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domenica 21 luglio 2024

I migliori 12 album Emo Prog di tutti i tempi


Dato che in giro tra blog e siti musicali è molto in voga creare liste e Top 10 su svariati argomenti (come sempre opinabili e la presente non è da meno) mi sono cimentato anch'io a compilarne una, soprattutto dopo che Loudwire si è interessato di recente alla fusione tra prog ed emo nell'articolo "The 10 Best Emo-Prog Bands of All Time" ed io stesso ho provato a fare un sunto sul tema nel numero di maggio di Prog Italia. In passato qui sul blog mi sono già occupato della materia, molto poco e molto meno di quello che vorrei in realtà, poiché tale tipologia di ibrido sembra non susciti interesse o curiosità nei fan italiani del prog moderno, ma pure nei frequentatori di altprogcore. Può essere che risulti un connubio troppo azzardato e indigesto o forse proprio non è un genere che incontra i gusti musicali del pubblico europeo, abituato a contenere i paletti del prog moderno nei confini di band come Opeth, Porcupine Tree, Leprous, Big Big Train, ecc. che con il tempo producono album sempre meno interessanti ma che comunque si muovono in una sicura comfort zone dalla quale è difficile staccarsi.

Al contrario, in questi altri orizzonti prettamente statunitensi si trovano idee, intuizioni e sperimentazioni se non altro inedite e più stimolanti, magari anche perché a crearle sono artisti che non hanno avuto legami esclusivamente con il prog e che neanche sanno di cosa si parli quando ci si riferisce alla frangia sinfonica del genere. Come l'articolo di Loudwire testimonia, credo che siamo arrivati ad un punto in cui non si può ignorare il nuovo connubio tra prog ed emo, tanto che nel 2024 sono stati pubblicati nel giro di poco tempo dei lavori importanti per la sua affermazione da parte di band appartenenti alla cosiddetta "quinta onda emo", riuscendo a rafforzare tale unione grazie a creatività e voglia di sperimentare indirizzate nella giusta direzione.

Ad essere precisi comunque questo sodalizio parte da lontano, ovvero da quando il post hardcore e il math rock ad inizio secolo hanno iniziato a comprendere tratti più ambiziosi, trame articolate e complesse sonorità molto allargate sul fronte dello stile. Poi c'è il versante più strettamente legato all'emo e alle sue "ondate" che, passo dopo passo, ha operato un progressivo avvicinamento a caratteri sfaccettati e innovativi che esulano da ciò che il mainstream ha fatto passare come idea estetica imperante nel momento in cui ci fu l'esplosione dell'emo pop (terza onda) all'inizio degli anni 2000 con gruppi come My Chemical Romance, Fall Out Boy, Panic! At the Disco e Paramore. A guardare bene quindi ne viene fuori uno scenario composito e diversificato del quale la "quinta onda emo" è solo una recente frazione che ha aiutato a solidificare tale connubio, sviluppando i canoni stilistici offerti dalle varie ondate - post rock, chiptune, jazz, bedroom pop, math rock - e servirsene per trasformarli in una nuova forma di Emo Prog. 

Qui di seguito ho cercato di compilare una esaustiva e rappresentativa lista di 12 album, in ordine rigorosamente cronologico, che spazia dagli albori di questo strano legame fino ad arrivare alla sua ultima e ancor più imprevedibile incarnazione.




1. Coheed & Cambria - In Keeping Secrets of Silent Heart:3 (2003)
I Coheed & Cambria vengono giustamente designati come pionieri nel coniugare post hardcore, emo e prog rock grazie all'album d'esordio The Second Stage Turbine Blade del 2002 (anche se un tentativo lo si poteva già riscontrare nel primo e unico disco dei Breaking Pangea con il brano Turning). Nonostante quel disco rappresenti un importante punto d'origine per la fusione dei generi, è con il suo successore In Keeping Secrets of Silent Earth:3 che la band di Claudio Sanchez raggiunge la piena forma prog, oltre che una maturità e varietà stilistica, mettendo in chiaro come un gruppo dalle origini emocore potesse puntare sulla perizia strumentale per sviluppare il proprio sound. Durante l'album si può oscillare dall'orecchiabilità contagiosa del singolo A Favor House Atlantic ai macchinosi e articolati riff in continua evoluzione di The Crowing, per arrivare infine alle conclusive simil-suite con flauti, synth e ricami chitarristici The Light & The Glass e 21:13, nelle quali i Co&Ca si avvicinano a tensioni e progressioni che giustificano i paragoni fatti più volte dalla stampa musicale con i Rush
 




2. The Velvet Teen - Elysium (2004) 
La critica non ha mai saputo in quale categoria esatta inquadrare i The Velvet Teen a causa della loro imprevedibilità stilistica. Il primo album Out of the Fierce Parade si attestava in una zona grigia tra indie rock ed emo influenzati dall'art pop aristocratico dei Radiohead. Il suo successore Elysium fu una spiazzante deviazione verso un'opera di baroque chamber rock che abbandonava per scelta le chitarre e le sostituiva con tastiere, piano e un'orchestra da camera con fiati e archi. I The Velvet Teen non erano esattamente emo, ma le loro sonate romantiche che si spingono oltre il limite condividevano la sensibilità con alcuni angoli della scena emo. Le tracce di Elysium sono un'apoteosi di crescendo emotivi sottolineati dalla vocalità melliflua ma altamente espressiva di Judah Nagler che prende il volo sulla crepuscolare amarezza di A Captive Audience e nel centro emotivo dell’album occupato dall’epico tour de force di tredici minuti di Chimera Obscurant che, dopo poche strofe accompagnate da accordi di piano con una ritmica jazz, si trasforma in un logorroico sfogo musicale. Un album che rispecchia l'introversione e la malinconia emo attraverso melodie notturne ma che celano potenza. Un vero capolavoro senza tempo e genere. 
 




