Lo scorso 8 gennaio si è tenuto ad Anheim il Kill Iconic Fest sul quale vale la pena soffermarsi un attimo per la particolare line-up che ha portato in scena una sintesi indicativa della piega che ha preso una frangia appartenente al progressive hardcore. Innanzi tutto, come nasce il Kill Iconic Fest? Il festival è stato l'emanazione della Kill Iconic Records, etichetta fondata e gestita a partire dal gennaio 2021 (inizialmente sotto forma di magazine) da Donovan Melero degli Hail the Sun e il manager Sinjin Ayat con lo scopo di promuovere la scena alternativa post hardcore americana, mettendo finora sotto contratto le band Satyr, Gold Necklace, VIS e altri. Andando ad ascoltare la musica di questi artisti si capisce che il confine con altri stili musicali è molto labile, partendo dall'estremo experimental post hardcore dei Satyr fino ad arrivare al math pop infuso di R&B dei Gold Necklace.
Il Kill Iconic Fest non ha fatto altro che estendere tale concetto andando a mettere assieme artisti provenienti da altre etichette, ma tutti collegati ad un passato comune all'interno dell'universo progressive hardcore. Il billboard stesso del festival posiziona i nomi dei protagonisti quasi in modo evolutivo, un'esplicativa sintesi dello sviluppo in versatilità che, dal primario post hardcore, ha portato il pop mainstream a contaminarsi con forme math rock, R&B, dance e persino hip hop.
Partendo in primis dai redivivi e leggendari The Sound of Animals Fighting, formati da membri di RX Bandits, Chiodos e Circa Survive, tornati insieme da poco con l'EP Apeshit e che fecero della loro imprevedibile e audace connessione tra generi sperimentali un fine artistico.
Poi si passa ai The Fall of Troy, storico gruppo che quest'anno celebrerà in tour i venti anni del primo omonimo album e la cui influenza seminale per la nascita e sviluppo del prog hardcore non è mai troppo ricordata. Un disco come Doppelgänger nel 2005 era già molto avanti a ciò che si ascoltava in quel periodo in ambito post hardcore.
I successivi Hail the Sun sono stati proprio tra i beneficiari delle influenze di The Fall of Troy, Circa Survive e Coheed and Cambria e, con il progressivo cambio di traiettoria di queste band, sono diventati un punto di riferimento per chi ricerca un metaforico "fermo immagine sonoro" del caratteristico sound math hardcore.
Tra il ritorno di altre due storiche firme come Sparta e Scary Kids Scaring Kids si passa al math rock degli Strawberry Girls e alle nuove leve Body Thief, che si ispirano ai Circa Survive, e al pop multicolorato di Andrés che include i più disparati crossover stilistici. E infine, tra le cose che sembrano allontanarsi di più da tutto ciò che le hanno precedute, ci sono i Glod Necklace guidati in realtà da tre veterani del math post hardcore come il cantante Kurt Travis che ha militato nei Dance Gavin Dance e negli A Lot Like Birds, il chitarrista Brendon Ewing dei Chon e il batterista Joseph Arrington anch'egli ex A Lot Like Birds. Infine una menzione d'obbligo va a colui che fondò questa band, Michael Franzino, il quale è invece presente con la sua ultima creatura, i Moxy the Band (il loro primo album Dream Feeling è uno degli highlight del 2022), trio synthpop messo insieme con la sua ragazza Amber De La Rosa alla voce e che suonano quanto di più lontano al progressive post hardcore, a riprova della versatilità e dell'evoluzione che ha subito il genere.
C'era una volta (2002) una band chiamata The 30 Years War la quale durò lo spazio di un solo EP dal titolo Martyrs Among The Casualties. Da quel gruppo formato da quattro ragazzini di una scuola superiore di Mukilteo, Washington sorsero poco dopo i The Fall of Troy e il resto è cosa nota, visto che con i loro primi tre album in studio furono tra i precursori del post hardcore più spericolato e sperimentale.
