domenica 10 settembre 2017

Motorpsycho - The Tower (2017)


In uno degli sketch più famosi e apprezzati del Saturday Night Live alcuni comici del cast dell'epoca (tra cui Will Ferrell e Jimmy Fallon) impersonano i Blue Öyster Cult intenti a registrare in studio la famosissima (Don't Fear) The Reaper, mentre l'immaginario produttore interpretato da Christpher Walken li interrompe di volta in volta spronandoli ad usare "more cowbell!". Un meccanismo simile deve essere scattato anche nei pensieri dei Motorpsycho mentre preparavano The Tower, soltanto che questa volta il mantra che risuonava nella loro testa deve essere stato "more mellotron!". Arrivati ai bombardamenti tastieristici dell'ultimo brano Ship of Fools si rimane infatti quasi spiazzati per quanto il gruppo di Trondheim questa volta abbia spinto su sonorità prog vintage, anche se a guardar bene nel nuovo album troviamo in abbondanza un po' più di tutto: dalle chitarre alle tastiere fino all'estensione della durata dei pezzi. Forse non poteva essere altrimenti dato che i Motorpsycho erano alla ricerca per l'ennesima volta di un nuovo corso che li rimettesse in carreggiata dopo l'improvviso abbandono di Kenneth Kapstad, sostituito dallo svedese Tomas Järmyr anche lui come Kapstad proveniente dal conservatorio di Trondheim.

La voglia di superare il trauma per un altro batterista perso per strada è stata così forte da spingere Bent Sæther e Hans Ryan a trasferirsi negli studi californiani Rancho De La Luna con il produttore Dave Raphael per registrare un doppio album che, nelle intenzioni, dovesse eguagliare le ambizioni del passato. Ma, nonostante l'annuncio di una rinnovata prospettiva stilistica, The Tower più che l'apertura di una nuova éra, sembra più simile alla chiusura di un lungo capitolo. I Motorpsycho degli anni Zero sono stati abbastanza differenti nell'eclettismo rispetto a quelli che abbiamo imparato a conoscere per tutti gli anni '90. Lo spaziare da un genere all'altro tipico della band si è sublimato negli ultimi dieci anni in uno stoner heavy rock psichedelico molto debitore verso le sonorità degli anni '60 e '70, un elemento che era presente in parte anche nei primi Motorpsycho a dire il vero, ma che comunque veniva tradotto con stilemi conformi all'epoca del grunge e dell'alternative rock.

The Tower appare quindi come un riassunto di tutto il periodo in cui ha militato nel gruppo Kapstad, da Little Lucid Moments (2008) fino al recente Here Be Monsters (2016), cercando di replicare specialmente quell'epica progressiva di The Death Defying Unicorn senza però raggiungere l'incisività che ha reso quel lavoro il più interessante esperimento dei Motorpsycho del nuovo millennio. Quello in cui abbonda The Tower sono le digressioni strumentali nelle quali il trio può sbizzarrirsi in temerari soli, con particolare menzione e spazio per le chitarre di Snah e dell'ospite Alain Johannes (musicista di lunga data che ha collaborato con Chris Cornell, PJ Harvey, Queens of the Stone Age e che inizialmente avrebbe dovuto essere il produttore). Sotto tale aspetto va sottolineato quanto i Motorpsycho abbiano contato sulle proprie capacità di esecutori, presentando il materiale più articolato e trasversalmente prog dai tempi di The Death Defying Unicorn appunto, dove le lunghe divagazioni soliste non proseguono in un vortice sonico potenzialmente infinito, ma possiedono un'identità di sviluppo ben definita e giustificata, almeno così sembrano quelle della title-track e di Bartok of the Universe. Anche Järmyr da parte sua ha affrontato questa sfida in modo diligente e professionale, restando nei ranghi e non esponendosi troppo per il momento, forse in attesa di studiare più a fondo le dinamiche dei suoi due compagni.

In pratica sono queste le qualità (comunque non da poco) che alla fine tengono in piedi "La Torre" dei Motorpsycho e la àncora saldamente al presente. Il problema giace piuttosto nell'aver presentato una collezione di brani priva di uno spiccato senso di emancipazione dal passato: In Every Dream Home, The Cuckoo e A.S.F.E. ripropongono riff hard blues che avremmo potuto ascoltare dai Motorhead, mentre sul versante ballate acustiche Stardust e The Maypole sono sicuramente pregevoli nel ricreare quelle visioni West Coast dei CSN, ma la spontaneità indie di Sungravy, Wishing Well o The Skies Are Full Of ...Wine? era ben altra cosa. Intrepid Explorer si sposta nel reame interstellare delle improvvisazioni lisergiche tanto care ai Pink Floyd e sul versante acustico-pastorale a dare man forte ci pensa A Pacific Sonata: toni rilassati e assoli che volteggiano in oceani psichedelici nella prima parte e poi un crescendo cadenzato e minimale di piani elettrici incrociati. I brani di punta sono quindi lasciati in chiusura aggiungendo la già citata Ship of Fools che si stratifica in molteplici pieghe prog: ci sono gli Yes, c'è il mellotron di Watcher of the Skies e la tensione dell'Apocalisse in 9/8, ci sono gli immancabili King Crimson e i Van der Graaf Generator in un'alternanza di atmosfere ora cupe ora solari. Veramente notevole. The Tower è un disco che osa e abbonda, non sempre inteso da una prospettiva lusinghiera, però è forse il miglior album che i Motorpsycho potessero realizzare in questo momento.

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