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domenica 19 maggio 2019

Biffy Clyro - Balance, Not Symmetry (2019)


All'indomani di Ellipsis avevo messo una pietra sopra ai Biffy Clyro con il proposito di non interessarmi più a loro in quanto da anni avevano per me intrapreso un percorso artisticamente in declino, sempre meno avvincente e coinvolgente. E' stato l'entusiasmo di Mike Vennart per questo nuovo album a farmi tornare sui miei passi e dare ancora una possibilità al trio scozzese. La pubblicazione di Balance, Not Symmetry però credo non abbia colto di sorpresa soltanto me, o meglio, era noto che i Biffy Clyro stavano lavorando ad una colonna sonora di un film indipendente del quale il frontman Simon Neil è co-sceneggiatore insieme al regista Jamie Adams, ma la sua uscita è stata annunciata a sorpresa soltanto un giorno prima senza nessun preambolo durato mesi. Quindi avete capito bene, il nuovo progetto dei Biffy Clyro non è propriamente l'ottavo tassello della discografia (che comunque stanno al momento preparando), ma bensì la colonna sonora del film omonimo (descritto dagli autori come "una storia alla Giulietta e Romeo raccontata dalla prospettiva di Giulietta") che sarà presentato in anteprima a giugno all'Edinburgh International Film Festival, seguito a luglio dalla release dell'album in formato fisico.

Tornando pertanto al contenuto musicale, Balance, Not Symmetry non è, come ci si potrebbe aspettare, una sequenza di brani strumentali (a parte gli interludi Pink, Navy Blue e Yellow), ma un album di canzoni vero e proprio che raccoglie 17 tracce (per la durata di oltre un'ora) le quali rappresentano forse la miglior prova dei Biffy dai tempi di Infinity Land. Naturalmente Balance, Not Symmetry non si spinge così avanti con il post hardcore, i Biffy sono ancora quelli che hanno mietuto successi negli ultimi anni, ma come si capisce ascoltando la title-track questa volta osano un po' di più e lo fanno con un album eterogeneo dove ogni brano è diverso dall'altro, riportando a galla in parte lo spirito anticonvenzionale che gli apparteneva.

Se infatti già dalla seconda traccia All Singing and All Dancing si pensa di essere tornati nei binari dei classici Biffy che mostrano il loro lato più commerciale, a partire da Sunrise e Colour Wheel avviene il miracolo e riemergono reminiscenze sepolte fin dai tempi di Puzzles, piccoli twist e accorgimenti applicati alla solita formula, ma che si arricchiscono con ritmiche che tornano a battere tempi spezzati e chorus che finalmente non hanno più quel retrogusto da indie adolescenziale (la seconda parte di Colour Wheel è delziosa con le sue delicate polifonie vocali che si inseguono). Da qui ogni pezzo è una scoperta, dal soul di Plead al potente crescendo orchestrale di Touch che certifica uno dei migliori incisi del gruppo da diverso tempo. Ma anche i restanti Tunnels and Trees e The Naturals che strizzano l'occhio ad un pop rock mainstream sanno racchiudere piccole sorprese negli intermezzi e nei break, nella strumentazione utilizzata, nelle dissonanze che spuntano quasi per gioco.

Forse il fatto che Balance, Not Symmetry è considerato come un progetto collaterale ha persuaso i Biffy ad includervi materiale un po' più audace che per alcuni risulterà di seconda scelta nell'ottica di un'involuzione per il percorso della band - sarà un'impressione ma il trittico finale mi sembra un velato tributo ad altrettante figure storiche: Jasabiab (The Beatles), Following Master (Lou Reed), Adored (Pink Floyd) - , ma avercene di Biffy Clyro sempre così in forma!

domenica 10 dicembre 2017

Aereogramme - "My Heart Has A Wish That You Would Not Go" 10th Anniversary Remaster


Dieci anni fa veniva pubblicato My Heart Has A Wish That You Would Not Go, terzo e ultimo album in studio degli Aereogramme, band scozzese di cui oggi si è quasi persa memoria, anche se il loro contributo al genere post hardcore e post rock è stato molto importante. My Heart Has A Wish That You Would Not Go, che rimane per me uno degli album preferiti del decennio, fu quasi un'anomalia nella discografia del gruppo, allora reduce da due lavori altrettanto influenti ed amati come A Story in White (2001) e Sleep and Release (2003). Adesso è il momento di celebrare quell'opera e l'ex chitarrista della band Iain Cook ha curato la nuova edizione rimasterizzata del disco che da oggi è disponibile su Bandcamp.

Probabilmente nel presente molti conoscono i componenti degli Aereogramme per altri motivi: Cook è divenuto un produttore e, nel 2013, ha conseguito un meritato successo di pubblico con il gruppo electro-pop CHVRCHES, formato insieme alla cantante Lauren Mayberry, dei Blue Sky Archives, e a Martin Doherty (co-produttore di My Heart Has A Wish That You Would Not Go). Il batterista Martin Scott è diventato il tour manager dei The Temper Trap e dei CHVRCHES, così come il bassista Campbell McNeil ha ripreso e continuato la sua vecchia attività di tour manager dei Biffy Clyro che aveva abbandonato con la nascita degli Aereogramme. Infine il cantante Craig B. è colui che, tra tutti e quattro, forse, è rimasto un precario della musica: oltre ad iscriversi all’università per studiare teologia, ha poi creato, insieme a Cook, i The Unwinding Hours, raccogliendo il nostalgico pubblico che aveva amato gli Aereogramme e riallacciandosi idealmente a quella strada, ed oggi continua come solista con il progetto A Mote of Dust.

E proprio Craig B. fu indirettamente responsabile del cambio di rotta intrapreso con My Heart Has A Wish That You Would Not Go. Il prolungato periodo di fermo che infatti precedette la sua pubblicazione fu dovuto ai problemi vocali del cantante che, praticamente, svanì per sei mesi. “L’estensione più acuta della mia voce semplicemente scomparve”, spiegò Craig in un’intervista, “e penso sia in parte dovuto alle urla che ero solito fare durante i concerti, specialmente nel tour per il secondo album. È stato un terribile mix di tabacco, whiskey e urla. […] Non c’era alcuna cura medica, ho anche visto dei dottori, ma solo il riposo l’avrebbe riportata indietro. Fu un momento veramente spaventoso”. Craig si trovò in quella situazione a causa dell’estensivo tour che seguì la promozione per Sleep and Release. Così, quando gli Aereogramme riuscirono a tornare in tour, al fine di preservare la voce di Craig B., fu aggiunto un membro esterno che si occupava delle parti urlate. Questo inaspettato incidente in parte influenzò la direzione musicale del nuovo album, dove veniva dato largo spazio alla vena orchestrale/sinfonica della band (tanto che loro stessi coniarono il termine “score-core”), sicuramente meno sperimentale rispetto agli esordi, ma ugualmente affascinante.

L’album fu registrato nei 4th Street Studios e, riguardo alla piega musicale che prese, McNeil spiegò: “Discutemmo a lungo a proposito dell’indirizzo che avrebbe dovuto prendere l’album e molto presto capimmo che apparentemente avevamo due scelte. La prima sarebbe stata quella di abbracciare volontariamente i nostri ottusi individualismi e provare a creare il più incasinato e generalmente discordante album immaginabile. La seconda era scegliere un aspetto del nostro sound precedente ed esplorare pienamente il suo potenziale. […] Convenimmo che l’opzione due sembrava il giusto percorso per noi, così decidemmo di aprirci alla nostra parte più orchestrale, cinematica e abbandonare il nostro metallico Mr. Hyde”. My Heart Has A Wish That You Would Not Go uscì il 5 febbraio 2007 e il lungo titolo era una citazione tratta dal libro “L’Esorcista” di William Peter Blatty, scelta che quasi funzionava da metafora per il contenuto del disco, molto più soft rispetto al passato, ma che conservava l’inquietudine tipica del gruppo. È come se gli Aereogramme con questo titolo avessero voluto dire: ci siamo lasciati andare a sonorità romantiche, ma la nostra anima rimane tenebrosa. Forse i fan della prima ora del quartetto scozzese rimasero spiazzati da tale scelta, ma, a ben vedere, le atmosfere languide e orchestrali dell’album erano un naturale sviluppo di quanto già fatto in passato. Se, infatti, nei lavori precedenti il gruppo aveva lasciato convivere furiose aggressioni e arie dal respiro sentimentale, ora erano queste ultime a prevalere.



