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mercoledì 20 settembre 2023

The Dear Hunter - Act I Live + Migrant Returned


Nel 2021 i The Dear Hunter suonarono due speciali live stream video in studio reperibili esclusivamente tramite il loro canale Pillar, dove eseguirono per intero gli album Act I: The Lake South, the River North e Act II: The Meaning of, and All Things Regarding Ms. Leading. Adesso la versione audio di Act I è stata pubblicata sia in versione digitale che in vinile, in futuro c'era anche il progetto di realizzare Act II ma al momento non si hanno notizie ufficiali. Oltre a questo, mentre il gruppo continua a lavorare a Sunya (il seguito di Antimai), il 6 ottobre verrà pubblicata in doppio vinile un'edizione speciale dell'album Migrant per celebrarne il decimo anniversario. 

Per l'occasione Casey Crescenzo è tornato in studio con il produttore Mike Watts, remixato le tracce in modo da dare loro un maggior istinto rock e rimodellato anche la scaletta dei brani, aggiungendo alla tracklist le sei bonus tracks che all'epoca erano state lasciate fuori e raccolte come b-sides nel mini box The Migration AnnexMigrant Returned invece che da Bring You Down come l'originale, è aperto da An Escape, pubblicato come singolo.

 

venerdì 1 luglio 2022

The Dear Hunter - Antimai (2022)


Al momento in cui è stato pubblicato l'EP The Indigo Child, leggendo un po' in giro, mi sono accorto che non ha mancato di generare qualche perplessità, confondendo chi non fosse del tutto a conoscenza del nuovo concept dei The Dear Hunter, tra chi pensava che quella fosse la veste definitiva del nuovo corso e chi ancora sperava che si trattasse di qualcosa legato agli Acts. Tutto questo succedeva un po' a causa della effettiva scarsa copertura mediatica di cui godono i The Dear Hunter, un po' per il carattere schivo e laconico del frontman e mastermind della band Casey Crescenzo, non sempre incline a scendere nei dettagli delle sue storie o progetti, a meno che non gli venga chiesto esplicitamente. In questo caso, in occasione dell'uscita di Antimai, è stato molto disponibile in un'intervista che gli ho fatto e che verrà pubblicata nel numero di questo mese di Prog Italia.

Tornando a The Indigo Child alla fine si è capito che andava esclusivamente considerato in funzione di colonna sonora dell'omonimo cortometraggio i quali, insieme, vogliono essere un preludio al mondo in cui è ambientato il nuovo racconto dei The Dear Hunter. Quindi dimenticate la ricostruzione storica degli Acts a cavallo tra fine '800 e inizio '900 e preparatevi ad immergervi in tutt'altro contesto: un mondo fantascientifico e alieno chiamato Antimai. Un'altra cosa da specificare è che al momento è troppo presto per parlare di "storia" poiché l'album Antimai non si occupa di sviluppare una trama o presentarci dei personaggi, ma è un gigantesco "world building" introduttivo, che ci descrive i vari settori / compartimenti / distretti o più semplicemente "anelli" nei quali Antimai è suddiviso. Ognuna delle otto tracce dell'album è dedicata ad un anello e il suo compito è di descriverci: come è organizzato socialmente e culturalmente, il tipo di cittadini che lo abitano, il loro modo di vivere e soprattutto farci conoscere la funzione religiosa che assume il culto dell'Indigo Child. A giudicare dai sottotitoli delle canzoni e dalla loro posizione in ordine decrescente nella tracklist è ovvio che ci troviamo di fronte ad un mondo suddiviso con un criterio molto simile a quello delle caste, ma ciò che fa la differenza sono i testi immaginifici di Crescenzo, basati su un background che nella sua testa è già completo nel dettaglio e per questo ancor più meritevole di essere esplorato. 

La fantascienza per Crescenzo non è altro che un mezzo per una critica religiosa/sociale ambientata in un mondo futuristico e al tempo stesso grottesco, che quasi ambirebbe ad un connubio tra la bizzarra distopia di Brazil di Terry Gilliam e la saga epica Fondazione di Isaac Asimov. Naturalmente, proprio come accaduto per gli Acts, tutto ciò sarà sviscerato in più capitoli negli album successivi e, dato il carattere sci-fi del racconto, non si può non pensare ad un parallelismo con i Coheed & Cambria. Ma a questo punto arrivano le sorprese perché i The Dear Hunter si reinventano anche musicalmente, rimanendo di base prog, ma immergendo il genere in un contesto funk, R&B e fusion, dando un importante spazio alla sezione fiati (sassofoni e trombe) che è come fosse parte integrante della band. 

Non so se sapete, ma Crescenzo negli ultimi anni ha dichiarato spesso di essere influenzato dagli Electric Light Orchestra, esprimendo il suo apprezzamento per il modo di comporre di Jeff Lynne. Ecco, Antimai non assomiglia proprio alle cose degli ELO, ma è come se quel gusto melodico pop barocco di Lynne che gli ha permesso di scrivere pezzi intramontabili si fosse associato al trascinante rock da big band dei Chicago, riletto con un'attitudine prog espressamente americana. Ma se di base le premesse sono queste, l'album in realtà vive immerso in una moltitudine di colori e timbri sonori che vanno a rispecchiare la sua natura episodica, dando ad ogni brano la propria identità. Antimai è tutto quello che ci si potrebbe aspettare dai The Dear Hunter e anche di più, mostrando ancora una volta l’eclettismo del gruppo nella maestria dell'arrangiamento che usufruisce di una gamma strumentale così ampia e densa da renderlo un corollario di studio per composizione musicale. In tale prospettiva si ricollega leggermente al concept da "esplorazione di generi" che fu The Color Spectrum.

Ring 8 - Poverty inizia come una sinfonia moderna per percussioni assortite, fiati e cori, tutti elementi che ritroveremo durante il percorso declinati nella più vivace e creativa soluzione che vi possa venire in mente. Il dipanarsi della canzone è un susseguirsi di dolci melodie in una versione pop prog dei primi Utopia di Todd Rundgren, rivisitata però in chiave moderna e futurista. Un po' lo stesso trattamento riservato a Ring 7 - Industry, tra groove di bassi synth, bassi elettrici e ritmica da discomusic anni 70, che ne fanno il pezzo più accessibile e ballabile di tutto il disco. Ring 6 - LoTown è il primo brano ad assumere le sembianze di un struttura prog, fatta di crescendo e deviazioni strofiche che conducono comunque ad un chorus che si ripete e dove l'elettronica dei synth è più presente. Ring 5 - Middle Class ritorna su quel vezzo di Crescenzo di adattare stili popolari americani (in questo caso il tex mex) ad un'estetica prog satura di polifonie vocali e armonie solari. Ma nei suoi oltre otto minuti Ring 5 si trasforma e si modifica, attraversando parentesi space pop con intermezzi rhythm and blues e gospel, in pratica un tripudio di versatilità della quale i The Dear Hunter più di una volta hanno dato prova. 