3. The Receiving End of Sirens - Between the Heart and the Synapse (2005)
Nei primi anni in cui veniva a galla l'intreccio tra emo e post hardcore era piuttosto comune inserirvi delle band che fossero adiacenti ad entrambi i generi, dato che la categoria di appartenenza proveniva dalla stessa matrice punk. La linea che demarcava le peculiarità delle due categorie era sottolineata, da un lato, da una spiccata predisposizione per le melodie pop punk (l'emo) e, dall'altra, dalla forte componente aggressiva con ricorso a scream e harsh vocals (post hardcore). I The Receiving End of Sirens, forti di un arsenale di tre chitarre, tre voci principali che si alternano tra lead vocals e intrecci polifonici, mettono insieme il meglio dei due mondi e non solo, alzando l'asticella verso un'inedita visione da arena prog con grandiosi passaggi di interplay chitarristici, enfatiche e frastornanti parti vocali, architetture sonore sature sia nelle ritmiche che nei tappeti sonici elettrici. Le canzoni di Between the Heart and the Synapse sono monumenti al post hardcore più solenne e magniloquente. 
 




4. Gospel - The Moon is a Dead World (2005)
Lo status da culto ristretto di cui hanno goduto i Gospel non ha impedito a quella che per molti anni è stata la loro unica testimonianza discografica - The Moon is a Dead World - di acquisire con il tempo un'aura mitologica. Nati dalle ceneri del gruppo screamo Helen of Troy, i Gospel mantennero la traiettoria di questo sottogenere dell’emo che ne esasperava la parte caotica e sperimentale soprattutto dal punto di vista vocale, adottando costantemente un registro scream. Dall’altra parte i Gospel operarono un salto rilevante sul versante strumentale spostando la veemenza del post hardcore verso le complesse coordinate del progressive rock, lasciando una traccia importante per aver apportato nuovi parametri al genere. Come già sperimentato dai The Mars Volta, i Gospel si erano impegnati a rendere cerebrale il punk hardcore, ma con caratteristiche ancora più accese ed estreme. I synth, l’organo e le tastiere di Jon Pastir, fusi assieme alla chitarra di Adam Dooling e con la sezione ritmica guidata dalla batteria indomabile di Vincent Roseboom e dal basso massiccio di Sean Miller, formavano un requiem sinfonico incessante, contrappuntato dalla vocalità screamo di Dooling, per arrivare ad un punto di saturazione di ogni aspetto. 





5. The Dear Hunter - Act II: The Meaning of, and All Things Regarding Ms. Leading (2007)
Come per i Coheed & Cambria i The Dear Hunter vengono generalmente associati all'emo soprattutto in virtù dei loro primi due album. Il leader Casey Crescenzo se ne allontanerà progressivamente per abbracciare un prog più barocco e teatrale, ma agli albori dei The Dear Hunter era ancora fresco di fuoriuscita dai The Receiving End of Sirens, motivo per cui Act I e II beneficiano ancora di quell'influenza. Questo album in particolare è un magnum opus di 77 minuti che spazia tra il prog hardcore dei The Mars Volta al musical da operetta dei Queen, dal rock orchestrale al pop di Tin Pan Alley e che tramuta una molteplice parata di generi tra soul, blues, americana, rock opera e le trasfigura in chiave prog rock. E proprio in continuità con questo genere ne rispecchia una visione grandiosa e imponente, generando uno dei concept album più incisivi del prog moderno. 






6. The Brave Litlle Abacus - Masked Dancers: Concern in So Many Things You Forget Where You Are (2009)
I The Brave Litlle Abacus, dopo gli American Football e Sunny Day Real Estate, sono forse i più influenti e citati alfieri dell'emo, avendo anticipato quasi involontariamente tutte le caratteristiche che hanno preso forma e abitudine nel genere dopo la quarta onda emo. Come gli American Football anche il loro catalogo è stato scoperto quando la band già non esisteva più e la sua importanza a livello ereditario non ha fatto che crescere nel tempo per ciò che riguarda l'importanza della sperimentazione. E' incredibile notare come nei Brave Little Abacus si possano rintracciare già tutti i prodromi musicali ricorrenti nel post emo in forma primordiale: il ricorso al lo-fi del bedroom pop e al chiptune contrapposti a strutture complesse con richiami math rock, l’uso distintivo di una strumentazione allargata con piano, fiati e percussioni programmate che concorrono ad architettare un hardcore barocco. Per i Brave Little Abacus l’esplorazione di nuove possibilità non si esauriva solo all’uso di strumenti eterogenei, ma anche nel dilatare i tempi di un brano in modo da accrescere il pathos delle variazioni offerte e così facendo anche del crescendo emotivo, come nell’avvio di I See It Too con quel suo indolente e reiterato riff iniziale. La musica cambia traghettata da un singolo accordo ad arpeggi con shredding e tapping alla chitarra acustica, da una sezione di fiati all’integrazione di tastiere atmosferiche. I The Brave Little Abacus non erano interessati all’edificazione in senso lato, ma piuttosto al continuo mutamento e con con i dieci minuti di Born Again So Many Times You Forget You Are si inventano la prima suite “midwest prog” della storia. Gli intricati arabeschi chitarristici e ritmici di Underground che rimettono continuamente in discussione lo svolgimento del pezzo in modo repentino e assolutamente disordinato fanno sembrare la band una versione avant-garde dell’emo, mentre gli oltre sette minuti di Untitled sembrano una mini odissea sonora per quel suo dischiudere una varietà di temi impressionante. Quando i brani si accorciano non sono da meno e il risultato finale è più vicino al prog sperimentale di quanto si pensi, ma purtroppo i The Brave Little Abacus erano troppo sconosciuti per attribuirgli l’invenzione di un nuovo sottogenere. 
   




