martedì 21 dicembre 2021

ALTPROGCORE BEST OF 2021

 
 
Un altro anno all'insegna dell'incertezza e un anno che, rispetto agli altri, in prospettiva mi ha fatto ascoltare e scoprire musica molto interessante che mi ero perso in passato. Tirando le somme quindi, da parte mia ci sono stati naturalmente diversi ascolti legati al 2021, ma anche altrettanti che sono andati a riempire lacune risalenti a 2020, 2019 e 2018. In alcuni casi il materiale era così buono che mi sono dispiaciuto di non averlo potuto inserire a suo tempo nelle varie liste di fine anno, ma può succedere inevitabilmente che qualcosa possa sfuggire.
 
Non so se questo ritorno al passato è dipeso da una certa carenza di uscite degne di nota negli ultimi dodici mesi (ma ci sono state, tranquilli, altrimenti non saremo qui), fatto sta che ho dato la stessa priorità di ascolto ad album non appartenenti al 2021. Tra questi, se siete curiosi, la mia heavy rotation  è stata occupata da Collider, Jupiter Hollow, Grumble Bee, Dreamhouse, PreHistoric Animals e altri che hanno fatto pure in tempo a pubblicare ottimo materiale quest'anno, come Valleyheart, Origami Angel e Lakes, naturalmente tutti segnalati tra queste pagine e che se volete potete recuperare. Anche se al momento, penso, la seguente lista vi terrà un bel po' occupati (almeno lo spero).
 
Diciamo che queste scoperte hanno aiutato a mitigare alcune delusioni per certi album molto attesi nel 2021, da parte di artisti ormai consolidati e conosciuti, ad iniziare dal tanto atteso debutto degli Spiritbox, il lungamente rimandato terzo degli Eidola, per poi arrivare a Frost*, Twelve Foot Ninja, Sleep Token e Hiatus Kaiyote. Con ciò non voglio sminuire i lavori di questi artisti, solo che il risultato finale non ha rispecchiato l'alta aspettativa in base a quanto era lecito attendere rispetto a ciò che avevano prodotto in passato.
 
A parte questi nomi, che in un certo senso rimangono relegati agli "addetti ai lavori", il 2021 è stato fin dai primi mesi l'anno dell'hype, ingiustificato se chiedete a me, che ha portato alla ribalta nuovi nomi molto chiacchierati come Squid, Black Country, New Road, Dry Cleaning, oppure il nostro Iosonouncane (che a differenza degli altri tanto nuovo non è). Anche in questo caso tutto il rumore generato attorno a questi artisti mi è sembrato oltremodo eccessivo, si può trovare ben di meglio scavando nel mondo alternativo musicale. Detto questo, noto che da molti anni ormai quasi tutti i magazine musicali online suddividono le classiche per generi, che è una pratica interessante se sei una 'zine generica che abbraccia qualsiasi tipologia musicale. 
 
Ad ogni modo, nonostante tale abbondanza di classifche moltiplicate, il risulatato molto spesso è quello che si ripete ogni anno e cioè avere una ridondanza di stessi nomi citati, solo dislocati di postazione a seconda della rivista che consultiamo. Alla fine, molto lapidariamente, non è l'oggettiva qualità dell'opera il requisito principale per la sua scelta, ma quanto se ne è parlato durante l'anno e la conseguente popolarità che ha incassato tra gli addetti ai lavori.
 
Tornando invece nei nostri confini, per ovvie ragioni di natura settaria (ma anche umana visto che qui c'è una sola persona) altprogcore non può sposare tale approccio multitematico. In ogni caso, al di là di questo, le classifiche di fine anno di altprogcore (che io preferisco chiamare liste) per scelta non hanno limitazioni di genere e spaziano anche verso dischi non propriamente prog, approfittando così di dare spazio a menzioni meritevoli ad altre proposte che durante l'anno non vi trovano collocazione. Considerando ciò, penso che difficilmente troverete da queste parti nomi che compaiono in altre classifiche, ecco perché credo che da tredici anni a questa parte altprogcore rappresenti ancora oggi un'alternativa valida alla sempre più grande marea di siti musicali là fuori. In questo modo spero di offrire sempre spunti di ascolto interessanti per accompagnare un altro anno che si chiude. Per ora ho finito, ma voi...sarete qui anche nel 2022?
 
