sabato 6 novembre 2021

Bent Knee - Frosting (2021)


Durante la loro carriera i Bent Knee ci hanno abituati a non farci sapere cosa aspettarsi prima di ogni nuova uscita, inoltre, a partire da Say So e con l'ingresso nell'etichetta InsideOut, la loro popolarità all'interno della sfera progressive rock ha fatto un grande balzo, fino a farli diventare i beniamini di pubblico e critica. Per questo il nuovo Frosting, dopo tutto quello che la band è riuscita a seminare e raccogliere in passato, risulta un lavoro coraggioso e senza compromessi nel suo cambio radicale di direzione, più di qualsiasi album precedente pubblicato dal gruppo.

Anche se infatti i Bent Knee non sono mai stati immobili o imbrigliati in un determinato schema, nella loro formula può essere riconosciuta una certa propensione alla teatralità e alla ricerca di soluzioni da rock intellettuale. Frosting invece smazza le carte, se ne sbatte delle aspettative e delle regole e prende una direzione totalmente nuova ed inedita per la band. C'è da sottolineare che, nel contesto, la pandemia ha giocato un ruolo non di secondo piano, visto che Frosting è stato concepito durante il lockdown e quindi è il frutto di una scrittura a distanza, ma ciò non toglie che la scelta di pubblicare del materiale così differente è una dichiarazione di intenti per proclamare una totale libertà espressiva, senza la preoccupazione di compiacere o deludere il proprio pubblico.

Piccola parentesi: il dibattito sul cambiamento radicale di un artista che proviene dal prog rock è piuttosto attuale data la recente sterzata verso il pop di Steven Wilson, giusto per fare un nome a caso. Ma tutto sta nel modo in cui si affronta tale cambiamento. Lo si può fare con una mossa ruffiana, camuffandola da colto art pop rivestito più di stile che di contenuti, per andare incontro alla moda del momento al fine di parlare il linguaggio della massa, oppure mettersi veramente in gioco e trascinare di peso il pop in territori inesplorati ed estremi, come hanno fatto i Bent Knee.

Personalmente sono contento che non abbiano perseguito la strada di Land Animal e You Know What They Mean, perché il loro stile iniziava a ripiegarsi su sé stesso con il rischio di diventare una fredda replica di parametri collaudati. Invece l'impatto iniziale con Frosting è talmente sconvolgente e respingente da stimolare la curiosità di addentrarsi in una materia così strana e sperimentale. Già dal singolo Queer Gods si capiva che il nuovo album avrebbe avuto un approccio diverso - il pezzo punta su elettronica algida, manipolazioni vocali, fiati disco funk - ma tutto il resto è ancora più spiazzante. Nel momento in cui ci apprestiamo ad ascoltare la traccia di apertura Invest in Breakfast e l'osannata voce marchio-di-fabbrica di Courtney Swain viene sfregiata in un'orgia di auto-tune (condivisa con quella di Jessica Kion a onor del vero), si capisce che Frosting non farà sconti.

Tale espediente viene replicato e applicato anche ad altre bizzarrie sonore assortite che si incontrano nella contraddittoria estetica del massimalismo spinto dell'hyperpop e nel minimalismo glitch pop e bedroom pop, tanto da ipotizzare che la direzione compositiva del Ben Levin solista, o in coppia con la bassista Kion nei Justice Cow, abbia preso il sopravvento. Dopo Baby in the Bush abbiamo la sicurezza che suoni industriali e beat elettronici saranno all'ordine e quindi l'unico modo di giudicare Frosting non è nell'ottica di quanto fatto dal gruppo finora, ma considerarlo nella prospettiva all'interno di questo genere. Il pop da cartone animato in modalità Kero Kero Bonito di Casper e Have It All ad esempio, è quanto di più lontano ci si possa aspettare da un album dei Bent Knee, eppure è adorabile. 

Dentro poi ci sono esperimenti più estremi come l'oppressiva Rib Woman e l'omaggio industrial rock ai Nine Inch Nails con The Upward Spiral, che puntano su una prospettiva abrasiva e avant-garde, o cambi di tono come le quasi ambientali The Floor is Lava e Set It Off, le quali riportano il disco su un piano meno eccentrico. E verrebbe da dire quasi purtroppo, perché una volta assaporata la nuova veste "eccessiva" del gruppo ce ne separiamo a fatica. L'inevitabile controversia e delusione che causerà nei fan più intransigenti non esclude che il disco contenga tra le cose migliori partorite nel tempo dai Bent Knee, come le perle Cake Party, Figthing All My Life e Not This Time. Considerando questo, è chiaro che Frosting difficilmente riuscirà a mettere tutti d'accordo, ma magari ogni cambiamento fosse così coraggioso e con qualcosa da dire.

 

2 commenti:

Unknown ha detto...

e bravo Lorenzo, come al solito. Recensione sottoscrivibile al 100%.
questo non vuol dire che, nonostante non mi consideri un intransigente, anzi, mi pare di avere vedute aperte, il disco mi piaccia o possa festeggiare la svolta a cui plaudo, dal punto di vista del principio.
Svolta coraggiosa che pare voler gridare col megafono: NOI NON SIAMO PROG! L'etichetta infatti gli andava parecchio stretta e lo hanno detto chiaro in passato. Ecco se l'intento era scrollarsi di dosso quella nomea, credo che si possa dire: missione compiuta. Poi chissà, lo ascolterò ancora molto, e tutto sommato, per l'amore che provo per loro, spero di riuscire ad apprezzarlo.

Forcy ha detto...

Ogni nuovo album dei Bent Knee mi sembra sempre che si spingano "troppo oltre", anche se poi di fatto questo "troppo oltre" è relativo solo al mio campo visivo, la mia confort zone, e piano piano ascoltandoli inizio a digerirli ed apprezzarli.
Vediamo se anche questa volta sarà così o se davvero scavalchi quelli che sono i miei "limiti".
Al momento mi suona un po' ostico... ma lo stesso pensai ai primi ascolti di Shiny Eyed Babies per poi ascoltarlo in loop al lavoro, quindi tutto è possibile.