Le rasoiate di chitarra elettrica di Conscious Life for Coma Boy traevano quasi in inganno nell’introduzione, il brano diventava subito un lento dai connotati country rock con tanto di intermezzo da camera. Il clima romantico rimaneva tale su Exits, in seguito punteggiata da un piano minimale che sottolineava l’andamento dondolante del pezzo. Il valzer di Barriers e la sinfonica Finding a Light rimanevano i brani simbolo di questa nuova prospettiva solenne e coinvolgente. Dove prima c’erano le chitarre a dare l’impeto dei crescendo ora ecco arrivare fiati e violini che, però, non superavano mai il livello di guardia. Dall’altro lato potevano costituire un legame con il passato le residue tracce elettriche che facevano la loro comparsa nel finale di Living Backwards o il clima morboso di Nightmares, che si collegava alle spire elettroniche nelle quali si consumava il dramma della notevole The Running Man. Gli Aereogramme scelsero coraggiosamente di allontanarsi dall’asprezza dei loro suoni, inerpicandosi in una materia delicata come il melodismo sinfonico, restando però ancorati al loro substrato melanconico.

Per la promozione dell’album gli Aereogramme riuscirono ad organizzare un nuovo tour negli Stati Uniti, un’esperienza che questa volta non si rivelò affatto positiva per la band. Le cose cominciarono a prendere una brutta piega fin dall’inizio, quando si presentarono i problemi per ottenere il visto. I cavilli burocratici ritardarono la partenza del gruppo con il risultato di dover cancellare la prima settimana del tour e ripianificare le date interessate, rimandandole. Anche una volta giunti negli Stati Uniti niente andò per il verso giusto: il tour si rivelò un vero inferno, sia dal punto di vista organizzativo, sia dal punto di vista logistico, fiaccando definitivamente il morale della band. Fu in quel momento che, durante alcune discussioni nelle varie stanze d’albergo, gli Aereogramme decisero di farla finita e sciogliersi.

martedì 3 maggio 2016

BRITISH THEATRE - Mastery (2016)


Sembra tutto calcolato al millimetro negli impegni musicali di Mike Vennart. Dismesso temporaneamente il ruolo di live guitarist per i Biffy Clyro dopo il tour di Opposites, in contemporanea alla pausa di questi ultimi per produrre il nuovo album (in uscita a luglio), ha lavorato alacremente ai suoi progetti personali dai quali è stato partorito un lavoro solista lo scorso anno e adesso la prima opera dei British Theatre, Mastery, in collaborazione con Richard A. Ingram (aka Gambler), tutto realizzato appena in tempo per tornare a salire sul carrozzone live dei Biffy Clyro. A chi non avesse mai sentito nominare Mike Vennart e Richard Ingram basti sapere che hanno fatto parte degli Oceansize, una tra le più importanti e significative band della scorsa decade, definitivamente disciolti nel febbraio 2011.

Fin dalla prematura conclusione, comunque, Vennart e Ingram hanno proseguito a collaborare con due EP nel 2012 sotto il nome di British Theatre e poi come musicisti di supporto nei concerti dei Biffy Clyro appunto. Con The Demon Joke, Vennart si era riavvicinato e allo stesso tempo distanziato dal complesso post progressive della sua ex band, ma i British Theatre sono sempre rimasti un oggetto differente dal potenziale tutto in divenire. I due EP pubblicati ad un anno di distanza esatta dallo scioglimento degli Oceansize ci mostravano un duo affiatato che non si rassegnava ad abbandonare il proprio stile, consegnandoci un pugno di brani tra il rock sperimentale e il minimalismo elettronico. Ci sono però voluti altri quattro anni per arrivare a Mastery, una pausa che probabilmente è servita per mettere a punto il sound e lasciarsi alle spalle esperimenti già collaudati. Giunti al presente, possiamo affermare che i due EP erano solo delle prove generali per far comprendere ai due musicisti in quale direzione orientarsi e che Mastery, come ci anticipò Vennart nella nostra intervista, è molto, molto differente da tutto ciò che i due hanno prodotto finora.



Parlando di ruoli, Vennart si è occupato esclusivamente delle liriche e delle linee melodiche del canto, lasciando per il resto il timone musicale interamente a Ingram, il quale, nel frattempo, si era dato inoltre alla sperimentazione spinta nel campo dell'ambient esoterica, con l'inevitabile risultato di importare quelle spore dall'influsso elettronico nel primo album dei British Theatre. Se infatti nei due EP era evidente più di qualche residuo rock, qui ci troviamo di fronte ad un coacervo di drum machines, percussioni programmate, sequencer e sintetizzatori, riducendo al minimo indispensabile l'intervento di strumenti a corda. Pensate ad una versione dark punk e sperimentale dell'electro dream pop che è oggi in voga e collegatela ad un'evoluzione strutturata e progressive dei Suicide, e forse avrete una vaga idea di ciò che vi aspetta su Mastery. O almeno è quello a cui ci troviamo di fronte mentre scorrono i droni industriali di Blue Horror, l'orgia tribal synth di Dinosaur e le insidiose ragnatele di Newman che si dispiega in un trip finale di glitch music. Tra tappeti di synth, pulsazioni e beat elettronici, viene risaltata soprattutto la prova vocale di Vennart, che praticamente rappresenta l'unico strumento melodico all'interno dell'architettura sonora, firmando delle intuizioni che portano a brillare quasi di luce pop brani come CapraCross the Sword.

Per chi ha amato gli Oceansize, senza fare inutili paragoni, nella siderale differenza saprà trovare comunque delle attinenze, ad esempio, su Gold Bruise (ripresa direttamente dal primo EP) e The Cull, affini a quelle deviazioni atmosferiche post rock alle quali il gruppo si era dedicato nel proprio eclettismo su Everyone Into Position (penso a Music for a Nurse e Meredith) e Home & Minor. Oltre a ritrovare quella maestosità che praticamente faceva da suggello ad ogni album degli Oceansize, qui preservata dalle repentine oscillazioni tra calma/tempesta di Favour the Brave e nella title-track, posta in chiusura, dove Vennart canta sopra un campionamento del secondo movimento della Sinfonia n.1 op. 39 in mi minore di Jean Sibelius. Mastery è un capitolo spiazzante (o meglio, sorprendente?) solo per chi conosce il retaggio dal quale provengono i British Theatre, altrimenti rimane un buon album di synthrock, ma ci fermiamo qui. Non so, dando ascolto alla mia parte nostalgica avrei preferito un maggiore bilanciamento nella direzione tra le due anime rock ed elettronica presenti sull'EP Dyed in the Wool Ghost, piuttosto che optare per un esclusivo privilegio del secondo aspetto.





www.britishtheatremusic.com

lunedì 7 marzo 2016

Implicazioni letterarie nel prog hardcore: Casa di Foglie di Mark Z. Danielewski


Esattamente 16 anni fa, il 7 marzo 2000, veniva pubblicato negli Stati Uniti il romanzo d’esordio di Mark Z. Danielewski, House of Leaves. Precedentemente comparso a episodi e incompleto su Internet, il libro non era quello che si definisce una lettura convenzionale. Esso presentava vari piani narrativi contraddistinti da caratteri tipografici differenti, impaginato con una grafica unica che poteva contenere in modo contrastante poche righe, fitte note, una sola parola, frasi scritte obliquamente, capovolte o da leggere necessariamente con l’utilizzo di uno specchio. Questi espedienti non erano gratuiti, ma funzionali alla storia al fine di immergere ancora di più il lettore nell'atmosfera del libro che si apprestava a diventare un caposaldo della letteratura ergodica (termine coniato dallo studioso norvegese Espen J. Aarseth nel suo testo Cybertext: Perspectives on Ergodic Literature) che sta a significare un apporto attivo da parte del lettore, uno sforzo affinché la lettura non si esaurisca solo in maniera passiva.