 
 
 
 

50.Scale the Summit
Subjects
La ripartenza degli Scale the Summit è segnata dal primo album cantato dall'inizio alla fine e ogni brano vede la partecipazione di un cantante differente. Naturalmente Letchford non si è accontentato di qualche nome anonimo, ma è andato a reclutare, tra gli altri, Ross Jennings (Haken), Courtney LaPlante (Spiritbox), Eric Emery (Skyharbor), Mike Semesky (Raunchy) e Joesph Secchiaroli (The Reign Of Kindo), ai quali ha fatto interpretare le sue evoluzioni prog fusion strumentali. Da una parte c'è Letchford che, nel coinvolgere tutti questi ospiti prestigiosi, vuole dimostrare di avere ancora una credibilità tra i suoi colleghi (dopo una brutta vicenda con ex membri), dall'altra c'è la volontà di far rinascere gli Scale the Summit da uno stallo creativo che li aveva condotti ad un punto di non ritorno. Subjects appare un tentativo di aggiungere, grazie all'intervento delle voci, una personalità maggiormente definita ed una consistenza più prominente a delle composizioni che altrimenti avrebbero rischiato, come in passato, di apparire non molto incisive ed essere facilmente dimenticabili.






 
49.Thrice
Horizons / East
Anche se i Thrice non sono più tornati ai livelli di dieci anni fa con Major/Minor, riescono sempre comunque a produrre lavori post grunge/hardcore interessanti e pregevoli. Magari non tutto su Horizons/East appare tanto memorabile da lasciare traccia, però troviamo momenti che ancora vibrano di alta ispirazione.
 
 
 
 
 
48.David Crosby
For Free
Che cosa vuoi dirgli a David Crosby? Da quando ha ricominciato a pubblicare album non ha sbagliato un colpo, inanellando una serie di lavori di gran gusto e raffinatezza folk jazz.
 
 
 
 
 
 
47.Glass Kites
Glass Kites II
A distanza di nove anni dal primo album i Glass Kites producono un gradevole secondo lavoro, lontano dai dettami del prog sinfonico e con un'impostazione pop psichedelica personale e moderna.
 
 
 
 
 
 
 
46.Pearshaped Orange
 Vertigo or Pleasure
Band australiana che suona un abrasivo math rock misto con il metal, i Pearshaped Orange esordiscono con Vertigo or Pleasure che vede i contrasti tra le chitarre distorte e la voce, a volte suadente a volte melodrammatica, di Gabriella Patava. C'è qualcosa di affascinante nella registrazione acerba che fa suonare l'album gotico e post punk, proprio grazie alla contrapposizione all'interpretazione decadente della Patava e all'asprezza delle chitarre.
 
 
 
 
 
 
 
45.Auric Gloom
Afterthoughts
Ben poco è dato sapere di questi Auric Gloom vista la pressoché assenza nei social, a parte che provegono dalla Norvegia e che avevano già sfornato un album nel 2015, Abience, e che ora dopo sei anni tornano dall'oblio con Afterthoughts, qualitativamente molto superiore all'esordio. Praticamente parliamo di un progressive rock atmosferico che finalmente non ricama i dettami del passato, ma preferisce confrontarsi con canoni pop e art rock moderni. Un po' come i conterranei MEER, ma senza l'apparato orchestrale.
 
 
 
 
 
 44.Exodus to Infinity
 Archetype Asylum
Exodus to Infinity è il nome utilizzato dal polistrumentista Danny Mulligan, il quale ha realizzato completamente in solitaria il suo esordio Archetype Asylum nell'arco di cinque faticosi anni. Un album ambizioso che vuole mettere in mostra il più possibile l'eclettismo prog del suo autore.
 
 
 
 
 
43.SKE
Insolubilia
Insolubilia si presenta concettualmente come un viaggio musicale che esplora suggestioni del prog più sperimetale, nelle complesse stratificazioni musicali ritroviamo quindi l'amore del tastierista Paolo Botta, autore dell'opera, per il Rock In Opposition, l'avant-prog, ma anche il prog sinfonico di matrice scandinava come quello degli Änglagård. La ricchezza degli impasti dei brani è mutuata dall'impressionante stuolo di musicisti ospitati su Insolubilia, che è pari solo al dispiegamento della varietà di tastiere utilizzate da Botta (Hammond, Mellotron, Moog, Wurlitzer, Fender Rhodes, Farfisa, ecc.), il quale si serve di questo dispiegamento strumentale per dirigere e arrangiare le composizioni come se si fosse servito di un'orchestra o di un ensemble per costruire partiture sinfoniche.
 
