giovedì 27 agosto 2015

Skyharbor - Out of Time (single, 2015)

 
Se avete seguito le ultime vicende degli Skyharbor probabilmente saprete che il cantante Daniel Tompkins non fa più parte della band, essendosi dedicato (di nuovo) ai TesseracT (il cui terzo album Polaris è in uscita il 18 settembre). In sua vece è arrivato Eric Emery con il quale gli Skyharbor si sono subito affrettati a registrare qualcosa di inedito per dare un'idea di quello che ci aspetta. Così, con largo anticipo sul nuovo album previsto per il 2016, gli Skyharbor pubblicano oggi il singolo Out of Time. Per quello che si può sentire qui e nel video di presentazione di Emery, sembra che la band non abbia subito alcun contraccolpo, anzi, il brano persegue con ancor più consistenza, incisività e potenza il percorso di Guiding Lights.

lunedì 17 agosto 2015

Given Names: il nuovo progetto di David Raymond (Hidden Hospitals)


David Raymond, ex frontman dei Damiera e attualmente negli Hidden Hospitals, ha avviato un nuovo progetto musicale dal nome Given Names in coppia con Jeremy Perez-Cruz già esperto di grafica e design, oltre che musicista nelle band The Still Voice e Sleeping Girl Drowning. Con i Given Names i due lasciano da parte il math rock e si cimentano in una musica molto minimale dominata da toni dark ed elettronici, ma non per questo meno incline ad accattivarsi un pubblico trasversale a cui possa piacere il rock alternativo e il minimal pop.

Il primo EP dei Given Names è in uscita l'8 settembre e per il suo lancio è stato creato un video abbastanza disturbante per il singolo Razor Wire.



 www.givennam.es

venerdì 14 agosto 2015

Dead Letter Circus - Aesthesis (2015)

 
Oggi viene pubblicato il terzo album in studio degli australiani Dead Letter Circus dal titolo Aesthesis. Avendo perso dal secondo album quel tocco progressive alternativo, non ero particolarmente eccitato dalla notizia di un nuovo lavoro. In effetti, Aesthesis non si discosta molto da The Catalyst Fire e anzi, semplifica ancora di più le cose, abbracciando definitivamente un alternative rock ad effetto, ma più che godibile e, fortunatamente, meglio di quello che mi aspettavo, con momenti di sicuro impatto come The Lie We Live, TheBurning Number e Show Me. A conti fatti Aesthesis è stato davvero una sorpresa con brani che diventano sempre più coinvolgenti mano a mano che l'album scorre. Insomma, non è l'hard prog contorto simile a quello proposto da Karnivool e Cog, ma un potente e diretto heavy rock dal retrogusto psych che si ascolta con piacere.



http://deadlettercircus.com/

martedì 11 agosto 2015

British Theatre - Cross The Swords (single, 2015)

 
Come anticipato dalla nostra intervista a Mike Vennart lo scorso giugno, i British Theatre, band che Vennart condivide con l'altro ex Oceansize Richard Ingram, stanno per tornare e questa volta in cantiere non c'è un terzo EP, ma un album vero e proprio, il primo dei British Theatre. Per ora la data di uscita ufficiale non è stata resa nota, ma sembra probabile che l'album possa essere realizzato entro l'anno, seguendo a pochissimo tempo di distanza l'esordio solista di Vennart con The Demon Joke.

Il primo singolo ad essere reso noto attraverso Bandcamp è la seguente Cross The Swords un upbeat electro rock molto orecchiabile e contorto che, proprio come ci diceva Vennart, cambia il livello di prospettiva stilistico dei British Theatre, dando risalto a suoni sintetici e algidi, ma come sempre non privi di sperimentazione e sorprese. Attendiamo con impazienza dell'altro.

venerdì 7 agosto 2015

Gatherer - Heavy Hail (2015)


Nati dalle ceneri della post hardcore band This City Sunrise, i Gatherer, neozelandesi di origine e australiani d'adozione, comparvero nei nostri radar nel 2011 con il singolo Regular Frontiers, all'epoca molto apprezzato, poi l'anno successivo smorzarono leggermente l'entusiasmo con l'esordio So Be It, ancora non abbastanza maturo e con idee che volevano confrontarsi con dispersione in un hardcore post moderno. Da quel momento l'interesse si affievolisce e quasi ci scordiamo di loro. Poi, improvvisamente, ecco che quest'anno i Gatherer si rifanno vivi con tre singoli niente male che anticipano l'uscita del loro secondo album Heavy Hail e l'entusiasmo si riaccende.

