The Demon Joke è il primo album da solista di Mike Vennart, nato dopo un processo di lunga gestazione, nel mezzo della quale ci sono scappati anche molti tour con gli amici Biffy Clyro in veste di seconda chitarra e due EP a nome British Theatre, appunto. Vennart ha quindi coinvolto nella produzione della sua opera prima (lanciata con una campagna PledgeMusic e ufficialmente in uscita il 22 giugno per l'etichetta Superball Music) gli ex compagni di avventura negli Oceansize, Steve Durose e Gambler, nonché il giovane talentuoso batterista Dean Pearson appartenente ai Young Legionnaire.
Tra citazioni di progressive rock e Black Sabbath i primi due pezzi 255 e Doubt, con strappi da electro rock, parentesi lo-fi e chitarre spaziali, fanno quasi da preambolo al piatto forte che viene servito da Infatuate e Rebirthmark. Quest'ultima è un delizioso capolavoro di arrangiamento, minimalismo e orchestrazione, un po' come se gli XTC si fossero uniti al primo David Sylvian. Il carburante che fa da propellente a Infatuate è invece un basso lanciato come una locomotiva da un fuzz penetrante e una batteria marziale che ne incentiva l'incedere sciolto.
Duke Fame e Don't Forget the Joker sono due pezzi che a loro modo stupiscono: il primo per la prova vocale di Vennart che, nella sua versatilità camaleontica messa già in mostra con gli Oceansize, non aveva mai provato ad avvicinarsi con così tanto garbo a due dei suoi miti come Mike Patton e Ozzy Osbourne; la seconda perché è una ballata indolente tra le cose più lineari mai scritte dal chitarrista. L'altalena delle atmosfere continua con la diretta asciuttezza di Retaliate, ancora pervasa da un groove di basso lancinante, alla quale segue A Weight in the Hollow che ricalca le delicate e sognanti arie di A Penny's Weight (dall'ultimo album degli Oceansize).
Tanto inevitabile quanto ininfluente arriva il paragone con gli Oceansize. Inevitabile perché la voce e la chitarra di quel gruppo sono qui di fronte a noi, vive e riconoscibilissime, così come i giochi ritmici scanditi per disorientare il più possibile, nonostante le canzoni siano volutamente molto più accessibili di una volta, tanto che con Operate e il suo chorus solenne ci potrebbe scappare un singolo di successo (buono anche come soundtrack per qualche pubblicità). Inifluenete perché The Demon Joke non fa davvero rimpiangere la singolarità degli Oceansize anche se è un oggetto diverso e sembra un'appendice creata apposta per chiudere i conti con il passato (sintetizzata benissimo nel sentito inno Amends), come a dire che gli Oceansize sono un capitolo chiuso e che la nostalgia non appartiene a questi luoghi. Quindi mai come in questo caso sarebbe giusto affermare "il re è morto, lunga vita al re!".
http://mikevennart.tumblr.com/
Nessun commento:
Posta un commento