Immediatamente House of Leaves colse l’immaginario di molti giovani, diventando un romanzo di culto che non era difficile trovare tra le scrivanie dei dormitori universitari. Forse era inevitabile che questo libro dalla struttura così particolare e richiami ai viaggi ultradimensionali che possono trovare una metafora nell’uso di allucinogeni, andasse ad influenzare una parte della musica sperimentale di quel periodo. Il caso ha voluto che, tra i vari generi, quello che ne ha beneficiato di più è stato proprio il prog hardcore, trovando estimatori che non hanno fatto mistero della loro ammirazione per l’opera di Danielewski tra i quali contiamo Colin Frangicetto e Anthony Green (Circa Survive), Thomas Erak (The Fall of Troy) e Simon Neil (Biffy Clyro). In Italia purtroppo Casa di Foglie ha avuto una sola edizione nel 2005 per la collana Strade Blu di Mondadori, oggi fuori catalogo e introvabile se non a prezzi esorbitanti. Nel 2013 la casa editrice Beat commissionò una nuova traduzione annunciando un’imminente ristampa, progetto che poi fu definitivamente accantonato.


IL LIBRO

Come si diceva, la trama di House of Leaves si dipana su tre livelli che legano i destini degli altrettanti protagonisti ad una misteriosa casa che diventerà il centro delle loro ossessioni. Il personaggio che funge da narratore e collegamento è Johnny Truant, un giovane di Los Angeles dall’infanzia difficile che lavora come apprendista tatuatore e conduce una vita piuttosto dissipata con l'amico Lude tra droghe, avventure sessuali occasionali, l’amore per una spogliarellista e varie paranoie. I fatti che seguiranno, con il ritrovamento di un manoscritto all’interno dell’appartamento nel quale si è appena trasferito, non faranno che amplificarne i deliri. L’altro personaggio chiave è Zampanò, il precedente inquilino (cieco) appena deceduto che aveva condotto e redatto un puntiglioso studio sul film-documentario The Navidson Record, un terrificante reportage sulla casa in questione che ha avuto un successo di culto ed è diventato un fenomeno socio-culturale. Quello che noi leggiamo non è altro che lo scritto di Zampanò messo in ordine da Truant che lo intervalla con note autobiografiche, aggiunte, correzioni e materiale tratto da opinioni e molteplici teorie sul film di altri registi, psicologi, filosofi e studiosi vari. Nella dissertazione di Zampanò scopriamo che The Navidson Record è stato altresì oggetto dei più minuziosi e dettagliati studi in qualsiasi campo accademico e culturale. Come l’ossessione per la casa risucchierà la vita di Truant in un incubo, già dall’introduzione egli ci anticipa che il tutto potrebbe essere frutto della follia di Zampanò perché niente di ciò che è stato scritto sembra avere riscontri nella realtà: nessuna traccia del film o dei numerosi volumi con articoli ad esso dedicati e i personaggi famosi citati all’interno di House of Leaves, interpellati da Truant, non hanno mai sentito parlare di Zampanò o di Will Navidson.

La parte più agghiacciante è naturalmente quella dedicata alla descrizione del documentario The Navidson Record. Will Navidson, un fotoreporter premio Pulitzer sposato con l’affascinante ex modella Karen Green, si trasferisce con lei e i due figli in Virginia in un’isolata casa in Ash Tree Lane. All'inizio assistiamo alla tranquilla vita bucolica dei Navidson con Will che ha deciso di riprendere spaccati di vita familiare piazzando le sue videocamere nella casa, anche con l'intento di riallacciare il rapporto un po' in crisi con Karen a causa della sua continuata assenza per gli spostamenti di lavoro. Ma la pacifica nuova vita che la famiglia aveva pianificato viene ben presto interrotta da un fatto imprevisto dal carattere sovrannaturale.

Tornati da un viaggio a Seattle, i Navidson scoprono che la casa non è più la stessa ed ha subìto dei cambiamenti interni con la comparsa di una porta, prima inesistente, al piano superiore nella stanza da letto principale "che però non dà sulla stanza dei bambini, bensì su uno spazio che somiglia a una cabina armadio". Inoltre, alcuni successivi rilievi condotti da Navidson svelano che le misure esterne della casa non coincidono con quelle interne che risultano più ampie. Dopo aver notato altre modifiche, Navidson continua a documentare il tutto con la sua videocamera, scoprendo all’interno della casa lunghi corridoi, interminabili scalinate a spirale in continua trasformazione e smisurate sale con il comune denominatore di sembrare ambienti anonimi, ma infiniti, molto freddi, bui e caratterizzati da un silenzio angosciante. L'unico rumore distinto percepito nelle varie esplorazioni fatte da Navidson è un sinistro ringhio di un non ben precisato animale che proviene dall'ignota oscurità dei labirintici luoghi. Ovviamente la famiglia è impaurita e Navidson decide di coinvolgere nella sua ricerca per capire cosa stia succedendo anche altre persone tra cui il fratello Tom, l’esperto esploratore Holloway Roberts e altri tre compagni tra cui un ingegnere amico di Will, Billy Reston, rimasto paralizzato dopo un incidente di lavoro in India.

La prosa di Danielewski è implacabile nel non rivelare, ma solo suggerire quanto basta per terrorizzarci. La casa per questo non è una metafora della paura irrazionale di ciò che non conosciamo o del mistero dell'aldilà, ma qualcosa di più profondamente legato all'inconscio collettivo che trova nell’oscurità viva e pulsante - capace di assorbire e consumare qualsiasi fonte di luce, calore e energia - un parallelismo nei buchi neri. Ecco quindi che la costante percezione di vuoto cosmico che provano i poveri esploratori al suo interno, girovagando intere settimane senza sapere cosa li aspetta o se riusciranno ad uscire, è magistralmente trasmessa da Danielewski accendendo in noi l'inedita sensazione di essere risucchiati in una dimensione di non-esistenza, un non-luogo dove nessuno sembra mai aver messo piede: praticamente il contrario stesso della vita. 


LA MUSICA

Come un buon album progressive va riascoltato più volte per essere apprezzato fino in fondo, anche Casa di Foglie necessiterebbe almeno di una seconda lettura per comprenderne la complessa costruzione che lo permea. Non è un caso che per il mio libro, Altprogcore - dal post hardcore al post prog, abbia scelto come data di uscita il 7 marzo dello scorso anno, per omaggiare di proposito il quindicesimo anniversario di Casa di Foglie e l'ispirazione che ha trasmesso al prog hardcore. Nel mio libro si accenna anche a questi particolari, ma vediamo nel dettaglio quali sono queste citazioni:

Juturna, il primo album dei Circa Survive pubblicato nel 2005, conta come influenza primaria il film Eternal Sunshine of the Spotless Mind (non scriverò mai lo stupido titolo italiano), ma la hidden track, che nel CD inizia quasi nove minuti di silenzio dopo la fine ufficiale dell'album, prende proprio il titolo di House of Leaves con il testo scritto in base al punto di vista di Johnny Truant.
 


L'influsso di Danielewski nel gruppo di Anthony Green è proseguito più avanti nell’immagine che richiama visivamente la sinistra e malvagia essenza della casa per accompagnare il singolo b-side The Most Dangerous Commercials del 2008 e creata da Esao Andrews, il pittore che collabora fin dagli esordi con i Circa Survive.



La follia che coglie i personaggi in questi anditi oscuri e gelidi si staglia tra le note della musica mathcore dei The Fall of Troy che in Doppelgänger, sempre nel 2005, dedicano più di un brano al romanzo di Danielewski. Ma, se si eccettuano i titoli, a differenza dei Circa Survive i testi di Thomas Erak si prestano a interpretazioni molto più libere, forse anche dissociate dai temi del libro. Tom Waits non è tanto un gioco di citazioni tra il trio di Seattle e il cantautore che nel suo repertorio ha proprio una canzone dal titolo The Fall of Troy, ma esattamente vuole riferirsi ad un capitolo ben preciso del libro quando Navidson, insieme a Reston, si avventura nella ricerca della squadra di Holloway dispersa tra i labirinti della casa, lasciando Tom da solo ad aspettare (appunto), accampato per tre giorni nella grande sala (o terra di nessuno) e comunicando via radio.



Di Holloway verrà ritrovato solo un confuso nastro registrato che testimonia la sua tragica fine, anticipata da un crollo nervoso che lo porterà alla paranoia. Il caso vuole che nelle pagine del manoscritto dedicate al "nastro di Holloway" sia caduta “una specie di cenere, che in qualche punto ha lasciato dei forellini, in altri ha eroso grossi brani del testo.” È per questo che Truant trascrive e sostituisce le parti mancanti con le parentesi quadre [ ], tanto che quella sezione viene ribattezzata The Hol[]y Tape, titolo poi preso in prestito dai The Fall of Troy per un altro brano.



