I Lakes al contrario si pongono al lato opposto della barricata, guardando al futuro con fiducia e ottimismo, come il primo singolo tratto dall'album, e da cui prende il titolo, è una chiara esortazione alla rinascita. L'intreccio delle tre chitarre di Roberto Cappellina, Rob Vacher e Gareth Arthur tra arpeggi elettroacustici e delicati riff, è ciò che lega di più la band all'estetica midwest emo, in più abbiamo il valore aggiunto del glockenspiel e della voce della nuova arrivata Blue Jenkins (che ha sostituito Sam Neale, fuoriuscita dal gruppo poco prima della pandemia). Ma l'abile scrittura di Cappellina e del batterista Matt Shaw mette in atto una contrapposizione di stampo pop dai colori accesi e pastello.
Per questo le tracce coprono musicalmente un duplice stato d'animo: quello più meditabondo e introverso di Peace, Matches e Retrograde anche se spinto costantemente da energia e propulsione dalla sezione ritmica formata da Shaw e Charlie Smith (basso), così come accade in Mirrors che viene introdotta come fosse una serenata emo degli American Football, per poi cambiare ben presto aspetto in una spensierata ballad dai risvolti power pop. Poi c'è quello apertamente gioioso che si trova nell'uptempo di No Excuses, nell'ottimismo palpabile della title-track (anche dal video che alla fine ospita il cameo d'eccezione di Mike Kinsella), nell'esortante Get Better. I Lakes tramutano la consueta dolcezza di cui il midwest emo si serve per attutire e smussare il retaggio hardcore punk, cioè polifonie vocali, largo uso di arpeggi con accordature aperte e ritmiche elaborate, in una sorta di emo pop sperimentale e non convenzionale, rimanendo allo stesso tempo fedeli all'accessibilità dell'indie rock.
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