Sinceramente non sapevo cosa aspettarmi da un loro nuovo lavoro e forse è proprio per questo che Heavy Hail mi ha colpito come poche cose in questo 2015. Aspro, potente, anzi, mastodontico, massiccio, con questa prova i Gatherer si reinventano e ripartono a tutto vapore verso gloriosi orizzonti d'acciaio. Un album che preme su suoni industrial e stoner, senza però abbracciarli mai completamente, debitori dei conterranei Shihad quanto si vuole, ma Heavy Hail vibra di momenti post progressive nei beat futuristici di The Machine, Sabotaged e nella semi elettronica di Spaceman. Nei volumi che si affastellano su Sensetional Creations e High Fives viene raccolta tutta la cervellotica ricerca di accumulo sonoro che si innalza tra detonazioni elettriche e ibridi elctro rock. In più, sotto cumuli di detriti metallici, i Gatherer manifestano una propensione per melodie contagiose e incisive. Una sorpresa inaspettata che va ad infilarsi a forza nella top 10 dei migliori album dell'anno.

Streaming completo:


http://gathererband.com/heavy-hail/

mercoledì 5 agosto 2015

Tim Bowness - Stupid Things That Mean the World (2015)


In poco tempo Bowness ha prodotto un nuovo album che, pur rimanendo con l’anima nei confini dei No-Man, possiede qualcosa di diverso rispetto a quello cui ci aveva abituati finora. Un anno fa parlavo su OPEN di Abandoned Dancehall Dreams, secondo album solista di Tim Bowness e di come esso calzasse bene il vuoto lasciato dai No-Man, la sigla che Bowness era solito condividere con Steven Wilson. Stupid Things That Mean the World, oltre a continuare sulla stessa lunghezza d’onda del suo predecessore per fortuna fa anche dell’altro. Ad esempio mostra come le carriere soliste dell’ormai ex duo Wilson-Bowness siano complementari e adiacenti a una linea di cantautorato prog che, se nel primo assume dei contorni maggiormente finalizzati all’impatto emozionale, nel secondo si pone come ricerca delle sue sfumature più raffinate e ricercate, ma sempre con due facce affini, appartenenti alla stessa medaglia.

Anche lo stuolo di ospiti di rilievo che costella l’album contribuisce a rendere la realizzazione di questi pezzi più preziosa, come Where You've Always Been, scritta a quattro mani con Phil Manzanera, o i seducenti interventi degli archi arrangiati da Andrew Keeling. Poi c’è la ballad per piano Sing to Me che è in realtà un pezzo di archeologia dei No-Man, ripescata dai tanti demo che nel tempo Bowness e Wilson devono aver conservato nei loro cassetti riportata a nuova vita. Bowness risulta essere ancora legato a quel mondo in sospeso che proietta una luce obliqua nei suoi lavori, però a modo suo si è evoluto in un art rock che ingloba l’esoterismo pop dei The Blue Nile (All These Escapes, Know That You Were Loved) e il prog intellettuale di Peter Hammill (The Great Electric Teenage Dream), la cui presenza aleggia in modo molto discreto in tutto il disco, non solo fisicamente. Stupid Things That Mean the World è un lavoro che ci presenta per la prima volta un Bowness sicuro dei propri mezzi e che prova a sconfinare verso degli arrangiamenti quasi antitetici tra il minimale e l’orchestrale, diventando forse anche per questo la sua prova migliore.