Terzo e ultimo tributo dei The Fall of Troy al libro di Danielewsky viene dall’esplicito titolo “You Got a Death Wish Johnny Truant?”. Nelle sue logorroiche e verbose note personali, Truant racconta spaccati della propria vita del tutto disgiunti da The Navidson Record e questa è una frase rivolta a lui, il che spiega l'uso delle virgolette.



Era quasi logico che il fascino dell’immaginario e claustrofobico documentario creato da Danielewski influenzasse il mondo musicale, creando poi i presupposti per un’altra relazione. Il frontman dei Biffy Clyro, Simon Neil, che è un altro appassionato di Casa di Foglie, prese in prestito il titolo del secondo romanzo di Danielewski, Only Revolutions (mai tradotto in Italia), per nominare il quinto album in studio della sua band. Lontano dal prog hardcore c’è comunque da ricordare che, quasi in concomitanza con il libro, la sorella di Danielewski, che non è altro che la cantautrice Poe, pubblicò il suo secondo album Haunted pensato e composto come un commento musicale al libro del fratello.

In fondo non stanno poi tanto male insieme...

lunedì 8 giugno 2015

Intervista con Mike Vennart (Italian + English version)


di Lorenzo Barbagli e Francesco Notarangelo


Come descrivere una band stilisticamente incatalogabile e coraggiosa come gli Oceansize? Non si può. Gli Oceansize andrebbero ascoltati possibilmente non fermandosi ad un solo brano perché altrimenti si rischia solo di intaccare la superficie di ciò che erano in realtà. Personalmente li ho amati e ritenuti una delle band più originali degli anni Zero. Ecco quindi perché ritengo la seguente intervista a Mike Vennart - che di quella grande band è stato il frontman, chitarrista e cantante - un momento speciale e importante per altprogcore e ringrazio Mike per essere stato molto gentile e disponibile per aver risposto alle nostre domande.

Una volta svaniti gli Oceansize, Vennart si è dato da fare continuando a scrivere musica con l'amico Richard A. Ingram (Gambler) nei British Theatre, collezionando nel frattempo i demo per il proprio album solista. Anche se, probabilmente, l'attività che  ha permesso a Vennart di vivere di musica senza problemi è stato l'ingaggio come seconda chitarra negli show dal vivo dei Biffy Clyro, band con cui gli Oceansize hanno condiviso un'ottima amicizia per quasi tutta la loro carriera. Molta della lunga gestazione e composizione di The Demon Joke è proprio passata attraverso quei pochi momenti liberi che Mike si ritagliava tra una stanza d'albergo e l'altra durante i tour con i Biffy Clyro, collezionando demo sul suo laptop.

Passato dunque questo periodo di grande laboriosità, Vennart sta per pubblicare finalmente il primo album a proprio nome intitolato The Demon Joke (del quale qui potete trovare la mia recensione). Il disco è stato lanciato con una campagna PledgeMusic che in parte ne ha sostenuto le spese di produzione e i cui "pledgers" hanno già ricevuto l'album in forma digitale o fisica. La pubblicazione ufficiale "per i comuni mortali" invece è prevista per il 22 giugno e passerà per i canali della SuperBall Music, che fu anche l'etichetta degli Oceansize. Vista l'occasione abbiamo approfittato per porre a Mike Vennart alcune domande su passato, presente e futuro della sua carriera artistica.

A tal proposito, una nota a margine: non ho voluto di proposito toccare qualsiasi cosa riguardasse la separazione degli Oceansize dato che, come argomento, mi sembrava delicato, sicuro che le risposte di Mike sarebbero state comprensibilmente vaghe. Ormai ciò che è stato è stato e il modo con cui Vennart, Gambler e Steve Durose stanno affrontando il presente fa capire che quello degli Oceansize è un capitolo chiuso, inutile tornarci sopra. Per quanto concerne gli Oceansize ho preferito quindi deviare su domande con una prospettiva squisitamente artistica. Comunque, per chi volesse saperne di più su Oceansize, Biffy Clyro e British Theatre, un resoconto di dichiarazioni e di come sia andata la vicenda le potete trovare anche all'interno del mio libro Altprogcore - dal post hardcore al post prog.



- Partiamo con il parlare di The Demon Joke. Il suo processo di gestazione è stato molto lungo, come ti senti alla fine di questa nuova esperienza come solista?

Mi sento sollevato. Praticamente, ogni volta che cerco di scrivere una nuova canzone, penso che il pozzo si sia come definitivamente prosciugato. E' stato così fin dall'inizio. Avere un album completato - effettivamente pubblicato questa settimana - è stata una grande impresa a livello personale. Sono molto contento del risultato finale, stilisticamente è forse un po' diversificato, o forse non del tutto. Chiaramente non saprei dirlo.


- Sull'album compaiono i tuoi vecchi compagni d'avventura negli Oceansize, Gambler e Steve Durose (che ti stanno accompagnando anche in tour), forse è presto per chiederlo, ma pensi di coinvolgerli anche in altri progetti futuri?

Certo. Al momento sto lavorando con Gambler all'album dei British Theatre e ho appena trovato una parte che solo Steve può rivestire. Ho lavorato con loro per oltre 20 anni, per questo non posso immaginare di fermarmi molto presto.


- Anni fa dichiarasti che, prima di formare gli Oceansize, con Durose avevate provato a scrivere pezzi più semplici, ma non vi venivano bene. Le canzoni di The Demon Joke hanno un impatto più immediato rispetto agli Oceansize e sembrano funzionare, pensi che con la maturità hai imparato a scrivere canzoni “normali”?

Forse è proprio questo - la maturità. Ero in una band con Steve prima degli Oceansize e, sì, faceva schifo. Eravamo giovani e stavamo ancora imparando. Hai mai sentito quei demo dei Radiohead prima che fossero messi sotto contratto? Sì, eravamo proprio a quel livello di mediocrità.


- Come vi siete inseriti tu e Gambler nel contesto musicale live dei Biffy Clyro? I ragazzi vi hanno lasciato libertà per le vostre parti o avete deciso insieme cosa aggiungere?

In realtà è come una specie di linea sfocata. Certamente, ci sono parti di chitarra e tastiere negli ultimi album dei Biffy Clyro, ma più che altro noi siamo lì per aggiungere sostanza alle parti suonate dal trio. Le parti di chitarra di Simon sono veramente incasinate. Parlo di tutte quelle stranezze come accordi in stato di rivolto e cluster. Se entrambi suonassimo le stesse cose verrebbe fuori un suono di merda, quindi lascio quella roba a lui e io vado a rinforzare le parti di basso e adatto alla mia chitarra le sezioni suonate da violini e fiati. Lo adoro!


- Con Gambler (Richard A. Ingram) sei anche impegnato nel progetto British Theatre. Dopo i due EP da voi prodotti vedremo la realizzazione anche di un album completo? E, a tuo giudizio, quali relazioni o divergenze trovi tra Oceansize, British Theatre e Vennart?

E' facile differenziare tra il mio album e ciò che sarà quello dei British Theatre, ma di conseguenza dovrei iniziare a rivelare come suonerà questo album e vorrei che fosse una sorpresa. Basti dire che sarà molto differente...molto differente anche dai precedenti EP. Per quanto riguarda invece il confronto con gli Oceansize la differenza sostanziale è che qui sono io al comando e non ho bisogno di fare leva su cento idee diverse dentro una sola canzone per compiacere tutti. Sono fiero di quello che hanno fatto gli Oceansize, ma a volte era tutto un po' troppo pretenzioso, troppo ingegnoso per il solo gusto di esserlo.  


- Pensi che oggi, se gli Oceansize fossero ancora insieme, avresti ugualmente conservato questi pezzi per un tuo album solista oppure non avresti pensato di pubblicare qualcosa di tuo e li avresti offerti al gruppo?

