mercoledì 17 maggio 2023
Sleep Token - Take Me Back to Eden (2023)
sabato 25 settembre 2021
Sleep Token - This Place Will Become Your Tomb (2021)
Ormai il nome Sleep Token non ha più bisogno di presentazioni, il gruppo capitanato dal misterioso frontman Vessel è passato da un seguito di culto all'interno del genere prog metal, a divenire una band trasversale che è stata capace di allargare la propria platea grazie ad un crossover tra electro pop sofisticato e djent sempre utilizzato con parsimonia ma con un'attitudine molto incisiva, tanto da poter reclamare un sound riconoscibile. E parlando di "culto", anche il concept devozionale costruito con cura, tra il mistico e il religioso, dietro alla band inglese è stato più volte ricordato, soprattutto in occasione del primo album Sundowning.
Sempre in linea con la loro filosofia pagano-gotico-depressiva, il secondo sforzo discografico degli Sleep Token prende il titolo molto esplicito di This Place Will Become Your Tomb. Anche Vessel, nel suo espressivo cantato tragico e tormentato, pare quasi un esponente mancato dell'emo invece che un malcelato seguace del pop elettronico. Se infatti Sundowning si ergeva ad un ibrido riuscito di art rock con tendenze metal e djent, This Place Will Become Your Tomb, pur facendo uso di questi tratti, mostra tutto il potenziale melodico, accattivante e "radio friendly" (per così dire) di cui è capace il gruppo. Il metal ancora sopravvive nei brani dell'album, ma è quasi soffocato da una netta sterzata su parametri pop rock manierato come in Mine e Like That, oppure nei beat elettronici di Descending.
La dichiarazione di intenti è in qualche modo svelata dalla traccia di apertura Atlantic e da quella di chiusura Missing Limbs, che si attestano come le due più pacate meditazioni sonore uscite finora dalla penna degli Sleep Token, rigorosamente interpretate con strumenti acustici - la prima col piano e la seconda con la chitarra - per imprimere un pathos da ballata romantica. In fondo gli Sleep Token sono questo: dei cantori di amore doloroso e fatalista, dove l'estetica melodrammatica di This Place Will Become Your Tomb è perfettamente in linea e continuità con tale tematica che si corona su The Love You Want, forse il più efficace condensato della direzione di questo lavoro.
Il gioco di costruire le composizioni attorno ad un crescendo emotivo si ripete di nuovo come in passato, ma stavolta molto spesso si riflette sul rendere interessante solo l'ultima parte delle canzoni, come se tutto ciò che è venuto prima fosse stato edificato unicamente in funzione di quel momento dove la tensione viene liberata. Distraction riflette un po' tale pratica, un pezzo poco interessante se non nell'ultimo minuto.
Una presenza molto più pervasiva e persistente è quella del batterista, il quale forse deve aver letto gli apprezzamenti su YouTube riguardo alle sue evoluzioni nelle esibizioni dal vivo, dando sfogo ad ogni suo incontenibile vezzo virtuoso, riportando una performance tra il grandioso e l'ingombrante. E tutto questo nonostante il prog e i vari breakdown siano quasi totalmente assenti, rendendo l'insieme meno articolato con il risultato di canzoni che arrivano troppo presto a svelare la loro forma ed essenza e per questo forse non destinate a reggere l'interesse dei molteplici ascolti.
Sull'accentuarsi della intrinseca natura pop rock che aleggia sull'album vi è pure il fattore che alcuni pezzi come Hypnosis, Telomeres e High Water avrebbero giovato di una durata più contenuta (pur non sforando più di tanto i cinque minuti). Gli Sleep Token possono benissimo permettersi di dilungarsi di meno per ciò che hanno da dire, altrimenti si rischia un generale calo di attenzione. Comunque va sottolineato in modo positivo come la band non abbia ripetuto pedissequamente la formula del primo album, anche se ciò ha voluto dire sacrificare certi aspetti estetici in favore di altri. Difficile immaginare cosa potranno inventarsi ancora dopo This Place Will Become Your Tomb, dato che ha le sembianze di un lavoro di transizione, sperando che veramente esso non diventi, parafrasando il titolo, la tomba degli Sleep Token.