Dopo essersi sciolti e tornati insieme, nel 2016 i The Fall of Troy Thomas Era, Tim Ward e Andrew Forsman
hanno iniziato a pubblicare nuova musica con OK, ma Mukiltearth appena realizzato è qualcosa di leggermente differente. L'album torna indietro agli albori del trio e riporta la registrazione ex novo di sei tracce tratte dall'EP dei The 30 Years War con in più l'aggiunta di quattro nuovi brani. Nonostante il gigantesco spazio che separa la genesi del contenuto, Mukiltearth appare estremamente coerente a livello temporale, presentandosi selvaggio ed elaborato come solo i Tha Fall of Troy hanno saputo e sanno essere.
I The Fall of Troy sono stati tra i pionieri del mathcore progressivo, pubblicando quattro album tra il 2003 e il 2009. I tre membri, dopo l'abbandono e la sostituzione del bassista storico Tim Smith con Frank Ene, durò tre anni, finché nel 2010 decisero di comune accordo di sciogliersi. Il leader Thomas Erak formò per un breve periodo i Just Like Vinyl ed entrò in seguito a far parte dei Chiodos. Alla fine del 2013, a sorpresa, i The Fall of Troy si riunirono nel trio originale di Erak/Smith/Forsman per suonare alcuni concerti. Da quel momento la band ha continuato la propria avventura con altri concerti e l'annuncio del quinto album, semplicemente intitolato OK, che viene pubblicato oggi in modo gratuito tramite il sito ufficiale della band (che comunque ha lasciato l'opzione di poterlo comprare sia in versione fisica che digitale).
Dalla sua ruvidezza, essenzialità e durata (poco più di mezz'ora, quindi anche meno di Phantom on the Horizon che viene considerato un EP), OK dà proprio l'idea dell'album nato velocemente sull'onda dell'entusiasmo della reunion e dell'affetto mostrato dai fans nei confronti della band. In termini musicali OK non aggiunge molto a quanto già fatto in passato dalla band di Seattle, anzi, proprio per questo suo "ritorno alle basi" appare molto meno strutturato dei vecchi classici Doppelgänger e Manipulator. Come sempre, si susseguono le parti frenetiche di chitarra di Erak, che si destreggiano tra "harsh vocals" e linee melodiche da pop punk, ma i brani che ne escono sono spigolosi e diretti come una versione primordiale dei The Fall of Troy, uno stile che troppe band hanno abbracciato ultimamente. E il fatto che si vadano ad allineare sullo stesso piano dei loro discepoli fa guardare ad OK come ad un lavoro di passaggio, o comunque minore.
Esattamente 16 anni fa, il 7 marzo 2000, veniva pubblicato
negli Stati Uniti il romanzo d’esordio di Mark Z. Danielewski, Houseof Leaves.
Precedentemente comparso a episodi e incompleto su Internet, il libro non era quello
che si definisce una lettura convenzionale. Esso presentava vari piani
narrativi contraddistinti da caratteri tipografici differenti, impaginato con
una grafica unica che poteva contenerein
modo contrastante poche righe, fitte note, una sola parola, frasi scritte
obliquamente, capovolte o da leggere necessariamente con l’utilizzo di uno
specchio. Questi espedienti non erano gratuiti, ma funzionali alla storia al fine di immergere ancora di più il lettore nell'atmosfera del
libro che si apprestava a diventare un caposaldo della letteratura ergodica
(termine coniato dallo studioso norvegese Espen J. Aarseth nel suo testo Cybertext: Perspectives on Ergodic Literature)
che sta a significare un apporto attivo da parte del lettore, uno sforzo
affinché la lettura non si esaurisca solo in maniera passiva.