Pensavo ad un album come solista fin dai tempi di Frames, dato che era chiaro che avevo gusti differenti. Ora posso dirti che queste canzoni di The Demon Joke non avrebbero superato la fase di demo all'interno degli Oceansize. Sono troppo semplici, troppo melodiche e troppo ottimiste. Francamente, se fossero state sviluppate da quella band, c'è una buona possibilità che l'inevitabile macellazione a cui sarebbero state sottoposte mi avrebbe deluso.


- Quindi vorrei sapere, gli Oceansize nei loro quattro album hanno sempre cercato di variare e modificare l'approccio alla scrittura, mentendo comunque intatta la complessità formale. Secondo te oggi suonerebbero diversi da Self-Preserved While the Bodies Float Up, il vostro ultimo album prima dello scioglimento?

Penso che nel nostro ultimo album si può percepire un compromesso costante. Gli Oceansize dovevano lavorare per processo di eliminazione. In altre parole, dovevi soddisfare i gusti di ogni membro della band, altrimenti dovevi sopportare all'infinito le loro lamentele su una canzone che odiavano. Self-Preserved... è vario, ma perdemmo la nostra direzione. Cercai di istigare un approccio più disteso/psichedelico/sperimentale, ma a quel punto semplicemente non era davvero nella nostra natura. Non fraintendetemi, quell'album è grande e ne sono fiero, ma è piuttosto confuso. Non suona propriamente coeso come i nostri lavori precedenti.


- Nell'ipotesi che sarà difficile vedervi in concerto in Italia, toglici una curiosità: dal vivo state suonando anche qualche pezzo degli Oceansize? Se si, quali?

Sì, suoniamo alcune vecchie canzoni. Non ho intenzione di dirvi quali sono, ma sono quelle più in sintonia con l'atmosfera della musica che sto facendo adesso.
 

- Come blog cerchiamo sempre di proporre nuovi artisti e musiche poco conosciute che stimolino gli ascoltatori. Prima di salutarci potresti proporre ai nostri lettori qualche nuovo artista a tuo giudizio meritevole.

Non so molto a proposito di novità, ma al momento sto ascoltando Super Furry Animals, Matt Berry, Stealing Sheep, Vessels, Gaz Coombes, Blanck Mass, David Bowie, Kathryn Joseph….



ENGLISH VERSION:



Let's start speaking about The Demon Joke. Its process was very long, how do you feel at the end of this new experience as a solo musician?

I feel relieved. Pretty much every time I try to write a new song, I think the well has finally run dry. It’s been like this since the beginning. To have a completed album - actually released this week - is quite an achievement for me, personally. I’m very happy with how it turned out, stylistically it’s maybe a little different, then again maybe not at all. I clearly can’t fucking tell.


On the album appear your old Oceansize friends, Gambler and Steve Durose (who are accompanying you on tour). Maybe it’s early to ask, but do you think to involve them in other future projects?

Certainly. I’m working on the British Theatre album with Gambler right now and I’ve just found a spot that only Steve can nail. I’ve been working with them for over 20 years, so I can’t imagine I’ll be stopping any time soon.


Some years ago you spoke that before forming Oceansize, you and Durose have tried to write some simple songs, but you weren’t able. The songs of The Demon Joke have a more immediate impact than Oceansize and seem to work very well, do you think that now, with maturity on your side, are you able to write “straight” songs?

Maybe that’s all it is - maturity. I was in a band with Steve before Oceansize and, yeah, it sucked. We were young and we were learning. Ever hear those Radiohead demos from before they got signed? Yeah, we were that kind of terrible.


How did you and Gambler entered your instruments in the context of Biffy Clyro live shows? The boys have left you freedom for your parts or did you decide together what to add?

It’s kind of a blurry line, actually. Certainly, there are guitar/keyboard parts on the later Biffy records, but more than anything we’re there to add weight to the the 3 piece. Simon’s guitar parts are really fucked. Like all these weird inversions and clusters. It would sound shit if we both play them, so i leave that stuff to him and I kinda beef up the bottom end, and adapt the string/horn parts for guitar. I love it.


You are also involved with Gambler (Richard Ingram) in the British Theatre project. After two EPs, are you thinking to creare a full length album? And, in your own opinion, what are the main differences between Oceanszie, British Theatre and Vennart?

It’s easy to diffrentiate between my album and what British Theatre’s forthcoming album, but then I’d have to start revealing what British Theatre is going to sound like, and I kinda want it to be a surprise. Suffice to say, it’s gonna be very different…Very different even to the previous EPs... With regard to how it compares to Oceansize - the basis difference is that I’m calling the shots here, and I don’t need to crowbar 100 different ideas into one song just to appease everyone. I’m proud of what Oceansize did, but sometimes it was just a little too showy, too clever for the sake of it.


Do you think that today, if Oceanszie were still together, you would preserved these songs for your solo album or you wouldn't have thought to publish something and simply offered them to the band?

I was dreaming of a solo album as far back as Frames, as it was clear that I had different tastes. I can tell you now, these songs wouldn’t have made it past the demo stage in Oceansize. They’re too simple, too tuneful and too optimistic. Frankly, if they HAD been worked on by that band there’s a good chance I would’ve been disappointed by the inevitable butchering they’d have received.


In their four studio album Oceansize have always tried to change and modify the writing approach, keeping the formal complexity intact. Do you think today they eventually would sound in a different way from Self-Preserved While the Bodies Float Up, your last album before you broke up?

I think in the last album you can hear the constant compromise. Oceansize HAD to operate by process of elimination. In other words, you had to cater for the tastes of each band member, otherwise you’d suffer their whinging forevermore about a song they hated. Self-Preserved… is varied but we’d lost direction. I tried to instigate a more sprawling/psychedelic/experimental edge but it just wasn’t really in our nature by that point. Don’t get me wrong, that album is great, and I’m proud of it, but it’s quite confused. It doesn’t really sound like a cohesive album like the previous works.


I think that there will be difficult to see you on tour in Italy...so, in your live shows do you play also some songs of Oceansize? If yes, what are the songs that you play?

Yes, we play some of the old songs. I’m not gonna tell you what they are, but they’re the ones that are most in keeping with the vibe of the music I’m making now.


Before saying hello, can you suggest to us and to our readers some new artists?

I don’t know about new, but I’m currently listening to Super Furry Animals, Matt Berry, Stealing Sheep, Vessels, Gaz Coombes, Blanck Mass, David Bowie, Kathryn Joseph….


http://mikevennart.tumblr.com/
www.facebook.com/vennartvennart

sabato 4 ottobre 2014

Biffy Clyro - i 10 anni di "Infinity Land"


In un’epoca in cui la pausa tra un album e l’altro si è allungata a dismisura, i Biffy Clyro in poco più di un anno diedero alle stampe due colpi da maestro come The Vertigo of Bliss e Infinity Land. Ormai parliamo di dieci anni fa, dato che Infinity Land uscì il quattro ottobre 2004. Il trio scozzese stava passando la sua fase creativa più fulgida e, dopo essersi rifugiati in Galles ai Monnow Valley Studios insieme al produttore Chris Sheldon, riuscirono a bissare lo stato di grazia compositivo sperimentato con The Vertigo of Bliss. Il titolo dell’album aveva un’origine alquanto inquietante, essendo ispirato da un libro del serial killer Jeffrey Dahmer come spiegò Simon Neil in un’intervista: “In un suo libro lui parlava del suo posto ideale chiamato “Infinity Land” – la sua idea del paradiso – il che è davvero truce se pensi che era circondato da cadaveri e merda. Tu non sapresti dire di cosa si tratta, suonerebbe quasi come una speranza, ma quando sai a cosa si riferisce è alquanto sinistro. In un certo senso sarebbe un bene che la gente non sapesse a cosa ci riferiamo, così si possono creare il loro significato…potrebbe essere abbastanza ottimista, ma non lo è.”

