venerdì 29 maggio 2015

Escursioni tra new jazz e neo soul: Hiatus Kaiyote e Kamasi Washington

 
Dopo aver percorso le strade degli Snarky Puppy poco tempo fa, vorrei tornare un attimo a battere dei sentieri non propriamente prog, ma che comunque possono stimolare in tal senso degli ascolti meno scontati del solito. Lo faccio poiché, casualmente, questo mese ha visto la pubblicazione di due album eccellenti che, in modi differenti, partono dal jazz, dal soul e dal funk, e li rielaborano in modo personale. Entrambe sono opere imponenti, ambiziose e, forse, autoindulgenti, ma spesso non è questo il bello di molta musica avventurosa che cerca di rinnovarsi?  
 
Il primo è Choose Yuor Weapon degli australiani Hiatus Kaiyote. Pieno di acrobazie sonore e ritmiche e incredibili progressioni funk jazz, il lavoro è un caldo, colorato e avvolgente tour de force di 70 minuti che non perde un colpo e non stanca, in pratica non c'è un pezzo fuori posto. Forse i quattro di Melbourne sono troppo ansiosi di fare sfoggio della loro tecnica, ma ciò è comunque un peccato veniale che si fa perdonare dalla pirotecnica carrellata di idee. Gli Hiatus Kaiyote si insinuano in quel R&B e soul che oggi vorrebbe andare oltre il sottofondo muzak da lounge jazz (già provato da artiste come Kimbra e Janelle Monae), gonfiandoli con virtuosismi da manuale. Il gruppo è riuscito già con il primo album Tawk Tomahawk a ricevere una nomination ai Grammy Awards del 2013 come miglior performance R&B per il brano Nakamarra (vinto poi dagli Snarky Puppy).
Un'ottima risposta a chi crede che Kendrick Lamar sia un genio. Se non altro qui c'è gente che uno strumento lo sa suonare.



E, a proposito di Kendrick Lamar, arriviamo a parlare del secondo disco che è l'opera prima, e ambiziosissima, del sassofonista californiano Kamasi Washington. Con l'appropriato titolo di The Epic, Washington ci presenta tre ore di musica spalmate su altrettanti CD per un debordante riassunto di quello che potrebbe essere il jazz contemporaneo reinventato dopo anni di stasi. (Il brano che apre The Epic si intitola Change of the Guard, che anche questo sia un messaggio che ci vuole inviare Washington?) E se non è ambizione questa... Il bello è che funziona, senza risultare stucchevole o didascalico. A grandi linee il linguaggio jazz di Washington rimane ancorato alla tradizione dell'esposizione del tema, o più di uno, seguito dagli assoli dei musicisti, ma il sassofonista, da vero artista visionario, ci aggiunge cori spaziali tra Sun Ra e Magma e orchestrazioni sinfoniche degne di Gil Evans.

Con un background di collaborazioni molto assortito nell'ambiente black che vanno dal soul, hip hop e jazz, Washington ha suonato con Wayne Shorter, Herbie Hancock, Lauryn Hill, Snoop Dogg, Chaka Khan, Flying Lotus, Kendrick Lamar e molti altri. Con The Epic realizza un monumento che un altro musicista avrebbe vagheggiato solo a carriera inoltrata, lui invece ha avuto l'ardire di catapultarsi subito nell'universo jazz con il primo album i cui numeri sono impressionanti: 172 minuti di musica per 17 brani, un coro di 20 persone, un'orchestra di 32 elementi e una band stellare con musicisti pescati tra il meglio del nuovo jazz: Thundercat e Miles Mosley al basso, Tony Austin e Ronald Bruner Jr. alla batteria, Brandon Coleman alle tastiere, Cameron Graves al piano e Ryan Porter alla tromba.


3 commenti:

Daniele ha detto...

Grazie Lorenzo per consigliarmi sempre dell'ottima musica anche distante dai miei ascolti abituali! Ho comprato The Epic e posso dire di aver speso più che bene i miei soldi. Condivido peraltro la frecciatina a Kendrick Lamar, sempre più personaggio e sempre meno musicista di quanto venga definito. A proposito: cosa ne pensi di Flying Lotus? Secondo me la sua proposta è molto interessante, bilanciata tra un certo tipo di IDM (che adoro) e sonorità jazz contemporanee più raffinate che però non "stoppano" troppo...

A presto,

Daniele

Lorenzo Barbagli ha detto...

Ciao Daniele e grazie a te,
per quanto riguarda Flying Lotus il mio pensiero non differisce molto da quanto detto per Lamar. Hip hop, rap e dance per me hanno poco o nulla a che fare con la musica. Tutto ciò che viene creato da dietro a una consolle ne è un surrogato e il fatto che talvolta sfruttino dei musicisti che sanno veramente suonare non è un'attenuante.

Anonimo ha detto...

Su questo non sono molto d'accordo. Da progster come te, credo che la musica elettronica abbia la sua dignità se e quando sfruttata bene (Boards of Canada, Lemon Jelly, Aphex Twin fino addirittura ai Tangerine Dream) e quando a farla sono persone che la musica la conoscono seppur non dimostrino particolari doti strumentali. Flying Lotus credo sia uno di questi.
Su Kendrick Lamar invece sottoscrivo tutto: lui ci mette il nome e la parole, ma il fardello lo lascia a tutti gli altri (come si vede dai credits lasciati sui suoi album) il che lo rende non troppo distante da un Jovanotti qualsiasi...