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venerdì 7 febbraio 2020

Cord - Rooms (2020)


Non è passato molto da quando mi sono occupato dell'ottimo EP d'esordio dei romani Laterath risalente al 2018. Per l'appunto il loro chitarrista Corrado Filiputti ha pubblicato proprio in questi giorni il suo primo lavoro da solista dal titolo Rooms, uscito con il moniker Cord. Ad aiutare Filupitti nell'impresa troviamo una parte dei Laterath con la voce di Francesco Sacchini e il basso di Stefano Rossi. Ci si può domandare quindi se Rooms possa rappresentare una continuazione di Anemone e la risposta è: in parte si ed in parte no. Quello che ritroviamo su Rooms è la stessa cura e competenza per la produzione e gli arrangiamenti, mentre nello stile si ritorna anche qui a lambire la sfera del prog metal. Però nello scorrere Rooms si percepisce (come è giusto che sia) un'impostazione più personale e una direzione più asciutta per quanto riguarda le strutture.

Si inizia con una eterea introduzione strumentale per pianoforte e archi (Veil), ma dalla seconda traccia The Thing si entra subito nel cuore dell'album che, con una sterzata decisa, vira le atmosfere verso un prog metal dark con linee melodiche molto marcate, quasi da ballad, ma in agguato emergono di tanto in tanto riff chitarristici provenienti dal djent, nei quali si infiltrano leggere spore industrial ed elettroniche, ancor più presenti sul succesivo Ma5k.

Il volto propriamente da ballad di Rooms si svela pienamente a partire da Hope fino alla chiusura con Turn Off the Light. La percentuale metal tende ad attenuarsi gradualmente per dare spazio ad un aspetto più intimo e soffusamente chiaroscuro, puntando su un sound che ritorna all'uso di tastiere atmosferiche (Evolve) alla stessa maniera di certi ambiti da neo prog sinfonico. Cord si riassume in un'immagine da varie angolazioni musicali che hanno come minimo comune denominatore il prog metal nella sua veste più cantautorale e meno barocca.


domenica 29 dicembre 2019

Laterath - Anemone (2018)


A volte succede che nel 2017 metti "mi piace" ad una pagina Facebook di una band, la quale ha realizzato solo un singolo e in seguito, per vari motivi, sei sovrastato da altre informazioni internettiane e finisce che il nome di quella band viene momentaneamente accantonato. Per fortuna le festività permettono di recuperare ciò che uno aveva smarrito, andando casualmente a rovistare nel passato della cronologia ed è a questo punto che sono rientrati in scena i Laterath, italianissimi di Roma, tra le cui fila troviamo due nomi già noti in ambito progressive rock: Antonio Coronato (basso) e Davide Savarese (batteria) entrambi componenti degli Ingranaggi della Valle, mentre Savarese milita anche negli ottimi VEMM. La peculiarità dei Laterath è avere in formazione due bassi di cui l'altra metà è rappresentata da Stefano Rossi, in più la band è completata da Corrado Filiputti alla chitarra, Daniel Mastrovito alle tastiere e Francesco Sacchini alla voce con testi in inglese.

Anemone è il titolo dell'EP di esordio dei Laterath, preceduto dal singolo Places, due minuti e mezzo in cui vengono condensate tutte le qualità di questa produzione eccellente: partendo come una ballad per piano arpeggiato e voce, il pezzo si ingrandisce e prende il volo con una breve panoramica nel prog metal più epico. La produzione e gli arrangiamenti appunto costituiscono il valore aggiunto ad un'opera prima in grado di rivaleggiare con le migliori realtà progressive internazionali.

Raramente mi occupo qui di prog italiano e ammetto che la responsabilità è solo della mia spiccata esterofilia che nel tempo ha abituato il mio orecchio a certe sonorità che molto spesso non ritrovo nel prog italiano. Colpa di un mio gusto soggettivo, non ci sono scuse, che però mi ha dato modo di riconoscere nei Laterath un respiro e una prospettiva che escono fuori dai soliti canoni e che hanno il coraggio di guardare più avanti. Un brano come Balene riassume tutto quello che cerco di dire a parole: un complesso lavoro di costruzione di atmosfere e progressioni non convenzionali che ci trascina in un affascinante connubio di prog, fusion e djent, passati in rassegna uno ad uno nei vari movimenti in cui si dipana. Heaven and I si cala in ambiti più melodici ma altrettanto spettacolari, soprattutto nel break strumentale che arriva a circa metà, mettendo in mostra tutta la perizia del gruppo. Another Tale si pone su canoni prog metal più collaudati per un ultimo sussulto energico prima di concludere con l'atmosferica Gregor, perfetta coda malinconica e crepuscolare tra suggestioni elettroacustiche e delicate sonorità.