7. The Felix Culpa - Sever Your Roots (2010)
Con Sever Your Roots i The Felix Culpa consegnano alla storia il capolavoro prog emocore definitivo, ignorato e dimenticato da tutti. Ogni cosa che lo riguarda assume i contorni di un'opera grandiosa, nella sua ora di durata le quattordici tracce che fanno parte del disco hanno modo di mettere in campo un ventaglio di espressioni che passano dalle dilatazioni del post rock, dalla convulsa articolazione del math rock fino alla quiete delle ballad struggenti. Il tutto viene condotto con improvvise svolte tematiche, leitmotiv che ritornano e si nascondono nel camaleontico scorrere da un brano all'altro con una consistenza sonora omogenea che non spezza mai la tensione. I The Felix Culpa conducono la dinamica dell'album come fosse un concept unitario, anche se a livello lirico si pone su interpretazioni aperte. Non è una rock opera punk ma ne ha alcune caratteristiche grazie all'aggiunta di piano e archi che ne arricchiscono la proporzione bombastica e quasi barocca. La tensione dinamica dei crescendo è condotta in modo magistrale, mentre l'aggressività non viene mai espressa in forma di rabbia cieca e veemente, ma si impone con visceralità, elementi che vanno a concorrere ad aumentare quel senso di experimental post hardcore da camera di un lavoro in cui l'emotività esecutiva è palpabile ad ogni secondo. 
 





8. Emery - You Were Never Alone (2015)
Nel caso degli Emery la tentazione di includere ...In Shallow Seas We Sail era forte, ma la scelta nel preferirgli You Were Never Alone è giustificata dal fatto che possiede dei tratti più accostabili a parametri prog. Questo la dice lunga sulla discografia degli Emery composta di album per lo più di  qualità eccellente. Nonostante ciò, difficilmente troverete il nome degli Emery citato in qualche lista emo o post hardcore, dato che lo stigma di "christian band" sembra avergli precluso qualsiasi considerazione da parte della critica. Raramente mi è capitato di scoprire un catalogo impeccabile come quello degli Emery e You Were Never Alone raggiunge forse l'apice della loro proposta. La tecnica di accostare le più limpide melodie emo pop con l'ausilio di ineccepibili armonie vocali e farle cozzare contro repentine svolte abrasive metalcore non ha eguali in altre band e in questo album il gruppo si concede il massimo della libertà e sperimentazione nell'oscillare tra i due umori in modo tecnicamente complesso ma accessibile. Thrash e la coda finale di What's Stopping You stanno lì a testimoniarlo dato che non potrebbero essere più estreme nella propria dicotomia. Mentre le vertiginose e imprevedibili progressioni di Salvatore Wryhta e Go Wrong Young Man rivaleggiano con la competenza dinamica ed esecutiva degli Ocenasize.





9. Adjy - The Idyll Opus (I-VI) (2021)
Gli Adjy mostrano il lato folk e chamber rock del midwest emo e The Idyll Opus (I-VI), al di là di essere un concept album in due parti, si sviluppa come un concerto per sei suite, con tanto di leitmotiv abbinati ai protagonisti della storia, nelle quali la band si destreggia come fosse un piccolo ensemble di musica neo folk americana con ampio uso di percussioni, fiati e banjo, eredi degli Anathallo quanto innovatori di un linguaggio progressive folk che parte dalle tradizioni musicali dei monti Appalachi, luoghi dove il disco è stato concepito. L'irruenza emo punk è presente nella gioiosità delle melodie che esplodono con gli stessi crescendo del post rock e le dilatazioni temporali dei brani ne cambiano di continuo la prospettiva durante il loro dipanarsi. Come gli Adjy attingono a piene mani dal folk, dal country, dal bluegrass, servendosi di quel genere musicale chiamato appunto “americana” per stigmatizzare stilemi che appartengono a quella tradizione, allo stesso modo li trasformano in qualcosa di trascendentale, trasfigurandoli attraverso la chiave moderna del chamber rock, delle dinamiche del midwest emo e della maestosità del progressive rock, in una tela intricata e ricca di timbri sonori.
   




10. The World Is a Beautiful Place & I Am No Longer Afraid to Die - Illusory Walls (2021)
Pionieri nel fondere le dinamiche dilatate del post rock con l'estetica math rock del midwest emo negli album Whenever, If Ever e Harmlessness, nel loro quarto lavoro Illusory Walls i TWIABP cercano di approdare ad un più alto livello sperimentazione e ambizione, bastassero come prova solo i lunghi trip stellari di Infinite Josh e Fewer Afraid per darne prova. Ma la band in più aggiunge una rilettura inedita dei tapping math rock nel momento in cui li accosta a sintetizzatori che creano spazi sonori che trasmettono inquietudine e a vortici metal oscuri e apocalittici.

 



11. Glass Beach - Plastic Death (2024)
Con il primo album nel 2019 i Glass Beach hanno creato un nuovo paradigma di emo quando, per la prima volta, si sono azzardati ad introdurre l'uso di accordi derivati dal jazz, assurde timbriche di tastiere a metà strada tra le colonne sonore per cartoni animati e il musical di Broadway, condite da un'estetica da bedroom pop figlia della comunità online, luogo virtuale dove la quinta onda ha proliferato. Plastic Death è ancora più complesso e ambizioso di The First Glass Beach Album. Quello della band è un gioco all’accumulo, stando però attenti a dosare bene gli ingredienti della musica moderna che si ciba principalmente di elettronica e avanguardia. E se in ambito rock questi due elementi si ricollegano quasi inevitabilmente ai Radiohead, complice la vocalità opaca e strascicata simile a Thom Yorke del leader J McClendon, i Glass Beach mantengono uno stralunato approccio per dare la sensazione di un costante senso di “weirdness” all’interno della musica, come una versione futurista del dadaismo patafisico dei Soft Machine di Volume 2. Questo lo si nota tanto nell’eccentrico patchwork di acquerelli swing pop di motions, guitar song, rare animal e cul-de-sac, quanto nei puzzle camaleontici e cervellotici di slip under the door, the CIA e commatose

 



