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venerdì 9 luglio 2021

SKE - Insolubilia (2021)


Il tastierista Paolo Botta, in arte SKE, aveva esordito come solista esattamente dieci anni fa con l'album 1000 Autunni, anche se il suo nome è stato associato ad alcuni tra i più interessanti progetti prog di casa nostra come Yugen e Not a Good Sign, due band che lo hanno tenuto impegnato durante questo distacco temporale che è intercorso tra il suo primo e il suo secondo album. Ecco quindi Insolubilia, un'opera che ha occupato un anno di lavoro e mette in musica l'interesse di Botta per i rompicapo e i paradossi.
 
Con questo in mente, Insolubilia si presenta concettualmente come un viaggio musicale che esplora tali suggestioni, servendosi delle influenze che già facevano parte del bagaglio sonoro di 1000 Autunni. Nelle complesse stratificazioni musicali ritroviamo quindi l'amore di Botta per il prog più angolare: il Rock In Opposition, l'avant-prog, ma anche il prog sinfonico di matrice scandinava come quello degli Änglagård. Nonostante ciò, questa volta l'album appare nel suo insieme leggermente più accessibile del precedente, anche se parlare di accessibilità a queste latitudini sembra paradossale, grazie a spunti e cellule melodiche che si sviluppano con maggior incisività. La sfida da decifrare per l'ascoltatore sarà in questo caso la verticalità della partitura con l'accavallarsi delle armonie, piuttosto che l'orizzontalità.
 
A tal proposito la ricchezza degli impasti è mutuata dall'impressionante stuolo di musicisti ospitati su Insolubilia (riportati in appendice se vi interessa), che è pari solo al dispiegamento della varietà di tastiere utilizzate da Botta (Hammond, Mellotron, Moog, Wurlitzer, Fender Rhodes, Farfisa, ecc.), il quale si serve di questo dispiegamento strumentale per dirigere e arrangiare le composizioni come se si fosse servito di un'orchestra o di un ensemble per costruire partiture sinfoniche. Il pezzo che dà il titolo all'album ad esempio è una suite divisa in cinque parti che troviamo scomposte nello scorrere della tracklist e dove l'ordine di apparizione delle ultime tre, forse per tener ancora più fede al tema portante, è stato posto in senso cronologico invertito (dalla quinta alla terza). La suite Insolubilia è in pratica lo sforzo più compiuto di Botta per avvicinare linguaggio colto e popolare: un concerto classico moderno riletto in chiave avant-rock che attraversa molteplici stili, i quali si rifanno a tradizione medioevale (specialmente la parte II), musica corale, etnica e folkloristica. 

In particolare le interazioni all'interno di un altro brano come Akumu, che passano con disinvoltura da innesti rinascimentali e barocchi ad elettronica rock atmosferica, o Sudo che è un tiratissimo prog rock che prende i contorni da big band, mentre la multiforme La Nona Onda si muove su canoni più aderenti al genere, talvolta genesisiani talvolta crimsoniani, sottolineano i differenti percorsi nei quali si dirama Insolubilia, proprio come le molteplici scelte e i tentativi per risolvere un rompicapo. Naturalmente nel contribuire a tali suggestioni giocano un ruolo fondamentale strumenti come fagotto, clavicembalo, mandolino, metallofoni, theorbo, che in genere troviamo solo nelle deviazioni più avanguardiste e radicali del prog, tipo Henry Cow, Isildurs Bane, Univers Zero o ancora nei già citati Yugen dei quali Botta, oltre che esserne membro, ne prosegue l'estetica con grande competenza.
 
 
Fabio Pignatelli (Goblin) - Bass, 
Luca Calabrese (Isildur's Bane) - Pocket Trumpet, 
Lars Fredrik Frøislie (Wobbler) - Harpsichord, 
Keith Macksoud (Present) - Bass, 
Tommaso Leddi (Stormy Six) - Mandolin, 
Nicolas Nikolopoulos (Ciccada) - Flute, 
Evangelia Kozoni (Ciccada) - Voice, 
Vitaly Appow (Rational Diet, Five Storey Ensamble) - Bassoon, 
Simen Ådnøy Ellingsen (Shamblemaths) - Saxophones, 
Thea Ellingsen Grant (Juno) - Voice, 
Alessandro Cassani (Not a Good Sign) - Bass, 
Martino Malacrida (Not a Good Sign) - Drums, 
Francesco Zago (Yugen) - Guitars, 
Maurizio Fasoli (Yugen) - Grand Piano, 
Valerio Cipollone (Yugen) - Clarinets, 
Elia Leon Mariani (Yugen) - Violin, 
Jacopo Costa (Loomings, Yugen) - Vibraphone/Marimba/Xylophone/Glockenspiel/Cymbalum, 
Maria Denami (Loomings) - Voice, 
Massimo Giuntoli (Hobo) - Harmonium, 
Pierre W-Cheese (Camembert, Oiapok) - Bass, 
Mélanie Gerber (Camembert, Oiapok) - Voice, 
Guillaume Gravelin (Camembert, Oiapok) - Harp, 
Pietro Bertoni (F.E.M.) - Trombone/Euphonium, 
Tiziana Armonia Alessandra Azzone (Il Giardino delle Muse) - Theorbo
 

domenica 13 maggio 2018

Not a Good Sign - Icebound (2018)