sabato 23 novembre 2019
Sleep Token - Sundowning (2019)
Gli Sleep Token si sono presentati ormai tre anni fa (e indovinate chi è stato il primo a parlarne dalle nostre parti...) con le sembianze della misteriosa figura di Vessel, cantante e polistrumentista la cui reale identità viene celata attraverso una maschera. Nonostante tutto questo mistero, fin dall'inizio il progetto Sleep Token, che finora aveva prodotto solo due EP, si dichiara associato ad una mitologia ben strutturata appartenente al culto fittizio che venera un'antica divinità dal nome "Sleep" della quale Vessel si fa tramite e portavoce del suo messaggio (i ricorrenti commenti "Worship" e "Praise Him" che popolano le loro pagine social si riferiscono proprio a questo). Alcuni mesi dopo, con l'EP Two, gli Sleep Token si rivelano come una vera e propria band dove ogni membro è tenuto sotto l'anonimato coprendosi il volto dietro una maschera proprio come il leader Vessel. Ma non è finita, poiché una volta venuti allo scoperto con le prime esibizioni dal vivo tenute in Inghilterra, si dimostrano tutti abili musicisti, alimentando ancora di più la curiosità oltre ad una serie di speculazioni su chi ci sia veramente dietro questo progetto. Di sicuro è che il riserbo sarà destinato a durare, visto che anche il loro produttore George Lever in un Q&A su reddit ha imposto il veto restrittivo di non far alcuna domanda che possa far riferimento alle identità dei membri.
Anche la presentazione promozionale dell'album di debutto Sundowning è stata pensata in modo singolare, ovvero decidendo di rilasciare un brano per volta ogni due settimane in coincidenza con il calare del sole, a partire dal solstizio d'estate fino ad arrivare alla data di pubblicazione fissata per il 22 novembre. Il titolo fa infatti riferimento al nome di una particolare patologia nei pazienti affetti da demenza, in cui lo stato confusionale e di delirio aumenta quando il sole tramonta con l'arrivo della sera e del buio.
La singolare mitologia che circonda come un'aura esoterica gli Sleep Token non è però la sola cosa che ha colpito l'immaginario e sta rendendo sempre più popolare questa band nel circuito prog metal. Il peculiare amalgama della musica è stato la chiave di volta con cui la band ha saputo distinguersi. A dispetto dell'apparenza estetica che, senza ascoltare una nota, verrebbe naturale associare agli aspetti più estremi del metal, gli Sleep Token hanno mitigato l'aggressività sonora attraverso un'ingente dose di stratagemmi stilistici mutuati dal pop e dall'elettronica. Se il primo EP dava l'impressione che gli Sleep Token correvano il rischio di intrappolarsi da soli in questa formula, già il secondo smentiva tale pericolo con un approfondimento nell'impianto strumentale e dal punto di vista degli arrangiamenti.
Sundowning è ancora uno step successivo ed in particolare vede l'incremento dell'uso di tastiere e di momenti solenni che avvicinano la musica a quell'idea che per la band dovrebbe essere l'equivalente dei canti devozionali. La trascendente spiritualità di The Night Does Not Belong To God viene trasmessa da synth e da loop ambient intermezzati da cori celestiali e asprezze post rock. Se poi volessimo passare ad una mitologia sacro-depressiva The Offering ci regala uno sguardo su come potrebbe suonare il goth rock nelle mani di un gruppo djent. Levitate, essenzialmente per piano e voce, è quasi un gospel dal raccoglimento di una preghiera.
Certo, rimangono dei punti fermi ormai consolidati, come quello di far convivere in un brano delicati passaggi pop atmosferici e improvvise detonazioni djent interpretati contestualmente dalla versatile voce di Vessel, però ogni aspetto contrastante di genere è ancor più immerso e definito nella propria sfera di appartenenza. Se infatti finora il comune senso portava a paragonare gli Sleep Token con gli aspetti più nobili del pop sperimentale, come una versione prog metal dei Bon Iver, adesso le strizzate d'occhio all'electropop sconfinano nel mainstream, come succede per Give e Sugar. La band si mette in gioco anche su altri fronti come testimonia Dark Sign, che con i suoi beat elettronici, l'autotune e i campionamenti, sfiora l'RnB.
