martedì 5 aprile 2016

2016: il miglior anno musicale del decennio?


Questo 2016 si preannuncia come uno degli anni più eccitanti degli ultimi tempi. Non è il fatto che è appena iniziato il quarto mese e già abbiamo fatto il pieno di opere di qualità come Rare Futures, School of Seven Bells, The Mercury Tree, Adjy e Black Peaks (dei quali mi occuperò a breve), ma le anticipazioni che ci aspettano non sono da meno. Oltre al ritorno di band lungamente scomparse dai radar come Thrice, Saosin, Glassjaw, First Signs of Frost e The Fall of Troy nel post hardcore e Frost* e Deus Ex Machina nel progressive rock, si preannuncia l'arrivo del primo straordinario album d'esordio degli Oh Malô il 29 aprile, oltre che i nuovi lavori di Bent Knee, Thank You Scientist e, forse in extremis a fine anno, quello dei The Knells, ovvero i tre gruppi le cui opere prime sono state al vertice degli ultimi "Best of" annuali di Altprogcore. E questi sono solo alcuni dei nomi sicuri che ci è dato sapere fin qui. Chissà cosa riserverà il resto dell'anno.

Intanto, dopo questa considerazione, vi lascio con qualche testimonianza sonora:
Il primo singolo Leak Water tratto dai Say So dei Bent Knee in uscita il 20 maggio e Heartstrings (eseguito dal vivo) che sarà nel nuovo album dei Frost*.





E di seguito alcune uscite che si sono accumulate il primo di aprile:
C'è il math-post-rock dei Three Trapped Tigers, nuova acquisizione della Superball Records (etichetta che aveva in scuderia Pure Reason Revolution e Oceansize), che nel loro osannato secondo album Silent Earthling sembrano dei Battles a colori e sotto steroidi, il che come affermazione è già di per sé provocante. Se volete ben cominciare, ascoltate Blimp o Rainbow Road.



Sempre in tema di math rock c'è da segnalare il ritorno dei Wot Gorilla? che intitolano simpaticamente il loro EP .​.​.​and then there were three​.​.​. anche se con i Genesis non hanno nulla a che fare musicalmente.



Poi ci sono quei pazzi scatenati dell'avant-prog Godzilla Black al secondo album con Press the Flesh.



Infine un'eccezione meritevole di un'artista già conosciuta a livello planetario, ma che ha tirato fuori un album che nessuno si aspettava e non mi stupirei se alla fine del 2016 si piazzasse nelle parti alte di molte classifiche di fine anno. La sempre osannata Esperanza Spalding lascia il suo soul jazz funk per radical chic della prima ora, si presenta con un look rinnovato e, prendendo la scusa di interpretare un alter ego ispirato al suo secondo nome di battesimo, dà una sterzata alla sua carriera con Emily's D+Evolution. La Spalding lascia solo virtualmente il jazz e le premesse di partenza rimangono saldamente indirizzate alla black music, ma vi affianca una prorompente matrice rock, giocando con poliritmie, armonie vocali e groove soul. Il risultato infatti assomiglia molto alla pop fusion reintepretata dai bianchi, come ad esempio al periodo jazz-mingusiano di Joni Mitchell o ai capolavori pop prog di Steely Dan e Todd Rundgren.

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