO – Passing Notes

D.F.A. – 4TH

DORACOR – Lady Roma

EL TOPO – Pigiama Psicoattivo

FOLK STONE – Same

LES FRADKIN – One link between them

GALLEON – Engines Of Creation

GARDEN WALL – Aliena(c)tion

HASLAM-PASTOR-KERSAW-HESSION – Helios Suite

J’ACCUSE..! – Abbandono del tempo e delle forme

JAUGERNAUT – Contra-Mantra

JET JAGUAR – Space Anthem

MAGELLAN – Innocent God

MAHOGANY FROG – DO5

MAGICFOLK – Magicfolk

MASS MEDIA – Criptoidea

MERCURY REV – Snowflake Midnight

MHMM – Do not disturb

MORGLBL – Grotesk

NO-MAN – Schoolyard Ghosts

OLIVE MESS – Cherdak

ONE TASTE – Anamnesis

MATTHEW PARMENTER – Horror Express

PRESENCE – Evil Rose

RPWL – The RPWL Experience

SIGUR RÓS – Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust

SWITTERS – Current Trends In The Contemporary Italian Music Disaster

ROBIN TAYLOR – Isle of Black

THE NIGHT PATROL – The Path

THIEVES’ KITCHEN – The water road

TRETTIOARIGA KRIGET – I borjan och slutet

VERSUS X – Primordial Ocean

VV.AA. – Giallo

WELLMAN & ESSOUDRY – Same

YESTERDAYS – Holdfénykert

Metal + Progmetal

AMASEFFER - Slaves for Life
ODIN’S COURT - Deathanity

Ristampe

HOLGER CZUKAY - La Luna (2000) & Time and Tide (2001)
FORGAS - Cocktail
NIK TURNER’S SPHINX - Xitintoday
ANTHONY PHILLIPS - The geese & the ghost
THE WEB - Theraphosa Blondi

Demo

EVERSHINE - Run
MECHANICAL BUTTERFLY - Democd 2007

DVD

GENESIS - When in Rome 2007
YES - The new director’s cut

domenica 25 gennaio 2009

Toy Matineè, 3rd Matineè, Marc Bonilla

L'etichetta Noble Rot, sussidiaria della Collectors' Choice Music, rilascerà il 3 febbraio quattro album dei primi anni '90, fuori catalogo da molto tempo, collegati al nome di Kevin Gilbert. La ristampa riguarda i gruppi Toy Matineè, 3rd Matineè e il chitarrista Marc Bonilla.

L'unico omonimo album dei Toy Matineè rimane un capolavoro senza tempo, pubblicato nel 1990 e nato dalla collaborazione di Pat Leonard (produttore di Madonna) e Kevin Gilbert. Al lavoro parteciparono nomi eccellenti come Guy Pratt (basso), Tim Pierce (chitarra) e Brian MacLeod (batteria). Purtroppo Leonard perse interesse nel progetto, lasciando il solo Gilbert a promuovere il disco con una band improvvisata che comprendeva, tra gli altri, Bonilla alla chitarra e una certa Sheryl Crow alle tastiere, all'epoca fidanzata di Gilbert. A tal proposito è bene ricordare una storia che pochissimi conoscono.
Dopo lo scioglimento dei Toy Matineè, il produttore Bill Bottrell e Gilbert costituirono una band assieme ad altri session man per puro divertimento. Il collettivo si ritrovava per suonare il martedì sera e da qui nacque il nome Tuesday Night Music Club. Glibert decise di far partecipare agli incontri anche la Crow che ben presto divenne la lead singer del gruppo. Peccato che quando uscì l'album omonimo, una volta raggiunto il successo, Sheryl Crow, da vera opportunista, pensò bene di sbarazzarsi dell'intero gruppo che l'aveva aiutata, compreso Gilbert. Chiusa parentesi.

Pat Leonard, dimostrando grande coerenza, formò un altro gruppo denominato 3rd Matineè e anche con loro riuscì a pubblicare un solo album dal titolo Meanwhile (1994).
Come frontman adesso c'era Richard Page, già cantante dei Mr. Mister, ma ricomparivano i nomi di Pratt, Pierce e MacLeod assieme a Bonilla e Steve Porcaro dei Toto.
Meanwhile, pur essendo un pregevole e professionale lavoro di pop rock, non regge il confronto con il più riuscito Toy Matineè.