12. Topiary Creatures - The Metaphysical Tech Support Hotline (2024)
Come si fa ad inventare un sound riconoscibile e peculiare nel 2024, quando tutte le strade musicali sembrano essere state battute? The Metaphysical Tech Support Hotline ci riesce partendo da un'idea massimalista del punk, basata sull'accumulo non solo architettonico ma anche stilistico. Il terzo album dei Topiary Creatures è una summa delle varie forme che ha assunto l'emo nelle sue cinque ondate ed in più le rilegge a proprio modo. Il prog è trasfigurato da synth ipercinetici che sembrano provenire da soundtracks per video games, la potenza del power pop si scontra con squarci metal e le ballate acustiche si fregiano di intarsi chitarristici math rock e midwest emo. La produzione viene ammantata da un'aura bedroom pop solo all'apparenza, dato che per contrasto l'accumulo di strumenti e sfumature timbriche suggerisce un lavoro di architettura sonora mastodontico. The Metaphysical Tech Support Hotline si espande in tante direzioni contemporaneamente ma non suona come niente là fuori, è davvero difficile trovare un termine di paragone. Una delle cose che non mi spiego è perché i Topiary Creatures, appartenendo a buon diritto alla quinta onda emo, non siano riusciti a beneficiare di quell'hype online che ha origine in siti come RateYourMusic o social come Discord e Reddit che da qualche anno si sono rivelati di grande aiuto per far emergere dall'anonimato i nomi di Parannoul e Glass Beach. Di sicuro sono il nome più rilevante che il genere ha da offrire ultimamente.

lunedì 23 maggio 2022

Coheed and Cambria - Vaxis II: A Window of the Waking Mind (2022)

 
 
Il rapporto con i Coheed and Cambria può essere frustrante, poiché nella loro carriera ormai ventennale sono passati da album brillanti e intuizioni ad alto potenziale ben esposte, ad altri in cui le loro doti vengono sopraffatte da ipertrofiche repliche di idee riciclate, appesantite da dimenticabili melodie.  Dopo il mezzo passo falso con The Color Before the Sun (2015), che per i Co&Ca era praticamente la prima raccolta di canzoni inedite slegata da qualsiasi contesto della saga "Amory Wars", Sanchez e soci nel 2018 hanno optato per un ritorno alla forma con Vaxis – Act I: The Unheavenly Creatures. Vaxis II: A Window of the Waking Mind, che sarebbe dovuto uscire il 27 maggio ma poi è slittato a giugno per il diffuso ritardo nella manufattura dei vinili (grazie Adele!), è il decimo album del gruppo e, come il titolo fa intuire, rappresenta il secondo capitolo di una nuova storia all'interno dell'ormai infinita saga sci-fi.

Questa volta però, al di là di qualsiasi giudizio e punto di vista si consideri, Vaxis II è il primo lavoro dei Coheed dopo molto tempo a provare e ad aggiungere qualcosa di nuovo nel loro universo sonoro e allo stesso tempo a rimanere fedele alla propria estetica. Non per questo però bisogna mettere le mani avanti e si dia per scontato che l'esperimento sia riuscito. A giudicare dall'intro solenne di The Embers Fire, pare attenderci un viaggio epico in un concept emo per emarginati, nella vena dei My Chemical Romance, ma Beautiful Loser e Comatose rientrano in piena modalità emocore/pop punk col marchio Co&Ca, ripresa più avanti anche da The Liars Club. Cadenzato da un ritmo moderato la prima, più propulsive le ultime due, ma fondamentalmente tutte e tre focalizzate nel dare una differente lettura di cosa significa per la band scrivere pezzi ad alto tasso di contagiosità. Un proposito o concetto, quello della maggiore semplificazione, che sembra essere al centro della direzione dell'album, dato che le prime 10 tracce non toccano mai e non vanno oltre i quattro minuti di durata.

Il timbro elettrico virulento che assume Shoulders è vicino all'industrial/nu metal e dona al brano un aspetto aggressivo, salvo poi tornare durante il chorus sui canoni cantabili alla Coheed. Con A Disappearing Act si ha il primo assaggio delle nuove contaminazioni portate in dote da Vaxis II, le quali vedono intento il gruppo a flirtare con il pop e il synthpop come mai fatto finora: ritmiche che sfiorano la dance, refrain tastieristici ballabili che si incontrano con cadenze da arena rock. L'esperimento continua su Love Murder One che appare come una articolata hard rock ballad con un groove ritmico killer, ma la vera sorpresa è l'uso dell'autotune da parte di Claudio Sanchez. Il principio si spinge al limite su Bad Man, che è un ibrido di electro rock e synthpop abbastanza dimenticabile.

Negli ultimi tre brani i Coheed riprendono il timone del loro spirito primario e, se con Ladders of Supremacy attivano la modalità "epic prog" grazie alla quale sembra essere tornati ai tempi del dark metal progressivo di Good Apollo, I'm Burning Star IV, la seguente Rise Naianasha (Cut the Cord) ne abbraccia la parte più melodica e anthemica. Il gran finale riservato dalla title-track spende la carta della grandiosità alternata alla pomposità, ponendo in sottofondo un'orchestra con fiati e archi che fanno da sfondo ad uno sviluppo multitematico dove si contrappongono marziali esplosioni elettriche e movimenti da colonna sonora. L'amalgama suona come qualcosa di mai provato nell'universo Coheed, forse la cosa più vicina che abbiano mai prodotto alla natura "cinematica" della loro saga . Il che suona strano che ci siano arrivati solo ora, per un gruppo che ha fatto della narrazione per immagini il proprio scopo stilistico. Tutto considerato Vaxis II ha dei buoni momenti, ma manca quella scintilla che possa far spiccare almeno due o tre brani per renderlo al pari delle loro migliori prove, ma va piuttosto ad attestarsi in un punto intermedio del loro repertorio.

mercoledì 10 ottobre 2018

Coheed and Cambria - Vaxis – Act I: The Unheavenly Creatures (2018)


Chiusa e aperta in un batter d'occhio la parentesi di The Color Before the Sun, unico album nella discografia dei Coheed and Cambria slegato alla saga The Amory Wars, il gruppo guidato mente, chitarra e voce da Claudio Sanchez ritorna alla forma concept per quello che si appresta ad essere il primo capitolo di un'altra parte della storia ampiamente sviluppata (anche in una serie di fumetti) e già detentrice di una vastissima mitologia. Quindi, dopo la sbornia epico fantascientifica portata avanti per ben sette album, i Coheed and Cambria con l'ottavo The Color Before the Sun avevano deciso intenzionalmente di prendersi una pausa anche a livello musicale dalle complesse strutture epic metal, alleggerendo e allentando le arie da rock opera in favore di un alternative rock dai tratti quasi pop punk.