 
 
 
 
42.Biffy Clyro
The Myth of the Happily Ever After
Come seguito del precedente A Celebration of Endings, che segnava un ritorno di ispirazione ad alti livelli, quest'ultimo gli è speculare (a partire dalla cover art) e conferma il bel momento per il trio scozzese. Anche se non regge il confronto con A Celebration of Endings, il dato di fatto è che i Biffy Clyro negli ultimi tempi hanno riacquistato il coraggio di osare, con brani meno scontati e accattivanti rispetto al passato, che diverte scopririe lentamente per quei loro accorgimenti e deviazioni armoniche.



 
41.Vince DiCola
Only Time Will Tell
Pur avendo operato in un ambito musicale di colonne sonore, le tastiere di Vince DiCola hanno comunque contribuito a forgiare quel sound a cavallo tra prog, AOR e pomp rock tipico degli anni ’80. Durante gli ultimi anni DiCola ha collaborato con molti altri artisti sempre in ambito prog e AOR, registrando e producendo demo per svariati progetti che però non sono mai stati pubblicati ufficialmente. Only Time Will Tell cerca proprio di mettere ordine alle canzoni da lui scritte durante un considerevole arco di tempo e raccoglierle insieme in una versione definitiva, con l’apporto di molti cantanti ospiti. Di sicuro, anche se DiCola è rimasto per tutta la propria carriera un autore di nicchia, la sua competenza e autorevolezza nella metodologia compositiva non sono stati da meno rispetto ad altri attuali tastieristi prog. Una lacuna che, con questo riassunto di carriera che rappresenta Only Time Will Tell, si spera possa essere colmata.
 
 
 
 
 
40.Cameron Graves
Seven
Il pianista di Kamasi Washington affronta il jazz da un punto di vista che si potrebbe avvicinare alla veemenza del metal, Seven è un assalto jazz-core che risente sicuramente degli influssi contemporanei math rock, djent e post prog di The Mars Volta, Animals As Leaders e Agent Fresco, ma altrettanto debitore degli insegnamenti di Chick Corea.






 
39.Catherine Baseball
Time Bends
Attivi dal 2015, i francesi Catherine Baseball con Time Bends perfezionano ancora di più quella formula di math pop di cui la band si dimostra ormai abile fautrice da qualche pubblicazione a questa parte.


 
 
 
38.LizZard
Eroded
Il trio francese dei LizZard è in giro da quasi 10 anni, ma il loro quarto album Eroded, segnato dal giusto connubio di hard prog e math rock, si distingue per essere la loro opera più matura. 
 



37.tricot 
上出来 (Jodeki)
Ultimamente molto più prolifiche, le tricot dopo due album nel 2020 mi avevano fatto perdere leggermente interesse in loro, in quanto la propria formula sembrava aver perso quella singolare magia math pop, adagiandosi su canzoni meno coinvolgenti e con qualche soluzione anonima mutuata dalle sonorità occidentali. In pratica avevano perso quell'esotismo che le caratterizzava. 上出来 (Jodeki) le riporta ad un livello di scrittura estroso, vario e di nuovo con quella voglia di modulare pop, punk, math rock con una visione peculiare prettamente giapponese.
 
 
 
 
36.Johnny Manchild and the Poor Bastards
We Did Not Ask For This Room
Il tastierista Johnny Manchild - al secolo Jonathan Garrett - and the Poor Bastards, sono un ensemble di alt rock con influssi jazz attivo dal 2017. Il proposito di Manchild/Garrett era dare al suo rock pianistico un maggior respiro da big band così, ad una line-up classica che include Ethan Neel (batteria), James Thompson (basso), Chris Lashley (chitarra), si sono aggiunti i fiati di Ben Wood (tromba) e Logan From (sax). Johnny Manchild and the Poor Bastards hanno quindi prodotto due album e un EP infusi di pop, swing e un tocco di cabaret teatrale che va a ricoprire il tutto come una glassa di tanti colori. L'ultimo album in studio, We Did Not Ask For This Room, aggiunge una sferzata emo prog al sound già collaudato, riprendendo certi accenti di molte band che hanno fatto, o fanno parte, dell'universo alt prog Nordamericano come The Dear Hunter, The Venetia Fair, Bend Sinister, i primi Envy on the Coast e perfino The Reign of Kindo negli aspetti più pop jazz. Diciamo che i richiami sono tanti, poiché in questo lavoro il gruppo ha dato sfogo a molti spunti tematici e melodici che vanno a dispiegarsi per 15 tracce. 
 