La Noble Rot ristampa anche i due album solisti di Marc Bonilla, attualmente impegnato con la Keith Emerson Band.
Il primo è EE Ticket (1991), prodotto da Kevin Gilbert e con gli ospiti eccellenti Keith Emerson (su White Noise) e Ronnie Montrose (su Razorback).
Il secondo American Matador (1993) ospita Glenn Hughes, Mike Keneally, Pat Leonard (nella cover di A Whiter Shade of Pale) e i batteristi Toss Panos e Troy Luccketta (dei Tesla).
Il nome di Kevin Gilbert compare come co-autore nel brano Mephisto, una reintepretazione in chiave strumentale di Mephisto's Tarantella degli NRG primo gruppo di Gilbert.















sabato 24 gennaio 2009

EMAROSA - Relativity (2008)

Gli Emarosa sono un'alltra band americana (del Kentucky) che si è fatta notare ultimamente col suo esordio Relativity. Come stile ricalcano l'ultima onda di gruppi progressive hardcore della scuderia Equal Vision (anche se loro non ne fanno parte) con tendenze punk abbastanza commerciali.
Il gruppo conta addirittura sei elementi, il che è abbastanza inusuale, dato che sulla carta ci si aspetterebbe qualcosa di più avventuroso, quando invece quattro membri potrebbero essere più che sufficienti alla prova dei fatti. Relativity è dominato dalle chitarre ER White e Jonas Ladekjaer e dalla voce davvero molto drammatica, quasi da sofferta rassegnazione, di Jonny Craig (ex
Dance Gavin Dance).

Il principale difetto di Relativity è che anche dopo ripetuti ascolti non si riesce a distinguere tra una canzone e l'altra. Ci si deve sforzare non poco nel trovare delle caratteristiche che ci facciano riconoscere un determinato brano. Ascoltando l'album si ha l'impressione di presenziare ad un continuo e costante flusso sonoro senza soluzione di continuità e si crea così una effettiva difficoltà a carpire dove finisca un pezzo e ne inizi un altro. Questa monotonia è ancora più frustrante visto che la musica degli Emarosa possiede caratteristiche altamente melodrammatiche e, paradossalmente, potenti dinamiche che ti fanno anche perdere il filo del brano. Si arriva così alla fine dell'album spaesati e con un sottile senso di oppressione, derivato dall'enfasi esagerata sprigionata dai pezzi. La tolleranza, in particolar modo, arriva quasi al limite al penultimo pezzo I Still Feel Her: Part I, davvero l'apoteosi del melodramma punk.

Jonny Craig è attualmente impegnato con il cantante dei
Chiodos Craig Owens anche nel supergruppo Isles & Glaciers, il cui primo album è previsto per marzo, che vede la partecipazione di membri provenienti dai The Receiving End of Sirens, Cinematic Sunrise e Pierce the Veil.

www.myspace.com/emarosa

mercoledì 21 gennaio 2009

REWIRING GENESIS - A Tribute to The Lamb Lies Down on Broadway

La proprietà del silenzio non appartiene più a questa società. E non parlo della funzione oggettiva del silenzio come annullamento dei rumori (urbani, umani, ecc.), ma di una intromissione ben più invasiva e difficile da evitare.
Nel giornalismo, ad esempio, si insiste senza pietà di fronte ad argomenti di cronaca assolutamente personali e delicati, legittimando chiunque legga a poter dire la sua e pensare di essere dalla parte del giusto. Quando invece non c'è nè giusto, nè sbagliato, ma ci sono solo le ragioni profonde ed intime delle persone che vivono tale esperienza.
Nella rete abbiamo l'esempio di Facebook (un social network all'ennesima potenza) dove ognuno è ansioso di elargire giudizi e commenti su qualsiasi cosa gli passi per la testa.

Tutto questo preambolo per spiegare che un fenomeno simile è presente anche nella musica, rappresentato dai tribute album: innocui se a carattere antologico (tipo raccolta con vari artisti che coverizzano canzoni da album diversi), letali se riguardano album interi. Operazioni inutili che lasciano il tempo che trovano.

Ed ecco che anche in questo caso sarebbe meglio tacere, non mostrare il proprio "punto di vista" su un'opera, ma ammirarla per come è e basta. Non mi risulta che qualcuno abbia riscritto I Promessi Sposi o che qualcuno abbia dipinto un'altra Las Meninas.
Perchè nella musica invece, di tanto in tanto, arriva qualcuno con la malsana idea di risuonare in studio gli album che hanno segnato la storia del rock? Perchè The Wall, The Lamb Lies Down on Broadway, The Dark Side of the Moon non possono rimanere così come sono stati concepiti senza nessuno che li "rilegga" a modo suo? Che senso ha rifare un album intero, ancor più se trattasi di un capolavoro, rischiando anche di compromettersi artisticamente, e andare a minare quella perfezione che gli era propria?
Una cosa del genere la capirei più impostata per una esibizione dal vivo: una volta terminata la performance la cosa finisce lì; ci si diverte e si suona la musica dei propri idoli.