La decisione ha avuto vita brevissima poiché adesso The Unheavenly Creatures si spinge in una direzione opposta su tutti i fronti. Prima di tutto la durata: Vaxis è un album lungo (80 minuti!), troppo lungo. Una percezione amplificata dal fatto che il suo contenuto non aiuta affatto a farlo percepire scorrevole e "leggero". Certo la "leggerezza" è una cosa che non si può chiedere ai Coheed and Cambria e non mi riferisco alla musica, ma a quel senso di gravosa epicità che da sempre risiede intrinsecamente nelle loro composizioni. Il quartetto americano ha attraversato varie fasi, la cui progressione, tra alti e bassi, li ha portati a toccare varie sfumature stilistiche comprese tra prog emocore, epic metal, AOR, rock opera, rimanendo comunque sempre ben riconoscibili. Per dirlo in breve: è incredibile come nella loro carriera i Coheed and Cambria siano stati capaci di scrivere pezzi dalle caratteristiche che possono abbracciare umori metal agli antipodi, tanto oscuri e apocalittici un attimo prima, quanto zuccherosi e aperti al pop metal quello dopo.

E qui si arriva al secondo punto. Nella sua densità Vaxis – Act I: The Unheavenly Creatures riesce a comprendere tutto questo spettro estetico: dai riff doom di The Dark Sentecer fino ai coretti "nanananaaaa" di Old Flames. Nonostante ciò l'opera nona dei Coheed non è un viaggio esente da confusione e rischio di perdersi, anche dopo svariati ascolti. Questo perché l'abbondanza di materiale accentua la difficoltà di riconoscere dei nuovi classici o comunque qualche cosa che rimanga impressa. Tutto si risolve in una piattezza asettica che forse salva giusto le lodevoli Love Protocol e The Pavilion (con un bell'inserimento di orchestra), nelle quali si ritrova lo spirito dei Coheed più genuini. Quanto detto apparirà paradossale per un album che sembra essere l'equivalente di un ampio catalogo di inediti che riassume una carriera quindicennale, ma a The Unheavenly Creatures manca quell'eclettismo e la sana voglia di ricercare nuove sfumature che, ad esempio, avevano provato con più efficacia nei due volumi di The Afterman.



martedì 12 agosto 2014

Thank You Scientist: "Maps" in vinile e nuovo album nel 2015


La notizia è troppo clamorosa per liquidarla con un tweet. Il frontman dei Coheed and Cambria Claudio Sanchez ha appena avviato una propria etichetta indipendente, la Evil Ink Records, che promuoverà band progressive rock e indovinate i primi ad essere messi sotto contratto chi sono?
Ma i Thank You Scientist naturalmente! Che ad ottobre saranno di spalla nei concerti americani dei Co&Ca.
Come prima cosa il 30 settembre uscirà la versione in doppio vinile a 180 grammi di Maps of Non-Existent Places remixato e rimasterizzato e nel 2015 è atteso il secondo album del gruppo. Per rendervi conto del remix fatto all'album ascoltate voi stessi come suona adesso My Famed Disappearing Act:

http://evilinkrecords.com/


domenica 20 gennaio 2013

COHEED AND CAMBRIA - The Afterman: Descension (2013)


Infine eccoci arrivati alla seconda (e conclusiva) parte del concept album The Afterman che sarà pubblicato il 5 febbraio, a quattro mesi di distanza da Ascension. Questo secondo capitolo denominato Descension rappresenta una degna prosecuzione del suo predecessore. L'album completa e fortifica tutti quegli elementi che già erano presenti in Ascension, facendo di Descension una nuova prova riuscita. Quindi, molto di quello che è stato detto, rimane valido anche in questo caso. Ciò che troviamo qui è invece una visione possibilmente più "pop rock" e, azzarderei, quasi solare dei Coheed and Cambria, lasciandosi alle spalle molti dei toni cupi e melodrammatici che avevano caratterizzato le loro opere precedenti. Descension è un lavoro che fa presa quasi immediata sull'ascoltatore grazie ad una serie di brani talmente memorabili da consegnarci uno degli album più azzeccati da Claudio Sanchez e compagni.

Pretelethal apre con un'atmosferica onirica e quasi inconsueta per i Coheed and Cambria, che porta dritti verso il primo cavallo di battaglia Key Entity Extraction V: Sentry the Defiant, meastosa e dura come le altre quattro sezioni presenti su Ascension. Qui siamo già in pura estasi hard rock alla Rush, dei quali i Co&Ca sembrano una versione riveduta e corretta per le nuove generazioni. The Hard Sell con la sua cadenza funk, mascherata molto bene sotto i colpi dell'hard rock, vuol rendere forse omaggio ad Another Brick in the Wall, part 2, opinione che si rafforza con l'arrivo dell'assolo molto gilmouriano. 



Con Number City arriviamo alla canzone più orecchiabile della collezione: un'elettronica sbarazzina introduce un furbo tema rock funk. Il chorus ci coglie quasi di sorpresa grazie ad un cambio di tonalità, una sezione di fiati (essenziale e non invadente), bel ritmo e molto cantabile. Gravity's Union ci riporta alle atmosfere che sono più congeniali al gruppo: un maestoso hard prog che riprende addirittura le reminiscenze di un pezzo stellare come The Crowing.

Da questo punto in poi più ci si avvicina al finale più crescono le emozioni. Away We Go e soprattutto la conclusiva 2's My Favorite 1 sono due canzoni di grande impatto melodico che andranno annoverate tra le cose migliori della band, dimostrando come i Coheed siano capaci di sfornare dei potenziali hit single che canteresti e ascolteresti per ore. Spensierate alla maniera dei Van Halen e dei Journey, qui siamo dalle parti del miglior classic rock americano. La ballata acustica Iron Fist è una nuova The Afterman, mentre Dark Side of Me alterna dolcezza e malinconia non rinunciando ad un bel chorus potente. Non è una coincidenza che Claudio Sanchez abbia scelto la graphic novel come media per dare corpo alle storie narrate in The Amory Wars. La musica dei Coheed and Cambria sembrerebbe infatti perfetta per fare da sfondo alle avventure fantastiche che una volta apparivano in riviste a fumetti come Métal Hurlant.