Il materiale presentato su Infinity Land era senza dubbio più massiccio e oscuro rispetto a quello proposto su The Vertigo of Bliss, ma il livello di sperimentazione rimaneva ineguagliato. I due album erano quasi complementari, parlare di uno significherebbe parlare inevitabilmente anche dell’altro, i cui contenuti furono scritti probabilmente nello stesso periodo e influenzati dai medesimi ascolti di quel particolare momento (tipo The Dismemberment Plan e Sunny Day Real Estate). I Biffy Clyro lasciarono comunque un’impronta peculiare con i loro primi album. Il modo in cui si relazionavano con il post hardcore era del tutto differente da quello dei gruppi che li avevano ispirati. Non si limitava a porre l’accento sui contrasti tra momenti quieti e riff detonanti, ma era barocco e caleidoscopico, spesso imprevedibile. Il sound non era scarno e essenziale, ma si innalzava come un uragano metal composto da molteplici strati. Con una line-up da power trio i Biffy Clyro riuscivano a sostenere un’onda sonora deflagrante, al pari dei Grand Funk Railroad. L’overdrive della chitarra elettrica di Simon Neil era costantemente in saturazione e da sola era sufficiente a coprire la parte ritmica e solista. Il basso e la batteria, affidati ai gemelli Johnston, sostenevano al meglio i momenti in cui la chitarra taceva.

Infinity Land partiva con un minuto di smarrimento: la carica a salve di una electro-dance bolsa e chiassosa apriva a sorpresa il singolo Glitter and Trauma che si caricava di veri proiettili con l’entrata del riff sbilenco e dissonante che accompagnava le strofe, per poi dare spazio a cascate di piombo fuso quando la chitarra entrava in distorsione. Glitter and Trauma tratteggiava già i Biffy Clyro del futuro, quelli dei grandi chorus da arena rock, quelli degli “start and stop”, quelli che strizzavano l’occhio al mainstream. Tra le sponde di Got Wrong, The Kids from Kibble and the Fist of Light e Some Kind of Wizard scorrevano ettolitri di fiumi elettrici, sommerse sotto i quali nuotavano melodie a dir poco contagiose.

Con Strung to Your Ribcage, Wave Upon Wave Upon Wave, My Recovery Injection e, ancora, ballate rock come Only One Word Comes to Mind che si concludevano in modo devastante, i Biffy Clyro sapevano sottolineare i contrasti in maniera efficace, estrema, radicale: Neil esasperava il caratteristico urlo da post hardcore strillando come un gallinaccio, subito dopo poteva seguire una parte intensamente orecchiabile, oppure tutti e tre applicavano tempi dispari a scandire un rock trascinante e coinvolgente. Il più delle volte si trovava tutto impacchettato anche in una sola canzone. Cambi di tonalità e progressioni di accordi inusuali erano utilizzati come una cosa naturale. Nel suo procedere l’album si faceva sempre più complesso fino all’apoteosi di There's No Such Thing as a Jaggy Snake, uno dei tour de force meglio riusciti dei Biffy Clyro. Il pezzo poteva essere considerato il massimo esempio di come il gruppo cambiava tema allo stesso modo di come si ruotano i lati di un cubo di Rubik. Il loro girovagare e saltare tra un cambio e l’altro era come la ricerca del perfetto allineamento che scaturiva nel climax finale quando Neil intonava You're facing a pointless task / and it's the same thing / I will face the task.

I titoli, molto criptici, non avevano significati particolari, ma erano tratti e ispirati dai discorsi personali tra i membri del gruppo. Anche i testi seguivano la linea cupa dell’album, seppur molto liberi ad adattarsi a interpretazioni personali, riflettevano sul lato oscuro della natura umana. Come al solito, tra la stampa, ci fu chi li paragonò ai Nirvana e Neil commentò: “E’ buffo perché eravamo pazzi dei Nirvana quando vennero fuori. Ma non vediamo più collegamenti tra noi e loro. È solo questa influenza subconscia che permea quello che facciamo. Voglio dire, penso che siamo meglio dei Nirvana e che facciamo cose più interessanti di quelle che hanno fatto loro. Comunque i Nirvana sono fottutamente incredibili. I Nirvana e i Pixies hanno popolarizzato la cosa del quiet/loud e oggi non senti una band che non faccia uso di queste dinamiche. Ma non penso che il nostro sound sia molto simile al loro.”

Lo strano e simbolico artwork di Chris Fleming fu realizzato dall’artista in base ai titoli e ai testi delle canzoni che il gruppo gli aveva anticipatamente passato. L’immagine che alla fine finì sulla copertina del CD fu scelta dalla band dopo aver vagliato alcune idee, chiedendo anche spiegazioni sul reale significato allo stesso Fleming che però non lo volle mai rivelare. Infinty Land è stato l’album che chiuse la fase più ispirata e pirotecnica dei Biffy Clyro, sempre se si è disposti ad accettare una dose di sperimentazione nel rock alternativo. Se, al contrario non volete sorprese, i tre album pubblicati dopo questo potranno fare al caso vostro.

Se è vero che qualcuno li ha accusati di essersi venduti allo show business, dall’altro lato si può affermare che i Biffy Clyro è una di quelle poche band che si è meritata il successo conseguito lavorando sodo e si deve ammettere realisticamente che non avrebbero avuto lo stesso impatto una volta proseguiti gli standard prog hardcore di Infinity Land.

lunedì 28 gennaio 2013

BIFFY CLYRO - Opposites (2013)


I Biffy Clyro ce l'hanno fatta. Dopo una dura gavetta sono diventati una delle band alternative più popolari d'Inghilterra. Naturalmente la spietatezza del music bisunness pretende sempre qualcosa in cambio e al trio scozzese ha chiesto di sacrificare buona parte dell'originale mix di post hardcore e prog che era parte essenziale del loro suono. Tra Puzzle (2007) e Only Revolutions (2009) i Biffy Clyro sono diventati una rock band di successo a tutti gli effetti e anche le loro canzoni hanno seguito questo sviluppo. Dai palchi di piccoli live club, il rock anthemico dei Biffy Clyro è arrivato nei grandi stadi proprio grazie a quei ritornelli dai contorni maestosi e quasi barocchi, grazie ad una visione magniloquente che trova un parallelo nel pomp rock americano d'annata.

Per il sesto album in studio, Simon Neil e i fratelli Johnston hanno pensato ad un doppio, come a celebrare il coronamento di una carriera che ha dato tante soddisfazioni. Gli opposti del titolo sono le diverse prospettive di vita che vengono approcciate nei due dischi - che portano anche dei titoli distinti - e che vanno a confluire in una specie di diario personale della band. The Sand at the Core of Our Bones è una ricognizione degli ultimi anni passati in tour, il conseguente stress, il sentirsi estraniati dalla realtà una volta tornati a casa ("There's no such thing as home" canta Simon Neil nell'efficace apertura dal retroguto scozzese di Different People) e il pericolo dello scioglimento dietro l'angolo. The Land at the End of Our Toes racchiude invece una positiva visione del futuro data anche dalla ritrovata armonia nell'isolamento dello studio di registrazione.

Ora che la carriera è decollata e la formula del successo trovata, cosa aspettarsi da un doppio album dei Biffy Clyro? Data la gran libertà che ti offrono 80 e passa minuti, in genere ci si aspetta che una band arrivi a tale scelta per la necessità di esprimere ciò che un solo disco non gli permetterebbe. Ci si aspetta che una band abbia una tale mole di materiale da mettere sul piatto - e quindi una variegata selezione di brani - che giustifichi tale scelta. Invece Opposites non è altro che una serie di brani che sublimano e continuano sulla scia dei loro ultimi successi, prendendo a modello Mountains e That Golden Rule, i singoli-grimaldello che, oltre a sancire la fama dei tre, hanno impartito le direttive per il nuovo "Biffy-style". Che, come si diceva, è un concentrato di arena rock e chorus pomposi che talvolta nascondono velleità orchestrali. Il tutto moltiplicato per due dischi, ma che poteva benissimo essere diluito in un solo album dalla durata più contenuta. E non basta un arsenale di strumenti inusuali per arricchire gli arrangaimenti (cornamuse, campane tubolari, kazoo, mandolino, organo da chiesa), oppure un'orchestrina mariachi con trombe messicane per dare un tocco di esotismo a Spanish Radio.

Una delle migliori canzoni della collezione porta il titolo programmatico di Modern Magic Formula, quasi una metafora del loro metodo di scrittura ormai consolidato. E allora ecco i Biffy Clyro dividersi tra tonnellate di riff elettrici, ma innocui e addomesticati alla stregua di inni da stadio (Stingin' Belle, Sounds Like Balloons), e ballate hard rock strappalacrime (Opposite, Black Chandelier, Biblical) snocciolati a cascata neanche provenissero da una catena di montaggio. Ceduti alla fascinazione dei ritornelli dal respiro epico, che raramente deragliano nell'imprevedibilità, i Biffy più genuini li troviamo su The Joke's on UsA Girl and His Cat, Victory Over the Sun, Woo Woo e nella già citata Modern Magic Formula.