Tutte queste caratteristiche nelle intenzioni si pongono come un esperimento simile a quello dei VOLA ma, mentre il gruppo danese trova una sinergia tra gli stilemi facendo assorbire e confluire le caratteristiche l'uno nell'altro, gli Sleep Token tengono ben separati gli aspetti più pop e quelli più metal, tanto che sembra di ascoltare due band differenti in uno stesso brano. Il traguardo è rimanere del tutto credibili quando attraversano passaggi così repentini e all'apparenza così distanti in modo del tutto naturale o quando le due anime sonore si scindono completamente in versanti opposti (la dolcezza di Drag Me Under vs. la brutalità di Gods). Se infatti Sundowning ha un pregio oggettivo, oltre ad essere una collezione di brani pressoché perfetta, è quello di traghettare l'estetica utilizzata dal pop moderno dentro il mondo alternative prog e metal, non molto incline ad accettare dettami che provengono dal mainstream, come nessun'altro era riuscito a fare prima d'ora.
sabato 6 luglio 2019
Sleep Token e la strada che porta a "Sundowning"
Come ormai è nella propria tradizione misteriosa ed esoterica, anche per l'avvento dell'album di debutto degli evanescenti Sleep Token, che arriva dopo due EP e qualche singolo, è stato pensato qualcosa di particolare. A partire infatti dal 21 giugno (solstizio d'estate) il gruppo ha iniziato a rilasciare il primo dei dodici brani che faranno parte di Sundowning, il tutto procederà con cadenza regolare a distanza di due settimane, guarda caso al calare del sole, accompagnandoci alla fatidica data del 22 novembre quando sarà realizzato l'album. Tra i formati annunciati si parla anche di un box set contenente registrazioni precedenti.
Per ogni traccia è stato creato un simbolo e un artwork specifico, indicati nel sito ufficiale, come se ad ognuna di esse fosse attribuito un vero e proprio status di opera indipendente. In effetti con i due brani pubblicati sinora non solo gli Sleep Token mostrano approcci musicali differenti che proseguono nel loro mix di post metal e art rock, ma anche la capacità di operare una notevole crescita rispetto agli standard che loro stessi avevano impostato nei due EP.
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SUNDOWNING: “Sundowning, or sundown syndrome, is a neurological phenomenon associated with increased confusion and restlessness in patients with delirium or some form of dementia. The term ‘sundowning’ was coined due to the timing of the patient’s confusion. For patients with sundowning syndrome, a multitude of behavioural problems begin to occur in the evening or while the sun is setting…”
From June to November, through 12 tracks and passing seasons, Sleep Token reveals an evenly-spaced, precisely-timed sequence of recordings that stand as both individual touchstones and carefully aligned musical pieces, all informed by a common emotional thread plus a flow of graphics and videos specific to each song; the end result is a digital and physical release of the album on November 22nd, with format choices embracing a bespoke box-set containing a variety of exclusive elements, including early recordings.
Starting with ‘The Night Does Not Belong To God’, the opening track on the album, the singles will be issued, in sequence, every two weeks at sundown (GMT). ‘The Night…’ arrives on summer solstice when the sun is highest in the sky in London, descending throughout the subsequent singles releases.
Worship.
sabato 22 luglio 2017
Sleep Token - Two (2017)
Rivelatasi (si fa per dire) al mondo alla fine dello scorso anno come un'entità misteriosa formata da identità ignote, la band Sleep Token, dopo aver realizzato in modo indipendente un primo EP, ha firmato un contratto con l'etichetta inglese Basick Records che ora dà alle stampe altri tre brani inediti raccolti sull'EP Two. Chi credeva che il fatto di nascondere i nomi dei musicisti coinvolti nel progetto fosse solo una trovata pubblicitaria iniziale per poi essere svelata in seguito è stato smentito. Gli Sleep Token non solo hanno continuato a mantenere l'anonimato, ma si sono prodigati nell'alimentare il mistero che li circonda anche mediante criptiche interviste sinceramente un po' montate ad arte, descrivendosi come un gruppo di persone guidate dalla figura mascherata del cantante/leader Vessel e professando la loro appartenenza al culto di un'antica divinità chiamata Sleep della quale portano il messaggio attraverso il gruppo. Se lasciamo da parte queste pagliacciate e parliamo invece di musica, allora il discorso cambia e gli Sleep Token dimostrano di possedere effettivamente un livello compositivo profondo, esoterico ed emotivo.
