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domenica 27 ottobre 2024

Notes from the Edge of the Week #11


  • I Tigerwine sono uno dei gruppi più sottovalutati dell'attuale scena post hardcore americana. Dopo aver avuto la sfortuna di pubblicare una bomba di album come Nothing is for You in piena pandemia, senza alcun modo di promuoverlo, la scarsità di comunicazione mi aveva fatto temere si fossero definitivamente sciolti. Invece eccoli di nuovo con Toil & Spin, un lavoro asciutto, molto meno sperimentale e dilatato di Nothing is for You  ma altrettanto efficace nel tradurre in musica tutto l'appeal del composito psych doomgaze del gruppo. I pezzi di Toil & Spin appaiono più diretti e con divagazioni psichedeliche ridotte all'essenziale, ma vi è riversata una potenza di fuoco sonica incentrata su distorsioni chitarristiche lambite da costanti interventi spaziali, doom e riverberi infiniti di una espressività avvolgente. L'amalgama ha un impatto pesante e astrale allo stesso tempo da far posizionare i Tigerwine tra post grunge e doomgaze in una maniera che, se adorate Soundgarden e Thrice, non potete perderli. 


  • Gli Hey, ily! fanno parte di quella frangia bedroom pop della quinta onda emo la quale ha preso piede dopo la pandemia e che comprende progetti come Lobsterfight, Your Arms Are My Cocoon, Weatherday e Asian Glow. Dopo alcuni EP realizzati con l'etica lo-fi il qui presente album Hey, I Loathe You! capitalizza tutte le caratteristiche estetiche portate avanti dal sottogenere post emo, frullando dentro i suoni più disparati tra cui post hardcore, metalcore, easycore, chiptune e power pop. Insieme ad altre grandiose uscite del 2024 in campo post emo, tra cui Glass Beach, Topiary Creatures, Origami Angel e Stay Inside, l'album degli Hey, ily! testimonia l'ottimo stato di salute di un sottogenere ignorato da chiunque, ma tra i più originali del panorama rock moderno.


  • Dopo Everbloom il chitarrista Greg Almeida con The Impermanent Amber firma un altro capitolo del suo progetto Secret Gardens. Questo album è sicuramente il suo più accessibile, poiché nella varietà con cui incastra prog, metal, fusion, emo, post rock e post hardcore, ogni brano trattiene un alto tasso di orecchiabilità melodica e atmosferica. Alla batteria ritorna il mai troppo lodato Joseph Arrington (A Lot Like Birds, SianvarRoyal Coda, Gold Necklace), il cantato compare con molta più presenza e non viene disdegnato l'utilizzo di una produzione che include orchestrazioni e il gusto per stratificazioni che danno un senso di grandiosità e pienezza. In definitiva un album stilisticamente eclettico ma che fonde bene i propri generi fino a renderlo omogeneo. 


  • Un altro chitarrista che si occupa di metal fusion, il canadese Gabriel Silva Castro, con i suoi Yūrei pubblica l'EP di quattro tracce Our Dreams Were All For Everything. A differenza dei passati lavori che vedevano un approccio interamente strumentale, in questo EP Castro cambia volto al suo progetto e aggiunge alla formazione la voce femminile di Katie Thompson, oltre ad una cura per le progressioni armoniche fusion maggiormente marcata. In questo modo i pezzi respirano un'aria di djent atmosferico trascendentale e ultraterrena che potrà essere apprezzata da chi ama The Contortionist, Karmanjakah e Tetrafusion.


  • Dopo sette anni dal primo album tornano a farsi vivi anche i Mad Lollypop, duo di Indianapolis formato da Andy Irwin e Sean Hilton. Lo stile rimane più o meno quello di Party with Imaginary Friends, ovvero un prog rock moderno condito di elettronica pesante, utilizzata in modo da amplificare la sensazione di trip psichedelico ma ancora più ambizioso, come testimonia il folle e autoindulgente viaggio di 18 minuti di The Abduction. Come avevo scritto a suo tempo, uno dei paragoni più immediati rimane quello con i Porcupine Tree della prima fase, vale a dire quelli di Up the Downstairs e Voyage 34, il fine di sballarsi creando un parallelismo tra psych prog e acid house è lo stesso. 


  • I Lobby Boxer sono una di quelle band che suonano indie rock ma per fortuna con una propria personalità senza allinearsi ad una formula abusata. Infatti se il punto di partenza dei brani è aderente a quello stile, non si può mai prevedere quale piega o direzione possa prendere il gruppo per rendere l'andamento costantemente interessante. Head Shoulders Knuckles Floor è una collezione di pezzi ad alta energia che fonde indie, emo, math rock, post hardcore e prog, ognuno di questi usato a basse dosi per mantenere le canzoni su una soglia equilibrata non troppo sperimentale e abbastanza accattivante. 

mercoledì 27 aprile 2022

Tigerwine - Nothing is for You (2020)

Ecco un doveroso recupero per un album non troppo fortunato poiché ancora non molto conosciuto, forse anche a causa della sua pubblicazione, in piena pandemia, il primo maggio 2020. I Tigerwine sono arrivati a questa seconda opera beneficiando del salto ad un'etichetta indipendente importante e autorevole come la Tooth & Nail, dopo l'esordio con Die With Your Tongue Out del 2017, realizzando un lavoro maturo nella direzione intrapresa e ben rifinito nei suoi dettagli. Diciamo che nei tre anni intercorsi dalla prima prova, che presentava un post hardcore aggressivo e a tratti melodico, comunque ancora abbastanza fedele ai suoi classici parametri, i Tigerwine si sono presi il tempo per sperimentare con i suoni e le stratificazioni, focalizzare una zona chiaroscura nella quale farli fermentare e crescere, per poi cucirci intorno brani apocalittici, talvolta oppressivi e oscuri, altre volte saturi di riverberi abbaglianti.

Ne è uscito quindi un album molto più personale, dove rimangono nello sfondo le irrequietezze post hardcore ed emo, ma il tutto viene avvolto da ondate elettriche memorabili, che echeggiano e costeggiano, non tanto poi da lontano, lidi blackgaze e post rock, quasi vicini alle parti di Holy Fawn e Gates, fino ad arrivare ai Thrice. Il trittico di apertura con Anteroom, Technicolor Yawn e Scarecrow è talmente efficace nel tracciare una linea sicura che affonda la sua lama su inesorabili cavalcate lisergico/metalliche che pare quasi improbabile aspettarsi dai Tigerwine un incremento di intensità.

Invece, come se non bastasse, la seconda parte dell'album - a partire dal brano Wigwam per intenderci - è forse quella che emoziona di più, nella quale si sussegue l'impeto della marea di stratificazioni elettriche, mentre si erigono e si accavallano complesse ramificazioni, portate a compimento tra le spire di Word Hoard e Hiss at the Sun. Ovviamente in questa catarsi sonica anche la psichedelia è parte integrante del calderone sonoro e va ad avvilupparsi alla componente post hardcore creando un suggestivo tunnel su cui sprofondare, fatto di atmosfere malinconiche dal respiro cosmico concluse in modo pertinente da Complete. Nothing is for You è quindi un album che sarebbe un peccato dimenticare o lasciare da parte fino a che i Tigerwine non torneranno magari con un disco ancor più potente.