 
 
 
 
35.Johari 
Yūrei
Yūrei arriva a quattro anni di distanza da Terra e, nonostante i primi singoli resi noti tratti dall'album facessero intuire un cambio di direzione verso territori djent esenti da estremismi metalcore, l'intero lavoro è un po' più strutturato di così. In particolare colpisce il divario presente in alcuni brani tra una notevole dose di brutalità e ampi spazi riservati a progressioni melodiche e armoniche molto incisive e pronunciate. Nel complesso questa dose di schizofrenia rende il disco una prova di grande versatilità.





 
34.Ghosts of Jupiter
Keepers of the Newborn Green
Con Keepers of the Newborn Green i Ghosts of Jupiter di Nate Wilson (diplomato al conservatorio del New England) sono arrivati al quarto album. Con uno stile molto debitore del folk acustico e psichedelico dagli anni '70 (influenze cha vanno da CSN, Traffic, Pink Floyd ma pure Fleet Foxes e Midlake), alla band non mancano spunti prog vintage e buone jam strumentali. In genere non sono molto attratto da tale tipologia di direzione musicale, vintage e retrò, ma Keepers of the Newborn Green ha dalla sua un'attitudine esecutiva che punta sul prog e sull'armonia rendendo l'album molto gradevole e scorrevole.





 
33.Sketchshow
Waves
Rispetto all'EP d'esordio, che certificava gli Sketchshow nuovi paladini del math pop britannico, Waves registra un sensibile incremento nella volontà di presentare una scrittura più avventurosa da parte degli Sketchshow e allo stesso tempo lascia intuire che il gruppo possa ancora progredire oltre.




32.The Staves
Good Woman
Il terzo album delle The Staves rappresenta per loro un passo avanti dal punto di vista artistico. Con Good Woman, infatti, cercano di emanciparsi dal folk primigenio e più tradizionale da cui erano partite nell’esordio del 2012, incrementando nelle loro canzoni l’utilizzo di synth e fiati per rafforzare ed espandere le trame sonore al fine di renderle più moderne e solide, oltre a scrivere testi più maturi e introspettivi. Come succede per il blues, rendere il folk propositivo e interessante non è sempre impresa facile, ma le Staves ci riescono, sia che si tratti di rimanere in ambiti di pop rock adulto sia che si tratti di inoltrarsi in battiti industriali e pulsazioni elettriche.





 
31.Lonely the Brave
The Hope List
Fiaccati nel 2018 dall'abbandono dello storico cantante David Jakes, i Lonely the Brave hanno dovuto ricomporre i cocci di un colpo che avrebbe potuto portare alla prematura conclusione della loro carriera. Con l'ingresso del nuovo frontman Jack Bennett, per reazione alle vicissitudini passate, ne è nato un album ottimista e brillante, che utilizza i tappeti anthemici post rock tipici del gruppo più per erigere chorus solenni che evocano grandi spazi, piuttosto che malinconici e crepuscolari inni alternative rock.
 
 
 


 
30.Genghis Tron
Dream Weapon
Dopo una pausa durata oltre dieci anni, i Genghis Tron sono ora una bestia totalmente differente che pare una versione matura e composta, speculare al selvaggio passato. A parte gli edifici di synth, fondamenta sulle quali si regge tutto l'impianto, gli altri protagonisti del nuovo sound dei Genghis Tron sono i beat ultra tecnici di Nick Yacyshyn e la voce androide di Tony Wolski, quasi spersonalizzata e sepolta sotto una selva di droni sintetici. Anche gli accostamenti stilistici sono quasi paradossali: tra le pieghe dei cluster tastieristici di Sochynsky, abbinati alla chitarra robotica di Jordan, pare di sentire gli Alan Parsons Project degli anni '80 reinterpretati dalle irregolarità tonali dei Battles. In effetti il modo giusto per affrontare l'ascolto di Dream Weapon è quello di immergersi totalmente tra le sue onde di synthrock futurista, non tanto per la complessità della musica che necessita di attenzione, ma piuttosto affinché l'ascolto divenga un'esperienza lisergica dove poter sprofondare.





29.Gold Necklace
Gold Necklace
Gold Necklace è l'ennesima emanazione musicale che nasce dall'irrequietezza artistica del cantante Kurt Travis che, insieme al chitarrista Brandon Ewing, fondano una specie di Eternity Forever 2.0, indirizzati su math rock, funk e RnB.