In pochi anni il progetto Not a Good Sign, pensato e formato nel 2012 dal chitarrista Francesco Zago (Yugen) e dal tastierista Paolo «Ske» Botta, è arrivato al terzo album, questa volta con qualche novità. Infatti Zago all’indomani del secondo lavoro in studio From a Distance (2015) ha lasciato la direzione del gruppo nelle mani del solo Botta che in questa sede si carica sulle spalle il peso di firmare tutte le composizioni, ad eccezione di Truth di De Sarno/Trevisan. Icebound testimonia inoltre l’ultima presenza del cantante Alessio Calandriello (La Coscienza di Zeno) che si congeda lasciando le future parti vocali al nuovo chitarrista Gian Marco Trevisan, ma le più considerevoli novità riguardano la direzione dell’album. 

Quello che era nato come un sodalizio che potesse accostare le potenzialità melodiche, alleggerendo le complessità più astruse del prog in favore di costruzioni musicali più scorrevoli, qui assume contorni propriamente avventurosi e audaci, come la lunga cavalcata Hidden Smile, brano di punta che approfondisce in maniera spigolosa e ruvida le prospettive di 1000Autunni, il bell’album solista di Botta risalente al 2011. Se infatti prima nei Not a Good Sign era rispettato il giusto equilibrio tra parti vocali e strumentali in una filosofia compositiva prossima all’estetica “song oriented”, Icebound si immerge in spazi multiformi tipici del prog e lo fa con lucidità nel mantenere legami tanto con il presente quanto con il passato. 

Le due anime di Frozen Words e Down Below si riescono ad integrare con il moderno art rock e il prog jazz, rimarcato anche dai prestigiosi interventi del sax vandergraaffiano di David Jackson che si fanno spazio nelle trame tensive di Trapped In. Alla fine però il maggior pregio di Icebound (e della band soprattutto) risiede nel fatto che, pur utilizzando timbriche strumentali ormai consolidate all’interno del progressive rock, queste si discostano da qualsiasi sterile paragone e creano una miscela esplosiva e personale. Icebound è così da catalogare come un grande album di prog moderno.


venerdì 21 giugno 2013

Not a Good Sign - Not a Good Sign (2013)


Se siete dei fan di King Crimson e Änglagård non dovreste assolutamente perdervi l'esordio omonimo di questa nuova italianissima band. Nuova si fa per dire, poiché i protagonisti del "progetto" sono ben noti nell'ambiente progressivo e quindi si potrebbe parlare di supergruppo vero e proprio. L'idea Not a Good Sign nasce dai due Yugen Francesco Zago (chitarra), Paolo "Ske" Botta (tastiere) e l'etichetta AltrOck di Marcello Marinone, coinvolgendo Gabriele Colombi (basso) e Alessio Calandriello (voce) dei La Coscienza di Zeno e, infine, Martino Malacrida (batteria).

L'album si spinge volutamente verso un omaggio al prog rock degli anni '70 con un occhio a sonorità moderne da rock alternativo. Anche se i Not a Good Sign partono dall'eredità di Yugen e Ske (il disco solista), avendo come compositori Zago e Botta, l'album guarda al versante "song oriented" invece che alle complesse suite strumentali. Ma non tragga in inganno l'appellativo "song oriented" poiché esso vuol più che altro riferirsi all'uso di voce - l'ottimo Calandriello e, da segnalare, l'ospite Sharron Fortnam dei North Sea Radio Orchestra - e a brani strutturati in maniera più fluida e meno cervellotica anche se le complessità compositive non mancano di sicuro. Insomma Not a Good Sign trova un buon compromesso tra prog sinfonico e sperimentale.

Se vi piacciono i suoni di tastiere vintage abbinati a chitarre che sanno essere aggressive, ma anche lisergiche, che si rifanno alle sonorità dei due gruppi prima citati (ai quali potremmo aggiungere anche White Willow e gli immancabili Genesis) Not a Good Sign farà per voi.
Qui sotto potete ascoltarlo interamente in streaming:




http://production.altrock.it/