Immediatamente House of Leaves colse l’immaginario di molti
giovani, diventando un romanzo di culto che non era difficile trovare tra le
scrivanie dei dormitori universitari. Forse era inevitabile che questo libro
dalla struttura così particolare e richiami ai viaggi ultradimensionali che
possono trovare una metafora nell’uso di allucinogeni, andasse ad influenzare
una parte della musica sperimentale di quel periodo. Il caso ha voluto che, tra
i vari generi, quello che ne ha beneficiato di più è stato proprio il prog hardcore, trovando estimatori che non hanno fatto mistero della loro ammirazione per
l’opera di Danielewski tra i quali contiamo Colin Frangicetto e Anthony Green (Circa
Survive), Thomas Erak (The Fall of Troy) e Simon Neil (Biffy Clyro). In Italia
purtroppo Casa di Foglie ha avuto una sola edizione nel 2005 per la collana
Strade Blu di Mondadori, oggi fuori catalogo e introvabile se non a prezzi
esorbitanti. Nel 2013 la casa editrice Beat commissionò una nuova traduzione
annunciando un’imminente ristampa, progetto che poi fu definitivamente accantonato.
IL LIBRO
Come si diceva, la trama di House of Leaves si dipana su tre
livelli che legano i destini degli altrettanti protagonisti ad una misteriosa
casa che diventerà il centro delle loro ossessioni. Il personaggio che funge da
narratore e collegamento è Johnny Truant, un giovane di Los Angeles
dall’infanzia difficile che lavora come apprendista tatuatore e conduce una vita piuttosto
dissipata con l'amico Lude tra droghe, avventure sessuali occasionali, l’amore per una
spogliarellista e varie paranoie. I fatti che seguiranno, con il ritrovamento
di un manoscritto all’interno dell’appartamento nel quale si è appena
trasferito, non faranno che amplificarne i deliri. L’altro personaggio chiave è Zampanò,
il precedente inquilino (cieco) appena deceduto che aveva condotto e redatto un puntiglioso
studio sul film-documentario The Navidson Record, un terrificante reportage
sulla casa in questione che ha avuto un successo di culto ed è diventato
un fenomeno socio-culturale. Quello che noi leggiamo non è altro che lo scritto di
Zampanòmesso in ordine da Truant che lo
intervalla con note autobiografiche, aggiunte, correzioni e materiale tratto da
opinioni e molteplici teorie sul film di altri registi, psicologi, filosofi e
studiosi vari. Nella dissertazione di Zampanò scopriamo che The Navidson Record
è stato altresì oggetto dei più minuziosi e dettagliati studi in qualsiasi
campo accademico e culturale. Come l’ossessione per la casa risucchierà la vita
di Truant in un incubo, già dall’introduzione egli ci anticipa che il tutto
potrebbe essere frutto della follia di Zampanò perché niente di ciò che è stato
scritto sembra avere riscontri nella realtà: nessuna traccia del film o dei
numerosi volumi con articoli ad esso dedicati e i personaggi famosi citati
all’interno di Houseof Leaves, interpellati da Truant, non hanno mai
sentito parlare di Zampanò o di Will Navidson.
La parte più agghiacciante è naturalmente quella dedicata
alla descrizione del documentario The Navidson Record. Will Navidson, un
fotoreporter premio Pulitzer sposato con l’affascinante ex modella Karen Green,
si trasferisce con lei e i due figli in Virginia in un’isolata casa in Ash Tree
Lane. All'inizio assistiamo alla tranquilla vita bucolica dei Navidson con Will che ha deciso di riprendere spaccati di vita familiare piazzando le sue videocamere nella casa, anche con l'intento di riallacciare il rapporto un po' in crisi con Karen a causa della sua continuata assenza per gli spostamenti di lavoro. Ma la pacifica nuova vita che la famiglia aveva pianificato viene ben presto interrotta da un fatto imprevisto dal carattere sovrannaturale.