 
28.Bend the Future
Without Notice
Il quintetto francese Bend the Future si è costituito ad inizio 2019 ma ha già all'attivo due album, il cui ultimo Without Notice ne consolida le doti di virtuoso combo di progressive rock pesantemente influenzato dal jazz, oltre che da elementi di musica mediorientale e minimalismo. I riferimenti sono Jazzkamikaze e la scuola di Canterbury.






 
27.Sun Colored Chair
Seated
Sun Colored Chair sono un trio strumentale dai connotati math rock, ma che declinano il genere con una metodologia da jam band, dove ogni frammento della struttura sembra scaturito da un'improvvisazione. Nel loro secondo album Seated si trovano schegge di Echolyn, Genesis, Phish e Gentle Giant, indizi che mostrano la versatilità nel riversare molte idee in un brano solo. 
 
 
 
 
 
26.Von Citizen
Outlier
Il secondo album dei Von Citizen Outlier è uno scintillante raggio di luce lanciato nella sfera del prog metal strumentale, che riesce a sommare tutto il meglio della corrente djent fusion moderna.





 
25.black midi
Cavalcade
Il secondo sforzo discografico dei black midi segna un imprevedibile e, a suo modo, radicale cambio di rotta, virando lo sguardo della loro sperimentazione post punk/noise rock verso un altro linguaggio o stilema musicale, per non ripetere gli schemi del debutto ma, in particolare, manifestando un'ambizione che li ha trasportati in territori ancora più elaborati e vicini al progressive rock e al jazz.




 
24.The World Is A Beautiful Place & I Am No Longer Afraid To Die
Illusory Walls
Il quarto album del gruppo è un nuovo tassello per comprendere come all'emo non bastino più gli schemi ai quali è abitualmente confinato, scrivendo in maniera più elaborata, flirtando con il prog, il post rock e decidendo di mettere in coda all'album due lunghissime ponderazioni sonore che da sole vanno ad occupare la metà del disco, non nascondendo così la sua brama di grandiosità.
 
 
 
 

 
23.Monobody
Comma
In passato i Monobody si sono resi capaci di innovare il linguaggio prog jazz, assimilando stilemi di nuove forme al confine con questi generi, come appunto tra gli altri il math rock. Non dovendo dimostrare più nulla a nessuno, il gruppo adesso utilizza le proprie capacità per includere metodologie compositive e sonore che rimandano al passato e allo stesso tempo omaggiano altri artisti, rimanendo su binari post moderni. Per chi ama il jazz ed il math rock, anche separatamente, non c'è nulla di paragonabile alla competenza strumentale dei Monobody, dei veri fuoriclasse.
 



 
22.Haven State
Adapt
Gli Haven State suonano un ibrido di prog metal condito da un pizzico molto leggero di post hardcore e math rock. Con Adapt la loro dichiarazione di intenti sposta l'interesse maggiormente verso quest'ultimo aspetto, dando risalto all stesso tempo a trame imprevedibili, dinamiche convulse e progressioni non scontate.




 
 21.Delta Sleep
Spring Island
Spring Island musicalmente si presenta come un perfetto seguito di Ghost City, mantenendone quell'aura sognante eppure gentilmente math punk. I Delta Sleep infatti appartengono a quella frangia math rock meno radicale e molto propensa agli equilibri tra quiet/loud, solennità e melodia pop. Per questo i brani hanno il potere di trasportarti dai più accoglienti e cullanti giacigli melodici, fino a pestare sull'acceleratore della distorsione sottolineata da battiti irregolari. 




 
20.Gnarbot
Origin
L'album spazia da ciò che la band aveva prodotto sinora, cioè fusion strumentale ad alto tasso di virtuosismo da parte di tutti i membri, e alcuni brani cantati che proseguono sulla scia del jazz rock progressivo. Origin naturalmente ingloba tutto ciò di cui attualmente si nutrono le jam band di questo tipo, il che include prog, metal, math rock e funk e risulta così un album godibilmente vario che sa farsi riconoscere in un settore stilistico ormai saturo di proposte come la fusion prog.





 
19.Lantlôs
Wildhunt 
Wildhunt può essere letto come una versione più accessibile e melodica del precedente Melting Sun. Pur rimanendo nei confini shoegaze lascia da parte gli ipnotici ed estesi bordoni elettrici di chitarra per andare a sostituirli con strutture più articolate sia dal punto di vista ritmico, sfiorando talvolta la geometria math rock, sia dal punto di vista della trama, la quale si tinge di nebulose arie art pop e allo stesso tempo mantiene una massiccia matassa distorta di chitarre e synth, ma con dinamiche involute ed accentuate.  
 