Ring 4 - Patrol riprende la cellula tematica del breve strumentale Disruptor Shpere presente nell'EP The Indigo Child e ci tira fuori un funk a metà strada tra slapstick boogie e funk orchestrale. Ring 3 - Luxury è una mini suite che può essere suddivisa in due movimenti: la prima parte batte un territorio inconsueto per la band, presentandosi con un aggressivo e tribale spoken word che porta ad un chorus in piena modalità funk. Questa sezione si spegne lentamente e, come una cesura, la seconda parte ci introduce a percussioni caraibiche e un'atmosfera esotica e ballabile da sunshine pop anni 60, che a livello di approccio è la perfetta antitesi di quanto ascoltato prima. A parte il massiccio uso di fiati, del quale si è già accennato, altro elemento chiave del "nuovo" sound dei The Dear Hunter da segnalare sono le percussioni idiofone, come marimba e xilofono, che costellano tutto l'album, ma prendono un ruolo preponderante su Ring 2 - Nature la quale amplifica nel modo più gioioso e strumentalmente vivace gli elementi stilistici della seconda parte di Ring 3. Che dire infine di Ring 1 - Tower? Pezzo pazzesco nel quale il gruppo riversa tutta la propria competenza esecutiva e istinto musicale. L'impostazione è come un incrocio soul funk anni 70 condito con break di fiati mozzafiato, polifonie vocali, contrappunti prog e intermezzi space sinfonici. Alla fine non stupitevi per la brusca interruzione che conclude l'album perché è un trucco voluto che si collegherà direttamente al prossimo capitolo già in lavorazione e che forse uscirà il prossimo anno.

Avevo delle riserve su quello che sarebbe potuto essere Antimai, ma ancora una volta i The Dear Hunter hanno superato ampiamente le mie aspettative con un disco spettacolare sotto ogni aspetto. Penso che basti questo come sunto per descrivere il mio pensiero su Antimai, ci sono voluti sei anni per arrivarci ma alla fine l'attesa è stata ripagata.

lunedì 2 maggio 2022

The Receiving End Of Sirens e l'armonia delle sfere

Between The Heart And The Synapse

A distanza di quindici anni dalla loro dissoluzione e con soli due album in carriera prodotti tra il 2005 e il 2007, è quasi naturale essersi dimenticati dei The Receiving End Of Sirens. In realtà il gruppo non ha mai raggiunto un successo clamoroso durante la sua esistenza e neanche è stato soggetto di una doverosa riscoperta tra i tanti vari revival che costellano la nostra epoca. Il che non faccia pensare ad una mediocre proposta musicale, anzi tutt’altro: i The Receiving End Of Sirens sono stati fautori di una complessa e ambiziosa fusione prog hardcore che in un certo senso ha anticipato i tempi. E forse la causa della loro relativa scarsa fama va ricercata proprio in questo ibrido spinto ai massimi livelli e destinato a schiacciarli sotto il peso della loro intraprendenza. Troppo prog per attrarre i fan del post hardcore e poco emocore per fare tendenza. È anche vero che i due album in questione generarono una divisione netta tra i consensi, anche se quelli positivi superarono quelli negativi. 

Partendo dall’inizio della storia e facendo una breve introduzione, i The Receiving End Of Sirens si formarono a Boston nel 2003 con un nucleo originario che comprendeva Brendan Brown (basso, voce), Alex Bars (chitarra, voce), Nate Patterson (chitarra, tastiere) e Andrew Cook (batteria), riuscendo a registrare alcuni demo. Nel 2004 si aggiunse alla formazione Casey Crescenzo (chitarra, tastiere, voce) con il quale registrarono nello stesso anno il primo omonimo EP, seguito dal primo full length Between The Heart And The Synapse, pubblicato il 26 aprile 2005. Quest’ultimo eleva con effetto immediato i The Receiving End Of Sirens a nuovi pionieri del prog hardcore. Sia i temi trattati che le musica proposta appaiono frutto di un lavoro ricercato e fuori dai soliti schemi del genere, privilegiando la sperimentazione multitematica piuttosto che la melodia pop punk di facile presa. I brani, compreso il singolo Planning a Prison Break, si dipanano a più riprese con variazioni e cambi che molto spesso guidano a continue reinvenzioni della trama. Il tessuto sonoro è ricco ed eterogeneo, mescolando spore di elettronica e beat programmati a riff da arena rock e fraseggi math rock. A tutto questo imponente impianto si somma un cantato a tre voci che può oscillare tra la polifonia o l’uso della chiamata/risposta, che aumenta in modo esponenziale l’accavallarsi delle parti.

Proprio questo flusso di idee in continuo mutamento non rende facile l’assimilazione dei 70 minuti dell’album che, se preso nella sua totalità, somiglia a un tour de force di experimental post hardcore, sottogenere del quale Between The Heart And The Synapse è sicuramente uno dei primi esempi. Se non ascoltato con la giusta attenzione, può rivelarsi dispersivo e caotico, e questa sua costante elusività nel rincorrere a parametri prog e free form all’epoca ha probabilmente ha complicato il rapporto col pubblico emo/hardcore. Ovviamente non mancano i chorus epici e risplendono quasi in ogni brano, da This Armistice a The War of All Against All, da The Evidence a Venona, ma sono incastonati in una materia così instabile e complessa da essere inghiottiti dalla grandiosità del tutto. I testi dell’album non sono da meno, con il ritratto di William Shakespeare a fare da nume tutelare in copertina, si spazia da allitterazioni, metafore, giochi di parole, Romeo e Giuletta, per una caccia al tesoro sui significati nascosti che possono ricondurre ad una storia unitaria dalle molteplici interpretazioni.