Tornati da un viaggio a Seattle, i Navidson scoprono che la casa non è più la stessa ed ha
subìto dei cambiamenti interni con la comparsa di una porta, prima inesistente, al piano superiore nella stanza da letto principale "che però non dà sulla stanza dei bambini, bensì su uno spazio che somiglia a una cabina armadio". Inoltre, alcuni successivi rilievi condotti da Navidson svelano che le
misure esterne della casa non coincidono con quelle interne che risultano più ampie. Dopo
aver notato altre modifiche, Navidson continua a documentare il tutto con la sua videocamera, scoprendo all’interno della casa lunghi corridoi, interminabili scalinate
a spirale in continua trasformazione e smisurate sale con il comune
denominatore di sembrare ambienti anonimi, ma infiniti, molto freddi, bui e
caratterizzati da un silenzio angosciante. L'unico rumore
distinto percepito nelle varie esplorazioni fatte da Navidson è un sinistro
ringhio di un non ben precisato animale che proviene dall'ignota oscurità dei
labirintici luoghi. Ovviamente la famiglia è impaurita e Navidson decide
di coinvolgere nella sua ricerca per capire cosa stia succedendo anche altre persone tra
cui il fratello Tom, l’esperto esploratore Holloway Roberts e altri tre
compagni tra cui un ingegnere amico di Will, Billy Reston, rimasto paralizzato
dopo un incidente di lavoro in India.
La prosa di Danielewski è implacabile nel non
rivelare, ma solo suggerire quanto basta per terrorizzarci.La casa per questo non
è una metafora della paura irrazionale di ciò che non conosciamo o del mistero
dell'aldilà, ma qualcosa di più profondamente legato all'inconscio collettivo
che trova nell’oscurità viva e pulsante -capace di assorbire e consumare qualsiasi fonte di luce, calore e energia - un
parallelismo nei buchi neri. Ecco quindi che la costante percezione di vuoto
cosmico che provano i poveri esploratori al suo interno, girovagando intere
settimane senza sapere cosa li aspetta o se riusciranno ad uscire, è
magistralmente trasmessa da Danielewski accendendo in noi l'inedita sensazione
di essere risucchiati in una dimensione di non-esistenza, un non-luogo dove nessuno sembra mai aver messo
piede: praticamente il contrario stesso della vita.
LA MUSICA
Come un buon album
progressive va riascoltato più volte per essere apprezzato fino in fondo, anche Casadi Foglie necessiterebbe almeno di una seconda lettura per comprenderne la
complessa costruzione che lo permea. Non è un caso che per il
mio libro, Altprogcore - dal post hardcore al post prog, abbia scelto come data di uscita il 7 marzo dello scorso
anno, per omaggiare di proposito il quindicesimo anniversario diCasa di Foglie e l'ispirazione che ha trasmesso
al prog hardcore. Nel mio libro si accenna anche a questi particolari, ma vediamo nel dettaglio quali sono queste citazioni:
Juturna, il primo album dei Circa Survive
pubblicato nel 2005, conta come influenza primaria il film Eternal Sunshine of
the Spotless Mind (non scriverò mai lo stupido titolo italiano), ma la hidden
track, che nel CD inizia quasi nove minuti di silenzio dopo la fine ufficiale dell'album, prende proprio
il titolo di House of Leaves con il testo scritto in base al punto di
vista di Johnny Truant.
L'influsso di Danielewski nel gruppo di Anthony Green è proseguito più avanti nell’immagine che richiama visivamente la sinistra e malvagia essenza della casa per accompagnare il singolo b-side The Most Dangerous Commercials del 2008 e creata da Esao Andrews, il pittore che collabora fin dagli esordi con i Circa Survive.
La follia che coglie i personaggi in questi anditi oscuri e gelidi si staglia tra le note della musica mathcore dei The Fall of Troy che in Doppelgänger, sempre nel 2005, dedicano più di un brano al romanzo di Danielewski. Ma, se si eccettuano i titoli, a differenza dei Circa Survive i testi di Thomas Erak si prestano a interpretazioni molto più libere, forse anche dissociate dai temi del libro. Tom Waits non è tanto un gioco di citazioni tra il trio di Seattle e il cantautore che nel suo repertorio ha proprio una canzone dal titolo The Fall of Troy, ma esattamente vuole riferirsi ad un capitolo ben preciso del libro quando Navidson, insieme a Reston, si avventura nella ricerca della squadra di Holloway dispersa tra i labirinti della casa, lasciando Tom da solo ad aspettare
(appunto), accampato per tre giorni nella grande sala (o terra di nessuno) e comunicando via radio.