 

 
 
18.Mntclr
Mntclr
La strada percorsa dai Mntclr è quella del math pop con un tocco di funk e progressive, per essere sintetici. Mntclr è un album che cresce di qualità traccia dopo traccia e non è difficile trovare al suo interno più di un brano che si imprima in testa già al primo ascolto.
 
 
 
 
 
17.MEER
Playing House
I MEER sono un ensemble di otto elementi che raffina e modella la materia art pop fino a farla divenire una sofisticata visione orchestrale e progressiva, il gruppo punta su una prospettiva di musica d'insieme da camera e polifonica, senza rinunciare allo slancio propulsivo del rock. In questo secondo album i MEER dispiegano la loro competenza nel coniugare art pop e prog orchestrale.
 
 
 
 
 
16.Karmanjakah
A Book About Itself
Se volessimo fare una presentazione molto lapidaria potremmo dire che i Karmanjakah affondano le proprie radici nel djent, ma è chiaro che la loro musica oltrepassa le facili e prevedibili impostazioni del tradizionale prog metal. I Karmanjakah, in sintesi, fanno tesoro di ciò che in passato hanno lasciato per strada altre imprescindibili band scandinave come VOLA, Agent Fresco e 22, ognuna a proprio modo all'avanguardia nell'intendere la progressione del djent verso un elaborato ma accessibile connubio tra pesantezza e melodia.
 
 
 
 
 
15.Civilia
Past Lives
Le tracce presenti su Past Lives sono capaci di tratteggiare paesaggi apocalittici e allo stesso tempo ipnotici, tutto grazie a scelte soniche ben precise a tratti vicine all'industrial dream metal degli Aereogramme. A colpire non sono infatti le strutture tematiche e i loro cambi, ma l'impianto sonoro, gli accorgimenti del sound design che si traducono nell'esaltazione di particolari melodici nascosti che vengono a galla, nelle dinamiche ritmiche, nella spazialità che apre una dimensione avvolgente. Insomma, si percepisce la cura con la quale i Civilia hanno dato vita a queste tracce e Past Lives ne trasmette perfettamente l'emotività.
 
 
 
 
 
14.Emily Steinwall
Welcome To The Garden
La Steinwall, con molta grazia, cerca di riprodurre una musica pop soul jazz che dia voce ai suoi sentimenti più profondi, che scaturiscono immediatamente in apertura con una title-track a dir poco intensa. In Welcome To The Garden emerge la capacità dinamica, esecutiva e d'arrangiamento della Steinwall, ben supportata dal suo gruppo di musicisti, per una collezione di brani che, senza la stessa interpretazione, avrebbero rischiato di naufragare nell'anonimato di altre proposte prive di originalità.
 
 
 
 
 
 
13.Lakes
Start Again
I Lakes tramutano la consueta dolcezza di cui il midwest emo si serve per attutire e smussare il retaggio hardcore punk, cioé polifonie vocali, largo uso di arpeggi con accordature aperte e ritmiche elaborate, in una sorta di emo pop sperimentale e non convenzionale, rimanendo allo stesso tempo fedeli all'accessibilità dell'indie rock.
 
 
 
 
 
12.Lyle Workman
Uncommon Measures
Uncommon Measures è come un naturale sviluppo e progressione del cammino di Workman come autore e arrangiatore. L'aggiunta dell'orchestra sembra quindi un passo quasi obbligato per un chitarrista che si cimenta da anni nell'ambito strumentale sia da solista che nelle colonne sonore. Un lavoro che vede Workman esporsi come compositore a tutto campo, esprimendo al massimo le proprie doti di performer e perfetto architetto di armonie.
 
 
 
 
 
11.Beautiful Bedlam 
Beautiful Bedlam
L'esordio dei Beautiful Bedlam è un lavoro molto variegato per ciò che riguarda l'aspetto stilistico e non solo per la scelta di servirsi di vari ospiti vocali. Il connubio tra la batteria brufordiana e la chitarra frippiana fa serpeggiare sottotraccia un richiamo ai King Crimson dell'era '73-'74. Ma i Beautiful Bedlam hanno ancora molto da offrire: tra prog e math rock non ci sono reali termini di paragone con altri gruppi nel genere, ma nella propria varietà il gruppo si crea una sfera stilistica peculiare nella quale va ad operare. Se vogliamo proprio tirare in ballo qualcuno, possiamo affermare che i BB ambiscono all'unicità dei The Mercury Tree.
 