Dopo questo album Crescenzo fu licenziato dalla band in maniera abbastanza brusca e gelida. Ma lui stesso ammetterà in seguito di aver avuto una certa responsabilità sulla scelta e le cause. In pratica alla conclusione del tour di supporto all’album nel 2006, Crescenzo si ritrovò in un forte periodo di stress che aveva minato la sua salute e il suo stato mentale, allontanandolo dal resto del gruppo, in alcuni casi anche in modo conflittuale. Quindi la decisione da parte dei suoi compagni di rimuoverlo dalla line-up fu inevitabile e il suo posto venne preso da Brian Southall.


The Earth Sings Mi Fa Mi

Il secondo album The Earth Sings Mi Fa Mi, pubblicato il 7 agosto 2007, se possibile era ancora più ambizioso e non accettava compromessi nel rafforzare la componente prog e sperimentale, un fattore indirizzato soprattutto alla ricerca di un “wall of sound” ibrido che potesse contenere elementi di alternative rock così come quelli di elettronica e manipolazione sonora. Ovviamente tale scelta finì per rendere ancora più netta la linea di demarcazione tra detrattori ed estimatori. Anche il concept dell’album seguiva questa linea bipolare: partendo dalla teoria dell'astronomo Giovanni Keplero secondo la quale il moto dei pianeti intorno al Sole genera per ognuno di essi un’armonia specifica, il gruppo arriva a parlare della dissoluzione dei rapporti personali e famigliari. 

Catturati tra lo spazio e la Terra i The Receiving End Of Sirens ritornano di nuovo all’elusività dell’esordio, ma questa volta lo fanno con un lavoro più cervellotico, elaborato e sofisticato. Swallow People Whole è proprio un brano atipico per il genere, con bordoni elettronici di basso, ritmiche programmate pulsanti e tappeti di tastiere che fanno da preambolo ad un crescendo insinuante che rimane sempre sullo sfondo non esplodendo mai veramente. Con Disappear (Oubliette) e Smoke and Mirrors si ritorna brevemente sui binari post hardcore, ma The Crop and the Pest pone con grande lucidità tutte le potenzialità di questo nuovo ibrido di emo psichedelico scontrando synth e chitarre. The Salesman, The Husband, The Lover porta a compimento il modello di tale direzione in una serie di chorus ricorrenti sempre più ricchi (si sentono anche gli archi), intermezzi e breakdown, che testimoniano l’espansione strumentale. A tal proposito si nota come l’uso delle tre voci, di nuovo presente come tratto distintivo del gruppo, questa volta venga posto leggermente più basso nel mix, come offuscato e avvolto dall’ingente impasto degli strumenti.

A Realization of the Ear, che riprende e riporta in primo piano gli elementi di elettronica dell'introduttiva Swallow People Whole, è come se aprisse una seconda parte, seguita anche qui dalla vitale melodrammaticità post hardcore di Saturnus. Wanderers, con un attacco tribale nel quale si celano certe sfumature sonore che ricordano i Pink Floyd, va a consolidare quel tratto psichedelico tanto in sintonia con il cosmo, quasi a vagheggiare il lato space rock dei Cave In. D’altra parte Brown stesso aveva dichiarato all’epoca: “L'idea era che le canzoni fossero già là fuori nello spazio; era solo il nostro lavoro mettere insieme i pezzi”, forse parafrasando il concetto di Michelangelo nel rapporto tra scultura e marmo.

Alla fine le due anime che hanno pervaso tutto l’album si ritrovano nella lunga coda finale rappresentata da The Heir Of Empty Breath e Pale Blue Dot, a coronamento di un magnum opus nuovamente divisivo. Se Between The Heart And The Synapse aveva le potenzialità per spaccare in due il pubblico, di sicuro The Earth Sings Mi Fa Mi le ha amplificate e portate ad un nuovo livello. Un’opera ancora più ostica e personale nelle sue idiosincrasie e molto più difficile fare propria rispetto al predecessore. Fatto sta che The Earth Sings Mi Fa Mi rimane un esperimento unico nel suo genere, adattando elementi esteticamente distanti come elettronica, beat programmati e strutture prog ai voleri dell’emocore. 

Di lì a poco, nel marzo 2008, i The Receiving End Of Sirens si sciolgono, salvo poi riunirsi tra il 2010 e il 2012 solo per qualche concerto, ma senza produrre nuovo materiale. Il caso ha poi voluto che nel 2020 avessero annunciato un reunion tour con tutti i membri originali (anche Crescenzo), però il Covid si è messo di mezzo ed è tutto sfumato nel nulla. Per chi volesse approfondire, qualche anno fa è stato reso disponibile dalla loro etichetta Triple Crown Records un documentario dal titolo The Lost Tape.


sabato 19 marzo 2022

The Dear Hunter - Act I & Act II livestream

In attesa del nuovo imminente album Antimai come può passare il tempo un fan dei The Dear Hunter? Se non bastasse il riascolto compulsivo dei loro album, si possono gustare i due incredibili concerti che il gruppo realizzò esattamente un anno fa, in esclusiva per i loro abbonati al canale Pillar.

Impossibilitati a suonare dal vivo per via della pandemia, come molti altri colleghi, i The Dear Hunter organizzarono due speciali live stream in studio, dove eseguirono per intero ed in modo impeccabile gli album Act I: The Lake South, the River North e Act II: The Meaning of, and All Things Regarding Ms. Leading.

venerdì 22 ottobre 2021

The Dear Hunter - The Indigo Child (2021)


Da quel poco che ho letto in giro, anche tra i più appassionati sostenitori dei The Dear Hunter, regna una gran confusione di notizie riguardo al nuovo progetto appena iniziato da Casey Crescenzo e soci. Va comunque detto che una parte di ciò va imputata alla band, decidendo di mantenere un discreto riserbo sul progetto, prima della sua realizzazione. Quindi, prima di tutto, vediamo di mettere ordine al caos che da oggi, forse, con l'uscita di questo EP verrà chiarificato. The Indigo Child è l'introduzione al nuovo universo creato dalla mente di Crescenzo, un racconto fantascientifico che proseguirà per molti album a venire, sulla scia di quanto fatto dai Coheed and Cambria con la saga The Amory Wars e dagli stessi The Dear Hunter con gli Acts.

