venerdì 30 agosto 2013
KAYO DOT - Hubardo (2013)
Che Toby Driver, mente e leader indiscusso dei Kayo Dot e (prima) dei maudlin of the Well, fosse un imprevedibile sperimentatore non c'erano dubbi. E infatti, per il decimo anniversario dei Kayo Dot che cade quest'anno, ha deciso di spingere le cose all'eccesso. Hubardo nelle intenzioni di Driver, più che un album, vorrebbe essere una celebrazione della sua carriera musicale, mettendo sul piatto un pugno di composizioni che rispecchino a tutto campo quanto finora da lui prodotto con i suoi due gruppi principali. E' chiaro che lo spettro sonoro è molto ampio, partendo dal death metal spinto, fino alle sue varie declinazioni, passando attraverso l'avant rock e il jazz sperimentale.
Nel monumentale calderone vagheggiato da Driver (che uscirà in vinile triplo intorno a novembre) sono spalmati circa 100 minuti di musica estrema. Ma non nel senso che qualcuno si potrebbe aspettare. Infatti Driver in passato è stato sicuramente più all'avanguardia. Su Hubardo viene sacrificata la sperimentazione in nome dell'eclettismo. Le composizioni e la voce di Toby in realtà appaiono qui molto più normali e ortodosse del solito (a parte quando si cimenta nei famigerati growl). Gli elementi con i quali si vuol sorprendere sembrano essere piuttosto gli accostamenti improbabili, e stavolta forzati, dei vari stilemi che finiscono per confondere e disorientare. Qui della magia esoterica dei maudlin of the Well, la stessa che ha portato ad un capolavoro come Part the Second, non vi è traccia, così come non si scorgono le spaziali e aleatorie trame dei primi Kayo Dot.
La cifra stilistica di Hubardo sembra essere l'esagerazione. Basterebbe il pauroso poema growl di The Black Stone - un insostenibile doom slo-core di quasi 11 minuti - per capire l'intransigenza austera di un autore che fa di tutto per non farsi amare. I Kayo Dot sono trasformati, regrediti ad una specie di maudlin of the Well primegeni, privati però dell'anticonformismo psichedelico con il quale erano soliti sondare il metal. La singolarità dei dischi di Driver era trasportarci in terreni inesplorati, ma qui non c'è nulla che band come Voivod non abbiano già provato a fare. Hubardo porta con sé un altro difetto non da poco: anche se l'album è composto da più aspetti stilistici, quello che rimane veramente all'ascoltatore è la ferocia psicopatica delle parti di avant-garde metal (Zlida Caosaji (To Water the Earth), Vision Adjustment to Another Wavelenght, Floodgate) come fossero una sezione evidenziata in grassetto di un discorso molto più ampio e complesso.
A fare da contraltare ci pensano episodi dimenticabili come il sermone infinito (13 minuti) di The Second Operation (Lunar Water) e la depressione dark di The First Matter (Saturn in the Guise of Sadness), quasi in odore post punk alla Joy Division se non fosse per quella sua straniante cadenza al rallentatore. L'incontinenza della jam The Wait of the World (14 minuti) si spacca tra jazz e psichedelia, ma anche in questo caso risulta vuota e noiosa. Due aggettivi che sono un po' la summa di questa opera e dispiace davvero perché Toby Driver è stato una delle figure chiave dell'avanguardia rock statunitense, ma con gli ultimi lavori sembra aver perso l'ispirazione. Mi aspettavo molto da Hubardo e la delusione, purtroppo, è stata proporzionale all'aspettativa.
Tracklist:
1. The Black Stone (10:38)
2. Crown-In-The-Muck (8:54)
3. Thief (6:52)
4. Vision Adjustment To Another Wavelength (4:53)
5. Zodelida Caosaji (To Water The Earth) (5:26)
6. The First Matter (Saturn In The Guise Of Sadness) (9:29)
7. The Second Operation (Lunar Water) (13:19)
8. Floodgate (7:23)
9. And He Built Him A Boat (7:28)
10. Passing The River (10:12)
11. The Wait Of The World (14:23)
www.kayodot.net
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