 
 
 
10.Azure
Of Brine And Angel's Beaks
L'universo sonoro ed estetico degli Azure vive di contrasti e, per certi aspetti, va a ripescare usi e costumi del neo prog che pensavamo morti e sepolti con il suo crepuscolo datato anni '80. Fondamentalmente gli Azure prendono le mosse dal prog metal, con tutto il bagaglio estetico che ciò comporta, ma si muovono volentieri pure in ambiti melodici. L'insieme viene ricamato con tastiere che non si limitano al ruolo di tappeto sonoro, ma imprimono proprio un carattere da neo prog che va quasi a scontrarsi con le cavalcate metalliche, però sono elementi che gli Azure amalgamano insieme facendoli funzionare.
 
 
 
 

9.A Kew's Tag
Hephioz
Hephioz affina ancora di più lo stile degli A Kew's Tag, lo sviscera in molteplici direzioni e lo rende accostabile ad una gran varietà di prog alternativo odierno, ma allo stesso tempo si ritaglia uno spazio personale al suo interno. Le tracce sono sottoposte a imprevedibili salti di atmosfera e cambi di direzioni e ciò aiuta Hephioz nell'essere un'opera variegata e scorrevole, che invita con curiosità l'ascoltatore a scoprire fino a che punto si possono spingere gli A Kew's Tag. Dopo Silence of the Sirens non mi aspettavo un salto qualitativo così deciso e l'innegabile crescita degli A Kew's Tag con Hephioz li inserisce, da outsider, tra le migliori uscite prog metal del 2021.
 
 
 
 
 
 
8.Coevality 
Multiple Personalities 
La presentazione di Multiple Personalities, l'album d'esordio del trio fusion strumentale Coevality, parla di un lavoro scritto nell'arco di dieci anni al fine di limare ogni aspetto e cambio tematico, e le cui sette tracce costituiscono un concept che va interpretato come un'unica suite. Jon Reicher alla chitarra fretless, Derrick Elliott al basso fretless e Andy Prado alla batteria, mixano elementi metal, math rock, psichedelia e jazz in modo molto professionale e gradevole.
 
 
 
 
 
 
7.Blackshape
Blackshape 
I BLACKSHAPE affrontano il post rock con ardita sperimentazione e con l'urgenza di renderlo il più complesso, dinamico e galvanizzante possibile. Difatti la peculiarità di BLACKSHAPE è quella di spingere l'acceleratore sulle complessità ritmiche e sulla furia elettrica delle chitarre. L'esplorazione timbrica di questo strumento è parte integrante e fondamentale del lavoro, insieme alla incendiaria sezione ritmica. Ne viene fuori un lavoro di mathcore lisergico concepito come un'unica suite di quarantaquattro minuti, dove le tracce vengono indicate con numeri romani come fossero parte di vari movimenti: una specie sinfonia metallica.


 
 
 
 
6.Blanket
Modern Escapism
I Blanket con il primo album sembravano destinati a disperdersi in una delle tante variazioni del post rock. Ma Modern Escapism ribalta in modo inaspettato la direzione della band. In pratica i Blanket abbandonano quei lidi mantenendosi però leggermente aggrappati ad una cornice sonica propria del genere. Ma il quadro generale si sposta tra i confini dello shoegaze, del post metal e del prog, facendone uscire un album visionario e suggestivo. Per quanto mi riguarda Modern Escapism è il vero esordio dei Blanket. Qui siamo al cospetto di una band totalmente diversa e rinnovata, non solo dal punto di vista stilistico, ma anche da quello qualitativo, espressivo e strumentale.
 
 
 
 
 
5.Origami Angel
Gami Gang
Grazie allo sfavillante esordio Somewhere City (2019) gli Origami Angel sono diventati uno dei gruppi di punta della "quinta onda emo". Il doppio Gami Gang è un'autocelebrazione e un ringraziamento ai fans che sbizzarrisce la creatività del duo, sia seguendo le orme dell'esordio con riff al fulmicotone, tapping imbizzarriti e ritmiche imprevedibili, sia aggiungendo pop punk scintillante che post hardcore colorato e caleidoscopico.

 
 
 
4.dim
from dark to light we’ll see
L'album d'esordio dei DIM offre un mix di post rock e dreamy emocore così evocativo da rimanerne completamente assorbiti. Le canzoni sono brevi e si sviluppano in un crescendo d'intensità, basate su paesaggi sonori atmosferici e timbri chitarristici eterei ai quali la voce infonde potenza. 
 