Le ambizioni di Casey Crescenzo, dopo l'accantonamento del progetto per Act VI, hanno trovato una via multimediale al fine di introdurci nella storia in modo multimediale, attraverso il cortometraggio The Indigo Child: Prologue: Cycle 8 e la sua relativa colonna sonora. Proprio così, il presente EP rappresenta solo un "prologo" a ciò che dovrà arrivare (il primo album della serie dal titolo Antimai è previsto per la prossima primavera) ed è infatti costituito per lo più da tracce strumentali che fanno da commento sonoro al cortometraggio e sono presenti solo due canzoni nel classico senso del termine (una delle quali cantata addirittura dalla compagna di Crescenzo).

Come già accennato in passato The Indigo Child rappresenta anche una nuova veste musicale per il gruppo, che sarà indirizzato su funk, RnB e sonorità anni '80 ed in questa piccola finestra che si è aperta ne appare solo un aspetto ancora in embrione. Gli strumentali sono pesantemente virati verso un sound design futuristico con ampio uso di synth e devono essere considerati in stretta relazione al materiale visivo che vanno a commentare, piuttosto che come strumentali la cui estetica si lega in modo imprescindibile al repertorio dei The Dear Hunter. Anche se rimangono un esperimento interessante, naturalmente l'attenzione è rivolta alle due title-track, anch'esse ammantate da suoni sintetici e che, per questo ed altro, riprendono la visione prog rock dei The Dear Hunter da un nuovo punto di vista. 

Dato che The Indigo Child è stato presentato come un progetto musicale al quale collaborano tutti i membri attivamente (la storia comunque rimane del solo Crescenzo), è legittimo pensare che la prima delle due tracce sia influenzata dallo stile electro-funk-prog di Gavin Castleton, che inoltre è anche l'ultimo/unico brano che lo vede coinvolto in quanto il tastierista purtroppo ha lasciato il gruppo lo scorso giugno. La seconda è in sostanza una lenta ballad che richiama le vecchie canzoni swing anni '60 in bilico tra pop hollywoodiano e sonorità armoniche West Coast. Quindi in pratica chi si aspettava un intero album di nuove canzoni rimarrà deluso...oppure no. Per avere un giudizio vero e proprio sull'aspetto stilistico che vestiranno i The Dear Hunter dovremo aspettare ancora qualche mese e intanto goderci il primo assaggio.

mercoledì 13 ottobre 2021

The Dear Hunter: l'arrivo di The Indigo Child


Abituati alla cadenza quasi annuale di pubblicazioni a nome The Dear Hunter è strano pensare che ormai sono passati quattro anni dall'ultimo sussulto dicografico della band di Casey Crescenzo. Ma oggi, alla luce del trailer che presenta il nuovo progetto del gruppo, possiamo intuire perché sia passato così tanto tempo. 

Per chi segue in modo attento i progressi dei lavori di Crescenzo e soci, il titolo The Indigo Child è ormai un elemento noto. In pratica si tratta del nuovo ciclo di concept album che si aprirà nella narrazione a grande respiro a cui ci ha abituato il musicista. Quindi si è chiuso il capitolo degli Acts con un punto interrogativo sulla possibile realizzazione della sesta parte, accantonata per il momento a causa di mancanza di fondi (Crescenzo non ha mai svelato precisamente il progetto multimediale a cui ambisce), e ora si apre una nuova epopea che cambia completamente scenario e contesto di racconto. La storia infatti si svolge in un'ambientazione fantascientifica e ovviamente proseguirà su più album, come è stato per gli Acts e avvicinandosi così facendo ai territori sci-fi dei Coheed and Cambria.

Innanzitutto Crescenzo sembra aver riversato le sue ambizioni, messe da parte per Act VI, su questa nuova opera, che sarà anticipata dal cortometraggio The Indigo Child: Prologue: Cycle 8, il quale verrà trasmesso in streaming il 22 ottobre sulla piattaforma DUST. Già dal trailer si può rimanere stupiti per la cura nei dettagli che è stata investita in tale progetto, ma si dovrà attendere il 22 per sapere se, oltre a questo, verrà svelato il primo singolo o qualche dettaglio in più riguardo all'album. Dal punto di vista musicale l'unica cosa data per certa è il cambio di direzione stilistica che, a quanto pare, virerà verso un pop funk psichedelico o, come qualcuno ha già detto, "space funk".

sabato 15 agosto 2020

Honorary Astronaut - EP001 (2020)


Dopo due album da solista in stile sinfonico, la mente dei The Dear Hunter Casey Crescenzo, si è inventato un altro progetto da portare avanti in solitaria e lo ha battezzato Honorary Astronaut. Questa volta Crescenzo abbandona l'orchestra e ritorna su binari prettamente alternative rock. Il primo singolo, tratto da un EP di cinque tracce che uscirà ad ottobre, prende il titolo di Final Dream Machine e stilisticamente sembra molto più disimpegnato rispetto ai The Dear Hunter. Riguardo a questi ultimi le news riportano che il gruppo sta ultimando la produzione del primo album che aprirà una nuova saga dal titolo The Indigo Child.

Ecco quanto ha da dire Crescenzo sul progetto Honorary Astronaut:

"Hi everyone. I made a thing that isn't The Dear Hunter. Don't fret, though. I can explain. While I have been diligently at work on the newest TDH project(s), it became clear earlier this year that we would need to rethink the schedule we had in place. While this offered additional time to craft and nurture these projects, it also meant more time to spend within a holding pattern, surrounded by unfinished art. This feeling is difficult for me to cope with, as I had grown accustomed to the consistency of releasing new music every 1-2 years. The gestation period for this current project was already uncharacteristically long, due to a number of reasons, but the addition of this indeterminate state off suspended animation wore on me, and I felt a stir-craziness that could only really be satiated by seeing something, no matter how small, through from inception to completion. Enter Honorary Astronaut. At first, I planned to unearth and rerecord a few previously unheard demos, but as I transitioned into studio mode, and found myself spending the bulk of my days on this music, I leaned towards making something new. The result is a 5 song ep, written (with the exception of one track from some years ago) and recorded in late spring. I don't know that it would do me good to try and describe it. Not for the sake of it being indescribable, but because- what would the point be? I can just show you. Today, I am sharing the song "Final Dream Machine" with you, via a lyric video created in collaboration with Erez Bader. We hope you enjoy it."

https://www.caveandcanarygoods.com/collections/honoraryastronaut

 
 

 

giovedì 5 marzo 2020

Casey Crescenzo & Brian Adam McCune - The Fox and The Hunt (2020)


L'interesse per il volto classico e orchestrale mostrato su Amour and Attrition continua ad affascinare Casey Crescenzo il quale, nel recente box set dedicato alle ristampe in vinile dei cinque album (Act I-V) dei The Dear Hunter, ha aggiunto in esclusiva uno speciale volume in doppio LP di 57 minuti dal titolo The Fox and The Hunt, oltre che una custodia vuota con tanto di artwork per l'eventuale aggiunta del vinile di Act VI.