Considero Nick D'Virgilio il miglior batterista moderno, ma ho sempre avuto riserve su di lui come solista o frontman. In queste vesti si è sempre mosso all'ombra di colui che deve essere stato il suo mentore, Kevin Gilbert, cercando di coglierne l'idea musicale, senza riuscire però neanche ad esserne un epigono.
Gilbert si esibì con i Giraffe al Progfest del 1994 con una
leggendaria riproposizione di The Lamb Lies Down on Broadway proprio con D'Virgilio alla batteria. La prematura scomparsa di Gilbert non ci impedisce di asserire che una registrazione in studio del suddetto album non era nei suoi piani. Anche perchè il concerto fu una celebrazione del ventennale di The Lamb senza ulteriori speculazioni.
Invece D'Virgilio è tornato sul luogo del delitto, magari pensando di poter aggiungere qualcosa di buono, ma ha sbagliato totalmente il media.
Il suo The Lamb è un disco che sprigiona un'incompatibilità nei confronti dell'ambiente studio, dato che sembra concepito solo con lo scopo di essere suonato dal vivo. In questo non ci sarebbe nulla di sbagliato, ma se lo avesse proposto esclusivamente come concerto, con un tour, non sarebbe stato meglio? Un pò alla Musical Box, ma almeno loro hanno la decenza di non registrare in studio gli album dei Genesis che portano sul palco.
A questo punto qualcuno potrà obiettare che D'Virgilio ha utilizzato sapienti arrangiamenti orchestrali e ha infuso nuovo spessore alle canzoni. Questa, al contrario, è la motivazione principale che contribuisce alla teatralità fuori luogo imposta dal batterista degli Spock's Beard. D'Virgilio ha allestito questo album come fosse un musical, esagerando il concetto di opera-rock.
Il fatto che nel titolo sia nominata Broadway non vuol dire necessariamente che si debba suonare it come in uno spettacolo alla Chorus Line, o pretendere che la title track e In the Cage sembrino dirette da Leonard Bernstein.
The Lamb è prima di tutto una collezione di canzoni sperimentali con arrangiamenti superbi. E cosa rimane se andiamo a boicottarele con archi e fiati? Brani spogliati dalle loro peculiarità elettroniche: che senso ha l'arpeggio invasivo di Back in NYC rifatto con una debole chitarra punteggiata fastidiosamente dai fiati? Dove sono scomparse le già elusive "enossificazioni"? Perchè raggiungere il ridicolo involontario nell'intermezzo dixieland in Counting Out Time?
Quando D'Virgilio non sa che pesci prendere i brani restano molto simili agli originali, ma senza sprigionare neanche la metà dell'energia degli originali.
Ecco forse è questo il vero problema, alla rilettura di D'Virgilio manca l'anima, l'energia, l'emozione. In una parola il sentimento: tutto sembra meccanico a tratti esitante ed insicuro.

www.myspace.com/ndvmusic

domenica 18 gennaio 2009

Deus Ex Machina gratuiti

I Deus Ex Machina, uno dei migliori gruppi progressive italiani, hanno deciso di rendere disponibili in download gratuito (tramite il sito Last FM) quattro dei loro album (i primi tre in studio e un live) ormai da tempo fuori catalogo.

Gladium Caeli

Deus Ex Machina

De Republica

Non est Ars, quae ad Effectum Casus Venit

Anche se tra gli album scaricabili compare Equilibrismo da Insofferenza, questo è l'unico che per ora non si può scaricare, ma è anche l'unico ancora reperibile in formato CD.

ulteriori notizie su
www.myspace.com/deusexmachinait

mercoledì 14 gennaio 2009

Per chi dovesse fraintendere, l'operazione matematica riassunta qui sotto, pur essendo un'addizione, non ha un valore positivo.......................................
+
=

more on this later .............................................................................................................................

martedì 13 gennaio 2009

I Coheed & Cambria fanno le cose in grande.
E' disponibile in pre-ordine un mega cofanetto di nove dischi (4 CD e 5 DVD) che contiene l'esibizione dal vivo di tutti e quattro gli album del gruppo su supporto audio e video.
Quindi il contenuto è il seguente:

The Second Stage Turbine Blade (CD+DVD)

In Keeping Secrets of Silent Earth: 3 (CD+DVD)

Good Apollo I'm Burning Star IV, Volume One: From Fear Through the Eyes of Madness (CD+DVD)