Un bilancio delle due parti di The Afterman lo si potrebbe riassumere in una ritrovata e rinnovata vena creativa che privilegia uno snellimento delle forme, il parziale allontanamento da impostazioni seriose e apocalittiche, delineando i contorni di un moderno AOR per uomini pensanti. Difetti? Veramente pochi, e anche se ce ne fossero ero troppo impegnato nel godermi il grande ritorno in pista di questo gruppo per notarli. Sarebbe il caso di aggiungere: "Welcome Home Coheed and Cambria!".



www.coheedandcambria.com


BONUS:
Key Entity Extraction V: Sentry the Defiant (acoustic version)

domenica 7 ottobre 2012

COHEED AND CAMBRIA - The Afterman: Ascension (2012)


I Coheed and Cambria hanno rappresentato, congiuntamente a The Mars Volta e The Dear Hunter, una sacra trinità che ha tracciato le coordinate di un rinnovato post hardcore progressivo aggiornato agli anni Zero. Proprio i primi due gruppi hanno avuto una parabola artistica simile: dopo due album eccellenti si sono impantanati in un paludato manierismo del proprio stile. A deludere di più sono stati proprio i Coheed, tanto che non farei fatica a bollare i loro ultimi due lavori in studio come pessimi e, senza ripetermi, vi rimando a ciò che avevo scritto ai tempi di Year of the Black Rainbow.

Un certo sospetto per questo concept doppio (la seconda parte uscirà a febbraio) capirete a questo punto che era del tutto legittimo, infatti lo avevo liquidato abbastanza prematuramente. Questa volta però sono contento di essermi sbagliato dato che The Afterman: Ascension riporta la band di Claudio Sanchez in pista, facendolo somigliare tanto ad una nuova rinascita. Sanchez infatti, dopo aver narrato le gesta della famiglia Kilgannon, apre un nuovo concept, questa volta ispirato ad una costola della saga Amory Wars (a proposito, sapete che Mark Wahlberg e Stephen Levinson hanno comprato i diritti della storia per farne un film?), segnando il debutto al basso di Zach Cooper, oltre che il ritorno dietro i tamburi di Josh Eppard.

Certo, non c'è da gridare al miracolo, ma sicuramente The Afterman: Ascension è la cosa migliore del gruppo pubblicata  dai tempi di In Keeping Secrets of Silent Earth 3. Se ascoltiamo Key Entity Extraction I: Domino The Destitute in effetti si ha l'impressione che non sia cambiato molto. Forse perché è il brano che resta più ancorato al passato, sia per le sue strutture, sia per gli accorgimenti stilistici. Altrimenti l'opera ci regala un pugno di brani rocciosi e anthemici dalla durata abbastanza contenuta (tanto che il lavoro non arriva a 40 minuti di durata, il che è una novità per i Co&Ca). Quindi cosa è cambiato rispetto agli album precedenti? Il primo dato lampante è che l'heavy rock del gruppo si è fortunatamente liberato di quell'alone kitsch quasi da glam rock pacchiano, responsabile di aver frenato la componente progressiva. Il secondo dato è che questa volta i pezzi hanno avuto il tempo di maturare un retrogusto psichedelico, tipo la dolce The Afterman, arrangiata come una ballata spaziale con tanto di violini. Anche se non sarà immediatamente lampante, ciò si nasconde pure tra le pieghe dei brani più aggressivi.



Il brano che più di altri mette in chiaro la ritrovata ispirazione per un rock ad alta tensione è la viscerale deflagrazione di Key Entity Extraction III: Vic the Butcher, quasi drammatico e serioso per quanto presenta toni dark. Anche se il vero pezzo da novanta arriva quasi nel finale con Key Entity Extraction IV: Evagria the Faithful, un soul progressivo dove la sapienza strumentale, melodica e ritmica del gruppo raggiunge livelli sopraffini. Da annoverare immediatamente come una delle migliori composizioni di sempre dei Coheed and Cambria. I pesanti riff da blues trasfigurato di Mothers of Men e Key Entity Extraction II: Holly Wood the Cracked pescano talmente bene nell'estetica del classic rock che potrebbero divenire dei nuovi cavalli di battaglia. Goodnight, Fair Lady potrebbe rappresentare invece il nuovo singolo scacciapensieri sulla linea di A Favor House Atlantic o Crossing the Frame. Insomma ogni pezzo nasconde una serie di conferme che fanno riprendere quota ad una band che avevo dato per finita.



www.coheedandcambria.com

martedì 28 agosto 2012

Coheed and Cambria - The Aftermath: Ascension (2012)


Come già anticipato questo The Aftermath: Ascension (in uscita il 9 ottobre) è la prima parte di un concept (la seconda uscirà a febbraio) ambientato come sempre nel fantastico mondo della saga di The Amory Wars inventata dal frontman Claudio Sanchez.

Prima di scrivere qualcosa su questa nuova pubblicazione dei Coheed and Cambria ho atteso che trapelasse qualche brano per capire cosa aspettarmi. Quindi, anche se l'album non è uscito, penso di aver chiaro cosa è successo ai Coheed: praticamente non hanno più nulla da dire.

Della loro discografia salvo solamente i primi due album e una bassissima percentuale del terzo. I Coheed erano uno di quei gruppi su cui puntavo molto all'indomani dell'uscita del secondo album, in effetti sembravano destinati a crescere. Poi si sono sgonfiati album dopo album, appiattiti su una ripetizione semplicistica del loro sound. Dopo l'ascolto di Key Entity Extraction I: Domino The Destitute (il video di seguito) mi è sembrato di non cogliere molte novità e non so, a questo punto, se valga la pena ascoltarsi l'album per intero. E' un peccato che si siano bruciati così presto perchè all'inizio della loro carriera intravedevano grosse possibilità.



Track Listing:
The Hollow
Key Entity Extraction I: Domino The Destitute
The Afterman
Mothers Of Men
Goodnight, Fair Lady
Key Entity Extraction II: Holly Wood The Cracked
Key Entity Extraction III: Vic The Butcher
Key Entity Extraction IV: Evagria The Faithful
Subtractio

martedì 1 maggio 2012

Introducing Wot Gorilla?