Two scava forse ancora più a fondo sulle potenzialità del gruppo e completa un quadro che il primo capitolo di One aveva solo introdotto. In quei primi tre brani era presente un'idea stilistica forte e originale che metteva assieme una visione melodrammatica di canzone d'autore alternative rock arrangiata con i canoni del post rock e con oculati crescendo che sconfinavano in territori metal. Scoprendo le carte immediatamente, il rischio per gli Sleep Token di usurare dei meccanismi ed equilibri atmosferici così delicati era grande, ma Two rilancia gli stessi ingredienti con una sensibilità rinnovata e rafforzata. L'impostazione è nuovamente minimale, ma questa volta con un più ampio spettro sonico: con solo l'ausilio di tastiere a tessere le sfumature, qualche chitarra elettrica nei momenti più concitati e la voce struggente di Vessel, è impressionante il grado emotivo che il gruppo sa trasmettere. Merito di pause, dinamiche e tempi sospesi che aumentano il fascino e la sensazione di essere avvolti in un mondo notturno e gotico come nei contrasti portati in dote da Nazareth (piano elettrico e drum beat soffusi all'inizio e muri elettrici djent nel finale).
Quel senso di religiosità e raccoglimento che il collettivo vuole trasmettere, su Two prolifica sottotraccia grazie a piccoli accorgimenti. Le stratificazioni vocali di Calcutta, in alcuni punti vicini alla preghiera gospel, contrapposte ai bordoni di synth, riportano alla mente Bon Iver e i suoi impalpabili paesaggi sonori, solamente che qui si attende il momento trascendentalmente metal. Jericho ha più i connotati di una ballad post rock, tanto che è l'unica traccia nella quale Vessel accenna a qualche inflessione aggressiva nella propria vocalità. Il merito degli Sleep Token è quello di affrontare il metal negandolo allo stesso tempo. Qui non ci troviamo di fronte alle odierne peregrinazioni djent che flirtano con new age e ambient e neanche di fronte a virtuosismi prog fusion. Gli Sleep Token si sono addentrati in territori nuovi, il che non significa inediti, ma che elevano il metal a pura arte di cui possono fruire tutti. Sbrigatevi a realizzare un album.
sabato 3 dicembre 2016
Sleep Token - One EP (2016)
Mantenendo un assoluto riserbo e mistero su ciò che circonda questo progetto di cui si sa poco o nulla, gli Sleep Token pubblicano un primo EP dal titolo emblematico di One. All'interno troviamo sei tracce, anche se in realtà tre di esse sono un arrangiamento per solo piano delle prime tre. Quindi, che cosa abbiamo a livello musicale? Credo che mai come in questo caso si possa usare e abusare del termine "atmospheric metal" per descrivere la peculiare costruzione dei brani. Ad un primo approccio, chiunque si avvicinasse agli Sleep Token potrebbe pensare a tutto fuorché ad una band incasellabile nel metal. Ogni brano parte infatti come una melodrammatica atmosfera, sia nella musica evanescente sia nel cantato sospirato, che privilegia toni chiaroscuri impostati su eterei arpeggi di chitarra o tastiere e solo in seguito si palesano all'improvviso forti accenti di riff djent e muri elettrici da post metal. When the Bough Breaks fa ricorso addirittura alle polifonie in falsetto e a cappella sulla stessa linea delle vocalità di Bon Iver. Considerando che i tre brani presentati sono piuttosto simili tra loro stilisticamente, mi sembra comunque ancora prematuro dare un giudizio generale approfondito sulla proposta degli Sleep Token e su dove vorranno andare a parare.
mercoledì 14 settembre 2016
Altprogcore September discoveries, part 2: focus on Voice Coils, Crying, Doppelganger, Sleep Token
Mentre è già in preparazione l'edizione di scoperte per il mese di ottobre, mi sono ritrovato negli ultimi giorni a dover fare i conti con una tale quantità di valide band che ho deciso di dedicare un mini speciale focalizzato su quattro di queste al fine di evitare un sovraccarico di proposte che potrebbero passare inosservare e dare quindi loro il giusto risalto.