The Fox and The Hunt è adesso disponibile presso i maggiori canali streaming, ma non va cercato sotto il nome dei The Dear Hunter, ma bensì sotto quello di Casey Crescenzo, dato che il frontman lo ha realizzato in collaborazione con il conduttore e arrangiatore Brian Adam McCune e la Awesöme Orchestra, presente anche su Act IV e Act V, proponendo delle versioni rivisitate in chiave orchestrale dei temi principali degli Acts (in partica come della "arie") e altri inediti.

martedì 19 marzo 2019

The Dear Hunter - il punto della situazione su Act VI


Dopo un periodo di relativo silenzio Casey Crescenzo qualche giorno fa, nel giro di poche ore, è tornato a parlare dell'attività dei The Dear Hunter e ha condiviso un paio di annunci che hanno aggiornato lo stato dei lavori per quanto riguarda la saga The Acts, il progetto principale dei The Dear Hunter al quale manca ancora il capitolo conclusivo e che si è protratto per cinque album a partire dal 2006. Il primo annuncio ha riguardato l'imminente pubblicazione di un box set solo in vinile contenente tutti e cinque gli album (Act I-V) con in più un doppio LP di 57 minuti dal titolo The Fox and The Hunt che propone delle versioni orchestrali dei temi principali degli Acts e altri inediti realizzato in collaborazione con il conduttore Brian Adam McCune e la Awesöme Orchestra.

In un secondo aggiornamento più approfondito Crescenzo appare in un video che inizia con lui mentre sta leggendo il finale in un voluminoso quaderno di quella che ha tutta l'aria di essere la sceneggiatura per un adattamento cinematografico degli Acts. Ad ogni modo ciò che lui ci dice è che all'interno del box set troveremo il titolo ufficiale di Act VI attraverso il quale i possessori potranno avere uno sconto per l'acquisto del supporto audio di Act VI se il progetto sarà mai realizzato. Perché qui sta il vero punto, SE: Crescenzo non ha intenzione di rivelare in che forma ha progettato di elaborare la conclusione della sua storia e il problema o l'ostacolo principale a questo punto è trovare i fondi necessari per produrre ciò che lui ha in mente, senza compromessi o "contentini", altrimenti non se ne farà nulla. Da questa premessa basilare si intende che Act VI potrebbe rimanere anche solo un sogno negli archivi di Crescenzo e non vedere mai la luce. Il box set rappresenta per ora il punto di una pausa indefinita che cala il sipario sugli Acts ed infatti Crescenzo ci informa inoltre che la band si sta dedicando già ad altri progetti futuri. 

Alcune mie speculazioni alla luce di questi indizi: dato che Crescenzo stesso ha ammesso che ha già una sceneggiatura completa pronta (che poi è quella che sta leggendo nel video) è probabile che Act VI sia un film che racchiude tutta la storia raccontata negli Acts, dal primo al quinto capitolo, e che il supporto acquistabile con uno sconto ai possessori del box set potrà essere la sua colonna sonora realizzata con musica totalmente nuova e magari in versione sinfonica, vista la passione e l'interesse per questo genere che Crescenzo ha mostrato ultimamente. Per ora sono solo ipotesi e forse lo resteranno per sempre.   The Flame is Gone, The Fire Remains.    


venerdì 1 dicembre 2017

The Dear Hunter - All Is As All Should Be (2017)


La prolificità di Casey Crescenzo è veramente impressionante, soprattutto se si tiene conto della qualità delle sue uscite. L'improvviso annuncio, di punto in bianco, di una nuova produzione a firma The Dear Hunter è motivo di un'ulteriore sorpresa. Questa volta si tratta di un EP che spezza di nuovo la narrazione dell'epopea degli Act, come fece Migrant, spiazzando coloro (praticamente tutti credo) che si aspettavano una continuità con l'imminente conclusione del sesto capitolo del quale però è stato già annunciato che si tratterà di qualcosa di speciale, molto probabilmente di natura extra musicale. Nel comunicato che ha accompagnato All Is As All Should Be si scopre però qualcosa di altrettanto particolare e cioè che nella sua realizzazione sono stati coinvolti anche fan e amici della band, come una sorta di sessione di scrittura aperta ad una famiglia estesa. Per chi volesse saperne di più, la storia dietro le quinte della produzione è narrata qui, ma sinteticamente diciamo che i The Dear Hunter sono stati accolti durante il tour di Act V da sei persone differenti con le quali hanno realizzato altrettanti brani.

Lo stile della band rimane naturalmente intatto e invariato e la recensione di All Is As All Should Be potrebbe essere simile ad altre scritte in passato. Anche se qui non si parla della saga messa in piedi con gli Act (virtualmente conclusa), ma di una collezione di sei tracce dalla durata di meno di venticinque minuti, il risultato eccellente è più o meno il medesimo. Come una versione condensata di Migrant e The Color Spectrum, All Is As All Should Be fa in tempo ad esporre tutta la poetica e l'estetica musicale di Casey Crescenzo, ricordandoci quale sopraffino arrangiatore egli sia. In più, si diceva nonostante i collaboratori, si riconoscono i vari caratteri della sua scrittura che vanno dal folk al prog, dal musical al psichedelia pop degli anni ’60. Beyond the Pale e Shake Me (Awake), non a caso collegate tra loro, risplendono di una piena lucentezza acustica, orchestrale e polifonica, così come i primi due singoli Blame Paradise e The Right Wrong mostrano una carica che riporta agli episodi più marcatamente rock di Act IV e Act V. Witness Me è ancora più esplicita nel riassumere tali aspetti, accennando una natura da ballata acustica e poi aggiungendo una strumentazione più ampia che spazia dall'elettronica con accenni alla retrowave e ciò che sembra un omaggio al prog inglese nella coda finale. La perfetta conclusione della title-track, un requiem blues moderno, è il suggello ad un altro capitolo importante di questa band. Per evitare paragoni ingombranti che per qualcuno potrebbero risultare a sproposito, ribadiamolo chiaramente: Casey Crescanzo è l'autore più rilevante del prog contemporaneo e non chiamatelo "genio", ma "maestro".