Di Holloway verrà ritrovato solo un confuso nastro registrato che testimonia la sua tragica fine,
anticipata da un crollo nervoso che lo porterà alla paranoia. Il caso vuole che nelle pagine del
manoscritto dedicate al "nastro di Holloway" sia caduta “una specie di cenere, che
in qualche punto ha lasciato dei forellini, in altri ha eroso grossi brani del
testo.” È per questo che Truant trascrive e sostituisce le parti mancanti con
le parentesi quadre [ ], tanto che quella sezione viene ribattezzata The Hol[]y
Tape, titolo poi preso in prestito dai The Fall of Troy per un altro brano.
Terzo e ultimo tributo dei The Fall of Troy al libro di Danielewsky viene dall’esplicito titolo “You
Got a Death Wish Johnny Truant?”. Nelle sue logorroiche e verbose note personali, Truant racconta spaccati della propria vita del tutto disgiunti da The Navidson Record e questa è una frase rivolta a lui, il che spiega l'uso delle virgolette.
Era quasi logico che il fascino dell’immaginario e claustrofobico documentario creato da Danielewski influenzasse
il mondo musicale, creando poi i presupposti per un’altra relazione. Il
frontman dei Biffy Clyro, Simon Neil, che è un altro appassionato di Casa di Foglie,
prese in prestito il titolo del secondo romanzo di Danielewski, Only
Revolutions (mai tradotto in Italia), per nominare il quinto album in studio della sua band.
Lontano dal prog hardcore c’è comunque da
ricordare che, quasi in concomitanza con il libro, la sorella di Danielewski,
che non è altro che la cantautrice Poe, pubblicò il suo secondo album Haunted pensato e composto come un commento musicale al libro del fratello.
Durante il festival South by Southwest (SXSW) che tutti gli anni si tiene ad Austin (Texas), tra i tanti concerti e showcase, c'è stato quello allestito e organizzato da Audiotree che, tra gli altri, ha visto l'unione di Thomas Erak (frontman e leader dei The Fall of Troy) con il quartetto strumentale CHON che ha da poco pubblicato il primo album Grow e che è anche stato il protagonista di uno showcase personale. Audiotree ha da poco pubblicato i video di queste performance. Enjoy!
Se i The Fall of Troy si fossero dati una calmata avrebbero potuto essere una delle migliori band di progressive punk in circolazione, ma con In the Unlekely Event firmano il loro album più contraddittorio e meno equilibrato. La band di Thomas Erak, in lavori impetuosi come Doppelganger (2005) e Manipulator (2007), ha da sempre voluto fondere l'hardcore più estremo - sia in termini tecnici sia in termini estetici - tra urla belluine e ritmiche intricate, con un emocore più melodico e pure intelligente.
Ecco, abituati alle loro brillanti scorribande, brani banali come Panic Attack!, Webs, People and Their Life o Empty the Clip, the King Has Been Slain, Long Live the Queen! risultano quanto meno piatti e noiosi. A proposito di equilibrio, su In the Unlikely Event, esso latita e viene a mancare e tutto diviene più netto. Che cosa sono Nobody's Perfect e Single se non due punk pop songs (anche se la prima a metà muta in un macello psicotico-sonoro) mascherate da alternative di tendenza?
Se prima le notevoli intuizioni melodico/formali e la follia potevano convivere nella stessa canzone, ora i generi si separano, creando un percorso ancor più eterogeneo. I generi fusi non sono troppo distanti ma, posti sullo stesso piano e stavolta ben divisi, appaiono antitetici e mostrano i loro limiti: troppo hardcore per piacere a coloro che ascoltano emo o punk pop e troppo alternative patinato per convincere i punkcore. Gli unici brani che mantengono un discreto atteggiamento sperimentale sono Battleship Graveyard e Walk of Fame;tutto il resto è molto inferiore a ciò che finora ha prodotto il power trio.