Good Apollo I'm Burning Star IV, Volume Two: No World for Tomorrow (CD+DVD)

Più un DVD con il documentario dei concerti

Il tutto sarà rilasciato il 3 marzo 2009

www.coheedandcambria.com/neverender

giovedì 8 gennaio 2009

THE REIGN OF KINDO - Rhythm, Chord & Melody (2008)

Con colpevole ritardo arrivo a parlare solo ora di uno dei dischi più belli dell'anno appena trascorso.
The Reign of Kindo nascono dallo scioglimento (dopo tre album) dei This Day and Age e porta in formazione i 4/5 di quella band: Joseph Secchiaroli (chitarra, voce), Mike Carroll (chitarra), Kelly Sciandra (piano), Steve Padin (batteria, voce), con l'aggiunta di Jeff Jarvis (basso).
La musica di questo quintetto di Buffalo (NY) è descrivibile come un pop jazz venato da sfumature di rock alternativo, come un incrocio tra Brad Mehldau e i Ben Folds Five. Già i This Day and Age producevano un pop adulto e suadente, ma i The Reign of Kindo vanno ancora oltre grazie ad un sound più maturo e oltremodo raffinato.
Dopo aver esordito l'anno scorso con un EP omonimo altrettanto esaltante e promettente, il gruppo ha esordito con il primo full length album nell'agosto scorso.
Ciò che li distingue da altre band di mainstream pop è l'approccio intellettuale con il quale costruiscono perfette melodie accostate a vertiginosi cambi armonici. Non c'è una canzone fuori posto su Rhythm, Chord & Melody, ognuna ha il suo valore e va a completare un quadro sonoro perfetto.
All'inizio di The Moments in Between sembra di essere dalle parti di Coldplay e Radiohead, ma l'emozionante arrangiamento porta una firma del tutto personale. Così come le leggere dissonanze pianistiche di Great Blue Sea sono un tocco di classe che portano un valore aggiunto ad un pezzo già di per sè eccezionale.
Se i The Reign of Kindo fossero famosi probabilmente
Something in the Way That You Are diverrebbe un nuovo classico soul, uno di quelli che Joss Stone e quel bamboccione di Michael Bublè pagherebbero oro pur di interpretare.
Oltre pop e jazz il gruppo attraversa obliquamente anche la musica sudamericana, mutuata dalle magistrali ritmiche di Padin in Hold Out e The Mystery of Our Day.
Rhythm, Chord & Melody è uno di quei rari album che ti fa ringraziare di essere vivo per potersi ancora stupire grazie alla musica e che vorresti far ascoltare a chiunque, pregando che più gente possibile possa condividere e godere di tale meraviglia.

martedì 6 gennaio 2009

THE FALL OF TROY - Phantom on the Horizon (2008)


Ad un ascolto superficiale i The Fall of Troy potrebbero sembrare un gruppo di pazzi scatenati in preda ad una follia distruttiva, ma ascoltando più attentamente si rimane a bocca aperta per quanto questi tre ragazzi provenienti dallo stato di Washington ci sappiano fare. Proprio così, Thomas Erak (chitarra, voce, tastiere), Andrew Forsman (batteria) e Frank Black (basso, voce (e non si tratta di quello dei Pixies)), pur essendo solo in tre, riescono a creare un'apocalisse sonora dedita ad iper-tecnicismi progressivi, applicata ad un pesantissimo punk metal spaziale in stile Voivod. I paragoni si estendono senza alcun dubbio anche a The Mars Volta e ai Coheed & Cambria.

Inutile sottolineare che i pezzi sono dominati da ritmiche convulse e involute, accelerazioni e decelerazioni chitarristiche, sconvolgimenti tematici e utilizzo estremo della voce. Phantom on the Horizon è forse il lavoro più ambizioso della band dato che si tratta di un'unica suite (della durata di 37 minuti), divisa in cinque movimenti, che incanala tutte le caratteristiche prima citate in un sontuoso progressive hardcore portato all'eccesso. L'album (una versione riveduta e corretta dell'EP Gostship risalente al 2004) è uscito alla fine di novembre in un'edizione limitata di 3.300 copie e, una volta terminate, è stato reso disponibile esclusivamente in download sotto forma digitale.