 
http://thedearhunter.com/

giovedì 8 settembre 2016

The Dear Hunter - Act V: Hymns with the Devil in Confessional (2016)

 

A solo un anno di distanza da Act IV, Casey Crescenzo ha stupito tutti con l'annuncio, lo scorso giugno, dell'arrivo del quinto capitolo della sua saga. La ragione di tale rapidità consequenziale è presto detta, è stato infatti rivelato che i due Act IV e Act V sono stati registrati in contemporanea il che stupisce ancora di più se si pensa alla mole di lavoro convogliata in trenta brani per una durata complessiva di circa 145 minuti. Un fiume in piena d’ispirazione quindi. Il fatto poi che Crescenzo abbia dichiarato laconicamente che Act V sarà l'ultimo album “rock” della serie fa presumere che da parte sua ci sia stato il bisogno di concludere al più presto il lungo percorso degli "Acts" e dedicarsi a qualcosa di musicalmente differente. In fondo, l'impegno che si è assunto Crescenzo fin dall'inizio va avanti ormai, con qualche pausa, da dieci anni esatti e l'epilogo di Act VI (a questo punto più simile ad una postilla) si preannuncia una conclusione in grande stile. Nessuno sa ancora di cosa si tratta, ma sicuramente il progetto non si limiterà alla sfera musicale. Forse sarà un film che narrerà tutta la storia? O più probabilmente una completa graphic novel, di cui il primo atto è stato appena realizzato e associato al “mega bundle” del preordine di Act V (per chi lo avesse perso niente paura, sarà in vendita separatamente molto presto).

A livello narrativo avevamo lasciato il Ragazzo (The Boy) di ritorno dalla I Guerra Mondiale e, presentandosi con la nuova identità del suo fratellastro morto in battaglia, viene eletto sindaco nella città dalla quale in passato era scappato e ora divenuto una pedina nelle mani della sua nemesi, il pappone/prete (The Pimp/The Priest) che è l'unico a conoscenza del suo segreto, costringendolo con il ricatto a diventare suo socio in loschi affari. La trama che si sviluppa nell’ultimo capitolo è a dir poco avvincente, ricca di colpi di scena, metafore sul tradimento, il riscatto e la redenzione, lasciando spazio a interpretazioni personali, ed è forse la più complessa messa in scena congegnata finora da Crescenzo (senza stare a svelare il finale, troverete nel booklet anche una specie di parabola legata al brano The Most Cursed of Hands). Rimane da capire che cosa aggiungerà al racconto la postilla di Act VI, dato che Act V si conclude con le parole “A new beginning’s waiting patiently...”. Chi credeva che Act V sarebbe stato, in termini di stile, un album gemello di Act IV in parte rimarrà stupito poiché, proprio come la storia, la musica prende una piega ancor più articolata, esoterica e piena di toni chiaroscuri. Come per Act IV abbiamo di nuovo l’ausilio della Awesöme Orchestra che accompagna molti dei brani, immediatamente utilizzata al meglio nell’introduttiva Regress (che per il protagonista è presagio di ciò che lo aspetta). In più, Crescenzo si fa largo tra altre nuove commistioni stilistiche di raro gusto e da vero intenditore.

Il pensiero corre al Black EP di The Color Spectrum negli attacchi elettronici e sincopati di The Moon/Awake, un brano che si dipana in un vorticoso e imponente chorus orchestrale, un’idea di arrangiamento su grande scala che si approfondisce nello scorrere dell’album e nei segue (transizioni) che si frappongono tra un brano e l’altro, raggiungendo l’epitome sinfonica in Melpomene, come avveniva per Remebered contenuta su Act IV. Più volte ho rimarcato come la musica concepita da Crescenzo dovrebbe vivere anche di una dimensione visiva e sarebbe perfetta per un allestimento teatrale, trovando molti parallelismi con il mondo del cinema. Proseguendo, infatti, troviamo Cascade che si fregia di un soft jazz mutuato dalle colonne sonore di Riz Ortolani e dal chamber pop di Burt Bacharach, poi di seguito The Most Cursed of Hands/Who Am I, un hard country che sembra tirato fuori da un western moderno di Tarantino ed infine la più teatrale di tutte The Revival, un rockabilly da musical d’altri tempi. Alcune volte, in passato, Crescenzo ha utilizzato lo stratagemma di associare un tema ad un determinato personaggio e, ritrovandosi qui ad introdurne uno nuovo (il mellifluo Mr. Usher), ricorre parallelamente ad uno stile relativamente inedito per lui come lo swing jazz alla Tony Bennett su Mr.Usher (on His Own Way to Town). The Haves Have Naught ricorre addirittura, per la prima volta, ad un duetto per sottolineare il dialogo tra il Ragazzo (Crescenzo) e The Pimp/The Priest, interpretato per l'occasione dall’ospite Gavin Castleton. Mano a mano che il brano si dipana, il crescendo con l’alternarsi e il sovrapporsi delle parti vocali tra i due personaggi è semplicemente un capolavoro da lasciare senza fiato.

L’acustica Light, in coppia con la prima canzone ad essere resa nota, Gloria, rientrano in un canone più normalmente associato allo stile della band, ma infine si apre una discesa verso una spirale dark con il dittico The Flame (is Gone) e The Fire (Remains) che raccolgono l’eredita della multipartita Bitter Suite, rappresentandone quasi un rovescio speculare con tonalità minore e un forte senso di epica oppressione come nei momenti più bui di The Wall dei Pink Floyd. The March, come suggerisce il titolo, ha una ritmica spedita che musicalmente ricorda Smiling Swine (da Act II) il cui tema infatti riemerge brevemente tra le crepe orchestrali dopo un richiamo anche a The Old Haunt. Il clima elegiaco col quale si presenta Blood - organo da chiesa e ottoni - è strettamente collegato al melodrammatico finale con le riflessioni amare del protagonista destinato a raccogliere ciò che ha seminato. Il brano che chiude l’album in un sussurro ha il titolo emblematico e contrastante di A Beginning, un gemello meditabondo e più spirituale di Ouroboros, il pezzo che chiudeva Act IV. Entrambi fanno riferimento ad una negazione di una fine o di un inizio, proprio come il serpente che si morde la coda. Non c’è modo migliore per dichiarare che la storia è in sé conclusa, ma che sarà aperta ad un nuovo capitolo che la suggellerà per sempre. Sommando ogni tassello che compone questa pentalogia non riesco ad immaginare una band contemporanea che possa aver conseguito una tale vetta, neanche dopo anni di attività, e invece Casey Crescenzo ha scritto cinque capolavori di seguito appena all’inizio della sua carriera.

