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sabato 25 aprile 2020

Gavin Castleton - Here You Go. (2020)


Nel panorama indipendente americano Gavin Castleton è una delle figure più eclettiche e imprevedibili, artisticamente parlando, ma anche un nome noto a pochi. Ma visto il suo curriculum non potrebbe essere altrimenti, provenendo da una band come i Gruvis Malt (dei quali mi sono di recente occupato) che ha fatto della fusione di generi un manifesto programmatico. Castleton si è poi infilato in una prolifica carriera solista altrettanto frammentaria, incurante di qualsiasi logica di mercato, piena di EP e album che affrontano i più spregiudicati accostamenti di genere, dall'hip hop al rock, dal folk alla rock opera (e qui mi riferisco in particolare a quel capolavoro sottovalutato che è Home di cui ho parlato qui).

Castleton ha poi collaborato come musicista dal vivo con i Rare Futures e i The Dear Hunter fino a diventarne un membro effettivo. Era quasi scontato quindi che su Here You Go. comparisse come ospite Casey Crescenzo alla chitarra elettrica ed acustica nei brani Adaptation, Modeling e Acceptance. Here You Go. è il nuovo capitolo della discografia di Castelton, un lavoro nel quale viste le scelte minimali del passato, si è speso molto in termini di produzione e composizione, ritornando dopo molto tempo su canoni meno inclini all'hip hop e alla sperimentazione elettronica, mettendo in piena luce le sue doti di cantautore art rock, abilità che aveva già mostrato su Home e che qui ritrova la propria vena creativa in forma smagliante.

Castleton si muove in territori da cantautore come accennato, ma trattandosi della sua persona naturalmente non c'è nulla di scontato. Canzoni come Adaptation e Courage assomigliano a delle brevi suite per quel gusto dell'imprevedibile direzione che prenderanno i loro sviluppi, sempre tenendo come punto fermo la tradizione pop orchestrale e folk americana. Compersion è un perfetto bilanciamento di tali elementi con le sue intro e coda sinfoniche che lasciano spazio tra i propri confini ad un cadenzato ed elettronico RnB. Nell'art pop infuso di piano di Castleton si ritrovano molti indizi di black music, come lo stesso autore non ha mai nascosto nella sua carriera, naturalmente riproposti in modo del tutto personale, come nello stomp elettronico in odore di gospel Privacy o nel mini musical che chiude il disco Acceptance.

Dal punto di vista lirico e atmosferico l'intimità e il sentimento sono gli argomenti che prendono il sopravvento anche nella musica, raggiungendo l'apice interpretativo su Modeling, un brano dove non è difficile empatizzare con lui da quanto riesce a trasmettere emozioni nel crescendo del suo percorso. Castleton sembra come voler aprire il suo cuore all'ascoltatore, soprattutto quando si spoglia di tutti gli strumenti e si confronta solo con il suo piano in Foundation, Dipping e Timing. Con Here You Go. Castleton dà prova di nuovo di appartenere a quella schiera di autori talentuosi che il mondo della musica ignora bellamente, mentre lui intanto, incurante, continua a sfornare questi piccoli grandi gioielli.


mercoledì 25 marzo 2020

I Gruvis Malt 15 anni dopo: la miglior band che non avete mai ascoltato


La prima volta che ho sentito nominare il nome dei Gruvis Malt è stato da parte di Tom Monda, chitarra dei Thank You Scientist, il che una volta ascoltati il riferimento mi è risultato piuttosto pertinente. Sì, perché nei Gruvis Malt si ritrova la stessa trasversalità di generi che attraversa la musica dei Thank You Scientist. Purtroppo i Gruvis Malt, pur essendo una band dalle notevoli capacità, non è riuscita mai ad arrivare molto lontano dai confini statunitensi per popolarità, anzi diciamo pure dai confini dello stato del Rhode Island e territori limitrofi, la zona dove il gruppo prese forma a partire dal 1995.

La formazione comprendeva fin dall'inizio Gavin Castleton (voce, tastiere e attualmente membro dei The Dear Hunter) e Brendan Bell (voce, percussioni) che insieme ad altri musicisti iniziarono la band durante il periodo delle scuole superiori, per arrivare alla line-up con Erik Nilsson (sassofono), Scott McPhail (batteria), Justin Abene (basso) e Steve Geuting (chitarra), diventando un vero e proprio culto in quegli anni come competenti musicisti di avanguardia jazz. Il gruppo espanse i propri orizzonti musicali includendo funk, hip hop, rap ed in seguito anche progressive rock. Con gli EP Breakfast All Day, Fetus e quella che viene considerata una compilation del primo periodo Cromagnetic (1998), i Gruvis Malt sperimentano i primi demo e registrazioni ancora non proprio professionali.

Il vero album d'esordio viene considerato dal gruppo Sound Soldiers (1999), in parte registrato dal vivo, che è un concentrato di musica funky e hip hop con progressioni jazz nella miglior tradizione black, come una combinazione di jam band che suonano con la stessa emotività e competenza di Spin Doctors e Prince. L'ampio spettro strumentale è completato da una sezione di fiati - che al sax di Nilsson affianca il trombone di Ethan Ruzzano e la tromba di Eric Bloom - ed anche il DJ Mr. Rourke chiamato ad occuparsi di "suonare" i piatti del giradischi, per aggiungere quel tocco di crossover alla Incubus.



Ed è proprio il DJ Chris Kilmore degli Incubus ad essere ospitato in due brani del secondo album ...With the Spirit of a Traffic Jam... (2002). Da qui iniziano veramente ad affiorare in modo preponderante vibrazioni prog, certificando il termine "futurerock" coniato dagli stessi Gruvis Malt per descrivere il loro eclettico metodo di scrittura. Come appare fin dall'introduttiva Malaise le trame strutturali si infittiscono, il piano di Castlelton si cimenta più spesso in rapsodie e fughe progressive, la sezione ritmica si adopera per aumentare le difficoltà temporali, mentre le colorature policromatiche di chitarra, fiati e archi si pongono in una terra di mezzo tra armonia e dissonanza, regalando anche momenti di pura avanguardia praticamente assenti da Sound Soldiers.



Se c'è un punto della discografia dei Gruvis Malt da dove iniziare quello è sicuramente Simon. Capolavoro senza compromessi o mezzi termini, l'abum è la quadratura del cerchio che finalmente assume una forma compatta nel diluire un solido amalgama di progressive rock, jazz, funk e hip hop. Nel senso che adesso gli strumenti come sax e tastiere non si limitano a sostenere groove funk e R&B, ma si innestano nel contrappunto rock del tessuto sonoro. Quelle di Simon sono canzoni rock dove il gruppo aumenta in modo esponenziale i trucchi strumentali e la difficoltà di percorso.



Nonostante degli intensi tour per promuovere gli album i Gruvis Malt abbandonarono l'attività live nel 2004 e si dedicarono solo alla registrazione del loro ultimo lavoro in studio che fu Maximum Unicorn (2005), considerato dai fan il disco definitivo dei Gruvis Malt, che si andava ad aggiungere ad una discografia assolutamente eterogenea. Maximum Unicorn rappresenta il lato sperimentale di Simon, quello meno accessibile e più avant-garde. Nel concludere la loro storia i Gruvis Malt producono l'album più estremo di cui sono capaci, non che non siano usciti altre volte dalla loro comfort zone, ma Maximum Unicorn è un epitaffio di una potenza unica. Dei sei elementi che componevano i Gruvis Malt, Castleton, Brendan Bell e Justin Abene andarono a formare un'altra band ancora più assurda di nome Ebu Gogo.