Quei pazzi scatenati dei The Fall of Troy realizzeranno il nuovo album, dal titolo In the Unlikely Event, il 6 ottobre. Per chi volesse un primo assaggio dell'album prodotto da Terry Date (Soundgarden, Deftones), iscrivendosi alla mailing list tramite il sito della band (www.thefalloftroy.com), da giovedì 27 agosto sarà possibile scaricare gratuitamente un brano tratto dal CD.
Dal 28 aprile sarà disponibile la versione in vinile dell'album Phantom on the Horizon dei The Fall of Troy, in una edizione limitata di 1000 copie in colore arancione e con differente artwork. Del CD ho già parlato su questo post e sarà acquistabile presso il negozio on-line della band.
Ad un ascolto superficiale i The Fall of Troy potrebbero sembrare un gruppo di pazzi scatenati in preda ad una follia distruttiva, ma ascoltando più attentamente si rimane a bocca aperta per quanto questi tre ragazzi provenienti dallo stato di Washington ci sappiano fare. Proprio così, Thomas Erak (chitarra, voce, tastiere), Andrew Forsman (batteria) e Frank Black (basso, voce (e non si tratta di quello dei Pixies)), pur essendo solo in tre, riescono a creare un'apocalisse sonora dedita ad iper-tecnicismi progressivi, applicata ad un pesantissimo punk metal spaziale in stile Voivod. I paragoni si estendono senza alcun dubbio anche a The Mars Volta e ai Coheed & Cambria.
Inutile sottolineare che i pezzi sono dominati da ritmiche convulse e involute, accelerazioni e decelerazioni chitarristiche, sconvolgimenti tematici e utilizzo estremo della voce. Phantom on the Horizon è forse il lavoro più ambizioso della band dato che si tratta di un'unica suite (della durata di 37 minuti), divisa in cinque movimenti, che incanala tutte le caratteristiche prima citate in un sontuoso progressive hardcore portato all'eccesso. L'album (una versione riveduta e corretta dell'EP Gostship risalente al 2004) è uscito alla fine di novembre in un'edizione limitata di 3.300 copie e, una volta terminate, è stato reso disponibile esclusivamente in download sotto forma digitale.
Chapter I: Introverting Dimensions si apre con una lunga introduzione di chitarra elettrica molto acida e psichedelica. Appena inizia il canto siamo catapultati nelle frenetiche e convulse sonorità della band, mentre prende forma il racconto di un galeone spagnolo che incontra una nave fantasma proveniente da un'altra dimensione. Nei folli undici minuti accade di tutto: vortici elettrici, urla lancinanti e digressioni lisergiche. Chapter II: A Strange Conversation è come un brano dei The Mars Volta in versione psicopatica, ma suonato con una perizia che un malato di mente non potrebbe possedere. Qualche riferimento ai King Crimson è lecito nei fraseggi di Erak, ma le detonazioni ritmiche ed elettriche citano la band di Rodriguez-Lopez.
Chapter III: Nostalgic Mannerisms abbina i collaudati assalti sonori del gruppo ad una parte quasi melodica che puntualmente si scontra contro un muro di rumorismi e riff epilettici.
Su Chapter IV: Enter the Black Demon il trio si diverte a devastare con una spietatezza unica e rigurgiti grindcore quasi insostenibili un brano frastornante e schizofrenico, trasformandolo in un numero assolutamente geniale. Speed progressive punk (wow!). Chapter V: The Walls Bled Lust è probabilmente la parte che meglio rappresenta la band, sempre in bilico tra un punk progressive molto veloce e virtuoso e aggressioni disumane. Calibrare questi due umori sonori è la specialità dei The Fall of Troy e il più delle volte si rimane spiazzati di fronte ad una tale potenza di fuoco.
Musica cervellotica, imprevedibile, debordante, incontrollabile e totalmente schizzata...cosa chiedere di più?