A conti fatti comunque Opposites non è male, carino e piacevole, ma si arriva in fondo con una sensazione di sazietà, una sbornia dalla quale è difficile distinguere un brano da un altro. E' come se i Biffy Clyro avessero deciso di includere nell'album le b-sides che solitamente fanno da corredo ai loro singoli. Opposites, infine, sicuramente non è quel capolavoro che generalmente definisce una carriera, ma è solo un altro passo nella direzione già tracciata con i due precedenti album, meglio di Only Revolutions senza però la capacità di sintesi di Puzzle.



Tracklist:

The Sand At The Core Of Our Bones

1. Different People
2. Sounds Like Balloons
3. Biblical
4. The Joke's On Us
5. Black Chandelier
6. A Girl And His Cat
7. Opposite
8. The Fog
9. Little Hospitals
10.The Thaw

The Land At The End Of Our Toes

1. Stingin' Belle
2. Modern Magic Formula
3. Spanish Radio
4. Victory Over The Sun
5.Pocket
6. Trumpet Or Tap
7. Skylight
8. Accident Without Emergency
9. Woo Woo
10. Picture A Knife Fight

www.biffyclyro.com

lunedì 19 novembre 2012

Biffy Clyro - il nuovo singolo "Black Chandelier"


Dopo il singolo Stingin' Belle, i Biffy Clyro licenziano oggi il secondo brano tratto dal nuovo album Opposites in uscita il 28 gennaio. Il brano Black Chandelier sarà incluso nell'EP omonimo che precederà Opposites e sarà pubblicato il 13 gennaio. Riguardo al brano sembra che per ora non ci siano grosse sorprese riguardo allo stile, in quanto il trio scozzese sta proseguendo la linea di commercializzazione intrapresa da Puzzle e ampiamente abbracciata dal precedente Only Revolutions (2009), album che ha fruttato ai Biffy Clyro il disco di platino.



Tracklist:

1 Black Chandelier
2 The Rain
3 Thundermonster
4 Many of Horror (Live)

http://www.biffyclyro.com/home.htm

martedì 1 maggio 2012

BIFFY CLYRO • "Blackened Sky" - "The Vertigo of Bliss" - "Infinity Land" • DOUBLE VINYL EXPANDED EDITION

Quest'anno i Biffy Clyro festeggiano i 10 anni di attività. Per l'occasione la loro prima etichetta discografica Beggars Banquet ha deciso di ristampare i primi tre lavori del trio scozzese in vinile. L'opera sarà corredata inoltre della varie b-sides incluse nei singoli, il tutto poi rimasterizzato e messo su doppio vinile da 180 grammi colorato.

Si parte naturalmente con Blackened Sky, uscito originariamente nel 2002, e pubblicato all'inizio di aprile. Il doppio vinile è di colore viola e il secondo disco contiene le varie b-sides. Stesso trattamento sarà riservato agli altri due capolavori The Vertigo of Bliss (2003) e Infinity Land (2004), dove i Biffy ragiunsero vette di maturità compositiva ancora ineguagliate da loro stessi. La Beggars Banquet ha dichiarto che gli album usciranno ad una distanza di 6-8 settimane, quindi tra poco dovrebbe essere la volta di The Vertigo of Bliss. Inutile dire che se non avete queste perle dovete assolutamente procurarvele, fosse anche in CD.


Blackened Sky tracklist:

SIDE 1
Joy, Discovery, Invention
27
Justboy
Kill The Old Torture Their Young
The Go-Slow
Christopher’s River
SIDE 2
Convex Concave
57
Hero Management
Solutions Devices
Stress In The Sky
Scary Mary

SIDE 3
Hope For An Angel
Less The Product
Instructio4
Breatheher
Unsubtle

SIDE 4
Being Gabriel
Time As An Imploding Unit / Waiting For Green
All The Way Down Chapter 2
The Houses Of Roofs

http://archive.beggars.com/

giovedì 19 maggio 2011

Biffy Clyro - Revolutions: Live From Wembley DVD (2011)


Anche se non mi entusiasma la recente direzione musicale dei Biffy Clyro, segnalo che il 27 giugno sarà pubblicato il primo DVD live della carriera del trio scozzese. Revolutions: Live From Wembley è la registrazione dello spettacolo tenuto lo scorso 4 dicembre a Londra alla Wembley Arena.

Il DVD avrà il commento della band al concerto e un documentario intitolato Only Reflections, filmato sempre lo scorso anno al T In The Park festival in Scozia. Ci saranno due versioni: quella standard contenente 19 canzoni e quella in doppio CD/DVD che ne conterrà 25.

Standard edition tracklist:

'The Captain'
'Booooom, Blast & Ruin'
'57'
'Bubbles'
'Born on A Horse'
'God and Satan'
'Whorses'
'All The Way Down; Prologue Chapter 1'
'That Golden Rule'
'Living Is A Problem Because Everything Dies'
'Shock Shock'
'Folding Stars'
'Diary of Always'
'Machines'
'Who’s Got A Match?'
'Saturday Superhouse'
'Many of Horror'
'Glitter and Trauma'
'Mountains'

2CD tracklist:

'The Captain'
'Booooom, Blast & Ruin'
'57'
'Bubbles'
'Born on A Horse'
'God and Satan'
'Whorses'
'Joy. Discovery. Invention.'
'All The Way Down; Prologue Chapter 1'
'That Golden Rule'
'Living Is A Problem Because Everything Dies'
'Shock Shock'
'9/15ths'
'Folding Stars'
'Diary of Always'
'Machines'
'Who’s Got A Match?'
'Saturday Superhouse'
'Know Your Quarry'
'There’s No Such Thing As A Jaggy Snake'
'Many of Horror'
'Glitter and Trauma'
'Justboy'
'As Dust Dances'
'Mountains'



P.S. 1'43"...c'è pure Mike Vennart!!!

venerdì 17 settembre 2010

Biffy Clyro - Lonely Revolutions (2010)


I Biffy Clyro hanno reso disponibile esclusivamente tramite il loro sito il CD Lonely Revolutions, raccolta di tutte le b-sides dei singoli tratti dall'album Only Revolutions. In un primo momento l'album era uscito in un'edizione in vinile limitata a 500 copie. Prevedibilmente scomparse in pochissimo tempo, la band ha deciso di pubblicarne una versione in CD. Sarà strano ma personalmente preferisco queste b-sides ai pezzi presenti sull'ultimo album dei Biffy Clyro.
Alcune di queste canzoni le potete ascoltare qui, qui e qui.

Tracklist:

01. Little Soldiers [02:46]
02. Paper Friend [04:06]
03. Robbery [01:54]
04. Prey Hey [03:12]
05. Eye Lids [03:31]
06. Time Jazz [02:50]
07. Help Me Be Captain [04:52]
08. Once An Empire [02:41]
09. Party On [03:04]
10. Toot Toot Toot [04:14]
11. Lonley Revolutions [02:30]
12. Creative Burns [02:32]
13. Sad Sad Songs [02:55]
14. Hiya [03:20]
15. Street Love [02:47]
16. Hawkwind [03:00]
17. 10 Bodies [02:23]
18. 51 Trumpets [02:46]


www.biffyclyro.com

giovedì 5 novembre 2009

BIFFY CLYRO - Only Revolutions (2009)



Nella moltitudine di uscite di quest'anno è difficile dire se ci siano più delusioni che conferme, ma Only Revolutions ricade sicuramente nella prima categoria. L'EP That Golden Rule mi aveva fatto ben sperare, dato che conteneva dei discreti inediti, però il successivo singolo The Captain aveva raffreddato le mie aspettative: una canzone davvero inutile e brutta, concepita a mo' di cantilena piratesca che finisce per essere più farsa che epica.

La cosa triste è che The Captain apre Only Revolutions e, se i Biffy Clyro non hanno trovato niente di meglio come traino inaugurale al loro nuovo CD, si possono trarre conclusioni scontate anche se non si ascolta l'album. Per la cronaca io l'album l'ho ascoltato, nonostante sapessi già che mi avrebbe deluso, cosa che puntualmente è avvenuta. Non so come spiegarlo, ma dopo anni e anni passati ad ascoltare musica, queste "sensazioni preventive" possono capitare.