 Epilogo

I The Dear Hunter sono la prova vivente che il progressive rock non ha più senso di esistere se non nelle cerchie di retrogradi malinconici, o comunque è un termine che andrebbe abolito. Accanto ai Coheed and Cambria, si sono imbarcati nel concept più ambizioso del nuovo millennio nel corso del quale hanno sondato le possibilità più sfrenate di una musica ad ampio respiro che comprende al suo interno arrangiamenti sinfonici, orchestrali, jazz, baroque pop, musical e post hardcore. Una roba che a raccontarla farebbe andare in sollucchero il più duro e puro dei proggers, invece, nonostante ciò, i The Dear Hunter sono sempre stati ignorati, snobbati ed emarginati dalla comunità prog internazionale, attirando piuttosto l'attenzione della scena alternativa e indie americana. Dall’altra parte, se non scimmiotti gli anni '70 sei destinato all'oblio. Uno Steven Wilson da definire “genio" dà sempre più certezze che un Casey Crescenzo con le stesse, se non superiori, capacità. Una contraddizione che non lascia scampo all'appassionato medio di prog, relegandolo giustamente alla tanto demonizzata definizione di "dinosauro", al cui confronto i ragazzi che ascoltano alternative rock sono avanti anni luce.

giovedì 3 settembre 2015

THE DEAR HUNTER - Act IV: Rebirth in Reprise (2015)

 
Riassunto delle puntate precedenti: Casey Crescenzo pubblica tre album di seguito a nome di The Dear Hunter, tra il 2006 e il 2009, facenti parte di una saga di sei capitoli ambientata a cavallo tra il XIX e il XX secolo, narrando le vicende di un ragazzo senza nome. La musica è altamente ambiziosa, molto incline alla teatralità, al sinfonismo e a tutto quel crogiuolo di musiche che si mischiavano in America alla fine dell'800: ragtime, blues, gospel e jazz. Non mancano richiami a Beach Boys, Beatles, The Mars Volta e post hardcore...insomma, una nuova ed eccitante costola del rock progressivo più stimolante.

Una volta completati i tre capitoli Crescenzo decide che per il momento può bastare e si dedica, sempre con la band, ad altri progetti slegati dalla saga: una raccolta di 9 EP dal titolo The Color Spectrum, un album di canzoni (Migrant) e addirittura una sinfonia in quattro movimenti registrata con una vera orchestra. Dopo queste deviazioni siamo arrivati ad oggi, quando finalmente Crescenzo ha deciso di riprendere il filo della storia della sua saga a sei anni di distanza dal terzo capitolo. Per il loro ritorno i The Dear Hunter hanno pensato bene di accontentare quei molti fan che aspettavano con impazienza Act IV, come per saziare il lungo periodo di attesa, proponendo la bellezza di quasi 75 minuti di musica nei quali Crescenzo non risparmia nulla.

Per capire quale impostazione ha dato Crescenzo a Act IV: Rebirth in Reprise si potrebbe fare riferimento ad un suo vecchio tweet lanciato a maggio nel quale bramava la stessa maestria di scrittura di Jeff Lynne, meglio noto come il leader degli Electric Light Orchestra. Bene, se conoscete un po' gli Electric Light Orchestra forse saprete che non furono dei campioni di sobrietà - portabandiera di un baroque pop inclusivo di orchestrazioni melense e ritornelli a presa rapida che si sposavano con sintetizzatori e cori alla Queen - , i cui tardi lavori fecero proseliti anche in ambito discomusic.



Ciò che ha fatto Crescenzo è di catalogare le melodie più operistiche dei primi tre atti, confrontarle con il cantautorato barocco "post Acts" e immergerle in un calderone di melassa, caramello e glucosio. Insomma, dopo aver provato le potenzialità di un'orchestra, Crescenzo ci deve aver preso gusto e ha incorporato in queste 15 tracce quello che non ha potuto sfogare su Migrant. Tre canzoni come Wave, The Line e Wait sembrano, ad esempio, maggiormente legate all'ultimo periodo dei The Dear Hunter, più "semplicistico", che non alle meccaniche convulse degli Act.

Altrimenti Act IV è un concentrato di melodie, non necessariamente memorabili, nelle quali non vi è un angolo in cui non brillino strumenti orchestrali: ogni piccolo spazio o anfratto dell'album è occupato da polifonie vocali, archi che sfregano corde, fiati che soffiano negli ottoni e nei legni. Con l'ausilio dei ragazzi della Awesöme Orchestra, i The Dear Hunter proseguono il cammino della saga mai arrivata ad apparire così sinfonica e sovraprodotta. Ai due estremi dell'ispirazione troviamo le riuscite The Old Haunt e The Squeaky Wheel, quando invece dall'altra parte At the End of the Earth e Is There Anybody Here? appaiono come lavori manierati e monocordi.

Crescenzo, come Jeff Lynne, vuole giocare a trovare melodie perfette, perfino cimentandosi in ritmiche dance da "febbre del sabato sera" come in quello che sarà sicuramente riconosciuto come il pezzo più controverso dell'album: King of Swords (Reversed). Comunque, se ascoltate con attenzione i primi tre Act, ci potete trovare già la perizia di arrangiatore di Crescenzo. Già all'epoca immaginava una musica grandiosa all'altezza della sua epopea, ma lo faceva con i mezzi che aveva a disposizione: chitarre, tastiere e cori. Su Act IV, Crescenzo fa la stessa cosa, solo che la fa più in grande, con stratagemmi più fastosi e accattivanti, senza tralasciare quei piccoli indizi o citazioni, sotto forma di temi musicali ricorrenti, che riportano direttamente ai capitoli passati.

