martedì 10 maggio 2016

BENT KNEE - Say So (2016)


Quando qui su altprogcore segnalammo Shiny Eyed Babies e lo eleggemmo miglior disco del 2014, i Bent Knee erano ancora una band poco conosciuta. Da allora, nonostante siano passati solo due anni, ne hanno fatta di strada. Come avevamo previsto quell'album così originale ha superato i confini degli Stati Uniti, colpendo in modo globale l'immaginario degli appassionati di progressive rock, dell'avant-garde, ma anche dell'art rock, grazie ad una trasversalità che include al suo interno sperimentazione, arrangiamenti originali e belle melodie, segnate in modo indelebile dalla magnifica voce di Courtney Swain. I Bent Knee hanno poi meritatamente firmato un contratto con la storica etichetta Cuneiform Records, specializzata in forme di musica di confine, a partire dal Rock In Opposition e arrivando fino al jazz, ed è pure successo che qualcuno si sia svegliato in ritardo e abbia incluso Shiny Eyed Babies nella lista dei migliori album del 2015 (!).

Come il gruppo aveva già avuto modo di anticipare, Say So è un'opera molto differente da Shiny Eyed Babies e, per esordire sotto l'egida dell'etichetta fondata da Steven Feigenbaum, non poteva esserci album migliore di questo, visti i suoi connotati che abbracciano ampiamente nuovi territori avant-garde. E così, il singolo Leak Water che ha anticipato l'album, sarà la massima concessione all'immediatezza e all'orecchiabilità che potrete ottenere da parte di Say So. Il resto è ben distante da queste atmosfere e si occupa di allargare gli orizzonti dell'art rock tramite un saliscendi schizofrenico che inizia con l'ottima intro di Black Tar Water, circospetta sulle prime battute per poi promettere e mantenere un crescendo emozionale da ballad melodrammatica. E' quindi sempre ben presente quel lento edificare che porta verso un climax liberatorio, ma questa volta messo a punto con alcune differenze formali non indifferenti.



Da una parte si ritorna al rock teatrale di Way Too Long, costruendo un chamber rock intellettuale sulle basi delle canzonette vaudeville con Counselor e su quelle da musical con Hands Up, oppure provando ad allontanarsi con eclettismo e spingersi verso le folleggianti latitudini avant-rock di Frank Zappa e 5uu's imbastite da Commercial. Dall'altro lato, ciò che colpisce di Say So è che dà l'impressione di non essere guidato da schemi predefiniti, ma da una continua e precaria ricerca del non prestabilito, in ogni brano gli sconvolgimenti tematici non appaiono mai ben delineati e netti, ma si dipanano più come un flusso di coscienza. La loro varietà interna è l'equivalente di una guida alla cieca e EVE, uno dei brani chiave dell'album, nei suoi quasi dieci minuti racchiude e riassume un po' questa essenza, mettendo in scena vari umori, dalla Swain che canta sopra un tappeto musicale disomogeneo e caotico che si consolida in un'armonia malinconica e sbilenca, fino alla volatilità aleatoria del finale.

Inoltre, da un sestetto che include un'ampia tavolozza timbrica grazie alla presenza di violino, tastiere, chitarre e ciò che loro chiamano "sound design", ci si aspetterebbe un suono denso e virtuosistico, invece i Bent Knee spiazzano con la scelta sorprendente, per certi aspetti minimale, di fondare le composizioni sull'edificazione atmosferica, sulle stratificazioni sottili e su strutture dalle trasformazioni impercettibili. Così accade nel cupo blues della conclusiva Good Girl e nelle delicate arie romantiche di The Things You Love e Nakami. In definitiva, su Say So è come se il gruppo fosse maturato, presentando un lavoro nel quale ha adottato alla lettera e fatto tesoro del motto anglosassone "less is more", dove anche la Swain con la sua voce stentorea appare più misurata del solito. Dimenticate quindi il passato, i Bent Knee, con tre album all'attivo ognuno diverso dall'altro, sono tra le poche band che oggi hanno il coraggio di misurarsi con il cambiamento e guardare costantemente al futuro.



www.bentkneemusic.com

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ottimo articolo Lorenzo, ed ottima segnalazione. Non li conoscevo in effetti e mi ero perso la rece del predecessore su queste pagine. L'album mi pare davvero molto interessante, anche se per ora basato su un ascolto ancora superficiale. Sicuramente ascolto da approfondire e disco che si candida tra i top del 2016.

Luca