La prima band di cui voglio parlarvi sono i Voice Coils che hanno realizzato l'EP Heaven's Sense e un singolo di due tracce nel 2015 e nel 2014 rispettivamente. Il progetto nasce dall'unione di un collettivo di musicisti con alle spalle la militanza in band già note nell'ambiente alternativo di Brooklyn: Sam Garrett e Caley Monahon-Ward (Extra Life, Feast Of The Epiphany), Kelly Moran (Cellular Chaos), Kevin Wunderlich (Epistasis, Couch Slut) e Cameron Wisch (Porches). Alla voce abbiamo invece nientemeno che Mitski Miyawak, cantautrice ultimamente molto apprezzata come solista nella scena indie e il cui ultimo lavoro, Puberty 2, sta riscuotendo molti consensi. Ma torniamo ai Voice Coils nella speranza che la gran bella impressione che hanno suscitato in me venga colta anche da voi. Il gruppo suona un progressive rock avant-garde che potrebbe rientrare senza problemi nella sfera del Rock in Opposition, accostandosi a quelle band contemporanee che nel tempo hanno modernizzato le tortuose composizioni degli Henry Cow e Art Bears. Penso in particolar modo ai Thinking Plague con l'aggiunta di un senso del gotico simile a quello dei defunti Time of Orchids. Anche se viene utilizzata la classica strumentazione da rock band, già nella sorprendente An Atrium si percepisce una volontà di arrangiamento da chamber rock nella stessa prospettiva degli ultimi Kayo Dot.
Come bonus ecco un bel video playthrough per An Atrium realizzato dal batterista Cameron Wisch e il pezzo, devo aggiungere, risulta davvero impressionante nei suoi continui cambi repentini di armonia e ritmica.
Se c'è una canzone che in questi giorni non riesco a smettere di ascoltare quella è Revive dei newyorkesi Crying. Lanciata come singolo per il nuovo album Beyond The Fleeting Gales, in uscita il 14 ottobre, in meno di due giorni ha racimolato 3.800 ascolti su Soundcloud, almeno 200 dei quali penso siano i miei. Con alle spalle due EP di chiptune power pop dall'estetica lo-fi, il trio composto da Ryan Galloway (chitarra), Nick Corbo (batteria) e Elaiza Santos alla voce è pronto a fare il grande salto esordendo per l'etichetta Run for Cover Records. Galloway riporta come influenza primaria durante la stesura dell'album i Rush e il rock arena degli anni '80 che si fondono in un pastiche di AOR anomalo con dentro spore di Van Halen, REO Speedwagon, ma anche di Journey e del rock vintage/sperimentale degli Stereolab. Queste sono le tre canzoni pubblicate sinora tratte da Beyond The Fleeting Gales.
Questo EP di quattro tracce del quartetto inglese Doppelganger, anche se risalente al 2014, è assolutamente da segnalare per la sua lucida potenza e perfetta sintesi tra generi, posizionandosi a metà strada tra un poderoso post hardcore, con rocciosi riff ai limiti dello stoner, e un math rock di scuola americana con una menzione d'onore per il brano Hours/In My Head.
Gli Sleep Token sono invece una novità assoluta nel panorama post metal e che hanno appena esordito pubblicando il seguente singolo Thread the Needle, un misterioso brano dai toni dark che, nei suoi oltre sei minuti di durata, parte con un carattere atmosferico malinconico e pacato, interrotto solo dall'irrompere di una parte più massicciamente metal. Di loro per ora non è dato sapere nulla, a parte che sono inglesi e qualche voce di corridoio dei soliti ben informati che inquadra i membri come personaggi conosciuti nell'ambiente progressive metal/djent. Vedremo se con un'uscita più consistente, tipo un EP o un full length, gli Sleep Token decideranno di svelare la loro identità.