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lunedì 5 ottobre 2020

Arch Echo - Story I (2020)


Dopo averci deliziato con due ottimi album, gli Arch Echo si riservano di regalarci ancora una appendice di prog fusion ad alto tasso virtuoso con l'EP Story I. I quattro brani in esso inclusi non fanno altro che incrementare il caleidoscopico incastro strumentale, costantemente teso ad una frenesia senza attimi di cedimento. Su Strut e To the Moon il quintetto si getta in spericolate jam dove le note di tastiere e chitarra bruciano letteralmente lo spartito per quanto si spingono a livelli di velocità fuori dall'ordinario. Il pericolo della freddezza priva di emozioni però viene evitato con cura, grazie a sonorità e registri accattivanti, molto vicini allo stadium rock e all'AOR più sofisticato. Ecco, il "bombastico" sound degli Arch Echo, presentato anche in Measure of a Life, li inserisce in una categoria tutta loro, tipo il primo gruppo strumentale che farebbe faville in una arena (se ancora i concerti si facessero), trascinando il pubblico come i Van Halen negli anni '80 o come sottofondo coreografico per un evento sportivo in mondovisione. Se in pratica "Rocky IV" avesse un remake, la soundtrack per il training montage potrebbe tranquillamente essere composta dagli Arch Echo.


 

mercoledì 1 maggio 2019

Arch Echo - You Won't Believe What Happens Next! (2019)


A distanza di due anni esatti dall'omonimo esordio il quintetto strumentale Arch Echo è già pronto con il secondo sforzo You Won't Believe What Happens Next!. E in questo caso la parola sforzo non è usata a caso poiché traccia dopo traccia gli Arch Echo danno l'impressione di spingere (e spingersi) sempre al massimo delle proprie possibilità di preparati strumentisti, a partire dal singolo Immediate Results! accompagnato da un video altrettanto adrenalinico. Ciò che stupisce di tale abilità sono la coesione e la compattezza con le quali i cinque membri si misurano, sempre pronti ad imporsi con i rispettivi strumenti a prescindere da chi sia sotto i riflettori solistici in quel momento. E ciò permette ad ognuno di brillare in pezzi corali come Bocksuvfun e Iris oppure, dimenticandosi della dinamica intesa come tale, impostarla tutta su spasmi (Daybreak, Mukduk) e strappi continui che trasformano i brani in tanti piccoli segmenti (Stella) che si susseguono con la stessa velocità di un treno in corsa.

Se gli Arch Echo fossero dominati dalle sole chitarre di Adam Bentley e Adam Rafowitz staremmo qui a parlare dell'ennesimo gruppo metal/djent abile nel mostrarsi contiguo a certi stilemi prog e jazz. Invece la massiccia presenza delle tastiere  di Joey Izzo infonde un'aura fusion prelevata a mani basse dall'estetica stilistica dei synth anni 80 (tra le altre cose più lampanti gli esempi sono l'intermezzo di Tempest e l'intro di Aurora). Queste più o meno costituiscono le caratteristiche che emergevano con incisività dal primo album e che la band ha indubbiamente mantenuto e preservato anche perché, ormai abbiamo capito, è lì che risiede la sua identità. You Won't Believe What Happens Next! persegue benissimo quella strada e mantiene alto il livello qualitativo, oltre che il volume di prog fusion suonata in Caps Lock.

www.archecho.com

giovedì 18 maggio 2017

Arch Echo - Arch Echo (2017)


Il chitarrista Adam Rafowitz, il tastierista Joey Izzo e il bassista Joe Calderone della band Sound Struggle hanno creato il sideproject Arch Echo e tirato fuori dal cilindro una pregevolissima prima prova dalle fattezze progressive/fusion/djent strumentale che pare una versione di Plini sotto steroidi. Il gruppo al completo comprende l'altro chitarrista Adam Bentley (studente del Berklee College of Music e proveniente dalla band Without Walls di base a Boston) e il batterista Richie Martinez.

L'album Arch Echo, pubblicato oggi, sembra una macchina del tempo che attraversa tutti gli stadi della fusion progressiva del passato fino ad arrivare al presente (nel quale si inserisce benissimo), partendo dagli anni '80 con i synth vintage di Izzo, mentre le chitarre aggiungono sprazzi anni '90 mutuati dal sound Vai/Satriani e allo stesso tempo irrompono in frammenti di djent aggressivo. Il bello è che in questo vortice, ogni tassello, ogni cambio di registro nelle veloci manovre strumentali è una vera e propria goduria sensoriale per chi apprezza la scuola dei nuovi fenomeni djent fusion come Plini, Sithu Aye, Owane e anche il recente progetto Nova Collective. La forza del quintetto Arch Echo è infatti calare il tutto in una veste in continuo movimento, molto enfatica e assolutamente mozzafiato. La scena satura in tale ambiente è ormai arrivata ad un punto in cui gli sforzi delle nuove leve per risultare originali ottengono molto spesso l'effetto opposto di sembrare solo ripetitivi. Al contrario, gli Arch Echo mi pare abbiano prodotto un album di indubbio fascino.