Un tempo andavo matto per i Porcupine Tree. Poi qualcosa cambiò. I primi sintomi li avvisai ai tempi di un concerto a Bologna nel tour di Lightbulb Sun. Steven Wilson non mi sembrava più lui con quegli occhiali da sole nel buio del locale, con quella maglietta trendy che lasciava la pancia scoperta, con quei suoi atteggiamenti da rock star consumata, appariva tutto un pò innaturale e artefatto. Appariva come una persona che si sforza di essere ciò che non è, come se si fosse montato la testa e avesse creato un personaggio che non gli appartiene. Non era più quel ragazzo che timidamente nel 1995 presentava a Cesena il materiale dei primi tre album dei Porcupine Tree che ancora oggi considero i migliori.
Negli anni successivi comparirono le conferme ai miei presentimenti: tra interviste e atteggiamenti presuntuosi, album sempre meno stimolanti, ma sempre più remunerativi, cominciai a perdere interesse. La mazzata finale arrivò con il disgustoso Deadwing, senza parlare dell'insignificante Fear of a Blank Planet. Ed ora devo ascoltare il solito campionario di aria fritta che è Insurgentes!
Negli anni successivi comparirono le conferme ai miei presentimenti: tra interviste e atteggiamenti presuntuosi, album sempre meno stimolanti, ma sempre più remunerativi, cominciai a perdere interesse. La mazzata finale arrivò con il disgustoso Deadwing, senza parlare dell'insignificante Fear of a Blank Planet. Ed ora devo ascoltare il solito campionario di aria fritta che è Insurgentes!
Ma si sentiva veramente bisogno di un album solista di Steven Wilson? Non gli bastavano tutti gli altri pseudonimi per gettare fumo negli occhi alle persone che ancora lo seguono?
All'epoca della mia idolatria ero pronto ad acquistare qualsiasi progetto che la "Wilson Factory" producesse: I.E.M., Bass Communion, No-Man, Blackfield. Poi ho capito che anche lì c'era da andarci piano e si poteva scambiare ottone per oro.
E poi parliamo dei prezzi. Le etichette utilizzate da Wilson per la vendita e distribuzione, Tonefloat e Burning Shed, non sono, per così dire, molto economiche. E mi domando se quei lavori composti da campionari di suoni sperimentali e pseudo musicali valgano davvero lo sborso di certe cifre. Insomma dov'è il rapporto qualità/prezzo? Non riesco più a vederlo (o meglio a sentirlo). Ma si sa, sono edizioni limitate e una volta terminate raggiungeranno un alto valore da collezione, ma quello artistico, molto più basso, rimane invariato.
All'epoca della mia idolatria ero pronto ad acquistare qualsiasi progetto che la "Wilson Factory" producesse: I.E.M., Bass Communion, No-Man, Blackfield. Poi ho capito che anche lì c'era da andarci piano e si poteva scambiare ottone per oro.
E poi parliamo dei prezzi. Le etichette utilizzate da Wilson per la vendita e distribuzione, Tonefloat e Burning Shed, non sono, per così dire, molto economiche. E mi domando se quei lavori composti da campionari di suoni sperimentali e pseudo musicali valgano davvero lo sborso di certe cifre. Insomma dov'è il rapporto qualità/prezzo? Non riesco più a vederlo (o meglio a sentirlo). Ma si sa, sono edizioni limitate e una volta terminate raggiungeranno un alto valore da collezione, ma quello artistico, molto più basso, rimane invariato.
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