Anche se il nome di questo quartetto originario di Halifax richiama i Genesis, il math pop dei Wot Gorilla? non ha niente a che fare con il progressive sinfonico della band di Peter Gabriel e Phil Collins. I Wot Gorilla?, con le loro melodie apparentemente dolci, i repentini cambi d'atmosfera, proseguono piuttosto la tradizione di gruppi come This Town Needs Guns, Tubelord, Tangled Hair e pure un'ombra di Coheed and Cambria.

Per ora i Wot Gorilla? non hanno un contratto discografico, in compenso hanno prodotto due EP e il singolo Is che potete ascoltare e scaricare gratuitamente di seguito.



mercoledì 17 marzo 2010

COHEED & CAMBRIA - Year of the Black Rainbow (2010)


E' davvero un peccato che la carriera dei Coheed & Cambria sia stata un fuoco di paglia, perché le premesse per diventare uno dei nomi di punta del progressive rock internazionale c'erano davvero. Come succede in questi casi, però, magari lo diverranno ugualmente (visto la loro crescente popolarità), ma, come per i Porcupine Tree*, per i motivi sbagliati.

E allora vediamoli questi motivi. Dopo aver intuito con grande abilità e lucida preveggenza quello che sarebbe stato il post-hardcore progressivo degli anni Zero, partendo dalle solide basi poste dagli At the Drive-In e avendo preceduto di un anno l'esordio dei Mars Volta, ciò che resta di valido dei Coheed & Cambria sono solo i primi due album. Testimonianza di una maturità precoce destinata a spegnersi gradualmente e forse per sempre. Dopo l'exploit iniziale, i Coheed & Cambria si sono infatti bruscamente frenati e adagiati su un hard rock fantascientifico, totalmente privo di varietà tematiche e trame complicate.

Con Year of the Black Rainbow - quinta opera del gruppo che torna indietro al primo capitolo della saga The Amory Wars - non si intravede nessun progresso musicale. Voglio dire, se la musica la si ascolta con attenzione e non come mero sottofondo, ad essa si chiederà di stupirci e intrattenerci con trovate per lo meno fuori dal coro dell'ovvietà. Da qualche anno a questa parte con i Co&Ca ciò non avviene e, specialmente con gli ultimi due album (questo compreso), le composizioni sono di una piattezza preoccupante. La band capitanata da Claudio Sanchez sta cioè producendo un anonimo hard-metal-pop tirato via e molto, molto ripetitivo, che di progressive ha ben poco, tanto che le canzoni ti scivolano via addosso come fanno quelle degli ultimi Rush.

Inoltre, ascoltando bene la maggior parte dei pezzi - come ad esempio The Broken**, When Skeletons Live, World of Lines o Here We Are Juggernaut - sembra che la musica dei Coheed & Cambria si sia involgarita, cioè abbia preso una piega negativa che ha spostato il suo target di pubblico in maniera brusca. In pratica questa è musica che, dai giovani alternativi americani, nerd, emo e compagnia, può passare benissimo il testimone ai camionisti che guidano attraverso le highways americane, al sottofondo per i bar frequentati da trucidi motociclisti e alle pubblictà per le evoluzioni dei wrestler. Musica muscolare e non cerebrale.

www.coheedandcambria.com

* A questo punto mi viene un dubbio...che l'etichetta Roadrunner sia un Re Mida al contrario e che tutto ciò che tocca diventa m3£d@?

** Comunque il suo video è molto bello (potete ammirarlo di seguito)


The Broken

coheed and cambria MySpace Music Videos

domenica 7 febbraio 2010

Coheed and Cambria - Year of the Black Rainbow (2010)


Il nuovo album dei Coheed and Cambria uscirà il 13 aprile e il titolo sarà Year of the Black Rainbow. Il CD è già prenotabile sul sito del gruppo in due edizioni quella standard e quella deluxe. Quest'ultima conterrà il libro di 352 pagine scritto da Claudio Sanchez e Peter David che racconta la storia narrata nell'album, un DVD con il making of e interviste e una speciale card con la quale si possono avere sconti speciali sul merchandise e download esclusivi.
Avrete notato che nella copertina compare il numero I. Infatti Year of the Black Rainbow è il prequel della saga The Amory Wars che si è dipanata sinora nei quattro album dei Co&Ca.

Tracklist:

1. One
2. The Broken
3. Guns of Summer
4. Here We Are Juggernaut
5. Far
6. The Shattered Symphony
7. World of Lines
8. Made Out of Nothing
9. Pearl of the Stars
10. In the Flame of Error
11. When Skeletons Live
12. The Black Rainbow

www.coheedandcambria.com

Update 9 feb.: The Broken è ora in streaming sul sito ufficiale.

martedì 13 gennaio 2009

I Coheed & Cambria fanno le cose in grande.
E' disponibile in pre-ordine un mega cofanetto di nove dischi (4 CD e 5 DVD) che contiene l'esibizione dal vivo di tutti e quattro gli album del gruppo su supporto audio e video.
Quindi il contenuto è il seguente:

The Second Stage Turbine Blade (CD+DVD)

In Keeping Secrets of Silent Earth: 3 (CD+DVD)

Good Apollo I'm Burning Star IV, Volume One: From Fear Through the Eyes of Madness (CD+DVD)

Good Apollo I'm Burning Star IV, Volume Two: No World for Tomorrow (CD+DVD)