Chapter I: Introverting Dimensions si apre con una lunga introduzione di chitarra elettrica molto acida e psichedelica. Appena inizia il canto siamo catapultati nelle frenetiche e convulse sonorità della band, mentre prende forma il racconto di un galeone spagnolo che incontra una nave fantasma proveniente da un'altra dimensione. Nei folli undici minuti accade di tutto: vortici elettrici, urla lancinanti e digressioni lisergiche.
Chapter II: A Strange Conversation è come un brano dei The Mars Volta in versione psicopatica, ma suonato con una perizia che un malato di mente non potrebbe possedere. Qualche riferimento ai King Crimson è lecito nei fraseggi di Erak, ma le detonazioni ritmiche ed elettriche citano la band di Rodriguez-Lopez.
Chapter III: Nostalgic Mannerisms abbina i collaudati assalti sonori del gruppo ad una parte quasi melodica che puntualmente si scontra contro un muro di rumorismi e riff epilettici.
Su Chapter IV: Enter the Black Demon il trio si diverte a devastare con una spietatezza unica e rigurgiti grindcore quasi insostenibili un brano frastornante e schizofrenico, trasformandolo in un numero assolutamente geniale. Speed progressive punk (wow!).
Chapter V: The Walls Bled Lust è probabilmente la parte che meglio rappresenta la band, sempre in bilico tra un punk progressive molto veloce e virtuoso e aggressioni disumane. Calibrare questi due umori sonori è la specialità dei The Fall of Troy e il più delle volte si rimane spiazzati di fronte ad una tale potenza di fuoco.
Musica cervellotica, imprevedibile, debordante, incontrollabile e totalmente schizzata...cosa chiedere di più?

sabato 3 gennaio 2009

DAMIERA - Quiet Mouth Loud Hands (2008)

Flagellati dai cambi di formazione, i Damiera sono arrivati con qualche intoppo a questo secondo album. Il chitarrista e cantante David Reymonds è rimasto, negli anni, l'unico punto fermo attorno al quale si sono avvicendati vari musicisti.
Naturalmente anche l'indirizzo musicale ha subìto qualche variazione, semplificando le composizioni e finendo così per snaturare quel progressive alternativo che aveva reso M(US)IC tanto speciale.
I Damiera sono dei campioni di sintesi: brevi sono i loro album e brevi sono le loro canzoni, ma questo non gli impedisce di frantumare la struttura delle composizioni come si farebbe con un pezzo di vetro. L'effetto musicale suscitato infatti è del tutto frastornante, come guardare in uno specchio rotto un'immagine che si riverbera in tanti piccoli pezzi.
Se in passato alcuni gruppi progressive erano stati classificati con l'appellativo di flash rock (vedi Yes, ELP, ecc.), il termine può essere oggi utilizzato per definire il math rock alternativo dei Damiera. Forse anche con più ragione dato che la velocità è la loro prerogativa. Alla band non interessano preamboli o divagazioni, Reymonds e compagni arrivano immediatamente al cuore del brano con rimarchevoli proprietà dinamiche. In tre minuti e mezzo le canzoni dei Damiera sono attraversate da una marea di fraseggi chitarristici, gli accordi cambiano in continuazione e la batteria è costantemente sotto sforzo.

M(US)IC partiva da queste promettenti premesse che Quiet Mouth Loud Hands ha molto limato, puntando su melodie più immediate ed una più accentuata varietà sonora che, se non altro, cerca di muoversi oltre l'omogeneità del sound del primo album.
La scelta di dare una virata stilistica si palesa con la title track che non è altro che un canonico indie rock con tendenze rap, o con la più orecchiabile Weights for the Waiting. Ma la pietra dello scandalo si abbatte come un macigno sul funk soul di Teacher, Preacher che sembra scritta da dei Maroon 5 qualsiasi, anche se leggermente più bravi. Per fortuna ci sono tracce come Nailbiter, Chromatica e Blinding Sir Bluest che si distinguono per una vicinanza più marcata all'identità dei Damiera.
E' sempre un bene che un gruppo abbia la volontà di rinnovarsi, però i continui cambi di formazione devono aver disorientato non poco il povero Reynolds, poiché la direzione intrapresa non sembra adatta a coloro che avevano apprezzato M(US)IC.
Il rischio è infatti che molti possano trovare Quiet Mouth Loud Hands un tentativo di ingraziarsi e ampliare i consensi attorno alla band, affacciandosi pericolosamente ad un percorso che non gli appartiene.

venerdì 2 gennaio 2009

che tempo fa?

Ecco un link molto interessante che svela i tempi di battuta più strani utilizzati da molti artisti.

http://en.wikipedia.org/wiki/User:Dissolve/List_of_works

Essendo in ordine cronologico, noterete nell'ultima parte una presenza massiccia di alcuni gruppi nominati in questo blog (tipo Oceansize, Mew e Mars Volta).
La sezione più interessante e curiosa è quella che analizza l'utilizzo di metri multipli all'interno di una sola canzone dove la più impressionante è Remember Where You Are degli Oceansize.