 
 
 
 
  
3.Wippy Bonstack
Wippy Bonstack's Dataland
Probabilmente Wippy Bonstack's Dataland è l'album più complesso e ambizioso realizzato da un singolo musicista pubblicato quest'anno. Dietro al nome Wippy Bonstack in realtà infatti si cela il solo polistrumentista Ben Coniguliaro, originariamente chitarrista e batterista dei Sun Colored Chair e Wyxz, suonando ogni singolo strumento in prima persona, senza alcun musicista aggiunto. Giusto per dare un'idea, oltre a quelli già citati, Coniguliaro si cimenta con tastiere, glockenspiel, melodica, marimba, vibrafono, basso, piano, synth e percussioni. Il che diventa tutto molto più impressionante una volta ascoltato ciò che Coniguliaro è riuscito a comporre e suonare per conto proprio. Al di là dei gusti soggettivi infatti è innegabile la natura di alto livello ed estremanete complessa e brillante di cui si fa carico Wippy Bonstack's Dataland.Come fa notare lo stesso Coniguliaro l'album si muove su un progressive rock elaborato, orchestrale, pop e math rock, citando come esempi di ispirazione Mike Keneally, Gentle Giant, Frank Zappa, Cheer-Accident e Cardiacs. Proprio come questi asrtisti le tredici tracce incluse nei quasi settanta minuti dell'album sono eclettiche, varie, omnicomprensive di innumerevoli cambi tematici e acrobazie strumentali, formando un calderone che si estende dal prog rock più tradizionale a quello più sperimentale, senza tralasciare ampi spiragli pop e passaggi melodici. Per un musicsta così giovane è un risultato notevolissimo, che lascia ammirati per il talento profuso e messo in gioco.



 
 
2.The Mask of the Phantasm
New Axial Age 
Opera prima del chitarrista Omar Ghaznavi, New Axial Age è un lavoro che deve molto all'influenza dei The Mars Volta, ma se ne distacca seguendo una sua poetica estetica personale, maestosa ed elegiaca, costruita su strati post punk, fusion e prog, nelle cui trame si possono trovare vari umori compresi tra la rabbia, l'ansia e la cruda intensità dei sentimenti. Tutto ciò mutuato da una democratica suddivisione delle parti giocate dai vari musicisti, in quanto ognuno è essenziale nel forgiare l'aspetto caratteristico dell'insieme sonoro da decadentismo cosmico. Ghaznavi infatti, a dispetto del suo strumento, non pone mai nei brani la chitarra in primo piano come guida principale, ma preferisce lasciare spazio a tutto l'ensemble, in modo da consolidare un imponente e solido edificio sonico che possa impattare con i nostri sensi, aumentato dalla potente interpretazione vocale di Alexa Joan Rae.
 
 
 
 

1.Adjy
The Idyll Opus (I-VI) 
Dopo cinque anni di assoluto silenzio gli Adjy tornano alla luce con un monumentale concept album di oltre un’ora e mezza. Sia liricamente che musicalmente The Idyll Opus (I-VI) è un’opera densa, ambiziosa e complessa che si dipana attraverso lunghi brani con leitmotiv ricorrenti per tutta la sua durata, prendendosi tutto il tempo necessario per svilupparsi nell’epica della narrazione, aggiungendo dettagli e stratificazioni strumentali, i quali si insinuano in ogni dettaglio per enfatizzarne i crescendo. Gli Adjy riescono a creare un’atmosfera magica e senza tempo, immersa nella cultura popolare americana, mostrando una profonda padronanza dei linguaggi musicali moderni e tradizionali, tale da far incontrare vecchio e nuovo senza risultare anacronistici. Come attingono a piene mani dal folk, dal country, dal bluegrass, servendosi di quel genere musicale chiamato appunto "americana" per stigmatizzare stilemi che appartengono a quella tradizione, allo stesso modo li trasformano in qualcosa di trascendentale trasfigurandoli attraverso la chiave moderna del chamber rock, delle dinamiche del midwest emo e della maestosità del progressive rock, in una tela intricata e ricca di timbri sonori. Nel gigantesco calderone lirico e musicale di The Idyll Opus (I-VI) si incontrano i classici dettami dell’indie rock e chamber pop fusi insieme ad una varietà di strumentazione folk e classica, che dona colore e sinfonismo alla musica. Uno sforzo produttivo e concettuale notevole.

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