Più un DVD con il documentario dei concerti

Il tutto sarà rilasciato il 3 marzo 2009

www.coheedandcambria.com/neverender

sabato 27 dicembre 2008

Progressive Punk

Oggigiorno le vie di mezzo sono più vive che mai e chi dubita che esista un sottogenere come il progressive punk è in grave errore. Ma come è possibile riconoscerlo? Un tempo i due generi erano nemici giurati, oggi invece si uniscono in una delle più felici intuizioni dai tempi del prog metal.
La progenie di questa unione quasi impossibile va rintracciata nel passaggio che portò il punk rock all'hardcore, che poi a sua volta creò una frangia meno estrema denominata emocore, rappresentata da gruppi come Rites of Spring e Sunny Day Real Estate.
Il progressive punk nasce quindi dallo studio di soluzioni più approfondite dell'emocore, che è il suo antenato, nel quale erano già presenti propensioni verso germi progressivi. A tutto ciò si aggiungono ritmiche involute e cambi tematici repentini con in più melodie più marcate, arrangiamenti ambiziosi abbinati a velleità intellettuali ed il gioco è fatto.
Dal punto di vista musicale la funzione degli strumenti scardina la centralità dell'accordo e ognuno è impegnato in un assolo personale. La batteria e il basso devono pulsare tempi talvolta cervellotici e rimanere costantemente in primo piano e spesso sono loro i protagonisti. La chitarra è assoggettata alla ritmica, ma il suo ruolo e la sua funzione cambiano. Invece che tenere le battute suonando accordi completi, il tessuto armonico è tenuto assieme dagli arpeggi che sottolineano e soddisfano le bizzarre metriche dei brani. Altre volte, nei casi più estremi, la chitarra è impegnata in un continuo assolo per tutto il pezzo, con note lunghe o fraseggi distorti, sottolineando la funzione primaria della sezione ritmica. L'unica cosa che rimane costante anche nel progressive punk è il riff, un marchio ormai divenuto indispensabile nel linguaggio rock.

Tralasciando il preistorico vagito di band come Black Flag, Hüsker Dü e Minutemen, ancora troppo legati ad un'estetica punk rock, direi che i principali sviluppatori di questo genere sono stati Omar Rodriguez-Lopez e Cedric Bixler-Zavala. Prima nelle fila degli At the Drive-In con il seminale Relationship of Command, poi come proprietari della sigla The Mars Volta con il capolavoro De-Loused in the Comatorium.
Da qui sono sorti altri gruppi che, in modo quasi epigonico, hanno seguito le medesime coordinate. Molto spesso queste band vengono descritte con un insieme di generi, tra i quali il troppo abusato e semplicistico "alternative", ma mai con uno ben definito. Credo che il termine progressive punk possa racchiudere in un colpo solo l'appartenenza stilistica di queste band.
Alla testa si trovano i Coheed & Cambria (anche se il loro esordio precede quello dei Mars Volta) che hanno abbracciato un sound ancor più progressivo e tecnico con riferimenti persino ai Rush. Tra gli americani includerei anche Circa Survive, The Dear Hunter, Brazil, Kaddisfly, mentre tra gli inglesi, con una visione marcatamente più radicale orientata verso il punk, Biffy Clyro, Reuben, Oceansize.
Gli Oceansize sono un altro esempio efficace di progressive punk, dato che la loro musica è così sfaccettata, personale e poliedrica da non poter essere inclusa nè tra le fila del metal, nè tra quelle dell'emocore.
Il progressive punk si distingue dal metal o dal nu-metal per un fattore emozionale più prominente. Mentre il metal ha un sound più freddo e calcolatore, l'altro è più sanguigno e selvaggio, ma allo stesso tempo ha una componente intellettuale che il metal non conosce.
Per fare un altro esempio, riferito questa volta all'emocore, prendete il caso di Casey Crescenzo che ha lasciato i The Receiving End of Sirens per dedicarsi ai The Dear Hunter. I primi su Between the Heart and the Synapse pur abbracciando un rock abbastanza variegato, rimangono ancorati all'emocore. I Dear Hunter al contrario, per stessa ammissione di Crescenzo, sondano delle soluzioni formali e stilistche più profonde e danno più spazio alla creatività.

Come si può vedere nella lista che segue, il 2007 è stato un anno molto proficuo per il progressive punk, dato che quasi tutte le band principali hanno pubblicato degli ottimi lavori.
Il 2008 di conseguenza è stato piuttosto avaro di uscite per questo genere. Si potrebbe citare Faces dei Mt. Helium, un album tutt'altro che fondamentale, ma è il primo che mi è venuto in mente e poi non è così malaccio. I Mt. Helium possono essere considerati una delle propaggini minori del prog punk, provenendo dall'esperienza nu-metal degli Apex Theory. Art Karamian (chitarra e voce), David Hakopyan (basso) e Sammy J. Watson (batteria) hanno così proseguito senza Ontronik Khachaturian, cambiando il proprio nome.

Faces rimane quindi legato ad un retaggio nu-metal, pur traendo linfa dalla lezione dei Mars Volta e si basa su atmosfere heavy, molto melodrammatiche, con l'ossessionante pulsare di basso e batteria costantemente in rilievo. L'album adotta un sound solenne e robotico, con spasmi e tecnicismi che si pongono al confine tra metal e punk progressive, risultando un ibrido difficile da inserire nell'uno o nell'altro genere. Faces segna perciò una presa di posizione indecisa, che arriva inoltre troppo in ritardo rispetto ai colleghi. In pratica quando ognuno di loro ha già detto la sua sull'argomento e, tra l'altro, in modo molto incisivo.

Minima discografia progressive punk:

At the Drive-In - Relationship of Command (2000)
The Mars Volta - De-Loused in the Comatorium (2003)
Oceansize - Effloresce (2003)
Oceansize - Everyone Into Position (2005)
Oceansize - Frames (2007)
Coheed & Cambria - The Second Stage Turbine Blade (2002)
Coheed & Cambria - In Keeping Secrets of Silent Earth: 3 (2003)
Biffy Clyro - The Vertigo of Bliss (2003)
Biffy Clyro - Infinity Land (2004)
Circa Survive - Juturna (2005)
Circa Survive - On Letting Go (2007)

Kaddisfly - Buy Our Intention; We'll Buy You a Unicorn (2005)
Kaddisfly - Set Sail the Prairie (2007)

Damiera - M(US)IC (2007)
Reuben - In Nothing We Trust (2007)
The Dear Hunter - Act I: The Lake South, The River North (2006)
The Dear Hunter - Act II: The Meaning of, and All Things Regarding Ms. Leading (2007)

The Sound Of Animals Fighting - The Ocean and the Sun (2008)