I The Dear Hunter ad ogni modo non si ripetono, danno piuttosto una nuova impostazione alla musica, in maniera che ogni capitolo abbia una propria identità: Act I era una prova generale per Act II che scavava nella tradizione musicale americana con la scusa del prog rock, mentre Act III era il più teatrale e sposava il music hall di derivazione novecentesca. Act IV è tutto questo e ancora di più. Il chamber pop e l'opera sinfonica si intrecciano in modo interessante su Rebirth e Remebered, fino ad amalgamarsi in modo sontuoso nella mini suite A Night in the Town. Temi da big band e soundtrack da film esplodono qua e là come se suonare rock fosse ormai l'ultima preoccupazione della band. Le nuove tre parti della Bitter Suite si dipanano in sequenze da operetta e dixieland e If All Goes Well è un rock da musical che aumenta in pomposità e intrecci vocali.

Act IV trova la sua forza e la sua debolezza proprio in questa strenua ricerca della melodia: se da una parte è ricco e debordante (per certi versi anche gratificante) nelle arie da opera rock, dall'altra viene schiacciato da tanta fastosità arrangiativa, sfiorando la stucchevolezza.

martedì 16 giugno 2015

The Dear Hunter - Act IV: Rebirth in Reprise (2015)


E finalmente l'annuncio ufficiale dell'album più atteso dell'anno (da me) è arrivato. Il 4 settembre uscirà Act IV: Rebirth in Reprise dei The Dear Hunter, in più la band di Casey Crescenzo sarà per la prima volta in tour in Europa tra agosto e settembre, accompagnando in alcune date i Manchester Orchestra (il cui cantante Andy Hull era anche stato ospite su The Color Spectrum). Il tour toccherà anche l'Italia con la data del 19 agosto a Milano presso il Circolo Magnolia.

L'album si può già pre-ordinare presso il sito www.thedearhunter.com ed è stato pubblicato il primo brano tratto da Act IV, si tratta di A Night on the Town che come scelta sembra abbastanza coraggiosa, visto che è un pezzo dalla durata di nove minuti!




Tracklist:

1Rebirth 2:51
2 Old Haunt 4:36
3 Waves 4:12
4 At the End of the Earth 5:16
5 Remembered 3:50
6 Night On the Town 9:00
7 Is There Anybody Here? 6:42
8 Squeaky Wheel 4:35
9 Bitter Suite IV And V: The Congregation And The Sermon In The Silt 5:40
10 Bitter Suite VI: Abandon 5:32
11 King of Swords 5:07
12 If All Goes Well 4:41
13 Line 3:37
14 Wait 3:20
15 Ouroboros 5:25

venerdì 15 maggio 2015

The Receiving End of Sirens - The Lost Tape documentary

La Triple Crown Records ha caricato su YouTube la prima parte di The Lost Tape, il documentario sui The Receiving End of Sirens la prima band di cui fece parte Casey Crescenzo (The Dear Hunter). Enjoy!

domenica 1 giugno 2014

Casey Crescenzo (The Dear Hunter) - Amour & Attrition: A Symphony in Four Movements (2014)


Grazie ad una campagna di donazioni attraverso Pledge Music, lo scorso novembre Casey Crescenzo è riuscito a realizzare un suo sogno e volare in Repubblica Ceca per registrare la sua prima sinfonia eseguita dalla Brno Philharmonic Orchestra. Crescenzo non è un musicista di estrazione classica naturalmente e ha dichiarato di non saper né leggere né scrivere la musica. Il suo analfabetismo musicale non gli ha impedito però di comporre i quattro movimenti che costituiscono Amour & Attrition, gettati su partitura dal direttore orchestrale Mikel Toms. A tal proposito è bene sottolineare che Crescenzo non si è avventurato in un esperimento ibrido che unisce musica classica e rock alla maniera dei Deep Purple, dei Nice o degli ELP. Amour & Attrition è autenticamente una sinfonia classica. In ambito pop e rock, penso che il precedente più compiuto in questo senso sia il Piano Concerto n.1 di Keith Emerson.

La curiosità attorno a questo progetto era molta, soprattutto per ascoltare come Crescenzo avrebbe trasferito la sua sensibilità da musicista rock in musica classica. Anche se, vista la sua fama di costruttore di perfette melodie, era chiaro che il suo debutto come compositore classico non si sarebbe inserito in correnti musicali come l'espressionismo o l'avanguardia atonale. Crescenzo, che dice di aver ascoltato molto George Gershwin e Claude Debussy, si è inserito stilisticamente nel tardo romanticismo a cavallo tra XIX e XX secolo, nelle 10 sinfonie mahleriane e nei compositori romantici russi. Sebbene in questa sinfonia si possano individuare anche tracce di impressionismo alla Debussy, non vi sono accenni al jazz o al ragtime nel modo in cui li aveva introdotti Gershwin nella musica classica.

Il primo movimento di Amour & Attrition lo potremmo definire come andante con moto dove uno scorrevole fraseggio di piano fa da tema principale e l'orchestra sviluppa sottotemi molto cantabili con un generale tono distensivo. Il secondo movimento è caratterizzato da un allegro con brio: arie soavi, contrappunti tra pianoforte e archi e temi più movimentati sono il punto focale di tutto il pezzo. Il tema ricorrente che viene accennato per la prima volta a 1:37, con le sue successive variazioni (la marcia a 2:39, il valzer a 7:01), è il più bel frammento musicale di tutti e quattro i movimenti. Il terzo movimento si apre in maniera più melodrammatica con un andante con fuoco, in seguito si calma in una sorta di aria patetica impressionista. Arriva poi lo sviluppo del primo tema ascoltato, variato in una versione lugubre, come una marcia da rivoluzione industriale.

Il quarto movimento ha un carattere mesto, che chiude la sinfonia con un senso di nostalgia, dove nel finale viene riproposto, in chiave minore, il tema principale del secondo movimento. Una conclusione sentimentale e anti-climax, priva di fanfare o sfarzosa grandeur che sottolinea l'umiltà con la quale Crescenzo abbia abbracciato questo progetto. Già con i The Dear Hunter ci aveva abituati ad una ricognizione legata al passato storico musicale americano. Ma, forse grazie anche all'aiuto del maestro ceco Toms, su Amour & Attrition si vira verso l'Europa di fine '800. Questo per dire che la sinfonia di Crescenzo è quanto di più lontano si possa immaginare rispetto all'attuale musica commerciale e colta. Un progetto, anche se ambizioso, che brilla quindi di genuina volontà, portato a casa con modestia, avendo sempre in mente il pensiero di avvicinarsi ad una materia difficoltosa e delicata da maneggiare. Crescenzo ci regala, oltre ad un gran pezzo orchestrale, una lezione di umanità.