La puzza di bruciato si intuiva anche dal fatto che il gruppo ha deciso di inserire in scaletta Mountains, singolo uscito ormai più di un anno fa (agosto 2008 per essere precisi), che potevano benissimo trattare come un episodio isolato. Insomma, perché questa riproposizione? Poco materiale a disposizione a causa di un'ispirazione sempre più latitante?

E meno male che questo lavoro doveva contenere i riff più duri della band, oltre che essere annunciato come un ritorno ai fasti di The Vertigo of Bliss e Infinity Land. A me sembra invece ancora più mainstream di Puzzle che, nella sua semplicità, era molto meglio di questa raccolta di pseudo punk-pop-songs. L'unico brano abbastanza pesante è stato proprio il singolo apripista That Golden Rule (utilizzato come specchietto per le allodole?), anche se, alla luce dei fatti, il vero primo singolo andava considerato l'hard pop ruffiano di Mountains.

Praticamente quell'inventiva che animava i due album citati in precedenza è completamente scomparsa e qui si trovano canzoni al massimo modeste, come Bubbles e Whorses. I ritornelli sono tutti uguali, l'uso dell'orchestra è ridondante e pomposo e le nuove ballad God & Satan, Know Your Quarry e Many of Horror sono veramente leziose. E Born on a Horse che roba è? Sembra un incrocio tra uno scarto dei Marmaduke Duke e dance avariata (che già è avariata di suo).

Nel tour di promozione di Puzzle, nella primavera del 2007, i Biffy Clyro passarono anche dall'Italia, aprendo i concerti dei Bloc Party. Andai a vederli all'Estargon di Bologna e penso di essere stato uno dei pochi presenti quella sera ad essere lì per il gruppo di supporto anziché per l'attrazione principale. Parlando con alcuni presenti che si apprestavano ad entrare, quando spiegavo loro che ero lì per i Biffy Clyro, gli sguardi che ricevevo avevano un'espressione tra lo stupito e tra l'interrogativo tipo: "...e chi cacchio sono?". Mi resi conto infatti dopo che a conoscere le canzoni dei Biffy saremo stati tre o quattro (me compreso). Ho riportato questo aneddoto perchè credo non siano in molti in Italia a conoscere il trio scozzese. Quindi se non li avete mai ascoltati e siete curiosi vi do un consiglio: in questo momento Only Revolutions è in streaming nella pagina MySpace della band. Bene, non perdeteci tempo e ascoltatevi invece The Vertigo of Bliss.

martedì 18 agosto 2009

BIFFY CLYRO - That Golden Rule (single)


Il singolo That Golden Rule - in uscita il 23 agosto - anticipa il nuovo album dei Biffy Clyro intitolato Only Revolutions che uscirà il 26 ottobre. That Gloden Rule sarà pubblicato sia su CD singolo che su vinile 7" (normale e picture disc) ognuno dei quali conterrà una differente b-side (in tutto sono 3) ma, se non siete collezionisti e non volete sprecare soldi nei vari formati, l'unico modo per avere tutte le b-sides è scaricarle da iTunes anche se per ora sono disponibili solo nello store inglese.

Only Revolutions, a detta della band, dovrebbe sancire un ritorno al classico suono Biffy dei capolavori The Vertigo of Bliss e Infinity Land. Ascoltando le quattro nuove canzoni (per la cronaca: veramente valide), ci si rende conto che il gruppo è arrivato ad un compromesso tra il percorso più commerciale di Puzzle e il passato.

That Golden Rule - l'inizio è veramente uno dei pezzi più aggressivi e pesanti nel repertorio Biffy, poi nel ritornello si calma e finisce con un bombardamento di archi come una sorta di punk-metal-orchestra.

Prey Hey - grandissimo pezzo! Se lo hanno scelto come b-side non oso pensare quali vette toccheranno le canzoni di Only Revolutions. Prey Hey rappresenta la quintessenza tra i nuovi e i vecchi (che brutta espressione!) Biffy Clyro.

Eye Lids - carino...mi ricorda qualcosa del periodo Infinity Land.

Time Jazz - anche questo molto piacevole e rilassato, con un riff arpeggiato e accordi inusuali.


giovedì 9 luglio 2009

I Biffy Clyro hanno lanciato ufficialmente il loro nuovo singolo - intitolato That Golden Rule - trasmesso ieri sera nel programma radifonico di Zane Lowe sulla BBC1.

Se siete curiosi una versione circola già su internet o potete ascoltare una preview della canzone nella pagina MySpace dei Biffy Clyro.

La data di uscita è stata fissata per il 23 agosto e sarà l'antipasto del nuovo album che uscirà forse in ottobre o comunque entro la fine dell'anno.

martedì 2 dicembre 2008

Prog Beyoncé

No, il titolo di questo post non è un ossimoro, ma si lega all'articolo pubblicato ieri.
Sul blog MySpace dei Facing New York l'ultimo bollettino del gruppo invita a guardarsi l'esibizione di Beyoncé fatta qualche settimana fa al Saturday Night Live.
Premesso che non amo questo genere di musica (usando un eufemismo), vi spiego perché sono andato a vedere questa cosa. Per pura coincidenza sto leggendo in questo periodo Hip-hop-rock del venerabile Simon Reynolds e, se un giornalista come lui si interessa a questa musica, forse qualcosa sotto ci sarà...e ora mi ritrovo con i FNY che consigliano questo video (il link lo trovate alla fine del post).
Fatto sta che ho cominciato a saperne di più sull'argomento e, dato che è sempre bene non avere pregiudizi, mi sono incuriosito e sono andato a vederlo. Anche perchè i FNY nel loro post ne parlano con toni entusiastici: un'esibizione con tanto di due batterie, chitarra elettrica e coriste da capogiro. Frederic e soci si soffermano poi sulla progressione armonica jazzy del bridge, davvero notevole, ma niente che pure un bianco come Todd Rundgren non abbia già fatto 20 anni fa.
Comunque la visione mi ha portato a delle considerazioni di carattere estetico.

1 - Guardate cosa succede quando ad una performer come Beyoncé si mette alle spalle una band coi controfiocchi (e, per inciso, sono tutte donne - Prince docet): un deliro da far invidia ad un gruppo rock. Le coriste da sole sono in grado di reggere tutta la canzone, Beyoncé ne canterà il 30%, essendo impegnata per lo più a dimenare le chiappe, e alla fine si prende lei tutti i meriti. Ho capito che è lei la star, ma con una band così non è difficile venire osannati!
Uno smacco alla centralità del gruppo viene dato però da un'altra esibizione (quella agli AMA '08) dove la band rimane scandalosamente per quasi tutto il tempo nascosta nell'oscurità, relegata in fondo al palco. Ora, non so se sia più preoccupante questo o che un tipino come Terius Nash alias The-Dream (che annuncia Beyoncé agli AMA) sia co-autore e co-produttore del pezzo (responsabile, nel senso negativo del termine, anche del successo di Umbrella*).

* Un'altra curiosa coincidenza: gli ottimi rocker alternativi Biffy Clyro hanno proposto qualche tempo fa una cover acustica della canzone di Rihanna....chissà come diavolo gli è venuto in mente?!

2 - Il pezzo in questione, Single Ladies, non ha lo stesso impatto se ascoltate la versione studio. Beyoncè ne ripropone dal vivo una variante più rockettara. Mi sono chiesto perchè sia stata presa una decisione del genere: soffocare un arrangiamento di gran lunga migliore. E qui vengono a galla i limiti della musica commerciale. E' come la filosofia dei musicisti tecnicamente preparati che per vivere devono scendere a compromessi e poi dal vivo si scatenano. Come dire "Ok diamo alla gente ciò che vuole e registriamo questa merda...ma in concerto faccio quello che voglio!"

3 - La performance prova comunque il livello di professionalità dei musicisti americani dove anche un pezzo dance o R&B (chiamatelo come volete) può essere trasformato in qualcosa di valore. Non so se in Italia qualcuno potrebbe fare altrettanto fermi come siamo alla cultura dei pseudo reality danzereccio-teatrali trash.
Qui siamo in America e si fa sul serio.




AMA '08